Clozapina nella schizofrenia resistente: una revisione critica degli studi

Clozapine in treatment-resistant schizophrenia: a critical review of data

U. Lancia, M.A. Russo*, S. Marini**

Casa di Cura Neuropsichiatrica "San Valentino", Roma; * Centro Salute Mentale di Tivoli, Roma; ** Dimensione Ricerca s.r.l., Roma

Key words: Clozapine – Resistant Schizophrenia – Atypical antipsychotics
Correspondence: Dr. Ugo Lancia, Corso Trieste 184, 00198 Roma – Tel. 335 6089150, +39 06 86324766 – Fax +39 06 86324766 – E-mail: ugo_lancia@fastwebnet.it; ugo.lancia@micanet.it.

Introduzione

La Clozapina, presente sul mercato Italiano dal 1995, come è noto è una molecola ad attività antipsicotica, con caratteristiche originali rispetto a quelle degli antipsicotici “classici” o “tipici”, e che ha contribuito al modello per lo sviluppo di una nuova classe di farmaci, gli antipsicotici cosiddetti “atipici”.

Il suo meccanismo d’azione si articola a più livelli neurotrasmettitoriali, recettoriali e, secondo i dati più recenti, a livello della trascrizione genica, attraverso l’attivazione in particolari aree cerebrali di fattori di trascrizione (c-fos).

Verso la metà degli anni Sessanta, in Austria e Germania fu segnalata l’efficacia di clozapina come farmaco antipsicotico. In quel periodo, nella comunità scientifica internazionale, era convinzione generale che gli effetti indesiderati extrapiramidali fossero “indicatori” di efficacia antipsicotica e l’inserimento di clozapina tra i “veri neurolettici” sollevava controversie, proprio perché clozapina aveva mostrato efficacia antipsicotica senza indurre effetti extrapiramidali.

L’introduzione di clozapina sul mercato è avvenuta nel 1972 ed è stato subito evidente il suo profilo di efficacia, particolarmente nei pazienti resistenti alla terapia neurolettica. Poco dopo l’introduzione sul mercato però sono stati segnalati casi di granulocitopenia e agranulocitosi, causa di 50 decessi in tutto il mondo. Il farmaco fu ritirato dal commercio nel 1975, anche se Kaplan e Sadock (1) riferiscono che clozapina rimase sul mercato in alcuni paesi e, nei paesi in cui fu ritirata, per alcuni pazienti la dispensazione del farmaco fu continuata. La necessità di poter disporre di una terapia efficace nei casi di schizofrenia resistente agli altri trattamenti portò alla realizzazione di un vasto studio multicentrico (2), che creò i presupposti per la reintroduzione di clozapina sui principali mercati del mondo (in Italia dal 1995), con la restrizione dell’indicazione ai casi di schizofrenia resistente e con l’obbligo di monitoraggio ematologico settimanale.

In qualche modo, quindi, clozapina può essere considerata il capostipite di una nuova classe di composti caratterizzati da un migliore profilo di tollerabilità sugli effetti extrapiramidali ed una maggiore efficacia diretta o indiretta sui cosiddetti sintomi negativi, quest’ultima ottenuta attraverso il peculiare meccanismo d’azione, che determina una bassa incidenza di sintomi extrapiramidali ed una azione specifica sulla sindrome negativa da neurolettici.

Nonostante l’introduzione sui principali mercati del mondo di nuovi antipsicotici “atipici”, clozapina ha mantenuto una sua specificità, sia come farmaco indicato nei casi resistenti o intolleranti agli antipsicotici “tipici” (indicazione in scheda tecnica), sia come alternativa terapeutica, quando il trattamento con antipsicotici “atipici” non mostri un’efficacia sufficiente. La sua sostanziale mancanza di effetti indesiderati extrapiramidali o di incremento della prolattina la indicano anche in tutti i casi in cui, a causa di questi effetti, sia necessario un cambiamento di strategia terapeutica.

Oggi, l’impiego di clozapina, nelle condizioni e con le cautele sopra descritte, è considerata una scelta d’elezione secondo le principali linee guida o consensus conference di rilevanza italiana e/o internazionale.

In particolare:

 

– secondo le linee guida per la farmacoterapia della schizofrenia emanate dalla Società Italiana di Psicopatologia (3), qualunque sia il criterio utilizzato per definire la farmacoresistenza – criteri ristretti secondo Kane et al. (2) o criteri più “allargati” secondo Brenner et al. (4) – viene concordemente riconosciuto che “la clozapina è in questi casi il farmaco di elezione”;

– secondo le linee guida del 1997 per la terapia della schizofrenia dell’American Psychiatric Association (5) in particolare nel capitolo Special Issues In Caring For Patients with Treatment-Refractory Illness si fa specifico riferimento all’impiego di clozapina: “Most patients who have not responded adequately to a trial of an antipsychotic medication should be given a trial of clozapina … Patients with severe extrapyramidal side effects or tardive dyskinesia despite a trial of one of the newer antipsychotic medications should also be considered for a trial of clozapina …”.

Ancora più rilevante il riferimento delle nuove linee guida (6) del febbraio 2004, nelle quali la clozapina viene considerata terapia di scelta nel caso il paziente presenti persistenti ostilità e aggressività o ideazione o comportamento suicidale.

 

Scopo del presente articolo è quello di revisionare la base scientifica dell’approccio odierno, attraverso un’analisi attenta e critica degli studi disponibili.

Materiali e metodi

Per la stesura della presente review è stata accuratamente esaminata la letteratura esistente, italiana e internazionale, sulle caratteristiche cliniche e farmacodinamiche di clozapina. Data l’imponente quantità di dati disponibile in letteratura è stata seguita la seguente metodologia di lavoro:

 

1. i dati su clozapina anteriori al 1997, rilevanti ai fini della presente relazione, sono stati criticamente tratti dalle reviews, dalle metanalisi e dai trattati più recenti e accreditati sulla psicofarmacologia, inclusi la settima edizione del Comprehensive Texbook of Psychiatry (1), la seconda edizione del Trattato Italiano di Psichiatria (7), la quinta edizione del trattato dell’American College of Neuropsychopharmacology (8);

2. sono stati esaminati e descritti singolarmente gli studi più recenti di legame recettoriale nell’uomo (mediante PET) e sulle facoltà neurocognitive e gli studi clinici condotti dal 1997 al 2003 su pazienti schizofrenici resistenti e pubblicati su riviste indicizzate.

 

Nella prima parte della review verranno sintetizzati i principali dati sul meccanismo d’azione di clozapina. Nella seconda parte verranno descritti singolarmente gli studi più recenti e discusse le metanalisi più rilevanti su clozapina.

Lo scopo del presente lavoro è quello di valutare criticamente soprattutto i dati aggiornati di efficacia clinica del farmaco nei pazienti affetti da schizofrenia resistente e la robustezza di tale effetto clinico rispetto agli altri trattamenti disponibili. La revisione delle principali caratteristiche farmacodinamiche di clozapina ci è parsa utile per tentare di ipotizzare dei meccanismi “specifici”, che potessero giustificare la maggiore efficacia del farmaco in questa particolare categoria di pazienti.

Farmacodinamica e meccanismo d’azione di clozapina

Il meccanismo d’azione di clozapina è stato indagato in vitro mediante studi di legame recettoriale e, negli ultimi anni, mediante studi sull’attivazione della trascrizione genica.

Studi di legame recettoriale in vitro

I principali dati emersi dagli studi di legame recettoriale in vitro, possono essere così riassunti:

 

– affinità di legame per i recettori dopaminergici D2 significativamente inferiore rispetto a quella degli antipsicotici classici (9) (Tab. I);

– Seeman e Tallerico (10), su recettori umani clonati, hanno evidenziato un tipo di legame di clozapina ai recettori D2, caratterizzato da una rapida reversibilità e possibilità di “spiazzamento” da parte della dopamina endogena;

– potente attività bloccante i recettori serotoninergici 5HT2 e rapporto di affinità 5HT2/D2 di 0,01, il più elevato tra tutti gli antipsicotici, compresi gli atipici (11);

– blocco significativo dei recettori dopaminergici D1, muscarinici, istaminergici e adrenergici a1.

Studi sull’attivazione della trascrizione genica

Gli studi di immunoreattività alla c-fos hanno evidenziato un’attività differenziale sulle aree cerebrali di clozapina e degli antipsicotici atipici rispetto agli antipsicotici classici:

 

– la clozapina, come altri antipsicotici, aumenta l’espressione delle proteine Fos nella “shell” del nucleo accumbens (parte del nucleo connesso anatomicamente e funzionalmente con il sistema limbico);

– la clozapina è l’unico antipsicotico che non aumenta l’attività nell’area “core” dello stesso nucleo (area connessa anatomicamente e funzionalmente con la circuitazione extrapiramidale);

– il trattamento con clozapina (al contrario di tutti gli altri antipsicotici) non aumenta l’attività di espressione delle proteine Fos nello striato dorsolaterale di ratti e primati;

– clozapina, come altri antipsicotici atipici, attiva il c-fos nella corteccia prefrontale in maniera abbastanza specifica rispetto ai tipici (7).

Studi sugli animali

I dati emersi dagli studi condotti sugli animali hanno delineato il profilo farmacodinamico di clozapina:

 

– le modificazioni elettrofisiologiche delle vie dopaminergiche cerebrali dopo somministrazione acuta e cronica di clozapina hanno mostrato una selettività di azione sulle vie mesolimbica – mesocorticale, mentre la via nigrostriatale non è attivata né inibita (12) (13);

– clozapina non induce catalessia nei roditori, ma solo una riduzione della locomozione spontanea in acuto e un aumento della stessa in cronico (14);

– clozapina, al contrario degli antipsicotici classici, ha mostrato di non essere attiva in maniera significativa nei modelli animali indicativi di iperattività dopaminergica a livello del neostriato (stereotipie indotte da amfetamina o da apomorfina) (9) (14);

– clozapina inibisce l’evitamento condizionato ad una dose molto più elevata rispetto agli antipsicotici classici e solo in acuto (9) (14);

– clozapina ha mostrato un’attività farmacologica significativa in modelli animali (incremento della locomozione indotta da amfetamina o apomorfina) indicativi di iperattività dopaminergica a livello del nucleo accumbens (9);

– la dose di clozapina necessaria per inibire l’iperattività indotta da infusione di dopamina nei nuclei mesolimbici è risultata di un ordine di grandezza inferiore a quella necessaria per inibire l’iperattività indotta da infusione di dopamina nello striato (15);

– la clozapina, somministrata in acuto, ha mostrato di incrementare significativamente il turnover della dopamina a livello delle aree mesolimbiche (16), al contrario degli antipsicotici tipici la cui somministrazione in acuto induce effetti più rilevanti sul metabolismo della dopamina a livello dello striato (17);

– clozapina, ma non aloperidolo, induce liberazione di dopamina nella corteccia prefrontale (18) (19);

– clozapina, ma non aloperidolo, è risultata efficace in un modello animale di sindrome schizofrenica negativa nel topo, il “social behavior deficit” indotto da fenciclidina (20).

Legame recettoriale in vivo nell’uomo

Gli studi condotti nell’uomo mediante Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) hanno permesso di indagare il legame recettoriale di clozapina “in vivo” sulle differenti aree cerebrali.

Lo studio di Lundberg et al. (21) ha studiato il legame recettoriale di clozapina ai recettori serotoninergici 5HT2 e dopaminergici D1, su 5 volontari sani, trattati con N-metil-(11)C-clozapina, per via e.v. ad una dose equivalente a 49-480 mg di clozapina. Il test è stato successivamente ripetuto dopo pretrattamento con flupentixolo (bloccante D1) 0,5 mg t.i.d. per 24 h o con ritanserin (bloccante 5HT2) 10 mg per 5 giorni. Entrambi i pretrattamenti sono risultati associati ad una riduzione del legame di N-metil-clozapina nelle regioni frontali mediale e dorsolaterale, ma nessuna variazione significativa è stata osservata nello striato. In sintesi, i risultati, che confermano quanto osservato in vitro, indicano che clozapina presenta affinità di legame per i recettori D1 e 5HT2 nella corteccia prefrontale.

Kapur et al. (22) hanno condotto uno studio su 44 pazienti affetti da schizofrenia, trattati con clozapina 75-900 mg/die (n = 11), olanzapina 5-60 mg/die (n = 17) o risperidone 2-12 mg/die (n = 16). Il grado di occupazione recettoriale D2 e 5HT2 è stato determinato mediante PET (radioligandi (11)C-raclopride e (18)F-setoperone).

Clozapina ha mostrato un’occupazione recettoriale D2 molto più bassa (16-68%) di quella osservata con risperidone (63-89%) o olanzapina (43-89%). Tutti e tre i farmaci hanno mostrato un’occupazione recettoriale 5HT2 maggiore di quella D2 ma il rapporto più elevato è stato quello di clozapina (conferma “in vivo” dei dati “in vitro”).

Kapur e Seeman (23) hanno recentemente revisionato i dati sull’occupazione recettoriale da parte degli antipsicotici e la correlazione di questi con l’effetto clinico.

Gli autori giungono ad alcune conclusioni che sintetizziamo al fine di meglio comprendere il meccanismo d’azione di clozapina (e dei farmaci antipsicotici atipici):

 

– il blocco dei recettori 5HT2 non sembra essere responsabile della ridotta propensione degli atipici a dare effetti indesiderati extrapiramidali: questa caratteristica sarebbe garantita da un più basso livello di occupazione recettoriale D2 rispetto agli antipsicotici “tipici”; nel caso di clozapina inoltre sarebbe presente una relativa selettività verso vie dopaminergiche non correlate alla circuitazione extrapiramidale;

– il più potente predittore di “atipicità” di un antipsicotico, secondo gli autori, sarebbe la rapida dissociazione tra farmaco e recettore D2 a livello molecolare, piuttosto che il legame ai recettori 5HT2 o D4 o ad altri; ricordiamo come in uno studio sui recettori umani clonati (10) era stato evidenziato il rapido spiazzamento di clozapina dai recettori D2 da parte della dopamina endogena.

 

L’attività farmacologica dei farmaci antipsicotici atipici (ma non della clozapina) sulla sintomatologia schizofrenica può essere significativamente aumentata dall’aggiunta di glicina o D-cicloserina, sostanze in grado di modulare il recettore NMDA per il glutammato (24). Questi dati suggeriscono che l’effetto superiore di clozapina nella schizofrenia resistente rispetto agli altri antipsicotici di confronto possa essere dovuto almeno in parte allo stesso effetto sui recettori NMDA ottenuto con gli altri antipsicotici mediante l’aggiunta di glicina e D-cicloserina.

Attività di clozapina sulle funzioni cognitive in pazienti schizofrenici

In uno studio in doppio cieco della durata di 10 settimane, e successivamente in aperto per un anno, su 39 pazienti con diagnosi di schizofrenia (parzialmente responsiva al trattamento con NL convenzionali) secondo il DSM-III-R, Buchanan et al. (25) hanno esaminato l’efficacia comparativa e gli effetti a lungo termine di clozapina (al dosaggio compreso tra 200 e 600 mg/die, dosaggio medio 410,5 � 45.9) versus aloperidolo (10-30 mg/die, dosaggio medio 24,5 � 5,5), sulle performance ai test neuropsicologici.

Le valutazioni neuropsicologiche sono state effettuate al baseline, al termine delle 10 settimane dello studio in doppio cieco, e a distanza di un anno di trattamento con clozapina in aperto. Sono state eseguite numerose prove neurocognitive, di tipo esecutivo/attentivo (tra cui Wisconsin card sorting test, Stroop color-word interference), visuospaziali, di memoria (tra cui WMS-R, logical memory, visual reproduction).

Nella fase in doppio cieco di 10 settimane, sono state rilevate correlazioni tra il miglioramento alle prove neurocognitive Categorical Fluency e WAIS-R block design ed il trattamento con clozapina, mentre la terapia con aloperidolo era associata a peggioramento. Al termine del trattamento della durata di un anno con clozapina è stato registrato un miglioramento dei test che seguono: verbal fluency, Mooney Faces closure, WAIS-R block design, con una tendenza al miglioramento anche nelle prove category fluency, Stroop color-word interference, WMS logical memory; i miglioramenti ai test neurocognitivi sono risultati correlati al miglioramento della qualità di vita dei pazienti piuttosto che al miglioramento clinico.

Lee et al. (26) hanno effettuato una ricerca su 36 pazienti, con schizofrenia resistente al trattamento, somministrando loro clozapina e valutando le loro performances cognitive.

Gli autori inoltre hanno selezionato altri pazienti non treatment resistant assegnati a random al trattamento con clozapina (n = 24) o NL tipici (n = 23). I 36 pazienti con schizofrenia resistente sono stati valutati 6 settimane e sei mesi dopo l’inizio del trattamento con clozapina, mentre il gruppo di pazienti non resistenti è stato studiato per 12 mesi. Clozapina ha dato luogo a miglioramento di numerosi domini delle funzioni cognitive, specialmente su attenzione e verbal fluency, sia nella popolazione resistente al trattamento con NL tipici che nel sottogruppo dei pazienti con schizofrenia non treatment resistant assegnato random al trattamento con clozapina. Gli autori pongono in relazione tale dato con una normalizzazione della funzione dopaminergica.

Condotto su 10 pazienti schizofrenici treatment resistant, il lavoro di Fujii et al. (27), consistente in un trial della durata complessiva di un anno con clozapina, a dosaggi compresi tra 250 e 900 mg/die, ha mostrato incrementi significativi nelle performance cognitive dei pazienti esaminati a distanza di 12 mesi dalla valutazione al basale.

Durante una prima prova effettuata durante il periodo di terapia con NL convenzionali e a distanza di un anno dall’inizio della terapia con clozapina sono stati somministrati i seguenti test: WCST, Trails A e trails B, Finger tapping, 7 subtest della Wechsler Adult Intelligence scale (digit span, vocabulary, comprehension, similarities, picture arrangement, block design, digit symbol).

Essendo emersa una differenza significativa e favorevole alle prove del Wechsler, (full scale, verbal e performance) e un trend migliorativo per il Wisconsin card sorting test, gli autori sono giunti alla conclusione che la terapia con clozapina è associata ad un miglioramento globale delle funzioni cognitive nei pazienti con schizofrenia resistente al trattamento.

Lo studio di Lee et al. (28) su 64 pazienti schizofrenici o affetti da disturbo schizoaffettivo (diagnosi secondo DSM-III-R) con esordio recente, assegnati random a trattamento con clozapina (n = 35) o NL tipici (n = 29), della durata 12 mesi, ha utilizzato una batteria completa di test cognitivi, somministrati al baseline, a 6 settimane, a 6 e a 12 mesi dall’inizio della terapia.

Il trattamento con clozapina ha migliorato l’attenzione, la velocità psicomotoria e la fluidità verbale a 6 settimane, mentre i NL tipici non hanno migliorato le performance, fatta eccezione per il Verbal List Learning Test. I miglioramenti ottenuti con clozapina si sono mantenuti nei 12 mesi dello studio e, come nello studio di Buchanan et al. (25) non sono risultati correlati al miglioramento della psicopatologia.

Gli effetti di clozapina sulle funzioni cognitive e sulla sintomatologia clinica sono stati valutati infine in un recente studio su 27 pazienti, 23 di sesso maschile e 4 femminile, di età media 34,9 anni, affetti da schizofrenia, con storia di malattia della durata di 15,9 anni in media (29). Lo studio, in doppio cieco crossover, è stato effettuato confrontando clozapina (dosaggio medio impiegato tra i 300 e i 500 mg/die), aloperidolo (concentrazione plasmatica mantenuta in un range di 10-20 mg/mL) e placebo. I pazienti sono stati valutati per 5-6 settimane dopo l’inizio di ciascuna fase. Per quanto riguarda le funzioni cognitive, sono stati somministrati da uno psicologo esperto, in condizioni di doppia cecità, i seguenti test: WAIS-R, Wechsler memory scale revised, trails A e trails B, Verbal fluency test, Wisconsin card sorting test, Rey auditory verbal learning test, Boston naming test.

La sintomatologia clinica, misurata con la BPRS e la SANS, è migliorata marcatamente sia con clozapina che con aloperidolo, rispetto a placebo, con superiorità a favore di clozapina su aloperidolo (p = 0,04).

Quando comparato con aloperidolo, il trattamento con clozapina è risultato associato a miglioramenti più marcati su Trails B, Verbal fluency e memoria verbale, anche in questo caso indipendentemente dal miglioramento clinico.

Studi sulla schizofrenia resistente

Dall’analisi della letteratura scientifica degli ultimi 15 anni emerge che la clozapina è stata impiegata in numerosi studi clinici, che ne hanno confermato l’efficacia su una vasta casistica di pazienti affetti da schizofrenia resistente ad altre terapie. Nel presente lavoro in totale sono stati valutati singolarmente 15 studi clinici pubblicati tra il 1997 e il 2003, condotti su un totale di 1.620 pazienti affetti da schizofrenia resistente (1.369 pazienti in studi in doppio cieco con un comparatore attivo, 251 in prove non controllate da farmaci di confronto).

Di queste sperimentazioni, 9 sono state controllate da antipsicotici di confronto (aloperidolo 4, risperidone 5, olanzapina 2) e hanno seguito un disegno sperimentale in doppio cieco parallelo. I rimanenti 6 studi, sempre condotti su pazienti affetti da schizofrenia resistente, hanno valutato l’efficacia di 3 differenti dosaggi di clozapina (in doppio cieco), l’efficacia di clozapina sulle dimensioni psicopatologiche aggressività e impulsività, l’efficacia clinica in relazione ai differenti livelli di concentrazione plasmatica del farmaco (2 studi), la latenza di risposta clinica, l’efficacia clinica in pazienti non responsivi alla terapia con olanzapina.

Clozapina versus aloperidolo

Rosenheck et al. (30)-(33) hanno studiato in doppio cieco randomizzato una casistica di 423 pazienti ospedalizzati affetti da schizofrenia resistente (secondo i criteri di Kane) di cui 218 trattati con clozapina e 205 con aloperidolo. I pazienti sono stati trattati per un anno e durante questo arco di tempo 83 pazienti del gruppo clozapina (40%) e 157 di quello aloperidolo (72%) hanno interrotto la terapia per mancanza di efficacia o per effetti indesiderati e hanno cambiato trattamento (cross-over patients).

La casistica è stata valutata utilizzando diversi parametri, con differenti e sempre adeguate rating scales secondo gli obiettivi: valutazione della compliance, efficacia clinica a lungo termine, efficacia in sottogruppi con deficit syndrome, identificazione predittori di risposta.

I principali risultati si possono così sintetizzare:

 

– i pazienti trattati con clozapina hanno mostrato un miglioramento marcatamente significativo rispetto ai pazienti trattati con aloperidolo nei sintomi positivi a tutti i tempi di valutazione, e nei sintomi negativi a 3 mesi. A 1 anno i pazienti del gruppo clozapina avevano punteggi significativamente inferiori per quanto riguarda i sintomi positivi (p = 0,02) e, in misura meno rilevante, per i sintomi negativi (p = 0,09) (32);

– i pazienti assegnati al gruppo clozapina hanno continuato il trattamento per una media di 35,5 settimane, mentre il gruppo aloperidolo ha proseguito per 27,2 settimane in media (p = 0,0001). Il parametro clinico associato alla partecipazione duratura al trattamento è stato il miglioramento clinico (riduzione dei sintomi), superiore per clozapina (p < 0,0001) (33);

– 117 pazienti del gruppo clozapina (57%), ma solo 61 (28%) nel gruppo aloperidolo, hanno continuato il trattamento loro assegnato per l’intero anno (p < 0,001). Alla PANSS, i pazienti del gruppo clozapina hanno mostrato livelli del 5,4% inferiori rispetto a quelli del gruppo aloperidolo a tutte le valutazioni di follow-up (p = 0,02). Nel periodo di un anno, i pazienti in trattamento con clozapina hanno subito un numero medio inferiore di giorni di ricovero per cause psichiatriche (143,8 vs 168,1 giorni, p = 0,03) ed hanno usato maggiormente i servizi ambulatoriali (133,6 vs 97,9 unità p = 0,03) (30);

– i pazienti con elevati livelli di sintomi al basale, assegnati al trattamento con clozapina, hanno avuto un decremento significativamente superiore della sintomatologia durante i 12 mesi (p = 0,03) (31);

– non vi è stata una significativa differenza nella risposta a clozapina tra pazienti con alti o con bassi livelli di sintomi negativi al baseline o tra pazienti con o senza sindrome deficitaria secondo Carpenter (32);

– si è manifestata agranulocitosi in 3 pazienti che hanno assunto clozapina, con remissione spontanea alla sospensione (30).

 

Buchanan et al. (34) hanno studiato 75 pazienti ospedalizzati, affetti da schizofrenia o disturbo schizoaffettivo, con risposta parziale a terapie antipsicotiche convenzionali. I pazienti, dopo un trattamento di 6 settimane con flufenazina, sono stati trattati con clozapina o aloperidolo (+ benztropina), in doppio cieco, per 10 settimane e successivamente in aperto per un anno. Lo studio intendeva valutare gli effetti di clozapina sui sintomi positivi e negativi, in pazienti con e senza sindrome deficitaria. Un altro obiettivo dello studio era la valutazione del funzionamento sociale e lavorativo e della qualità di vita.

I risultati della sperimentazione si possono così sintetizzare:

 

– per quanto riguarda i pazienti che hanno completato la fase in doppio cieco della durata di 10 settimane, clozapina si è dimostrata superiore ad aloperidolo sui sintomi positivi (p = 0,04);

– la categorizzazione deficit/non deficit come variabile di gruppo non ha modificato la significatività a favore di clozapina (p = 0,04);

– non sono emerse evidenze di efficacia superiore o di effetti a lungo termine a favore di clozapina sui sintomi negativi primari o secondari;

– il trattamento a lungo termine con clozapina era associato a miglioramenti significativi del funzionamento sociale e lavorativo, ma non della qualità di vita;

– gli effetti indesiderati più frequenti nel gruppo clozapina sono stati vertigini, salivazione, nausea e incremento di peso, mentre nel gruppo aloperidolo è stata osservata una maggiore incidenza di xerostomia;

– clozapina, ma non aloperidolo, ha indotto un decremento significativo alla Simpson-Angus Rating Scale per gli effetti indesiderati extrapiramidali.

 

Kane et al. (35) hanno condotto uno studio in doppio cieco parallelo versus aloperidolo, della durata di 6 mesi, su 71 pazienti ambulatoriali (37 clozapina, 34 aloperidolo + benztropina 2 mg b.i.d.) affetti da schizofrenia resistente o disturbo schizoaffettivo (DSM-III-R).

I dosaggi di farmaco impiegati secondo il periodo di trattamento sono schematizzati nella tabella II.

I risultati più significativi sono stati i seguenti:

 

– i pazienti in terapia con aloperidolo interrompevano più frequentemente il trattamento per mancanza di efficacia (alo 51%, clo 12% – p < 0.02);

– un’elevata quota di pazienti in trattamento con clozapina (57%) soddisfaceva un criterio a priori di miglioramento (miglioramento del 20% nel punteggio dei seguenti items della BPRS: disorganizzazione concettuale, sospettosità, comportamento allucinatorio e pensiero insolito) mentre con aloperidolo la percentuale era del 25%;

– il miglioramento più marcato è stato osservato su: psicosi (p < 0,001), sospettosità-ostilità (p < 0,01), ansia-depressione (p < 0,05), disturbi del pensiero (p < 0,01), totale BPRS (p < 0,01);

– gli eventi avversi più frequenti nel gruppo clozapina sono stati salivazione (p < 0,001), vertigini-sincope (p < 0,01), sudorazione (p < 0,05), mentre il sintomo xerostomia è risultato più frequente nel gruppo aloperidolo (p < 0,01);

– valori più elevati sono stati registrati alla Barnes Akathisia Scale e alla Simpson Angus Rating Scale per aloperidolo anche se non è stata raggiunta significatività statistica: è comunque da notare che tutti i pazienti provenivano da un lungo trattamento con antipsicotici tipici e che il gruppo trattato con aloperidolo riceveva giornalmente benztropina 2 mg b.i.d.

 

Volavka et al. (36) hanno studiato 157 pazienti ricoverati, affetti da schizofrenia cronica o disturbo schizoaffettivo (DSM-IV) resistente, di cui 40 trattati con clozapina, 39 con olanzapina, 41 con risperidone e 37 con aloperidolo, per un periodo di 14 settimane.

La resistenza era definita come risposta subottimale a precedenti trattamenti, secondo i seguenti criteri:

 

1. persistenza di sintomi positivi dopo almeno 6 sett. di trattamento con 600 mg eq. di clorpromazina;

2. scarso livello di funzionamento nei 2 anni precedenti;

3. PANSS > 60.

 

Clozapina, risperidone e olanzapina ma non aloperidolo, erano associati a miglioramenti statisticamente significativi nei punteggi totali della Positive and negative syndrome scale. Il miglioramento osservato nei punteggi totale e dei sintomi negativi era superiore per clozapina e olanzapina, mentre il risperidone è risultato leggermente meno efficace.

Clozapina appare il più attivo sui sintomi negativi, sebbene si evidenzino differenze di piccola entità tra i trattamenti, probabilmente dovute alla scarsa numerosità dei singoli gruppi.

Per quanto concerne gli effetti indesiderati extrapiramidali, decrementi significativi rispetto al basale si sono verificati per ciascuno degli antipsicotici atipici ma non con aloperidolo (Tab. III).

Altri effetti indesiderati significativi sono stati 1 caso di agranulocitosi nel gruppo clozapina seguito da pieno recupero, 2 casi di neutropenia con clozapina, 2 con risperidone e 1 con aloperidolo e convulsioni in 4 pazienti del gruppo clozapina.

L’aumento ponderale medio (in kg) è stato 4,2 kg con clozapina, 5,4 kg con olanzapina, 2,3 kg con risperidone e 0,2 kg con aloperidolo.

Clozapina versus altri antipsicotici atipici

Azorin et al. (37) hanno coordinato una sperimentazione multicentrica, che ha studiato 273 pazienti affetti da schizofrenia cronica con scarsa risposta ai trattamenti precedenti, come definito dai seguenti criteri:

 

1. episodio attuale in trattamento da almeno 6 mesi senza miglioramento clinico significativo;

2. almeno 6 sett. di trattamento dell’episodio attuale, senza risposta clinica, con 20 mg eq. di aloperidolo (anche più antipsicotici simultaneamente) – meno se eventi avversi hanno comportato limitazione del dosaggio;

3. scarso funzionamento nei due anni precedenti nonostante l’impiego di due AP di classi diverse, o nei 5 anni precedenti con 3 AP.

 

I pazienti sono stati suddivisi in modo random in due gruppi e trattati con clozapina o risperidone per 12 settimane.

L’efficacia è risultata maggiore per clozapina sia per quanto riguarda l’analisi ITT che Per-Protocol, dal baseline alla fine del trattamento alla BPRS e alla CGI (Tab. IV).

Differenze statisticamente significative a favore di clozapina sono state osservate anche alla maggior parte delle scale secondarie (PANSS, Calgary Depression s., Psychotic Depression s., Psychotic Anxiety s.).

Nel gruppo, risperidone la percentuale di pazienti che hanno sospeso il trattamento per inefficacia è stata statisticamente superiore rispetto al gruppo clozapina (p < 0,01).

Per quanto concerne la tollerabilità i principali dati emersi si possono così sintetizzare:

 

– profilo eventi avversi simile nei due gruppi, con rischio inferiore per EPS nel gruppo clozapina con riduzione rispetto al baseline del punteggio CGI Parkinsonism score (Ancova p < 0,03) e ipercinesia (chi 2 p < ,05);

– simile incidenza per granulocitopenia (1-2%), più elevata incidenza di carenza di neutrofili nel gruppo risperidone, nessun caso di agranulocitosi osservato durante lo studio;

– convulsioni in 12 casi nel gruppo clozapina, di cui 10 trattati con dosaggi superiori a 600 mg/die, ed in 3 casi del gruppo risperidone;

– ipotensione più frequente nel gruppo risperidone; incremento ponderale significativamente maggiore nei pazienti trattati con clozapina (p < 0,002).

 

Oltre allo studio di Volavka et al. (36) descritto nel paragrafo precedente, nel quale i dati delle rating scales risultavano a favore di clozapina e olanzapina rispetto a risperidone, pur senza differenze statisticamente significative, sono stati condotti altri 3 studi di breve durata (6-12 settimane), in doppio cieco parallelo randomizzato di confronto tra clozapina e risperidone, su un totale di 150 pazienti affetti da schizofrenia cronica resistente (38)-(40); di questi solo uno non ha rilevato differenze di risposta clinica tra i due farmaci (38); i principali dati emersi da questi studi si possono così riassumere:

 

– nello studio a 6 settimane (40), nonostante l’esiguità della casistica (29 pazienti), clozapina si è dimostrata superiore a risperidone per efficacia sui sintomi positivi (p = 0,04, effect size 0.71) e la minore incidenza di EPS (p = 0,05 scala Simpson-Angus, effect size 0,89), mentre sono risultate non significative le differenze di efficacia sui sintomi negativi; i livelli di prolattina sono risultati significativamente più elevati nel gruppo risperidone (p = 0,0001);

– nello studio di Lindenmayer et al. (39) su 35 pazienti, sia clozapina che risperidone hanno ottenuto miglioramenti significativi della psicopatologia globale (p < 0,003); clozapina è risultata numericamente, ma non statisticamente superiore a risperidone nel punteggio totale PANSS e fattori PANSS positivo, negativo, excitement e cognitivo. Il miglioramento è stato osservato per risperidone verso la fine della seconda settimana di trattamento, mentre per clozapina si è trattato di un miglioramento progressivo durante l’arco delle 12 settimane del trial. Cinque pazienti del gruppo clozapina hanno interrotto per eventi avversi (convulsioni, leucopenia, ipertensione, tachicardia), mentre per quanto concerne gli effetti extrapiramidali è stato osservato un decremento significativamente superiore rispetto al punteggio basale alla Simpson Angus Rating Scale nel gruppo clozapina rispetto al gruppo risperidone (p < 0,01);

– nello studio di Bondolfi et al. (38), della durata di 8 settimane, su 86 pazienti, sia risperidone che clozapina hanno ridotto significativamente la gravità dei sintomi psicotici (BPRS, CGI) rispetto al basale, senza significatività delle differenze tra i due gruppi. La dose media di clozapina al giorno 42 (291,2 mg/die) è risultata inferiore a quella comunemente riscontrata negli altri studi. Aumento di peso e sedazione in misura maggiore nel gruppo clozapina.

 

Gli studi di confronto con olanzapina attualmente disponibili sono quello di Volavka et al. (36) nel quale clozapina, olanzapina, risperidone e aloperidolo sono stati confrontati per efficacia e tollerabilità e quello di Tollefson et al. (41). Un altro studio in aperto ha valutato la risposta clinica a clozapina di un gruppo di pazienti affetti da schizofrenia resistente al trattamento con olanzapina.

Lo studio di Volavka et al. (36), descritto nel paragrafo precedente, condotto su 4 gruppi paralleli di pazienti affetti da schizofrenia resistente, ha mostrato lievi differenze numeriche non significative a favore di clozapina su olanzapina, ma va considerata l’esiguità del campione (meno di 40 pazienti per gruppo), sufficiente a rilevare differenze di efficacia clinica tra antipsicotici atipici e aloperidolo, ma probabilmente non a rilevare differenze tra gli atipici.

Lo studio di Tollefson et al. (41), è stato disegnato come “non-inferiority trial” (42). Sono stati arruolati 220 pazienti (110 per gruppo) affetti da schizofrenia (DSM-IV) resistente ai trattamenti convenzionali, trattati con clozapina o olanzapina per un periodo di 18 settimane. I risultati della sperimentazione relativamente all’efficacia sono riassunti nella Tabella V (analisi ITT).

I risultati così illustrati indicherebbero una non inferiorità di olanzapina rispetto a clozapina; tuttavia il tasso di drop-out (14% con clozapina e 4% con olanzapina), l’adozione della sola analisi ITT e un cut off di soli 4 punti, potrebbe aver influito sul risultato; in un recente lavoro metodologico incentrato sull’adozione dei non-inferiority trials nello studio dei nuovi antipsicotici Fleischhacker et al. (43) indicano la necessità di dimensioni campionarie superiori ai 130 pazienti per gruppo stabilendo una potenza del 90% e un cut-off di 8,8 punti alla PANSS come discriminante della inferiorità. La dimensione campionaria sale a 234 pazienti per gruppo di trattamento, volendo discriminare l’inferiorità di un trattamento con un cut-off di 6,6 punti alla PANSS, con una potenza del 90%.

Efficacia di clozapina sulle dimensioni psicopatologiche aggressività e impulsività

Spivak et al. (44) hanno valutato l’efficacia di clozapina sulle dimensioni psicopatologiche aggressività e impulsività in 14 pazienti schizofrenici ricoverati resistenti al trattamento. I risultati si possono così sintetizzare:

 

– una diminuzione significativa del punteggio alla scala Overt Aggression Scale (OAS) è stata registrata durante le 18 settimane di trattamento con clozapina (p < 0,0001) e un significativo decremento era già visibile alla 7� settimana (p < 0,01 vs baseline);

– miglioramento alla Impulsivity Scale (IS) del 32% nelle 18 settimane (p < 0,0001), anche in questo caso già evidente alla settimana 7 (p < 0,005);

– i miglioramenti alla OAS e alla IS erano in forte correlazione con il dosaggio di clozapina (Pearson correlation test: per OAS r = -0,837, per IS r = -0,850);

– diminuzione significativa del punteggio della PANSS durante le 18 settimane di trattamento (baseline vs sett 18 p < 0,0001).

 

I dati presentati da Spivak et al. (44) sono indirettamente confermati dalle osservazioni di Meltzer et al. (45) (46) e di Frankle et al. (47), che hanno osservato una riduzione significativa della suicidalità del paziente schizofrenico (del 75-80%) e della frequenza di arresti in pazienti schizofrenici con storia di comportamento criminale.

Latenza di risposta clinica con clozapina

Conley et al. (48) hanno inteso specificamente indagare i tempi di insorgenza della risposta clinica su 50 pazienti affetti da schizofrenia resistente, che sono stati trattati con clozapina a dosi crescenti fino al dosaggio massimo di 900 mg/die, per un periodo di un anno. La risposta clinica è stata definita a priori come riduzione superiore al 20% dei punteggi BPRS + punteggio CGI < 3 oppure punteggio totale alla BPRS < 35.

I risultati dello studio si possono così descrivere:

 

– la risposta clinica è stata ottenuta in 34 soggetti (68%);

– la risposta è stata raggiunta ad una dose media di 468 mg/die di clozapina (ds = 168) e la dose impiegata nell’88% dei pazienti responsivi è stata ≤ 600 mg/die;

– il tempo medio per la risposta clinica è stato di 82 giorni (ds = 100);

– per il raggiungimento del dosaggio che si è rivelato efficace sono stati mediamente necessari 60 giorni di trattamento: una volta raggiunta la dose, il tempo medio necessario per ottenere la risposta clinica è stato di 17 giorni (ds = 14, range 2-56);

– tutti e 34 i pazienti che hanno risposto al trattamento con clozapina hanno soddisfatto i criteri entro 8 settimane dall’aumento del dosaggio.

 

Per completezza citiamo un dato estratto dallo studio di Lindenmayer et al. (39), commentato per esteso nel paragrafo dedicato agli studi controllati, nel quale la risposta clinica alla terapia con clozapina proseguiva nell’arco delle 12 settimane dello studio.

Studi sulla correlazione tra livelli plasmatici di clozapina e risposta clinica

Sono stati condotti due studi che hanno inteso valutare specificamente la correlazione tra livelli plasmatici di clozapina e risposta clinica, in pazienti affetti da schizofrenia resistente. Al proposito sono disponibili anche i dati dello studio di Bondolfi et al. (38). I principali risultati emersi si possono così descrivere e valutare criticamente:

 

– Van der Zwaag et al. (49) hanno suddiviso 56 pazienti ricoverati in 3 gruppi sulla base dei differenti livelli plasmatici; i livelli plasmatici di clozapina compresi tra 200 e 300 ng/ml e tra 350 e 450 ng/ml sono risultati maggiormente efficaci rispetto al range 50-150 ng/ml; nessun vantaggio aggiuntivo è stato rilevato per il range 350-450 ng/ml sul range 200-300 ng/ml; la sonnolenza è risultata più frequente con l’incremento del dosaggio;

– nello studio di Bondolfi et al. (38) di confronto con risperidone, non è stata rilevata alcuna correlazione tra concentrazione plasmatica di clozapina ed efficacia clinica: al giorno 56 la concentrazione plasmatica del farmaco è risultata pari a 292 ng/ml nei non responders e 282 ng/ml nei responders;

– Llorca et al. (50), su 37 pazienti ricoverati, non hanno rilevato alcuna correlazione tra livelli plasmatici di clozapina e dei suoi metaboliti e risposta clinica: i livelli plasmatici di clozapina non erano significativamente diversi in responders e non responders a clozapina; ugualmente, essi non differivano in pazienti fumatori e non fumatori. La soglia di livello plasmatico per ottenere un effetto clinico è risultata di 550 ng/mL.

Valutazione dell’efficacia di tre differenti dosaggi di clozapina

Simpson et al. (51) hanno studiato tre differenti regimi di dosaggio di clozapina (100, 300 e 600 mg/die) su 50 pazienti affetti da schizofrenia cronica o disturbo schizoaffettivo, resistenti secondo i criteri di Kane, che sono stati trattati per un periodo di 16 settimane con ciascuno dei regimi di dosaggio, secondo un disegno in doppio cieco randomizzato cross-over. I risultati hanno mostrato che il trattamento con clozapina a 100 mg/die si è mostrato meno efficace rispetto ai dosaggi superiori (300 e 660 mg/die). Il gruppo trattato con 600 mg/die ha mostrato i risultati clinici migliori.

Valutazione della risposta a clozapina in pazienti resistenti anche ad olanzapina

Conley et al. (52) ha studiato un campione di 44 pazienti resistenti alle terapie tradizionali, che erano stati trattati in doppio cieco con olanzapina. Di questo campione, dopo 8 settimane di trattamento, 27 soggetti non avevano risposto al trattamento con olanzapina (dose media 24,7 mg/die). Questi pazienti sono quindi stati avviati ad un trial in aperto con clozapina alla dose media di 692 mg/die, per un periodo di altre 8 settimane: 11 pazienti su 27 hanno soddisfatto il criterio a priori di risposta al trattamento e le differenze rispetto al baseline erano visibili sia alla BPRS che alla CGI. Lo studio sembra quindi dimostrare che la mancanza di risposta clinica ad un trial con olanzapina non costituisce predittore di mancata risposta al trattamento con clozapina.

Metanalisi

Le metanalisi più ampie e significative presenti nella letteratura internazionale sono quelle condotte dal gruppo della Cochrane collaboration, la cui metodologia e risultati saranno ora sinteticamente descritti e commentati criticamente.

A seguire una descrizione dei dati metanalitici ottenuti da Davis et al. (55) sul confronto tra antipsicotici atipici e tipici nel trattamento della schizofrenia.

Clozapina versus antipsicotici tipici

La review di Wahlbeck et al. (53), su studi effettuati fino al 1999, ha valutato gli effetti di clozapina in confronto agli antipsicotici convenzionali nella terapia della schizofrenia.

Almeno due ricercatori indipendenti hanno incluso trials che comparavano clozapina e antipsicotici tipici. I dati sono stati quindi estratti da almeno due ricercatori indipendenti. Gli autori di studi effettuati dopo il 1980 sono stati contattati per eventuali dati mancanti o informazioni aggiuntive.

Odds ratios e intervalli di confidenza 95% di dati omogenei a variabili dicotomiche sono stati calcolati con il metodo Peto. Per i dati eterogenei con variabili dicotomiche è stato usato un modello di effetti random (random effects model). Quando possibile è stato calcolato anche il numero necessario da trattare (Number Needed to treat, NNT) o il numero necessario per l’effetto indesiderato indice (Number Needed to harm, NNH).

La review ha incluso 31 studi, 26 dei quali di durata inferiore a 13 settimane. Gli studi comprendevano un numero di pazienti pari a 2.589, la maggior parte dei quali erano uomini (74%), di età media 38 anni.

Il miglioramento clinico è stato registrato più di frequente in coloro che assumevano clozapina (random effect OR 0.4 CI 0.2-0.6, NNT 6), sia nel breve che nel lungo termine. Inoltre, nel breve termine, i pazienti in terapia con clozapina hanno avuto un numero inferiore di ricadute rispetto a quelli in terapia con antipsicotici tradizionali. (OR 0.6 CI 0.4-0.8, NNT 20 CI 17-38), e ciò potrebbe rivelarsi altrettanto valido nel lungo termine.

Le scale utilizzate per la valutazione sintomatologica (BPRS, PANSS; SANS) hanno mostrato una diminuzione maggiore per i pazienti in trattamento con clozapina rispetto a quelli trattati con antipsicotici classici, ed inoltre il trattamento con clozapina è risultato più accettato rispetto a quello con antipsicotici a bassa potenza come clorpromazina (random effect OR 0.8 CI 0.4-1.5). Clozapina nel lungo termine è risultata più tollerata rispetto agli antipsicotici convenzionali (random effect OR 0.4 CI 0.2-0.7 NNT 6 CI 3-111).

Per quanto riguarda la tollerabilità, in particolare, pur essendo mediamente più soddisfatti del trattamento con clozapina, i pazienti in trattamento riferivano in maggiore misura scialorrea, aumento della temperatura corporea e sonnolenza. Comunque i pazienti che assumevano clozapina riferivano in minor misura effetti motori e xerostomia.

L’efficacia clinica di clozapina era più pronunciata in pazienti resistenti agli antipsicotici tipici, in termini di miglioramento clinico (random effect OR 0.2 CI 0.1-0.5 NNT 5 CI 4-7) e riduzione dei sintomi. Il 32% dei pazienti resistenti ai trattamenti convenzionali hanno mostrato miglioramento clinico dopo trattamento con clozapina.

I risultati di questa review sistematica indicano un sostanziale vantaggio di clozapina sugli antipsicotici tipici, almeno nel breve termine. Dall’analisi emerge inoltre che gli effetti dannosi di clozapina, in particolare quelli sui leucociti, appaiono più frequenti in popolazioni pediatriche, di adolescenti e negli anziani rispetto a popolazioni di età media e giovani adulti.

Clozapina versus antipsicotici atipici

Al fine di valutare gli effetti clinici sulla schizofrenia dei farmaci antipsicotici atipici al confronto con clozapina, è stata effettuata una review dei trials controllati randomizzati, effettuati fino al 2000, che confrontavano clozapina con i farmaci antipsicotici atipici più recenti (54).

I dati sono stati estratti indipendentemente da almeno due ricercatori. Sono stati calcolati i Rischi relativi (RR) con i relativi intervalli di confidenza al 95%. Per i dati eterogenei con variabili dicotomiche è stato usato un modello di effetti random. Ove possibile è stato calcolato anche il NNT con 95% CI. Medie pesate o standardizzate sono state calcolate per dati continui. In considerazione del numero limitato degli studi inclusi, per questa review non sono state intraprese analisi della sensibilità o funnel plot statistic.

Sono stati presi in considerazione 8 studi, dei quali 3 della durata di 4-6 settimane e solo uno di durata superiore alle 12 settimane. 5 di questi sono stati condotti su pazienti schizofrenici resistenti e 1 su pazienti parzialmente responsivi alla terapia antipsicotica convenzionale.

I nuovi antipsicotici atipici sono apparsi di efficacia simile a clozapina usando un indice clinico globale o la definizione di miglioramento stabilita dai ricercatori, tuttavia tale risultato proviene dall’analisi di un numero limitato di studi, di cui solo 5 condotti su pazienti affetti da schizofrenia resistente (indicazione elettiva di clozapina). In conseguenza del piccolo numero di trial e di pazienti, sono stati evidenziati ampi intervalli di confidenza quando sono state confrontate le misure di efficacia mediante i punteggi alle rating scales.

In un singolo studio di bassa potenza statistica il funzionamento sociale è risultato migliore in pazienti in trattamento con risperidone che in quelli trattati con clozapina. Clozapina e nuovi AP hanno mostrato un profilo di eventi avversi piuttosto diverso: mentre clozapina ha causato più astenia, ipersalivazione, nausea e vertigini in ortostatismo, i nuovi atipici (risperidone, zotepina, remoxipride), con l’eccezione di olanzapina, hanno dato luogo ad una maggiore incidenza di sintomi extrapiramidali.

Gli autori concludono che l’uguale efficacia e tollerabilità dei nuovi antipsicotici rispetto a clozapina non si può comunque considerare dimostrata. La mancanza di potenza statistica per determinare l’efficacia (efficacy) e l’efficienza (effectiveness) dei nuovi AP rende difficile stabilire se questi ultimi siano più, meno o ugualmente efficaci rispetto a clozapina.

Antipsicotici atipici versus antipsicotici tipici

Davis et al. (55) hanno effettuato un’ampia metanalisi con i seguenti obiettivi:

 

– verificare l’efficacia per ciascuno dei differenti antipsicotici atipici rispetto al trattamento con antipsicotici tradizionali (ipotesi di omogeneità della classe degli atipici);

– verificare se l’eventuale effetto differenziale potesse essere stato determinato dal confronto con dosi equivalenti di aloperidolo eccessivamente alte (ipotesi di vizio sistematico).

 

Gli autori hanno valutato 124 trial randomizzati e controllati, non limitandosi a quelli pubblicati ma estendendo la ricerca attraverso vari canali di informazione e contattando direttamente le aziende farmaceutiche titolari di antipsicotici. I risultati emersi sono stati i seguenti:

 

– il confronto tra antipsicotici atipici e tipici ha rilevato una differenza significativa di efficacia (confronto tra i punteggi PANSS, BPRS, CGI) solo per clozapina, olanzapina, risperidone e amisulpride;

– l’effect size maggiore è stato quello rilevato con clozapina (0,49, range 0,32-0,67), rispetto ad amisulpride (0,29, range 0,16-0,41), risperidone (0,25, range 0,18-0,33) e olanzapina (0,21, range 0,14-0,28); l’effect size di aloperidolo versus placebo è risultato di 0,60 (range 0,44-0,76);

– l’analisi della varianza a due vie effettuata sulle dosi di aloperidolo impiegate negli studi valutati ha rilevato un’assenza di interazione e quindi ha escluso l’ipotesi di vizio sistematico nella valutazione degli studi confronto tra antipsicotici atipici e tipici: di particolare interesse l’applicazione della metodica non solo ai dati della metanalisi di Davis ma anche ai dati pubblicati da Geddes et al. (56) che era giunto a conclusioni opposte.

 

Gli autori concludono affermando la disomogeneità della classe degli antipsicotici atipici dal punto di vista dell’efficacia sui sintomi schizofrenici e rigettando l’ipotesi di un vizio sistematico legato alla dose elevata di aloperidolo nella valutazione di maggiore efficacia degli antipsicotici atipici rispetto ai tipici.

Analisi globale dell’efficacia

L’efficacia clinica della clozapina è stata confermata da numerosi trial clinici, condotti con metodologia corretta su un’ampia popolazione di pazienti.

Nella presente relazione sono stati esaminati singolarmente 15 studi clinici, su un totale di 1.620 pazienti affetti da schizofrenia e, in misura minore, disturbo schizoaffettivo, resistente alla terapia antipsicotica convenzionale.

Negli studi analizzati singolarmente 1.369 pazienti sono stati trattati in doppio cieco con un comparatore attivo e 251 in prove non controllate da farmaci di confronto.

Di queste sperimentazioni, 9 sono state controllate da antipsicotici di confronto noti per la loro efficacia (aloperidolo 4, risperidone 5, olanzapina 2) e hanno seguito un disegno sperimentale in doppio cieco parallelo. I rimanenti 6 studi, sempre condotti su pazienti affetti da schizofrenia resistente, hanno valutato l’efficacia di 3 differenti dosaggi di clozapina (in doppio cieco), l’efficacia di clozapina sulle dimensioni psicopatologiche aggressività e impulsività, l’efficacia clinica in relazione ai differenti livelli di concentrazione plasmatica del farmaco (2 studi), la latenza di risposta clinica, l’efficacia clinica in pazienti non responsivi alla terapia con olanzapina.

La popolazione di soggetti esaminati è risultata molto ampia e rappresentativa della patologia nella sua presentazione clinica corrente, anche per quanto concerne le varie età esaminate.

La casistica è inoltre risultata abbastanza omogenea per quanto concerne i criteri di inclusione: schizofrenia resistente secondo differenti criteri più o meno restrittivi ma sempre clinicamente attendibili.

L’analisi degli studi di confronto con altri antipsicotici in pazienti affetti da schizofrenia resistente ha mostrato una sostanziale maggiore efficacia di clozapina in quasi tutti gli studi esaminati, come si può visualizzare nella Tabella VII.

Gli studi non controllati da farmaci di confronto hanno inoltre fornito altre indicazioni cliniche di rilievo: efficacia proporzionale alla dose somministrata ma non ai livelli plasmatici di clozapina, risposta clinica entro 8 settimane dal raggiungimento del dosaggio clinico risultato efficace (tempo medio di risposta 82 � 100 gg), marcata efficacia sulle dimensioni psicopatologiche impulsività e aggressività, efficacia clinica in circa il 40% dei pazienti resistenti a terapie convenzionali non responsivi ad olanzapina.

Infine i risultati dell’ampia metanalisi condotta secondo i metodi della Cochrane Collaboration, che ha preso in considerazione 31 studi condotti fino al 1999, su 2.589 pazienti, trattati con clozapina in confronto ad antipsicotici tipici, confermano i dati emersi dall’analisi condotta sui singoli studi pubblicati dal 1997 al 2003.

L’analisi degli studi pubblicati dal 1997 al 2003, sul confronto tra clozapina e antipsicotici atipici, ha invece fornito dati più consistenti sulla maggiore efficacia di clozapina rispetto alla corrispondente metanalisi della Cochrane Collaboration, che aveva preso in esame solo 8 studi di breve durata e su pochi pazienti.

Analisi globale della sicurezza

Negli studi valutati singolarmente nella presente relazione, i pazienti affetti da schizofrenia resistente trattati con clozapina sono stati in totale 893; di questi, 293 sono stati trattati in trial di lunga durata fino a 1 anno di trattamento.

La popolazione di soggetti esaminati è risultata molto ampia e rappresentativa della patologia nella sua presentazione naturalistica, anche per quanto concerne le varie età esaminate; il 70% circa dei soggetti era di sesso maschile.

Gli studi valutati nelle metanalisi della Cochrane Collaboration hanno esaminato in totale 2.589 (clozapina verso antipsicotici tipici) e 785 pazienti (clozapina verso antipsicotici atipici). L’età media dei partecipanti era di 38 aa nella prima metanalisi e di 37 anni nella seconda; il rapporto dei sessi era sempre a favore dei maschi (74% e 68% nelle due metanalisi rispettivamente).

Lieberman e Alvir (57) hanno inoltre esaminato i dati ematologici di una coorte di 11.555 pazienti statunitensi (62%M).

Sono state riferite reazioni avverse in una percentuale globale di pazienti relativamente elevata (intorno al 30-40%), ma le interruzioni di trattamento dovute agli effetti avversi sono molto inferiori (intorno al 10% dei pazienti trattati). Gli effetti collaterali più frequenti, in tutti gli studi esaminati sono stati astenia, scialorrea, aumento di peso, nausea, vertigini. Convulsioni sono state osservate in una percentuale limitata di pazienti (non superiore al 2%) con i dosaggi più elevati.

Gli stessi eventi avversi, come natura e frequenza, sono stati rilevati nelle metanalisi della Cochrane Collaboration.

Sempre a favore di clozapina rispetto agli antipsicotici di confronto (eccetto olanzapina) è stata la valutazione della sintomatologia extrapiramidale; a titolo esemplificativo citiamo:

 

– Azorin et al. (37) hanno evidenziato un rischio inferiore per EPS nel gruppo clozapina rispetto al gruppo risperidone con riduzione rispetto al baseline del punteggio CGI parkinsonismo (ancova p < 0,03) e ipercinesia (c2 p < ,05);

– Volavka et al. (36) hanno descritto decrementi significativi degli EPS rispetto al basale per ciascuno degli antipsicotici atipici, ma non per aloperidolo (tabella VI):

 

Di particolare rilievo infine l’analisi dei profili ematologici dei pazienti in trattamento: in tutti i pazienti trattati negli studi analizzati singolarmente (n = 893) sono stati osservati solamente 4 casi di agranulocitosi, tutti regrediti dopo la sospensione del trattamento.

Il profilo di effetti indesiderati di clozapina emerso negli studi esaminati è caratterizzato da una prevalenza significativamente maggiore rispetto ai trattamenti di confronto di sedazione, vertigini, scialorrea e nausea. Tali effetti, riconducibili in parte al blocco multirecettoriale posseduto da clozapina, nella maggior parte dei casi non hanno comunque impedito la prosecuzione del trattamento.

Effetti indesiderati di gravità maggiore come convulsioni e agranulocitosi si sono verificati in una percentuale di casi estremamente limitata (2% convulsioni, < 1% agranulocitosi).

Gli stessi dati sono stati rilevati nelle metanalisi della Cochrane Collaboration.

A proposito del rischio di agranulocitosi lo studio epidemiologico di Lieberman e Alvir (57) è stato condotto su 11.555 pazienti statunitensi (62% M) in trattamento con clozapina, monitorati dal punto di vista ematologico nel contesto del Clozaril Patient Monitoring System e seguiti per un periodo medio di 237 giorni e mediano di 187 giorni.

L’incidenza di agranulocitosi (granulociti < 1.500) indotta da clozapina è risultata dello 0,8% a 1 anno e 0,91% a 1,5 anni (CI 95%: 0,6-1,2%).

Il massimo periodo di rischio è risultato compreso nelle prime 24 settimane di trattamento.

Il maggiore rischio di agranulocitosi si osserva nelle donne (p < 0,005) e nei soggetti di età non giovane (p < 0,0001). In relazione all’età, il rischio di agranulocitosi è risultato incrementare del 6% ogni anno. Il rischio relativo per il sesso femminile è risultato di 2,2 indipendentemente dall’età e di 1,6 eliminando l’età come fattore di confondimento.

La miocardite, un altro effetto indesiderato di particolare rilievo clinico, è emersa negli ultimi anni. Hagg et al. (58) hanno recentemente revisionato 18 casi pubblicati di miocardite associata all’uso di clozapina nel mondo e hanno descritto altri 8 casi osservati in Svezia.

In 19 di 24 casi di cui era noto il periodo di trattamento, i sintomi si sono verificati entro le prime 6 settimane; i sintomi associati sono stati: febbre, ipotensione, fastidio precordiale, e insufficienza cardiaca. Dei 26 casi totali, 12 hanno avuto esito fatale, mentre nei restanti si è osservata una risoluzione spontanea.

La valutazione critica del profilo di sicurezza, in relazione alla patologia trattata, alle particolari caratteristiche dei pazienti (affetti da schizofrenia resistente) e ai dati preclinici di sicurezza, porta a considerare il profilo di reazioni avverse di clozapina ampiamente accettabile in relazione alla gravità della patologia trattata, per la quale non sono attualmente disponibili terapie ugualmente efficaci.

Una serie di indicazioni di uso possono comunque ridurre la frequenza e l’intensità delle reazioni avverse:

 

– inizio della terapia con 12,5-25 mg/die e incremento di 50 mg/die ogni 3 giorni: la titolazione del dosaggio permette di gestire meglio sedazione, ipotensione, nausea e vertigini, oltre a ridurre il rischio di convulsioni;

– monitoraggio settimanale della formula leucocitaria, come d’altra parte già prescritto nella scheda tecnica del prodotto LEPONEX® (59) e nelle indicazioni di uso di clozapina (CLOZARIL®) (60) negli USA;

– valutazione e gestione di fattori di rischio concomitanti per l’insorgenza di convulsioni (familiarità per epilessia, dosaggi superiori ai 600 mg, uso concomitante di alcool, etc.);

– pronto riconoscimento dei sintomi di miocardite, sospensione del trattamento e trattamento per via generale con corticosteroidi.

 

Tab. I. Affinità per i recettori D2 di ratto e umani di clozapina, clorpromazina e aloperidolo (9). Affinità of clozapine, chlorpromazine and haloperidol for rat and human D2 receptors (9).

Composto

Affinità D2 in vitro(Ki nmol/L)
(striato di ratto)

Affinità D2 in vitro(Ki nmol/L)
(caudato e corteccia frontale umana)

Clozapina

90

180

Clorpromazina

4,6

19

Aloperidolo

2,6

4

Tab. II. Dosaggi di aloperidolo o clozapina nella casistica di Kane (35). Dosages of haloperidol and clozapine in Kane�s case series (35).

Farmaco/Dose (mg/die)

Sett. 1

Sett. 5

Sett. 11

Sett. 17

Sett. 29

aloperidolo

5

10

14,,3

15,7

18,9

clozapina

141

433

491

506

523

Tab. III. Riduzione degli effetti extrapiramidali con clozapina, olanzapina e risperidone (36). Extrapyramidal symptom reduction with clozapine, olanzapine, and risperidone (36).

farmaco

8 settimane

14 settimane

camb. punteggio EPS rating scale rispetto al basale*

p

camb. Punteggio EPS rating scale rispetto al basale*

p

clozapina

-2,2

< 0,03

-2,8

< 0,005

olanzapina

-3,4

< 0,0008

-4,0

< 0,0001

risperidone

-3,2

< 0,002

-2,8

< 0,005

* determinato mediante modello gerarchico lineare

Tab. IV. Risultati dell�analisi statistica di efficacia clozapina versus risperidone (37). Results of the statistical analysis of efficacy data for clozapine vs. risperidone (37).

BPRS totale

Significatività statistica

ITT

Clo sup. Risp

p < 0,006

Per protocol

Clo sup. Risp

p < 0,0006

CGI totale

ITT

Clo sup. Risp

p < 0,008

Per protocol

Clo sup. Risp

p < 0,002

Tab. V. Risultati dell�analisi statistica di efficacia olanzapina versus clozapina (noninferiority trial) (41). Results of the statistical analysis of efficacy data for olanzapine vs. clozapine-noninferiority trial (41).

Baseline

Variazione punteggio

Differenza tra trattamenti
(clo-ola)

limite inferiore di confidenza95%

scala

terapia

n.

Media (ds)

Media (ds)

PANSS totale

Ola

89

108,2 (15,7)

25,6 (25,5)

3,5

-2,2

Clo

87

104,6 (15,7)

22,1 (23,1)

PANSS positive

Ola

89

26,2 (5,8)

6,8 (7,6)

0,4

-1,4

Clo

87

25,3 (6,4)

6,4 (7,2)

PANSS negative

Ola

89

29,1 (6,3)

7,1 (7,4)

1,5

-0,1

Clo

87

28,4 (6,9)

5,6 (6,9)

CGI gravità

Ola

89

5,5 (0,8)

1,1 (1,2)

0,2

-0,02

Clo

87

5,4 (0,9)

0,9 (1,1)

BPRS 1-7 totale

Ola

89

60,4 (9,5)

15,2 (15,3)

1,2

-2,1

Clo

87

59,0 (11,3)

14,0 (13,3)

Tab. VI. Decrementi significativi degli EPS rispetto al basale (36). Significant extrapyramidal symptom reduction with respect to baseline (36).

farmaco

8 settimane

14 settimane

camb. punteggio EPS rating scale rispetto al basale*

p

camb. punteggio EPS rating scale rispetto al basale*

p

clozapina

-2,2

< 0,03

-2,8

< 0,005

olanzapina

-3,4

< 0,0008

-4,0

< 0,0001

risperidone

-3,2

< 0,002

-2,8

< 0,005

* determinato mediante modello gerarchico lineare

Tab. VII. Risultati degli studi di confronto tra clozapina e altri antipsicotici nella schizofrenia resistente. Results of comparison studies between clozapine and other antipsychotics in treatment-resistant schizophrenia.

Autore e anno

N. pazienti

Farmaco di confronto

Durata studio

Risultati(significatività statistica)

Rosenheck 1997-2000 (30)-(33)

423

aloperidolo

1 anno

clozapina > aloperidolo

Buchanan 1998 (34)

75

aloperidolo

1 anno

clozapina > aloperidolo

Kane 2001 (35)

71

aloperidolo

6 mesi

clozapina > aloperidolo

Volavka 2002 (36)

157

aloperidolo

14 settimane

clozapina > aloperidolo

risperidone

clozapina = olanzapina

olanzapina

clozapina = risperidone

Lindenmayer 1998 (39)

35

risperidone

12 settimane

clozapina = risperidone

Bondolfi 1998 (38)

86

risperidone

8 settimane

clozapina = risperidone

Breier 1999 (40)

29

risperidone

6 settimane

clozapina > risperidone

Azorin 2001 (37)

273

risperidone

12 settimane

clozapina > risperidone

Tollefson 2001 41

220

olanzapina

18 settimane

clozapina = olanzapina

1 Kaplan & Sadock. Comprehensive textbook of psychiatry, seventh edition. LWW, 2000.

2 Kane J, Honigfeld G, Singer J, Meltzer H. Clozapine for the treatment-resistant schizophrenic. A double-blind comparison with chlorpromazine. Arch Gen Psychiatry 1988;45:789-96.

3 Linee guida per la farmacoterapia della schizophrenia della Società Italiana di Psicopatologia, Consensus Conference, Roma, 14-15 Aprile 2000. Giorn Ital Psicopatol 2000,6(Suppl).

4 Brenner HD, Dencker SJ, Goldstein MJ, Hubbard JW, Keegan DL, Kruger G, et al. Defining treatment refractoriness in schizophrenia. Schizophr Bull 1990;16:551-61.

5 American Psychiatric Association Practice Guideline for the Treatment of Patients With Schizophrenia 1997.

6 American Psychiatric Association Practice Guideline for the Treatment of Patients With Schizophrenia (Second Edition) (feb 2004).

7 Cassano GB, Pancheri P, eds. Trattato Italiano di Psichiatria. Milano: Masson 1999.

8 Davis KL, Charney D, Coyle JT, Nemeroff C. Neuropsychopharmacology: The Fifth Generation of Progress. LWW 2002.

9 Fitton A, Heel RC. Clozapine – A review of its pharmacological properties, and therapeutic use in schizophrenia. Drugs 1990;40:722-47.

10 Seeman P, Tallerico T. Rapid release of antipsychotic drugs from dopamine D2 receptors: an explanation for low receptor occupancy and early clinical relapse upon withdrawal of clozapine or quetiapine. Am J Psychiatry 1999;156:876-84.

11 Wilkinson GR. Pharmacokinetics. In: Goodman LS & Gilman A, eds. The Pharmacological Basis of Therapeutics. Tenth Edition. McGraw-Hill 2001.

12 Chiodo LA, Bunney BS. Typical and atypical neuroleptics: differential effects of chronic administration on the activity of A9 and A10 midbrain dopaminergic neurons. J Neurosci 1983;3:1607-19.

13 Hand TH, Hu XT, Wang RY. Differential effects of acute clozapine and haloperidol on the activity of ventral tegmental (A10) and nigrostriatal (A9) dopamine neurons. Brain Res 1987;415:257-69.

14 Stille G, Lauener H, Eichenberger E. The pharmacology of 8-chloro-11-(4-methyl-1-piperazinyl)-5H-dibenzo(b,e)(1,4)diazepine (clozapine). Farmaco [Prat] 1971;26:603-25.

15 Costall B, Naylor RJ. Antagonism of the hyperactivity induced by dopamine applied intracerebrally to the nucleus accumbens septi by typical neuroleptics and by clozapine, sulpiride and thioridazine. Eur J Pharmacol 1976;35:161-8.

16 Deutch AY, Moghadamm B, Innis RB. Mechanisms of action of atypical antipsychotic drugs: implications for novel therapeutic strategies for schizophrenia. Schizophr Res 1991;4:121-56.

17 Owens MJ, Risch SC. Atypical antipsycotics. In: Schatzberg AF, Nemeroff CB, eds. The American Psychiatric Press Textbook of Psychopharmacology. Second Edition. Washington DC and London: American Psychiatric Press, Inc. 1998.

18 Moghaddam B. Preferential activation of cortical dopamine neurotransmission by clozapine: functional significance. J Clin Psychiatry 1994;55(Suppl B):27-9.

19 Youngren KD, Inglis FM, Pivirotto PJ, Jedema HP, Bradberry CW, GoldmanRakic PS, et al. Clozapine preferentially increases dopamine release in the Rhesus Monkey prefrontal cortex compared with the caudate nucleus. Neuropsychopharmachology 1999;20:403-12.

20 Qiao H, Noda Y, Nagai T, Furukawa H, Miura H, Kayukawa Y, et al. Clozapine, but not haloperidol, reverses social behavior deficit in mice during withdrawal from chronic phencyclidine treatment. NeuroReport 2001;12:11-15.

21 Lundberg T, Lindstrom L, Hartvig P, Reibring L, Agren H, Lundqvist H, et al. Serotonin-2 and dopamine-1 binding components of clozapine in frontal cortex and striatum in the human brain visualized by positron emission tomography. Psychiatry Res 1996;67:1-10.

22 Kapur S, Zipursky RB, Remington G. Clinical and theoretical implications of 5-HT2 and D2 receptor occupancy of clozapine, risperidone, and olanzapine in schizophrenia. Am J Psychiatry 1999;156:286-93.

23 Kapur S, Seeman P. Does fast dissociation from the dopamine d(2) receptor explain the action of atypical antipsychotics?: A new hypothesis. Am J Psychiatry 2001;158:360-9.

24 De Bartolomeis A. Potenziamento glutammatergico e glicinergico degli antipsicotici nella schizofrenia. Comunicazione Orale IX congresso SOPSI, 24-28 febbraio 2004 Roma. Itl J Psychopathol 2004;10:65-6.

25 Buchanan RW, Holstein C, Breier A. The comparative efficacy and long-term effect of clozapine treatment on neuropsychological test performance. Biol Psychiatry 1994;36:717-25.

26 Lee MA, Thompson PA, Meltzer HY. Effects of clozapine on cognitive function in schizophrenia. J Clin Psychiatry 1994;55(Suppl B):82-7.

27 Fujii DE, Ahmed I, Jokumsen M, Compton JM. The effects of clozapine on cognitive functioning in treatment-resistant schizophrenic patients. J Neuropsychiatry Clin Neurosci 1997;9:240-5.

28 Lee MA, Jayathilake K, Meltzer HY. A comparison of the effect of clozapine with typical neuroleptics on cognitive function in neuroleptic-responsive schizophrenia. Schizophr Res 1999;37:1-11.

29 Potkin SG, Fleming K, Jin Y, Gulasekaram B. Clozapine enhances neurocognition and clinical symptomatology more than standard neuroleptics. J Clin Psychopharmacol 2001;21:479-83.

30 Rosenheck R, Cramer J, Xu W, Thomas J, Henderson W, Frisman L, et al. A comparison of clozapine and haloperidol in hospitalized patients with refractory schizophrenia. Department of Veterans Affairs Cooperative Study Group on Clozapine in Refractory Schizophrenia. N Engl J Med 1997;337:809-15.

31 Rosenheck R, Lawson W, Crayton J, Cramer J, Xu W, Thomas J, et al. Predictors of differential response to clozapine and haloperidol. Veterans Affairs Cooperative Study Group on Clozapine in Refractory Schizophrenia. Biol Psychiatry 1998;44:475-82.

32 Rosenheck R, Dunn L, Peszke M, Cramer J, Xu W, Thomas J, et al. Impact of clozapine on negative symptoms and on the deficit syndrome in refractory schizophrenia. Department of Veterans Affairs Cooperative Study Group on Clozapine in Refractory Schizophrenia. Am J Psychiatry 1999;156:88-93.

33 Rosenheck R, Chang S, Choe Y, Cramer J, Weichun X, Thomas J, et al. Medication continuation and compliance: a comparison of patients treated with clozapine and Haloperidol. J Clin Psychol 2000;5:382-6.

34 Buchanan RW, Breier A, Kirkpatrick B, Ball P, Carpenter T. Positive and negative symptom response to clozapine in schizophrenic patients with and without the deficit syndrome. Am J Psychiatry 1998;155:751-60.

35 Kane JM, Marder SR, Schooler NR, Wirshing WC, Umbricht D, Baker RW, et al. Clozapine and haloperidol in moderately refractory schizophrenia. A 6-month randomized and double blind comparison. Arch Gen Psychiatry 2001;58:965-72.

36 Volavka J, Czobor P, Sheitman B, Lindenmayer JP, Citrome L, McEvoy JP, et al. Clozapine, olanzapine, risperidone, and haloperidol in the treatment of patients with chronic schizophrenia and schizoaffective disorder. Am J Psychiatry 2002;159:255-62.

37 Azorin JM, Spiegel R, Remington G, Vanelle JM, Péré JJ, Giguer M, et al. A double blind comparative study of clozapine and risperidone in the management of severe chronic schizophrenia. Am J Psychiatry 2001;158:1305-13.

38 Bondolfi G, Dufour H, Patris M, May JP, Billeter U, Eap CB, et al. on behalf of the risperidone study group. Risperidone versus clozapine in treatment resistant chronic schizophrenia: a randomized double-blind study. Am J Psychiatry 1998;155:499-504.

39 Lindenmayer JP, Iskander A, Park M, Apergi FS, Czobor P, Smith R, et al. Clinical and neurocognitive effects of clozapine and risperidone in treatment refratory schizophrenic patients: a prospective study. J Clin Psychiatry 1998;59:521-7.

40 Breier AF, Malhotra AK, Tung-Ping S, Pinals DA, Elman I, Adler CM, et al. Clozapine and risperidone in chronic schizophrenia: effects on symptoms, parkinsonian side effects, and neuroendocrine response. Am J Psichiatry 1999;156:294-8.

41 Tollefson GD, Birkett MA, Kiesler GM, Wood AJ, and the Lilly resistant schizophrenia study group. Double-blind comparison of olanzapine versus clozapine in schizophrenic patients clinically eligible for treatment with clozapine. Biol Psychiatry 2001;49:52-63.

42 International Conference on Harmonisation Steering Committee. Note for Guidance on Statistical Principles in Clinical Trials. London, England: International Conference of Harmonization; March 1998. ICH Topic E9 (CPMP/ICH/363/96).

43 Fleischhacker WW, Czobor P, Hummer PM, Kemmler G, Kohnen R, Volavka J. Placebo or Active Control Trials of Antipsychotic Drugs? Arch Gen Psychiatry 2003;60:458-64.

44 Spivak B, Mester R, Wittemberg N, Maman Z, Weizman A. Reduction of aggressiveness and impulsiveness during clozapine treatment in chronic neuroleptic resistant schizophrenic patients. Clin Neuropharmachol 1997;20:442-6.

45 Meltzer HY, Anand R, Alphs L. Riduzione del rischio suicidario nella schizofrenia � Focus sul ruolo di clozapina. CNS Drugs 2000;15:355-65.

46 Meltzer HY, Alphs L, Green AI, Altamura AC, Anand R, Bertoldi A, et al. International Suicide Prevention Trial Study Group. Clozapine treatment for suicidality in schizophrenia: International Suicide Prevention Trial (InterSePT). Arch Gen Psychiatry 2003;60:82-91.

47 Frankle W, Shera D, Berger-Hershkowitz H, Evins A, Connolly C, Goff D, et al. Clozapine-associated reduction in arrest rates of psychotic patients with criminal histories. Am J Psychiatry 2001;158:270-4.

48 Conley RR,Carpenter WT, Tamminga CA. Time to clozapine response in a standardized trial. Am J Psychiatry 1997;154:1243-7.

49 Van der Zwaag C, McGee M, McEvoy JP, Freudenreich O, Wilson WH, Cooper TB. Response of patients with tratment refractory schizophrenia to clozapine within three serum level ranges. Am J Psychiatry 1996;153:1579-84.

50 Llorca PM, Lancon C, Disdier B, Farisse J, Sapin C, Auquier P. Effectiveness of clozapine in neuroleptic-resistant schizophrenia: clinical response and plasma concentration. Rev Psych Neurosci 2002;27:30-7.

51 Simpson GM, Jossiassen RC, Stanilla JK, de Leon J, Nair C, Abraham G, et al. Double blind study of clozapine dose response in chronic schizophrenia. Am J Psychiatry 1999;156:1744-50.

52 Conley RR, Tamminga CA, Kelly DL, Richardson CM. Treatment resistant schizophrenic patients respond to clozapine after olanzapine non-response. Biol Psychiatry 1999;46:73-7.

53 Wahlbeck K, Cheine M, Essali MA. Clozapine versus typical neuroleptic medication for schizophrenia (Cochrane Review). Oxford: The Cochrane Library, Issue 2, 2002.

54 Tuunainen A, Wahlbeck K, Gilbody SM. Newer atypical antipsychotic medication versus clozapine for schizophrenia (Cochrane Review). Oxford: The Cochrane Library, Issue 2, 2002.

55 Davis JM, Chen N, Glick ID. A meta-analysis of the efficacy of second generation antipsychotics. Arch Gen Psychiatry 2003;60:553-64.

56 Geddes J, Freemantle N, Harrison P, Bebbington P. Atypical antipsychotics in the treatment of schizophrenia: systematic overview and meta-regression analysis. BMJ 2000;321:1371-6.

57 Lieberman JA, Alvir JM. A report of Clozapine-induced agranulocytosis in the United States. Drugs Safety 1992;7(Suppl 1):1-2.

58 Hagg S, Spigset O, Bate A, Hons BA, Soderstrom TG. Myocarditis related to clozapine treatment. J Clin Psychopharmacol 2001;21:382-8.

59 Scheda tecnica del prodotto Leponex®. Novartis Farma S.p.A., Marzo 2000.

60 Scheda tecnica del prodotto Clozaril®, riportata in Martindale: The Extra Pharmacopoeia, 1999.