Come migliorare e salvaguardare la legge psichiatrica in Italia

How to improve and maintain the psychiatric low in Italy

G.b. Cassano, A. Sbrana

* Dipartimento di Neurobiologia, Psichiatria, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa

Sono trascorsi 23 anni dall’approvazione della legge di riforma psichiatrica 180 del 1978, che ha determinato il superamento e la chiusura dei manicomi e il riordino dell’assistenza ai pazienti con patologie mentali. Il modello di intervento centrato sul territorio, a dispetto dei suoi limiti di attuabilità (vedi: il parziale stato di attuazione e la distribuzione dell’assistenza “a macchia di leopardo” sul territorio nazionale) (1), ha portato al superamento delle istituzioni manicomiali. L’assistenza psichiatrica territoriale si è rivelata efficace nelle aree ove la sua applicazione è stata ben condotta. Grazie alla riforma, la cura dei disturbi è entrata nell’ospedale generale e le malattie mentali hanno cominciato ad essere considerate alla pari di quelle mediche.

Nonostante tutto questo, da tempo è sentita la necessità di un adeguamento della normativa alle esigenze di una realtà medico-psichiatrica nuova. I progressi nella terapia e nella diagnosi e l’emergenza di nuove patologie (in particolare quelle dovute all’uso di sostanze) ed anche la “nuova cronicità” richiedono che la legge venga ritoccata. Il passaggio del fulcro dell’assistenza dagli ospedali psichiatrici al territorio non ha previsto, infatti, sufficienti presidi, soprattutto residenziali, per la patologia più grave e persistente, che tuttora pesa sulle famiglie.

Inoltre, una revisione della attuale normativa dovrebbe consentire l’estensione dell’assistenza, oltre che alle forme gravi e croniche, anche alla più vasta popolazione di pazienti con disturbi d’ansia, dell’umore, delle condotte sessuali ed alimentari, ecc., per i quali gli standard dell’assistenza psichiatrica offrono ancora risposte insufficienti. Questi disturbi, solo in apparenza meno gravi, se non trattati correttamente si fanno invalidanti, configurandosi come fonte di costi personali e sociali elevati. Deve poi essere posta una maggiore attenzione alla patologia dell’adolescenza, vista l’importanza della diagnosi e del trattamento precoce di molti disturbi mentali e delle gravi conseguenze di un intervento fuori tempo.

Oggi, un miglioramento della legge 180 è atteso dalle associazioni dei familiari e dei pazienti. Il Parlamento ha pertanto iniziato a discutere in sede di commissione alcune proposte di modifica che hanno acceso un vivace dibattito sia tra tecnici sia tra politici. Serie preoccupazioni sono emerse tra le diverse componenti della psichiatria Universitaria, Ospedaliera e Privata.

Si deve ricordare che, premessa fondamentale di qualsiasi modifica della legge deve essere la fedeltà ai principi ispiratori della riforma del 1978. Ogni tentativo incauto che possa snaturare la legge 180 troverà l’opposizione degli operatori, dei familiari e degli stessi malati, nonché di gran parte dell’opinione pubblica. Occorre quindi riconfermare innanzitutto la centralità dell’assistenza nella comunità e trarre finalmente fondamento da esperienze documentate e da principi di solido pragmatismo, rifiutando ogni contrapposizione sterile. Tutto questo con la serenità di chi è stato, da sempre, critico attento e severo non tanto della legge sull’assistenza psichiatrica, quanto del clima ideologico e culturale in cui essa era stata approvata e precipitosamente introdotta. Per molto tempo i presupposti teorici, l’applicabilità e la validità della “legge 180” erano stati al centro di un acceso dibattito al quale abbiamo partecipato attivamente. Le ragioni che ci avevano spinto all’epoca della sua introduzione e negli anni successivi ad esprimerci in modo non favorevole risiedevano nella modalità di attuazione repentina, che in assenza di strutture alternative aveva determinato la dimissione dai manicomi di un gran numero di pazienti, con gravi disagi e sofferenze per loro stessi e per le famiglie.

La legge 180 è stata tuttavia attuata, e ciò è avvenuto grazie soprattutto alla dedizione ed al generoso impegno del personale medico, paramedico e degli operatori psico-sociali, che per decenni si sono prodigati nonostante la scarsità di mezzi e le difficoltà insiste in una operazione tanto radicale per la quale ben poco era stato predisposto. È vero quindi che una forte rete di servizi è stata realizzata e che questa è oggi radicata nel territorio. Pertanto ogni tentativo di ritorno al passato dopo elevati costi e sacrifici non è immaginabile. Si tratta invece di porre alcune necessarie modifiche ed integrazioni ad una legge la cui struttura portante (in particolare la centralità dell’assistenza sul territorio) appare da salvaguardare.

è vero altresì che ogni progetto innovativo dovrà innanzitutto considerare il dato epidemiologico quasi sempre trascurato della enorme prevalenza e della grande complessità dei disturbi mentali, oggi aggravati dal diffondersi delle droghe anche tra gli adolescenti. Si dovrà tener conto delle richieste dei malati, dei familiari, dei medici e, non ultimo, si dovranno valutare con attenzione le risorse economiche del Paese.

Ci sembrano da correggere in via prioritaria i seguenti punti della legge e/o del progetto obbiettivo che la accompagna:

1. Procedura per il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO)

La normativa, oggi farraginosa, deve essere snellita così da meglio garantire i diritti del malato (compreso il diritto alla cura) e da facilitare l’opera del medico in rapporto allo stato di necessità ed alla tempestività dell’intervento. Il TSO dovrà esser richiesto e convalidato da due medici diversi, anche operanti in strutture diverse. La ratifica del sindaco, ottenibile attraverso un complesso meccanismo burocratico, è spesso intempestiva, per lo più inutile ed offre insufficienti garanzie per il paziente. Si dovrà altresì considerare la possibilità di accreditare per il TSO altre strutture oltre agli SPDC.

2. Reparti di degenza (SPDC)

Gli attuali Servizi di Diagnosi e Cura (destinati al trattamento dei pazienti acuti) se non per numero, per capacità recettiva, sono in genere inadeguati alle necessità e ripropongono in non rari casi alcuni degli aspetti peggiori dei vecchi Ospedali Psichiatrici. Oltre all’affollamento, molto frequente è l’uso di neurolettici depot con elevati rischi di effetti collaterali a breve e lungo termine (2).

Gli SPDC dovrebbero essere ampliati e dotati di un numero di posti letto superiore agli standard attuali di 12-15. Questo consentirebbe una maggiore economicità (il numero totale di SPDC verrebbe ridotto con opportuni accorpamenti) e qualità dell’assistenza ed eviterebbe le dimissioni precipitose, soprattutto per i pazienti con disturbi mentali gravi.

La funzione del ricovero ospedaliero non può limitarsial contenimento dell’episodio acuto di malattia, né al controllo di pazienti con comportamenti devianti inviati di volta in volta dalle varie agenzie (PS e altre Forze d’ordine pubblico, Servizi Sociali, Reparti Medici, ecc.); durante la degenza si possono e si devono elaborare più complessi programmi di trattamento.

A questo proposito si richiama l’attenzione sul progetto che propone “… l’attivazione di un Coordinamento regionale degli SPDC, con il compito di individuare nell’ambito dei “Diagnosi e Cura” i nodi critici, le carenze strutturali, le difficoltà procedurali, ma anche i protocolli e le linee guida trattamentali per i diversi disturbi” (3).

3. Residenze protette per cronici

L’anello debole della organizzazione dei nuovi servizi è tuttavia costituito dalla mancanza di strutture intermedie per i vecchi e nuovi pazienti cronici. Numerosi pazienti dimessi dall’Ospedale Psichiatrico o dai servizi di diagnosi e cura sono esclusi dall’assistenza psichiatrica o dirottati in strutture non specialistiche e non adeguate (cliniche per anziani, residenze e case di cura private, RSA, ecc.). Il fatto che il numero di posti letto in queste strutture sia più del doppio rispetto agli standard previsti dai Progetti Obbiettivi 94-96 e 98-00 non costituisce un segnale confortante dal momento che questi standard risultano insufficienti a fronteggiare la domanda. Gli oltre 16.600 posti letto in strutture residenziali, presenti sul territorio nazionale, sono in larga parte occupati per anni da pazienti che, nell’intenzione degli estensori della riforma, avrebbero dovuto essere riabilitati e reinseriti nel tessuto sociale in tempi medio-brevi (4).

Laddove la riforma è meglio applicata i posti letto disponibili in strutture residenziali oggi superano di oltre otto volte gli standard previsti (es. Trento: 8.41 posti per 10.000 ab.), a testimonianza di un bisogno di strutture protette che il “nuovo corso” non sembra aver modificato (5).

Le strutture residenziali dovrebbero soddisfare le richieste di assistenza medico-riabilitativa di media e lungo-degenza per i pazienti con diversi livelli di gravità, dovrebbero essere realizzate in maniera omogenea per dimensioni e numero ed essere meglio collegate in modo funzionale con le altre componenti del DSM. Oggi, oltre ad essere insufficienti, sono spesso disperse e distanti, affidate a gestioni che propongono interventi più di contenimento che di cura. Inoltre, in numerose residenze private, nonostante i costi elevati, il controllo da parte de DSM è insufficiente o assente. Il risultato è il frequente abbandono del paziente ospitato in sedi costose e distanti dalla famiglia ove l’assistenza è ben lontana dagli standard terapeutici e riabilitativi (2,4). Se è stato giusto chiudere i manicomi, non lo sarebbe oggi perpetuarne i metodi su scala ridotta.

Si ricorda infine che, nonostante il progresso delle terapie combinate (farmaci e psicoterapie), tese a favorire l’adesione del paziente al trattamento (6-8), una percentuale ancora elevata di soggetti bisognosi riduce o interrompe la cura. Per questo motivo le ricadute a breve e lungo termine sono frequenti anche per quei pazienti che hanno ottenuto una remissione completa. In questi casi vengono spesso prescritte terapie di ripiego, vedi neurolettici depot, dotate di un indice terapeutico assai basso.

In ogni DSM un team dedicato di operatori dovrebbe rivolgersi a questi pazienti che gravano fortemente sulle famiglie. Spazi e personale appositi dovrebbero accogliere e trattare il paziente “non compliant” nel centro diurno e quindi i “non responders” presso strutture residenziali riabilitative per medio lungo-degenze. Così operando, si vuole favorire un prolungato periodo di riabilitazione ed evitare il fenomeno della porta girevole presso gli SPDC.

4. Pronto Soccorso Psichiatrico

Ferma restando la priorità dell’intervento di emergenza nel territorio, si propone la costituzione di un Pronto Soccorso Psichiatrico, funzionante 24 ore su 24, all’interno del Dipartimento di Emergenza ed Urgenza dei più grandi Ospedali Generali. Questa struttura, operante per vasti bacini d’utenza (area vasta), permetterà di trattare il paziente in fase acuta per non oltre 7 giorni di ricovero prima di indirizzarlo ad altri servizi del DSM.

Il Pronto Soccorso Psichiatrico dovrebbe essere gestito dal personale dello SPDC in collaborazione con il SERT.

5. Università

Deve essere riconsiderato il ruolo dell’Università nell’impalcatura della legge di riforma psichiatrica.

L’impegno assistenziale dell’Università è funzionale alla ricerca e alla didattica e dovrà integrarsi con quello delle altre Agenzie per la salute mentale presenti nel territorio. Pertanto, ai fini di esercitare le loro funzioni istituzionali, le Cliniche Psichiatriche Universitarie potranno richiedere la gestione di un intero Dipartimento di Salute Mentale.

6. Centri di Alta Specializzazione Psichiatrica

L’attivazione di Centri Regionali o Interregionali di Alta Specializzazione Psichiatrica è proposta per l’area della Salute Mentale come per gli altri settori della medicina. “Centri di Eccellenza o di Alta Qualità”, non necessariamente universitari, devono esercitare un ruolo trainante per la ricerca, la formazione e la cura delle malattie mentali più gravi e più rare.

In questi Centri il personale, sia universitario che ospedaliero, selezionato in base a documentate esperienze e competenze, verrà a collaborare con gli specialisti del DSM operanti nel territorio. Dalla interazione tra strutture periferiche del DSM e Centri di Alta Specializzazione Psichiatrica potranno scaturire nuovi modelli assistenziali e nuovi progetti di formazione continua. In queste sedi che esercitano funzioni assistenziali soprazonali si confronteranno le diverse esperienze degli operatori dei vari Dipartimenti, e si potrà costituire il Coordinamento dei Direttori dei Dipartimenti e delle Cliniche Universitarie così da integrare e collegare a livello regionale l’assistenza psichiatrica.

7. Coordinamento dei Dipartimenti di Salute Mentale e delle Cliniche Universitarie

Nel mondo della psichiatria molto è cambiato in questi ultimi anni. Il superamento delle lontane contrapposizioni tra Psichiatria ed Antipsichiatria si è accompagnato alla crescita e alla diffusione di una cultura medico-psichiatrica innovativa anche nel nostro Paese. Psichiatri con formazione ed esperienze diverse hanno raggiunto promettenti livelli di integrazione. Frutto di questi mutamenti è quanto è stato realizzato in Toscana dove le tre Università di Firenze, Pisa e Siena vanno costituendo una Scuola Toscana di Psichiatria ed hanno intrapreso una fattiva collaborazione con i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) mediante l’attivazione di un Coordinamento, nato con la finalità di integrare ed armonizzare le attività di assistenza, formazione e ricerca in ambito regionale. Il Coordinamento dei “Dipartimenti di Salute Mentale ed Università” è costituito da tutti i Direttori dei DSM della Regione e dai Titolari di Cattedra di Psichiatria di Firenze, Pisa e Siena e di Psicologia Clinica di Firenze. L’esempio toscano dovrebbe essere seguito anche in altre regioni.

8. Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) e patologie mentali presenti nel Carcere

In Italia gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (ex manicomi criminali) mantengono la loro funzione di “contenitori” (9), di pazienti autori di reati di lieve e media gravità, oltre che di autori di reati gravi. Questi ultimi non superano però il 40% delle ammissioni e testimoniano della persistente incapacità da parte delle strutture territoriali di prevenire le manifestazioni più gravi dei malati mentali.

Gli OPG si avvalgono di strutture per lo più carenti, dove chi ha commesso reati a causa della malattia raramente riceve cure adeguate, le Carceri costituiscono a loro volta un contenitore inappropriato di “patologia psichiatrica” (10,11). I detenuti con malattie mentali non sono adeguatamente assistiti dai servizi territoriali, in genere mancanti di una valida articolazione operativa con le strutture carcerarie. Si prolunga così la permanenza di questi pazienti nei circuiti penitenziari.

Sono necessari servizi e strutture di raccordo tra Carcere e Servizi Territoriali che superino gli attuali OPG e che permettano la presa in carico per tempi medio lunghi di malati con alto tasso di violenza e di pericolosità sociale, tali da richiedere cure di grande complessità non realizzabili nelle attuali residenze psichiatriche e neppure negli SPDC.

Considerato il numero elevato di detenuti con tossicodipendenza, il ruolo del SERT in questo settore assume particolare importanza.

9. Psicopatologia degli Adolescenti

L’assistenza rivolta agli adolescenti con disturbi mentali deve avvalersi di tempestivi interventi terapeutici, riabilitativi e preventivi. Considerata la frequenza con cui i disturbi mentali esordiscono in età infantile e adolescenziale, si rende necessario uno stretto raccordo tra U.O. di Neuro-Psichiatria infantile e U.O. di Psichiatria con spazi di lavoro comuni anche negli Ospedali Generali ed una rete di Comunità Residenziali per adolescenti, che sia tale da fornire una alta intensità assistenziale (12).

Si ricorda che il diffondersi della droga negli adolescenti produce un numero crescente di psicosi in questa età, e che a tutt’oggi per i più giovani mancano spazi collegati con le strutture per adulti.

10. Psichiatria e SERT

La psicopatologia scatenata, complicata e cronicizzata dall’uso di sostanze genera una popolazione di giovani pazienti ed adulti resistenti, non collaboranti con gravi compromissioni funzionali e con frequenti comportamenti antisociali.

Non è sufficiente auspicare una collaborazione tra SERT, DSM ed Università. Sono necessarie strutture ove il personale di entrambi operi in maniera integrata ed eserciti un’azione preventiva.

Seguendo questa linea, è in fase di prossima realizzazione un progetto congiunto tra Azienda Ospedaliera Pisana (AOP) e Azienda ASL N. 5 di Pisa per la realizzazione di un percorso assistenziale per pazienti con “Dual Diagnosis” che interessa la Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa (AOP) e i Dipartimenti delle Dipendenze e della Salute Mentale (ASL 5). Questo progetto, denominato “Percorso Assistenziale per pazienti con Doppia Diagnosi”, prevede una fase di presa in carico, una eventuale fase di ricovero ospedaliero ed una fase successiva di follow-up, con la possibilità di interventi domiciliari e di inserimenti in strutture residenziali e semi-residenziali.

11. Il Privato nella psichiatria

Il problema del privato nella psichiatria continua a suscitare accesi contrasti. Di fatto una elevata percentuale di pazienti con manifestazioni acute in Italia è trattata in strutture private. Così pure molti malati con affezioni croniche sono ancora ospitati in cliniche e residenze private.

I posti-letto per i pazienti con disturbi acuti (10.083) sono per il 45% in strutture pubbliche, contro un 55% ospitati in 65 case di cura private ‘accreditate’. Secondo i dati del Ministero della Sanità, nel 1997 erano presenti in Italia 319.988 posti-letto per tutte le specialità medico-chirurgiche (esclusa la psichiatria), dei quali l’84% in strutture pubbliche di vario tipo, e solo il 16% in case di cura private ‘accreditate’ (4).

è vero pertanto che l’assistenza psichiatrica è fortemente anomala rispetto al complesso del panorama sanitario ed il forte impatto del privato sulla risposta alla domanda di ricovero sembra indicare una sostanziale insufficienza del sistema pubblico.

Comunque, una normativa per il privato sarebbe benvenuta e potrebbe dare ordine al settore. Per questo si dovrebbe prevedere, oltre ad una attenta valutazione preliminare all’accreditamento delle strutture private, una serie di verifiche a garanzia del mantenimento degli standard assistenziali.

Conclusioni

La rapida e continua evoluzione dei criteri diagnostici e terapeutici in psichiatria richiede non solo un continuo rinnovamento dei modelli assistenziali, ma anche un aggiornamento degli aspetti organizzativi e legislativi.

Tuttavia, come altre volte da noi sostenuto, l’equivoco di fondo, che può affossare ogni tentativo di migliorare l’assistenza, riguarda la natura stessa dell’intervento. Infatti, qualsiasi normativa non avrà alcun valore se non sarà accompagnata dall’introduzione di adeguati modelli diagnostico-terapeutici tempestivamente adottati da clinici esperti e competenti.

Si deve poi considerare attentamente che nessun cambiamento potrà avvenire a costo zero e che maggiori investimenti in questo settore potranno produrre risparmi di valore inestimabile sul piano umano, sociale ed anche economico. La psichiatria può avere infatti costi elevati paragonabili a quelli di altre specialità medico-chirurgiche finora più considerate.

L’assistenza psichiatrica in Italia si rivolge tutt’ora primariamente ad una percentuale limitata di malati, quelli in condizione di particolare gravità e quelli portatori di quadri psicotici cronici. Si trascurano così le affezioni apparentemente meno gravi e gli esordi precoci nell’adolescenza. è noto invece che la cura di forme erroneamente considerate “minori” costituisce una occasione di “risparmio” e permette di contenere una importante fonte di sofferenza e di disadattamento socio-lavorativo.

L’assistenza psichiatrica in Italia dovrebbe estendersi a tutti i casi bisognosi (milioni di persone), confermando sia la necessità di interventi preventivi, sia la priorità dell’intervento nella comunità, sia il principio della continuità terapeutica. A questo proposito è necessario sviluppare la collaborazione con i Medici di medicina generale. Inoltre, i Servizi Sociali e di Psicologia dovrebbero garantire un supporto crescente alle famiglie dei malati più gravi.

Ci auguriamo quindi che ogni modifica della legge 180 assicuri interventi adeguati e tempestivi nelle diverse fasce di età e di gravità, in modo da abbracciare l’intero spettro dei disturbi mentali. Per tutto questo è auspicabile che il solido pragmatismo prevalga su quanto rimane delle contrapposizioni ideologiche del passato. Soprattutto il desiderio di cambiare e migliorare la legge ad ogni costo non peggiori l’assistenza, sommando nuovi a vecchi problemi.

1 Bassi M. La psichiatria territoriale in Italia: storia di un’esperienza. In: Vaccaro JV, Clark jr GH, Bassi M, eds. Manuale di Psichiatria Territoriale. Raffaello Cortina 1999:35-72.

2 Sbrana A, Garonna F. L’assistenza psichiatrica in Italia ventidue anni dopo la Riforma. Giorn Ital Psicopatol 2000;6; 353-8.

3 Raimondi R. Comunicazione personale presentata alla VI Conferenza della Regione Toscana per la Salute Mentale, Arezzo 23 novembre 2001.

4 deGirolamo G, Cozza M. The Italian Psychiatric Reform: A 20 years perspective. Int J Law Psychiatry 2000;23:197-214.

5 Progetto Obiettivo per la Tutela della Salute Mentale 1998-2000. Ministero della Sanità. Il Sole 24 Ore 9-15 marzo, 1999.

6 Meltzer HY. Dimensions of Outcome with Clozapine. Br J Psychiatry 1992;160(Suppl.17):46-53.

7 Meltzer HY, Burnett S, Bastani B. Effect of six months of Clozapine Treatment on the Quality of Life of Chronic Schizophrenic Patients. Hosp Community Psychiatry 1990;41:892-7.

8 Pietrini P, Palagini L, Marchetti S, Parrini A, Ardito P, Giuntoli L, et al. Effetti del trattamento combinato farmacologico e riabilitativo sul decorso clinico in pazienti con schizofrenia cronica. In: Qualità della vita in psichiatria. Janssen-Gilag 1997:53-64.

9 Cirignotta S. La popolazione degli O.P.G. oggi. In: Atti del Congresso I Trieste International Meeting for Mental Health, Trieste Stazione Marittima 1998.

10 Piro A, Valitutti C. In: Atti del Seminario di studio L’Operatore Penitenziario: la costruzione di un nuovo eco-sistema. Associazione Culturale “Confronto e Sviluppo” e Società Italiana di Medicina delle Comunità Confinate, Roma 5 aprile 1997.

11 Cantele M, Jannucci M. In: Atti del Seminario di studio L’Operatore Penitenziario: la costruzione di un nuovo eco-sistema. Associazione Culturale “Confronto e Sviluppo” e Società Italiana di Medicina delle Comunità Confinate, Roma 5 aprile 1997.

12 Martini P. Comunicazione personale presentata alla VI Conferenza della Regione Toscana per la Salute Mentale, Arezzo 23 novembre 2001.