Confini tra disturbo ossessivo-compulsivo e depressione: considerazioni psicopatologiche

Limits between obsessive-compulsive disorder and depression: psychopathological considerations

P. Castrogiovanni, A. Di Muro, A. Goracci, L. Guidelli

Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università di Siena

Parole chiave: Disturbo Ossessivo-Compulsivo • Depressione • Astenia • Spettro
Key words: Obsessive-Compulsive Disorder • Depression • Asthenia • Spectrum

Apparenti contrapposizioni

Ad una prima visione, ossessività e depressione appaiono fenomeni molto diversi fra loro, per certi aspetti contrapposti: al rallentamento motorio della depressione si contrappongono quelle che Janet chiamava le “agitazioni forzate” degli ossessivi; alla inattività generalizzata del depresso, nell’ossessivo fa riscontro un affaccendamento compulsivo che, quand’anche limitato ad uno specifico settore, è pur sempre una iperattività; ad un difetto generale dei poteri volitivi del paziente depresso si contrappone nell’ossessivo un difetto del non-volere, una incapacità ad arginare con la volontà le spinte compulsive; al blocco del pensiero dell’uno, una iperattività mentale reiterata, circolare, improduttiva quanto vogliamo, ma pur sempre iperattiva, dell’altro; al disinteresse generalizzato del depresso fa contrasto l’attenzione esasperata dell’ossessivo per alcune cose e per certi particolari; ad un evitamento derivante dalla mancanza di stimoli e dalla perdita del piacere del depresso fa riscontro nell’ossessivo un evitamento attivo; i fenomeni neurovegetativi, vistosamente presenti nel depresso, sono assenti, invece, nell’ossessivo; un vissuto, quello del depresso, relativo a qualcosa che è accaduto, che è perduto, quanto invece l’ossessivo è assillato da qualcosa che può sempre accadere.

Apparenti analogie

Tuttavia, il riscontro di manifestazioni ossessivo-compulsive OC associate a manifestazioni depressive nella pratica clinica è una evenienza assai frequente: in studi recenti la frequenza dei sintomi depressivi in pazienti affetti da Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) è compresa tra il 13 e il 75% e la depressione risulta la codiagnosi più frequente (1). Nella maggior parte dei casi la sintomatologia depressiva insorge successivamente all’esordio del disturbo d’ansia e solo nel 13% i due disturbi presentano un esordio contemporaneo. La patologia può iniziare sia con sintomi depressivi che ossessivo-compulsivi (2). Da notare comunque che, secondo Rasmussen e Tsuang (3), solo nel 30% dei quadri depressivi associati al DOC si può parlare di Episodio Depressivo Maggiore, in quanto, nella maggior parte dei casi, la depressione tende ad assumere le caratteristiche di una demoralizzazione secondaria, venendo a mancare l’anedonia, la riduzione della attenzione e della concentrazione, i propositi autolesivi.

Il riscontro di sintomi ossessivo-compulsivi nei pazienti depressi compreso tra il 5,4 e 31,2% (4-8) e tra il 23 e il 38% secondo studi più recenti (1), suggerisce che la presenza di un disturbo depressivo può essere un fattore che facilita la comparsa delle ossessioni. Nel passato infatti, i pazienti depressi con sintomi OC sono stati considerati come un gruppo omogeneo, inducendo a coniare il termine di depressione anancastica (9).

Le differenze tra depressi e ossessivi risultano sfumate anche quando gli ossessivi vengono confrontati ai depressi mediante un questionario di autovalutazione da noi elaborato specificatamente per le ossessioni e le compulsioni. Gli items, che prevedono una risposta dicotomica, utilizzano la formulazione semantica più vicina al pensiero ossessivo del tipo: sono ossessionato da…, mi sento costretto a…, non posso fare a meno di… Si riferiscono a tre settori di sintomi: le ossessioni, le compulsioni e altre componenti OC quali la indecisione, l’insicurezza, il dubbio, l’attenzione per il dettaglio etc.

Il questionario, somministrato a 144 soggetti (48 controlli con età media 27,9; 48 affetti da DOC con età media 33,1; punteggio totale Y-BOCS di 20,4; 48 affetti da Depressione con età media 39,7; 48 affetti da Disturbo di Panico con età media 36,4), evidenzia una notevole ubiquitarietà dei contenuti delle ossessioni che risultano presenti in tutti i gruppi, controlli compresi, seppur in misura diversa.

In particolare è assai sfumata la differenza fra DOC e Depressione, ad indicare strette parentele tematiche fra queste due patologie.

I contenuti delle ossessioni sembrerebbero, quindi, sostanzialmente universali, più esasperati da modalità espressive particolari nel DOC così come nel vissuto depressivo, ma presenti anche in altre patologie e, in misura più limitata, anche nei soggetti normali.

Le compulsioni, invece, nelle loro evidenza e peculiarità comportamentali, risultano la componente psicopatologica in grado di distinguere il gruppo del DOC da tutti gli altri, in misura statisticamente significativa.

Le altre componenti sintomatologiche ugualmente ascritte al paziente con DOC, sia di asse I, che di asse II, come la dubitatività, l’insicurezza, l’indecisione, la precisione, appaiono, ancor più delle ossessioni, aspecifiche, anche se raggiungono i valori medi più elevati nel gruppo DOC (10,11).

Pertanto i dati epidemiologici e quelli della ricerca clinico-statistica sembrano suggerire ampie sovrapposizioni fra quadro clinico ossessivo-compulsivo e quadro depressivo.

I validatori esterni

Il ricorso a “validatori esterni”, rispetto al criterio più strettamente psicopatologico, può essere di aiuto nel verificare la comunanza fra fenomeni ossessivo-compulsivi e depressione, ovvero la loro indipendenza.

I dati della ricerca clinica

Sul piano sintomatologico

Talora le “ruminazioni” del paziente depresso possono essere confuse con le ossessioni come, ad esempio, l’ideazione iterativa, invasiva e non controllata, sempre sui temi della colpa, oppure della morte e del suicidio, spesso presente nelle fasi depressive più gravi.

Spesso, nei pazienti depressi, sono proprio i vissuti di colpa ad assumere un carattere di particolare reiteratività e tormentano il paziente in maniera ossessiva. Tynes (12) parla di “Depressione Colpevole” per un particolare sottotipo di DOC, caratterizzato da sintomi dubitativi e sentimenti di colpa ove frequenti sono i pensieri intrusivi e ripetitivi a contenuto malinconico accompagnati da vissuti di colpa, di inadeguatezza e di fallimento. Il carattere ego-sintonico di questi contenuti ideativi, visto alla luce della condizione affettiva di base, e soprattutto la mancanza di uno psichismo di difesa, sono i criteri principali per una diagnosi psicopatologica differenziale. Inoltre, mentre il paziente depresso tende a focalizzare la ideazione di colpa su eventi passati, quello ossessivo si polarizza sulla prevenzione di eventi futuri.

I pazienti depressi con fenomeni di tipo anancastico raramente presentano un quadro OC completo. Rare risultano essere le compulsioni e il contenuto delle ossessioni è più frequentemente di tipo aggressivo. Gittleson (4) ha riscontrato ossessioni aggressive in più del 50% dei pazienti depressi con sintomi OC.

Nei bipolari è stata segnalata la associazione della sintomatologia depressiva con ossessioni sessuali e religiose e, in minor misura, con i rituali di controllo, mentre nei depressi unipolari si ritroverebbero più spesso ossessioni aggressive, filosofiche, superstiziose o a contenuto bizzarro, con un decorso cronico e frequenti ospedalizzazioni. Comuni altresì rituali che riguardano il cibo ed il sonno (13).

Sintomi ossessivo-compulsivi associati ad una patologia affettiva sembrano avere un “effetto protettivo” in quanto correlati con una ridotta frequenza di suicidio (14). Tuttavia, nei pazienti depressi nei quali vi è una evoluzione in senso delirante del sintomo ossessivo, il rischio suicidario aumenta di nuovo fino ad equipararsi a quello riscontrato nei depressi che non presentano una sintomatologia ossessiva.

Comunque, in senso generale, sintomi ossessivo-compulsivi si riscontrano più frequentemente in quelle forme depressive dove è prevalente l’agitazione psicomotoria rispetto a quelle con rallentamento (2) e sono associati a maggiore ansia e iperattività (2,7,8). Il rallentamento psicomotorio e la condizione di perdita dell’iniziativa e degli interessi potrebbero, quindi, ostacolare l’emergenza degli psichismi di difesa e dei comportamenti compulsivi, mentre la loro comparsa sarebbe più legata all’attivazione ansiosa e all’agitazione.

Sul piano del decorso e della evoluzione

Altre variabili cliniche depongono per una differenziazione tra i due disturbi: innanzi tutto l’esordio del disturbo d’ansia è solitamente più precoce rispetto alla patologia affettiva, il decorso è rispettivamente continuo e discreto, la distribuzione tra i sessi, a differenza di quanto sostenuto in passato, non presenta significative differenze nel DOC rispetto a quanto accade nei disturbi dell’umore (15).

Il decorso di un DOC in comorbidità con depressione è generalmente parallelo a quello della patologia depressiva: i sintomi ossessivi tendono ad accentuarsi nel corso della fase depressiva, migliorando via via che la sintomatologia regredisce. Non solo, ma le ossessioni mostrano in più della metà dei casi, una variazione diurna dell’intensità simile a quella dei sintomi depressivi e molto spesso “in fase” con essi, andando a mimare l’alternanza diurna della depressione.

Tale parallelismo tra intensità della sintomatologia ossessiva e sintomi depressivi non trova concordi tutti gli Autori in quanto solo in alcuni casi la depressione del tono dell’umore determinerebbe una accentuazione dei fenomeni ossessivi, mentre spesso si verificherebbe il contrario (16).

I pazienti depressi con sintomi OC presentano una maggiore tendenza all’unipolarità ed una maggiore gravità della sintomatologia depressiva, anche se alcuni hanno riscontrato che il DOC si associa in uguale frequenza (35,2%), sia agli unipolari che ai bipolari (17).

Anche nell’episodio maniacale il rischio relativo della presenza di una fenomenica OC è significativo. In confronto a pazienti maniacali puri, quelli con mania mista mostrano un più alto tasso di sintomi OC.

Secondo altri, nei disturbi bipolari i sintomi OC sembrano invece essere rari, interessando non più del 4% dei pazienti, sono limitati alla fase depressiva e tendono a scomparire quando si verifica un viraggio maniacale (3).

Maggiori analogie ci sarebbero tra il Disturbo Bipolare e la vasta famiglia dei disturbi del discontrollo degli impulsi, ascritta allo spettro ossessivo-compulsivo.

Alcune forme di impulsività e la mania potrebbero essere correlate, in quanto caratterizzate da pensiero e comportamento disinibito, scarso insight, e marcati viraggi d’umore tra disforia e benessere.

D’altra parte, compulsività e depressione potrebbero essere ugualmente correlate, in quanto caratterizzate da pensiero e comportamento inibito o ruminativo, buon insight, e meno marcate fluttuazioni nello stato dell’umore con disforia alternata a sollievo piuttosto che ad euforia o benessere.

Se tali considerazioni sono corrette, questi diversi disturbi potrebbero essere disposti lungo un asse dove le patologie, caratterizzate da massima impulsività e bipolarità, sono ad un estremo, mentre quelle con massima compulsività ed unipolarità sono all’altro.

Se l’impulsività e la mania sono infatti correlate l’una con l’altra ad un estremo della dimensione, e compulsività e depressione all’altro estremo, ne potrebbe derivare che più grande è il grado di impulsività associato ad un Disturbo del Controllo degli Impulsi più grande è la probabilità di un Disturbo Bipolare in comorbidità piuttosto che di una Depressione Maggiore Ricorrente.

Al contrario, maggiore è il grado di compulsività associato ad un Disturbo del Controllo degli Impulsi, maggiore è la probabilità di una Depressione Maggiore in comorbidità piuttosto che di un Disturbo Bipolare.

La presenza di sintomi OC nei pazienti con Depressione Maggiore sembrerebbe essere un fattore predittivo di una minore frequenza di remissioni, di maggiore persistenza della sintomatologia depressiva e di una maggiore compromissione dell’adattamento psicosociale (18). La prognosi sembra, comunque, peggiore per il DOC in comorbidità con la depressione piuttosto che per i DOC non in comorbidità (19), anche se altri Autori sostengono che la comorbidità di un disturbo dell’umore non influenza la prognosi o il decorso del DOC (20).

Le differenze fra DOC e depressione appaiono meno evidenti quando si consideri il DOC con decorso episodico il quale si differenzia da quello con decorso cronico per una serie di caratteristiche: prevalenza nel sesso femminile, età di esordio superiore a 25 anni, bassa frequenza di compulsioni, stato depressivo associato fin dall’esordio, insonnia centrale e terminale, bassa comorbidità con altri disturbi di personalità, ottima risposta agli SRI (21).

Appare evidente come molte delle caratteristiche distintive del DOC a decorso episodico sono altresì aspetti caratteristici della Depressione Maggiore; ne scaturisce l’ipotesi che il DOC con questo tipo di decorso, peraltro tipico dei disturbi dell’umore, possa essere una sorta di depressione “mascherata” da disturbo ossessivo-compulsivo, in consonanza con il concetto di “depressione anancastica” del passato.

La personalità premorbosa

Con la dizione Typus Melanchonicus, Tellemback (22) descrisse una tipologia personologica che correlava con l’insorgenza di una depressione “endogena”. La personalità premorbosa dei depressi, descritta da Tellemback, nel suo rigido ordinamento in categorie esistenziali limitanti, come l’includenza e la rimanenza, e in schemi comportamentali e morali conformizzati a quelli socio-culturali vigenti, le une e gli altri capaci di tenere il candidato alla depressione sempre sul filo della colpa e dell’inadempienza, possiede diverse caratteristiche che richiamano la struttura ossessivo-compulsiva. Gli studi di comorbidità fra depressione e Disturbo Ossessivo di asse II hanno confermato una frequente associazione fra questi due disturbi.

Questa sorta di continuità tra assetto ossessivo di personalità e insorgenza di depressione sembrerebbe indicare una certa affinità strutturale fra le due patologie, quand’anche l’uno appartenente ai disturbi dell’umore e l’altro all'”anxious cluster”. Tuttavia, se la presenza di un assetto personologico di marca ossessivo-compulsiva si associa ad un disturbo di tipo depressivo in asse I, altrettanto non si può affermare per il Disturbo Ossessivo-Compulsivo di asse I. I dati di una meno recente letteratura sembravano indicare una frequente comorbidità fra l’ossessività di asse II e quella di asse I, probabilmente a causa dell’aver considerato come tratti di personalità alcuni sintomi ossessivo-compulsivi di asse I sottosoglia che precedono l’insorgenza del DOC conclamato. Tuttavia ricerche più recenti, eseguite seguendo i più restrittivi criteri diagnostici per il Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità del DSM IV, non confermano tale associazione, talora indicando una comorbità del Disturbo Ossessivo-Compulsivo di personalità con il DOC inferiore a quella di altri disturbi di personalità (in particolare con il cluster A) (23).

In questo senso la depressione acquisterebbe affinità con caratteristiche ossessive quali quelle del typus melanconicus che, peraltro, sarebbero ben distinte da quelle del DOC di asse I. Tali affinità sarebbero comunque espressione della frequente comorbidità lifetime che starebbe ad indicare, più che analogie strutturali fra i due fenomeni, il ruolo di fattore predisponente da parte delle caratteristiche ossessive premorbose per l’insorgenza dell’episodio depressivo.

In un recente passato, Gittleson (4) ha ipotizzato che le ossessioni che si sviluppano nel corso di una sindrome depressiva scaturiscono solitamente dall’attivazione di preesistenti tratti ossessivi di personalità, anche se non sono di tale avviso altri Autori (7) i quali hanno evidenziato come molti di tali pazienti non presentano tratti OC di personalità.

Studi condotti con strumenti standardizzati per l’indagine di personalità, come il Temperament and Character Inventory di Cloninger, hanno evidenziato che i tratti di personalità dei pazienti con DOC e Depressione Maggiore, anche se non si differenziano per dimensioni come “Harm Avoidance” (evitamento di danno), “Reward Dependence” (dipendenza dalla ricompensa), “Persistence” (persistenza), “Self-directedness” (autodirettività), “Cooperativeness” (cooperatività), “Self-trascendence” (trascendenza), si distinguono in termini di “Novelty Seeking” (ricerca della novità) che risulta assai più basso nel DOC rispetto alla depressione (24).

Dati neurochimici

Il coinvolgimento del sistema serotoninergico nel DOC è confermato da numerosi studi di ordine farmacologico (25-31) e neurobiologico (32,33) così come nella depressione. Tuttavia la velocità massima di captazione della serotonina nelle piastrine, indice indiretto di attività serotoninergica, mentre nei pazienti depressi è risultata ridotta rispetto ai controlli sani (34), negli ossessivi, in nessun caso, è stata trovata ridotta (25-27,30) ed addirittura ne è stato riscontrato un aumento da alcuni Autori (31).

Il binding della imipramina triziata nelle piastrine, altro indice serotoninergico, risulterebbe ridotto nei pazienti depressi (35-36), mentre nei pazienti affetti da DOC i dati sono discordanti: alcuni Autori hanno evidenziato una riduzione della Bmax rispetto ai controlli sani (26-27,30), non riscontrata da altri (37).

Un marker biologico per la depressione maggiore, come il test al desametazone, nel DOC ha fornito risultati contrastanti, anche se in quelli in cui è presente una comorbidità tra DOC e depressione esiste una positività al test (32).

Negli ossessivi in comorbidità con una depressione è stato riscontrato un livello basale più basso di triptofano plasmatico fasting e del rapporto TRP/LNAA che, dopo 6 settimane di trattamento con fluvoxamina, aumentano nei soggetti affetti da DOC in comorbidità, mentre non c’è un decremento basale né, quindi, la normalizzazione dopo trattamento nei pazienti con DOC, ad indicare che è la depressione ad influenzare le variazioni plasmatiche di triptofano in pazienti con DOC (33).

Pertanto, questi dati sembrano testimoniare una più documentabile alterazione di markers serotoninergici ed endocrinologici nella depressione rispetto al DOC in cui sono sostanzialmente immodificati.

Dati neuroimmunologici

Sia in pazienti affetti da DOC, sia da depressione si ritrova un aumento delle cellule circolanti natural killer (38). Tuttavia, dopo trattamento specifico con inibitori del reuptake della serotonina, il livello di tali cellule si normalizza soltanto nei pazienti depressi, mentre nei DOC permane stabilmente alto. Pertanto i livelli di cellule natural killer possono essere interpretati come un tratto caratteristico della patologia ossessiva oppure che la remissione è soltanto clinica e non corrisponde ad una “guarigione vera”.

I dati dei challenge neuroendocrinologici e del neuroimaging

Disturbi diversi come il DOC e la Depressione Maggiore presentano una risposta clinica simile agli antidepressivi, ma, a dispetto di tale similitudine, i pazienti con DOC non in comorbidità presentano una risposta esagerata al challenge serotoninergico misurato dall’aumento di concentrazioni plasmatiche di prolattina, cortisolo e GH, rispetto ai controlli (39). La comorbidità è predittrice altresì di una risposta appiattita al challenge con clomipramina.

Alla SPECT, classicamente, si ha nei pazienti affetti da DOC un aumento del flusso nella corteccia frontale, nei gangli basali e nell’ippocampo di sinistra. Se è presente una comorbidità tra DOC e depressione si nota una marcata diminuzione di perfusione in una larga percentuale di regioni cerebrali.

La risposta a challenge farmacologici e i dati di brain imaging sarebbero, quindi, diversi nel DOC e nella depressione. Quando sintomi depressivi o un episodio depressivo sono copresenti nel paziente con DOC si registrano, invece, variazioni nella risposta sia ai challenge farmacologici sia del flusso cerebrale che li renderebbero simili ai depressi. La depressione assumerebbe un ruolo determinante di “mascheramento”, dal punto di vista biologico, neurochimico, e del flusso regionale, nei confronti del DOC.

I dati genetici

Una similitudine tra DOC e depressione è stata riscontrata riguardo al gene del trasportatore della serotonina (40). Infatti, un polimorfismo VNTR del secondo introne del gene del trasportatore della serotonina è associato alla depressione e anche negli ossessivi e in altri disturbi di ansia, quali il Disturbo d’Ansia Generalizzata, è presente un allele contenente 12 copie dell’elemento VNTR.

Un ulteriore studio (41) mette in evidenza come un polimorfismo nella regione promotore del gene che codifica il trasportatore della serotonina è associato con ansia, depressione ed autismo e, inoltre, tale polimorfismo, in particolar modo in presenza dell’allele “l”, predisporrebbe alla insorgenza del disturbo Ossessivo-Compulsivo. In particolare, studi di genetica-molecolare, hanno evidenziato che una delezione di 44 bp nel promotore per il gene del recettore della serotonina sarebbe correlata con lo sviluppo del DOC (42).

I dati neuropsicologici

Comparando dal punto di vista neuropsicologico pazienti con DOC con quelli affetti da Depressione Maggiore, o da Disturbo di Panico e con controlli, i primi presentano una alterazione della memoria di lavoro spaziale, di ricognizione, di inizio e di esecuzione di un compito, che presupporrebbe un’alterazione orbito-frontale, del nucleo caudato, del giro cingolato e del talamo. Tali alterazioni non sono riscontrabili nel gruppo dei pazienti depressi, che, addirittura, non differiscono, riguardo a tali parametri, dai controlli (43-47).

Una differenza significativa tra DOC e Depressione si riscontra anche al Object Alternation Test, in cui si evidenzia come i pazienti con DOC presentino un maggior numero di risposte perseverative, che farebbe presupporre una alterazione selettiva della corteccia orbito-frontale, mentre tale alterazione non sarebbe riscontrabile nei depressi (48).

I dati dell’intervento farmacologico

È ormai documentata l’efficacia degli inibitori del reuptake della serotonina (SRI) nel DOC. Tali sostanze, in numerosi studi controllati effettuati a partire dagli anni ’80, hanno dimostrato un’efficacia anti-ossessiva superiore rispetto agli antidepressivi meno attivi sul sistema serotoninergico, quali desipramina, imipramina, nortriptilina, amitriptilina (49-54) e ai MAO-inibitori (55,56). La quasi esclusiva risposta a farmaci dotati di una potente azione sul sistema serotoninergico rappresenta un evidente elemento di differenziazione rispetto alla depressione in cui sono ugualmente efficaci anche gli altri antidepressivi (57). A conferma di ciò alcuni studi hanno evidenziato come il miglioramento della sintomatologia ossessiva non è sempre parallelo a quello della componente depressiva in comorbidità (57,58) e, in particolare, il miglioramento del quadro ossessivo con fluoxetina e fluvoxamina non è dovuto a quello del concomitante disturbo dell’umore, se presente (59).

Oltre alla “specificità” degli antidepressivi per quanto riguarda l’effetto anti-ossessivo e quello anti-depressivo, la modalità di risposta al trattamento farmacologico è chiaramente diversa nel DOC e nella Depressione Maggiore. A differenza della depressione, nel DOC è necessario somministrare dosi più elevate di SRI, il periodo di latenza prima che si manifesti l’effetto anti-ossessivo è superiore, il miglioramento del quadro clinico è spesso non completo, è piuttosto elevata la frequenza di ricadute dopo la sospensione del trattamento, risultando compresa tra il 23 e il 100% (49,53,55,60,61).

Considerazioni psicopatologiche

Pertanto i risultati della maggior parte degli studi propendono per una distinzione abbastanza netta tra DOC e depressione, anche se l’analisi psicopatologica superficiale sembra contrastare con i dati della ricerca clinica e biologica ed essere in sintonia con la mancanza di differenze sintomatologiche significative evidenziata dal confronto fra DOC e depressione mediante questionari di autovalutazione. L’indecisione, l’insicurezza, la dubitatività, l’ipervalutazione del rischio, il ruolo della astenia, le ruminazioni, l’ideazione prevalente, il ritornare sulle cose, per non parlare della colpa, sembrano tutti aspetti psicopatologici caratterizzanti il quadro del DOC così come quello della depressione.

Tuttavia, se approfondiamo l’analisi psicopatologica, cercando di comprendere le radici dei fenomeni che sembrano accomunare DOC e depressione, i due disturbi appaiono, in realtà, profondamente diversi.

Insicurezza, indecisione, ipervalutazione del rischio, percezione del futuro come pieno di incognite e di pericoli fanno parte di strutture profondamente diverse nei due disturbi. Nel depresso questi aspetti sono comprensibilmente derivabili e riconducibili alla bassa autostima, alle realmente ridotte capacità del soggetto. È quindi una previsione negativa del futuro che dipende, fondamentalmente, dalla valutazione delle difficoltà che il soggetto, coartato nelle sue capacità dalla depressione, può effettivamente incontrare. Una indecisione, una dubitatività, una ipervalutazione del rischio che discendono dalla percezione di sé e non dalla percezione della realtà.

Nel DOC la situazione è profondamente diversa essendo primario un difetto cognitivo che compromette la valutazione del reale nei termini di ipervalutazione dei particolari, di incapacità di dare giusti livelli di importanza alle cose, di ipervalutare i rischi derivanti dalle azioni, e non è un problema di difficoltà legata al rallentamento e alle ridotte capacità come nel depresso.

Abbiamo visto che, se fenomeni OC si verificano nella depressione, le ossessioni sono più frequentemente rappresentate rispetto alle compulsioni e che esse si ritrovano fondamentalmente nella depressione con agitazione, in accordo con il concetto di Janet (62) delle “agitazioni forzate” come condizione preliminare nella “escalation” che porta alla ideazione ossessiva e al comportamento compulsivo. La fenomenica ossessiva nella depressione sarebbe “quindi” più legata alle componenti ansiose che non al rallentamento depressivo, tanto che, quando esso è presente, i fenomeni OC si riducono proporzionalmente. Si aggiunga che l’ideazione prevalente del depresso è caratterizzata da una maggiore egosintonia, senza psichismo di difesa ed è rivolta ad eventi passati, l’ideazione nel DOC da una maggiore egodistonia e da una ritualità secondaria, con finalità preventiva degli eventi futuri.

La colpa è elemento di marca melanconica, quasi il cardine del vissuto depressivo. Anche nel DOC la colpa sembra basilare: il timore di sbagliare, il dubbio di errori o inadempienze catastrofiche, gli impulsi peccaminosi, la purificazione attraverso i lavaggi, tutti questi aspetti ossessivo-compulsivi rimandano direttamente o indirettamente alla colpa. Però, ancora una volta, la colpa nel DOC è ben diversa da quella nella depressione. La colpa permea il vissuto depressivo traducendosi in sentimenti di colpa, in idee di colpa, talora in deliri o allucinazioni di colpa: il soggetto è protagonista di azioni vergognose, di omissioni imperdonabili, giustamente additato per la sua indegnità. Nel DOC invece o è metaforizzata, come nel sottotipo “washer” (lo sporco fisico della superficie del corpo al posto dello sporco morale della colpa nel depresso), o è potenziale, come nel sottotipo “checker”, per il costante rischio di poterla commettere, o di poterla aver commessa, quindi un dubbio più che una convinzione. Non è la certezza di essere colpevole del depresso, ma è lo spettro della colpa che aleggia sempre nell’ossessivo fra il possibile dell’inadempienza del checker e l’improbabile degli impulsi aggressivi o blasfemi dell’ossessivo puro.

L’astenia è sintomo frequente nei quadri depressivi: è vissuta come debolezza muscolare, come adinamia, come facile esauribilità e sfuma nella mancanza di iniziativa, nel rallentamento motorio e nell’inerzia cui soggiace il paziente depresso. Tuttavia non possiamo non ricordare che Janet (62) aveva denominato il DOC “psico-astenia”, individuando nella “debolezza” della mente, nella sua facile stancabilità, la base di partenza delle “agitazioni forzate” e poi dei fenomeni ossessivo-compulsivi.

L’astenia, al di là della teorizzazione di Janet, è effettivamente uno dei problemi centrali del DOC. I pazienti con DOC mostrano, infatti, una notevole sensibilità a tutto ciò che produce affaticamento, che, direttamente o indirettamente, “stanca il cervello” o che non gli permette di recuperare, dimostrando in ciò un effetto specifico, in quanto tutte le condizioni di “astenia” si traducono in un peggioramento delle ossessioni e delle compulsioni. I pazienti ossessivi, infatti, hanno un estremo bisogno di sonno, devono dormire per lo meno nove o dieci ore, non riescono a mantenersi attivi per molte ore consecutive, sono costretti ad interrompere a metà della giornata quello che stanno facendo, perché dopo quattro-sei ore di attività devono riposare e possibilmente dormire; se una notte non dormono sufficientemente, o se hanno affrontato una giornata faticosa, il giorno successivo riferiscono un peggioramento delle ossessioni. L’effetto della stanchezza è particolarmente evidente negli ossessivi “guariti”: essi godono di un buon equilibrio psichico, non hanno più ossessioni e compulsioni, se non sporadicamente e marginalmente, ma, se attraversano un periodo più stressante, o contraggono una sindrome influenzale, o dormono meno del solito, o comunque affrontano una situazione che comporta affaticamento, il giorno seguente possono presentare una recrudescenza delle ossessioni che persiste per qualche tempo. Questa osservazione permette di scartare l’ipotesi, invero semplicistica, che non siano le ossessioni a derivare dalla astenia, ma piuttosto la astenia dalle ossessioni. Infatti non possiamo sostenere che l’ossessivo si stanchi perché “fa lavorare il cervello a vuoto”, visto che, per lo meno nei pazienti in remissione, prima si verifica la situazione stancante e poi ricompaiono le ossessioni.

Le considerazioni sopra svolte confermerebbero l’ipotesi di Janet (62) per il quale era dall’astenia che nascevano le agitazioni forzate da cui poi si sviluppavano i fenomeni ossessivi. Janet, precorrendo le attuali conoscenze, derivate dalle moderne tecniche di visualizzazione del cervello, vedeva nella patologia ossessiva una condizione fisiopatologica. L’astenia, la fatica, la facile esauribilità, sono le espressioni di questa condizione fisiopatologica che comporta un deficit funzionale dell’energia neuropsichica, della “tension psychologique”. La psicoastenia, “faiblesse operationelle de la synthése psychique”, debolezza quindi del pensiero e specialmente dei processi che portano alla sintesi, riguarda soltanto le funzioni superiori, quelle più complesse e più implicate nell’adattamento al reale e al presente.

“Les nevrosies sont des maladies portant sur les diverses fonctions de l’organism, charactérisées par une altération des parties supérieures des ces fonctions, arrêtées dans leur evolution, sans détérioration de la fonction elle même”. Si tratterebbe, quindi, di una patologia disfunzionale che non dipende tanto da una perdita di una funzione acquisita, quanto piuttosto da un blocco durante la fase di sviluppo e di acquisizione, e che riguarda le funzioni superiori le quali, nella loro debolezza, non hanno la capacità di tenere sotto controllo i centri inferiori.

Cosicché le agitazioni psicomotorie, come tic, stereotipie, giaculatorie, rituali, e quelle ideoverbali, come ruminazioni e litanie, sono il risultato del prevalere di attività di “basso livello” (automatisme psychologique) non più controllate dai centri superiori a causa della loro disfunzione. Il deficit a livello dei centri superiori favorisce azioni vuote e incoordinate.

Indubbiamente il pensiero di Janet, così scheletricamente riassunto, conserva tutta una sua persuasività oggi più di ieri, poiché è confortato da una serie di dati sperimentali di ordine neurobiologico, nonché dai contributi della neuropsicologia che hanno messo in evidenza un’alterazione della memoria di lavoro spaziale, di recognizione, di inizio e di esecuzione di un compito nel DOC (43-47) da ricondurre ad un’alterazione selettiva della corteccia orbito-frontale (48).

Anche nella depressione le funzioni superiori sono ovviamente compromesse, ma non come evento primario. Nella depressione sarebbero primariamente compromesse, sarebbero “asteniche”, le strutture di livello più profondo, la cui disfunzione si riverbera sulle strutture superiori che risulterebbero disfunzionali in via secondaria.

In questa visione neurobiologica, quindi, le ipotetiche compromissioni funzionali del DOC e della depressione riconoscerebbero zone di sovrapposizione, come, ad esempio, la disfunzione dei centri superiori, mentre si differenzierebbero a livello dei centri inferiori, ipofunzionanti nella depressione, iperfunzionanti nel DOC.

In altre parole nel DOC la “psico-astenia”, intesa come debolezza degli apparati superiori, sarebbe l’elemento primario che condizionerebbe la liberazione di automatismi dei centri inferiori, funzionalmente integri, i quali, non più inibiti dal controllo superiore, diventano iperfunzionanti. La liberazione dei centri inferiori dal controllo superiore determinerebbe parte dei sintomi del DOC, specialmente quelli più tipici, potremmo dire patognomonici, rappresentati dalle compulsioni e dalla intrusività. Quindi nel DOC la meiopragia delle funzioni superiori costituirebbe la “struttura negativa”, mentre i centri inferiori, non più controllati, condizionerebbero la “struttura positiva”.

Se anche nella depressione vogliamo distinguere “sintomi negativi” e “sintomi positivi”, i primi sarebbero rappresentati dalla perdita della “energia vitale” che si esprime nella inibizione delle funzioni vitali e nel rallentamento psicomotorio e costituirebbero il nucleo primario dal quale derivano le altre componenti sintomatologiche. Alcune di queste ultime, in particolare quelle relative alla sfera cognitiva (ideazione di colpa ad es.) e alla stessa coloritura emotivo-affettiva, tradizionalmente riconosciuta come aspetto centrale della depressione tanto da darle il nome, rappresenterebbero i “sintomi positivi” e sarebbero interpretabili come il vissuto affettivo e l’elaborazione cognitiva relativi alla perdita dell’energia vitale.

Questi “sintomi positivi” caratterizzerebbero la depressione dell’essere umano, distinguendola dai modelli animali nei quali il minore sviluppo delle strutture corticali non permetterebbe l’insorgere di “sintomi positivi” e farebbe rimanere la “depressione” limitata agli aspetti inibitori e al rallentamento. Sarebbero altresì i “sintomi positivi” a creare confusione tra depressione come malattia e depressione come vissuto della persona in sintonia con eventi di vita, in quanto simili nei due casi, ma diversi nel loro significato. Nella malattia depressiva rappresenterebbero il vissuto affettivo e l’elaborazione cognitiva di un fenomeno primariamente biologico costituito dal rallentamento delle funzioni vitali, nella tristezza rappresenterebbero invece il vissuto affettivo e l’elaborazione cognitiva di eventi esistenzialmente significativi.

Nella depressione allora potremmo ipotizzare che la struttura “negativa” derivi da una alterazione primaria dei livelli neurobiologici più profondi, mentre la compromissione funzionale delle strutture superiori sarebbe secondaria alla meiopragia dei centri inferiori e potrebbe essere vista come responsabile della sintomatologia “positiva” (sintomi cognitivi in particolare).

La “astenia” sarebbe, quindi, presente in ambedue i disturbi, ma nel DOC riguarderebbe primariamente le funzioni superiori, nella depressione le strutture più profonde; nel primo sarebbe una “astenia” a livello cognitivo, nella seconda a livello vitale.

Una siffatta teorizzazione, pur nella sua grossolanità e riduttività, sarebbe quindi coerente con gli aspetti psicopatologici precedentemente illustrati.

Conclusioni

Le analogie tra depressione e ossessività, ad una lettura attenta, appaiono più apparenti che reali, derivate da una osservazione sintomatologica e comportamentale “di superficie”.

Le analogie scaturiscono dal fatto che le strutture dei diversi disturbi mentali, quelle nucleari, si riverberano in altri aspetti psicopatologici, allargando l’alone sintomatologico del disturbo stesso e, nello stesso tempo, rendendolo sempre meno specifico quanto più esso si allontana dalla struttura nucleare. Sono questi aspetti sintomatologici “secondari” alla struttura primaria che determinano la sovrapposizione fra diversi quadri clinici e che potrebbero contribuire alla costruzione di spettri falsi. Infatti, la comunanza tra disturbi attribuiti allo stesso spettro potrebbe essere costituita dalla presenza in ciascuno di essi di aspetti epifenomenici secondari e non di una stessa struttura psicopatologica con diversa espressione sintomatologica.

Ad esempio l’inibizione delle funzioni vitali, nucleo strutturale della depressione, si traduce anche in dubitatività e insicurezza le quali vanno, quindi, a far parte anche dell’alone sintomatologico del disturbo dell’umore. Esse tuttavia sono ben diverse da quella dubitatività e quella insicurezza che compongono l’alone sintomatologico dell’ossessività, nel quale questi aspetti scaturiscono da una disfunzione primaria del pensiero, nello specifico di quello probabilistico e di quello discriminativo. Analogamente comportamenti improntati all’ipervalutazione del rischio (risk assessment), alla reiteratività, alle ruminazioni si ritrovano nella depressione e nel DOC, ma con una matrice ben diversa (Fig. 1).

Quanto più ci si avvicina agli aspetti nucleari tanto più si evidenziano le differenze tra i due disturbi e la loro rispettiva specificità. Tanto è vero che anche l’analisi statistica evidenzia differenze significative tra DOC e depressione limitatamente agli aspetti compulsivi, presenti nell’ossessivo e poco rappresentati nel depresso, a sostegno di un valore prevalente delle compulsioni nel definire il nucleo caratterizzante il DOC (Fig. 2).

Queste considerazioni si traducono in avvertenze che riguardano il piano clinico-pratico. Infatti, il clinico che non coglie la natura superficiale e apparente delle analogie tra DOC e depressione rischia di attribuire etichette dell’uno all’altro disturbo, in particolare di etichettare come ossessivo colui che ha manifestazioni simili al DOC, ma di diversa matrice.

Inoltre, dobbiamo tenere presente queste osservazioni quando costruiamo strumenti di valutazione, ad es. rating-scales o questionari, specialmente se di autovalutazione, perché, quanto più inseriamo nello strumento items relativi agli aspetti appartenenti all’alone sintomatologico e non al nucleo psicopatologico, e quanto meno nella formulazione degli items riusciamo a tradurre la matrice nucleare del comportamento che vogliamo esplorare, tanto più lo strumento sarà aspecifico e conseguentemente poco discriminante.

 Corrispondenza: prof. Paolo Castrogiovanni, Policlinico “Le Scotte”, Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, viale Bracci 1, Siena – Tel. 0577 586275-586274


Fig. 1. Strutture specifiche e aspetti aspecifici del doc e della depressione maggiore. Ocd and md specific structures and aspecific features.

Fig. 2. Zone di sovrapposizione e zone di divergenza fra ossessività e depressione. Ocd and md overlap and divergence areas.

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