Dislessia e Schizofrenia

Dyslexia and Schizophrenia

M.L. MANESCHI, G. BERSANI

III Clinica Psichiatrica, Servizio Speciale di Medicina Psicosomatica e Psicofarmacologia Clinica, Università di Roma

Key words: Dyslexia � Schizophrenia

Correspondence: Dr. Giuseppe Bersani, viale dell�Università 30, Roma, Italy – Tel. +39 6 4454765 – E-mail: Bersani@uniroma1.it

Introduzione

Deficit neurocognitivi di varia natura sono un aspetto molto frequentemente presente in pazienti schizofrenici. Negli ultimi anni studi condotti in campo neuropsicologico, neuroanatomico, genetico e neurofarmacologico hanno contribuito ad una migliore interpretazione ed inquadramento di questi deficit, soprattutto per quanto concerne l�ambito puramente sociale e relazionale, per le frequenti ed evidenti ripercussioni sulla realtà scolastica, lavorativa e personale dei pazienti.

La schizofrenia, infatti, si caratterizza non solamente per la sintomatologia legata alle diverse dimensioni patologiche, ma anche, spesso, per rilevanti deficit cognitivi, sui quali s�instaurano condotte psichiche pertinenti il disturbo di base.

Nella Tabella I sono presentati i più frequenti disturbi della sfera cognitiva osservati nella Schizofrenia, raccolti dalla letteratura mediante ricerca di medline.

Negli ultimi decenni molti studiosi e ricercatori hanno diretto la loro attenzione all�analisi dei disturbi cognitivi nel corso della schizofrenia; tuttavia, non esiste in letteratura un accordo in merito all�interpretazione di tali deficit. Da molti vengono considerati come manifestazioni primarie della patologia schizofrenica, mentre altri ipotizzano il ruolo della farmacoterapia con neurolettici, che indurrebbe alterazioni della sfera cognitiva, o della istituzionalizzazione.

Peraltro, molti autori concordano sulla possibilità di riscontrare, in modo subclinico, i deficit cognitivi già precedentemente all�esordio conclamato della patologia psichiatrica, e persistenti ed accentuati nella fase evolutiva della malattia.

È stata, inoltre, valutato il possibile ruolo svolto dai fattori genetici nello sviluppo delle alterazioni cognitive, che sarebbero manifeste, in maniera più attenuata, anche in familiari di soggetti schizofrenici, esenti da alterazioni di ambito psichiatrico.

Tali dati concorderebbero con la visione di una predisposizione o una vulnerabilità al disturbo schizofrenico, tale che il deficit cognitivo potrebbe essere assunto quale marker fenotipico della malattia.

A sostegno di tali teorie esiste il riscontro di alterazioni strutturali del Sistema Nervoso Centrale (SNC), presupponenti, quale aspecifico primum movens, ad un�alterazione del neurosviluppo, che in particolari periodi fetali della crescita dell�individuo potrebbe determinare una vulnerabilità con conseguente debolezza di funzioni psichiche superiori, per alterazioni dei circuiti neuronali deputati alla percezione ed alla elaborazione delle informazioni.

Dati morfologici ottenuti da numerosi studi hanno evidenziato la presenza di precise alterazioni neuroanatomiche, in soggetti con schizofrenia, quali l�allargamento dei ventricoli cerebrali, l�aumentato volume dei gangli della base, il ridotto volume di aree del lobo frontale e del lobo temporale, dell�ippocampo e dell�amigdala. Recentemente sono state prese in considerazione anche anomalie delle strutture cerebellari, tra cui alterazioni a carico del nucleo fastigiale, del verme cerebellare, del nucleo caudato e pallido.

In Tabella II sono mostrati gli specifici deficit cognitivi e le ipotizzate aree cerebrali coinvolte, che più frequentemente è possibile riscontrare in soggetti schizofrenici.

Fino ad oggi le principali anomalie cognitive considerate prevedevano lo studio delle alterazioni comportamentali dei bambini e degli adolescenti, tra cui l�autismo e la sindrome di iperattività con disturbi dell�attenzione, o ADHD.

Lo studio di una patologia ancora oggi poco indagata, quale la dislessia, non è stato oggetto di specifico interesse rispetto alle sue relazioni con lo sviluppo schizofrenico.

La dislessia, cenni storici e definizione

Alla dislessia sono state attribuite le più svariate definizioni ed il medico inglese W. Pringle Morgan, nel 1896, a descrivere, nel “British Medical Journal”, il caso di Percy F. “brillante ed intelligente quattordicenne, veloce nei giochi ed in nulla inferiore ai suoi coetanei. Differiva da loro per una notevole difficoltà nell�apprendimento della lettura, mantenutasi, anche nell�età adulta” (59).

Il dott. Morgan, in questa sua relazione, intuì il paradosso che avrebbe intrigato e frustrato per i secoli a venire gli scienziati: la profonda e persistente difficoltà di alcune brillanti persone di fronte all�apprendimento della lettura.

Nel corso degli anni si sono susseguiti numerosi tentativi per definire la dislessia, e numerosi sono stati i sinonimi utilizzati per descriverla; molti autori convennero nella modifica della primaria definizione di “alessia”; anche se gli autori svizzeri, tutt�oggi, preferiscono mantenere il termine di “legastenia” e gli anglosassoni parlano di “ritardo nella lettura”.

Fu Halgreen (49) che operò la prima definizione del disturbo sulla base delle sue caratteristiche disfunzionali. Nella Tabella III sono riportati i caratteri secondo cui egli individuò tale disturbo.

Furono, tuttavia, svariate le definizioni proposte dal 1950 ad oggi ed una semplice esposizione è suggestiva al riguardo. Orton la definì streptosimbolia, o inversione-confusione di lettere simmetriche; Ombredane (a) propose l�espressione di disgrammataxia, indicando con tale termine “una difficoltà ad integrare elementi simbolici percepiti nell�unità della parola o della frase quale che sia il meccanismo d�integrazione”.

Roudinesco e Trelat, nel 1950 (49), ricercarono l�eziologia in un disturbo della regolazione centrale. Essi scrissero: “La dislessia familiare risulta probabilmente da una disposizione costituzionale ereditaria, leggermente anormale, di una parte del lobo parietale od occipitale”.

Per Trelat non si trattò solamente di un disturbo neurologico, bensì “di un ritardo, di un vizio di maturazione di determinate funzioni cerebrali”. Egli aggiunse che: “La lettura, poiché rappresenta un arricchimento del linguaggio orale acquisito anteriormente, presuppone la maturazione di determinate funzioni percettivo-sensoriali, la vista e l�udito particolarmente: effettivamente non basta vedere, bisogna riconoscere le forme, i simboli e gli insiemi. La risposta all�eccitazione deve essere la risposta corretta di una funzione che ha acquistato una sicurezza, una sottigliezza sufficienti. Lo stesso è per l�udito”.

Per Aubry-Roudinesco la dislessia è “una speciale difficoltà a capire, riprodurre ed integrare i simboli scritti” (49).

Michaux scrisse (49): “La dislessia potrebbe indicare l�afasia, un deficit specializzato delle funzioni ricettive o di espressione verbale”.

Borrel-Maisonny (49), fautrice di un metodica di rieducazione strutturata del linguaggio, inquadra nella dislessia “una particolare difficoltà ad identificare, capire e riprodurre i simboli scritti, ed ha come conseguenza di turbare profondamente l�apprendimento della lettura fra i 5 e gli 8 anni, l�ortografia, la comprensione dei testi e di conseguenza le acquisizione scolastiche”. In tal modo ci si trova in una posizione intermedia tra una pseudodefinizione, o meglio una descrizione mediante i sintomi, “disturbo dell�apprendimento della lettura”, ed una definizione in base alle cause. André Rey (b) (49) vi ravvisa un “difetto dell�integrazione”, ponendo in tal modo l�accento sulla persistente difficoltà dell�apprendimento della lettura in assenza di difetti sensoriali. Egli attribuisce particolare importanza ai disturbi della sfera percettiva, inquadrandovi un disturbo di comunicazione con i processi prefissi all�attività del linguaggio.

“Normalmente la percezione precede l�elocuzione. Il dislessico tende a pronunciare la parola prima di averla identificata visivamente come forma verbale; “parla” tutti i riferimenti mentre li vede, invece di organizzarli preventivamente in un�espressione intelligibile e di passare all�elocuzione solo quando questa espressione è ben netta e visivamente costituita. È allora impelagato da un lato in un�elocuzione che tende ad evolversi per conto suo, dall�altro lato in una percezione che continua a fornire dei riferimenti male ordinati che non hanno più relazione con l�atto verbale in corso”.

Rey rilevò l�assenza di un principio ordinatore capace di rendere coerenti delle forme verbali costruite, o “abbozzate mediante riferimenti visivi colti qua e là”.

Effettivamente il dislessico non analizza, ma concretizza partendo da una “percezione abbracciante” fino ad arrivare all�intuizione, alla giustapposizione, alla ripetizione ed all�anticipazione. Egli Traduce il tutto nell�aggiunta od omissione di lettere, nell�inversione delle stesse, con deformazione delle parole, giacché da tale concretizzazione si arguisce un “pressappochismo” in cui le lettere assumono, di volta in volta, diverse localizzazioni; è possibile riscontrare i più svariati errori di locazione delle lettere, in quanto i dislessici non effettuano sempre le stesse inversioni od omissioni.

La varietà delle possibili cause è all�origine delle differenti definizioni.

Mathis (49), del gruppo di ricerca di Strasburgo, diretto dalla Delaunay, afferma che la dislessia è “un�anomalia di maturazione o di struttura nel bambino”, riconducendosi, in tal modo, a De Ajuriaguerra (1951), che l�inquadra nell�ambito di una “disarmonia nella maturazione funzionale”.

Egli afferma: “La lettura non è né la percezione della lettera, né la comprensione del significato della parola: è quel processo di analisi e di sintesi che dà un significato a questa nuova forma di espressione linguistica, la quale si verifica solamente se l�integrazione e la differenziazione sono possibili” (c).

Gray (49) considerò quale importante componente, sovrintendente al processo di acquisizione delle parole nel processo di lettura, i movimenti oculari. Scrisse: “Lo sguardo percorre ogni riga, da sinistra verso destra, con una serie di movimenti brevi e vivaci intercalati da brevi pause, per poi ritornare velocemente, attraverso la pagina, dalla fine della riga all�inizio di quella che segue. In generale lo sguardo si ferma da quattro a dieci volte per una riga di lunghezza ordinaria. Durante la lettura di un brano il numero di fissazioni è differente rispetto ad un altro, variando, in tal modo, notevolmente la velocità di lettura. Ciò può dipendere dalla familiarità dell�argomento letto, e dalle difficoltà di comprensione e d�interesse. La lettura può compiersi per parole o per frasi intere, talvolta per gruppi di lettere (a volte lettera per lettera), a seconda della difficoltà del testo, delle capacità di comprensione del lettore, e della familiarità con l�argomento in questione” (d).

Da tali considerazioni emerge un interrogativo: questo livello di decifrazione frequentemente disordinata denota un�incapacità ad ordinare, a classificare i punti di riferimento, ad organizzarli?

A questo proposito è importante esaminare quanto affermato da Galifret-Granjon (49), la quale recupera il carattere di asimbolia differenziando la dislessia in archetipi differenti, dando rilievo, di conseguenza, ad una dislessia primaria o spazio-temporale, che riconduce all�esistenza di insufficienze a livello della strutturazione temporo-spaziale, dello schema corporeo e del livello intellettivo, legata all�impossibilità o difficoltà di un�organizzazione spaziale dei simboli grafici, dalla difficoltà od impossibilità a trascrivere le strutture temporali in strutture spaziali, e viceversa.

Una dislessia secondaria o asimbolia, la cui essenza è la debolezza nel maneggiare i simboli grafici, ponendosi in tal modo a livello dell�attività categoriale, relazionale e delle operazioni logiche. “L�asimbolia è il disturbo profondo in cui la dislessia è un�espressione”.

Il dislessico è asimbolico perché dislessico, e non viceversa. Non giunge al livello simbolico perché invischiato in questo stadio, come ribadisce Rey nel sincretismo.

Il mancato stabilirsi della percezione analitica, il mancato avvento dell�intelligenza analitico-sintetica è direttamente espressivo dell�asimbologia. Da appurarsi è la causa che volge questo ritardo in tale stadio, considerando che non si tratta di una questione direttamente rapportabile al livello intellettivo.

Il processo di lettura presuppone un simbolismo a due livelli, in cui si ritrovano due sistemi di associazione: da una parte, il suono e la parola scritta; dall�altra, la parola ed il significato.

Alla base della dislessia sussiste una impossibilità d�impiego corretto dei processi di analisi e di sintesi indispensabili nella lettura.

Le differenti definizioni sin qui enunciate dimostrano quanto gli studiosi ed i rieducatori abbiano dato importanza più alla descrizione dei sintomi, con indagini dirette a svelarli quali cause della malattia, che a studi propriamente inerenti all�eziologia stessa della malattia.

Volendo attenerci ad una definizione concettuale, basterebbe riproporre la definizione di Orton: “Tale malattia è una difficoltà ad integrare gli elementi simbolici percepiti nell�unità di una parola o di una frase quali che siano, tutto sommato, i meccanismi di questa integrazione”.

Nel 1920 una nuova ipotesi si affacciava nell�identificazione dell�origine della dislessia, riconoscendone la causa in un difetto del sistema visivo e svelandone, in tal modo, la caratteristica modalità di leggere del soggetto dislessico: l�inversione delle lettere e l�errata lettura, con la conseguente incomprensione delle parole.

Ricerche successive hanno evidenziato che il deficit cognitivo responsabile dell�inusuale propensione del bambino dislessico ad invertire le lettere o le parole, alterandone il reale significato, sia correlabile ad un�alterazione del sistema linguistico.

In particolar modo, tale deficit, rifletterebbe una carenza del processo di comprensione delle singole unità linguistiche, definite fonemi, che rappresentano i componenti principali delle parole sia scritte che parlate.

Questo si manifesterebbe, altresì, nell�errato riconoscimento delle singole lettere dell�alfabeto di aspetto simile sul piano grafico, quali: m e n; d e b; p e q; o fonetico, quali: f e v; t e d (13) (14).

Il soggetto permane, in tal modo, allo stadio sillabico.

La stessa difficoltà, incontrata dal soggetto dislessico nella lettura, si riscontra anche nella scrittura, in quanto scrive come legge, confondendo la forma delle lettere ed il loro succedersi, operando in tal modo inversioni o trasposizioni, potendo giungere al punto di commettere inversioni sul piano verticale, o di scrivere da sinistra verso destra, attuando la scrittura speculare, manifestando, in tal modo, la sua incapacità ad orientarsi nello spazio.

Per definizione la dislessia è la patologia caratterizzata da alterazione dei processi di apprendimento della lettura, a volte accompagnata, soprattutto nei gradi più severi del disturbo, da alterazioni del linguaggio.

Possono essere coinvolte altre componenti della sfera cognitiva, tra cui l�attenzione, la memoria, la percezione. Tali elementi sono fondamentali per il corretto sviluppo delle relazioni esistenti tra l�individuo e l�ambiente, allo stesso modo di quanto avviene per il linguaggio, già basato su potenzialità innate, che diverrà poi “interno”, contribuendo alla strutturazione del pensiero.

Svariate le caratteristiche, individuate negli studi successivi, che meglio inquadrano tale disturbo dell�apprendimento. Analizzandole e tentando di porle in un contesto generale è possibile identificarle in base alla loro maggiore o minore incidenza di comparsa, con individuazione sia in soggetti adulti sia in età pediatrica (infantile, adolescenziale).

Nella Tabella IV vengono menzionati i segni a maggior riscontro.

Nel dislessico si attua l�impossibilità di accedere all�intelligenza analitica con conseguente origine di disfunzioni nei caratteri alla base del suo comportamento ed alla sua personalità.

L�insieme di concatenamenti delle alterazioni, riassunti nella figura successiva, mostra come il danno ricevuto dal linguaggio parlato e scritto, dall�orientamento o dal legame affettivo, possano influenzare le modalità di rappresentazione della malattia, sfociando in manifestazioni particolari della stessa.

Forme cliniche e criteri diagnostici

Nel momento in cui si afferma che un bambino ha imparato a leggere, s�intende che egli è capace sia di capire sia di pronunciare il linguaggio scritto. Nella grande maggioranza dei casi, questa fase accompagna la padronanza del linguaggio parlato.

Nel 1981 Klatt (37) paragonò il riconoscimento e la comprensione delle parole percepite ad unità di riconoscimento uditivo della parola di un sistema computerizzato, onde far meglio comprendere in quale modo gli impulsi nervosi che partono dall�orecchio interno per giungere al cervello vengano qui identificati attraverso un codice acustico. Si parla in tal senso di “mediazione fonica”, o più semplicemente di lettura con l�orecchio. Il codice delle lettere deve essere tradotto, per la comprensione, da processi di conversione lettera-suono in un “codice acustico”.

Lo stesso dicasi per quanto concerne l�analisi visiva operata sulla parola stampata, in modo tale da creare un codice di lettere interno, con unità di riconoscimento visivo della parola.

Interessante l�eventuale risposta del soggetto di fronte al riconoscimento di parole “omografe eterofoniche”, rispetto ai quali una pronuncia corretta è resa possibile solamente dopo la comprensione del significato, ad esempio: ancora (sostantivo) ed ancora (avverbio), corresse (verbo correre) e corresse (verbo correggere), esca (verbo uscire) ed esca (cibo), botte (percosse) e botte (recipiente per vino). Ovviamente il soggetto deve poter accedere alla rappresentazione mentale del significato di una parola, o “rappresentazione semantica”, ed accedere così al sistema cui queste rappresentazioni appartengono, e precisamente al sistema semantico.

Schematicamente si possono riassumere, nel diagramma elaborato da Ellis collaboratori (14), i differenti circuiti nervosi implicati nella comprensione sia del linguaggio scritto sia in quello parlato, dando rilievo alla reciproca correlazione ed integrazione, di notevole importanza ai fini di una corretta comprensione, e riportato qui di seguito.

La “via fonica” implica:

� l�identificazione delle lettere di una parola scritta;

� l�applicazione della conoscenza delle corrispondenze lettera-suono per creare una forma acustica interna;

� l�identificazione di quel codice acustico per mezzo di unità di riconoscimento uditivo di parole. I due sistemi sono strettamente integrati tra loro.

I frequenti riferimenti a studi condotti sull�analisi delle differenti vie di acquisizione della parola sono necessari per poter operare una suddivisione della dislessia in acquisita e congenita.

Forma acquisita

La dislessia acquisita fu studiata, per la prima volta, verso la fine del XIX secolo da neurologi come Carl Wernicke, uno dei primi esponenti della mediazione fonica. Le sue teorie vennero rielaborate fino a giungere all�asserzione dell�esistenza di differenti tipi di diversi tipi di dislessia acquisita, esattamente come esistono differenti tipi di afasia, entrambe riconducibili a traumi di strutture del SNC.

Vengono qui di seguito riportati i differenti archetipi e le caratteristiche che li compongono, facendo riferimento alla distinzione operata da Coltheart (8); Patterson (52); Newcombe e Marshall (50) et al.

Partendo da conoscenze neurofisiologiche e neuroanatomiche è possibile inquadrare i traumi a carico dell�emisfero dominante del linguaggio (solitamente il sinistro), corredati da un�ampia gamma di disordini che sono raggruppati sotto il termine di “dislessie acquisite”, caratterizzate dall�interessamento delle distinte componenti, fra cui il sistema visivo, il sistema di riconoscimento uditivo delle parole, i processi di assemblaggio fonico, ecc.

Marr (43) ed Allport (1) hanno dimostrato che tutte le capacità cognitive dovrebbero essere spiegate in funzione di tali moduli ed in base alle loro interconnessioni.

Nonostante i caratteri distintivi delle differenti definizioni, tuttavia, accade spesso che un paziente, in seguito ad un trauma cerebrale, presenti una sintomatologia a caratteri misti; ad esempio, difficoltà di origine visiva accompagnate da problemi di conversione da lettera a fonema, combinate con il problema di leggere le parole meno comuni attraverso la via diretta.

Forma congenita

Secondo la Federazione Internazionale di Neurologia la dislessia è: “Un disordine che si manifesta con difficoltà nell�apprendimento della lettura nonostante un insegnamento convenzionale, un�intelligenza adeguata e buone opportunità socio-culturali. È causata da disabilità cognitive fondamentali che sono spesso di origine costituzionale” Critchley (10).

I capisaldi di tale definizione sono costituiti dall�intelligenza adeguata dei bambini esaminati, i quali devono aver ricevuto un�adeguata istruzione, in modo da poter escludere altre eventuali ragioni di fallimento nella lettura.

In una dispensa edita all�Università di Aston, a Birmingham, in Inghilterra, Newton e Wilsher (51) citano i seguenti punti quali “indicatori diagnostici” riscontrabili con elevata frequenza nei casi di dislessia evolutiva:

� Sviluppo tardivo del linguaggio (38);

� Tendenza a commettere errori di linguaggio e maggiori difficoltà nel ripetere parole di grande lunghezza (47);

� Possibili segni premonitori quali sono lo scarso coordinamento e la goffaggine.

Tali segni per i neurologi sono un sicuro indizio dell�esistenza di deficit a carico dell�emisfero sinistro, in quanto sia la motricità sia il linguaggio sono abilità di suddetto emisfero; altrettanto dicasi per la denominazione degli oggetti e per la memoria verbale a breve termine (Warrington (65); Denkla (12); Jorm (34)); mentre abilità quali il completamento di disegni ed il raggruppamento di oggetti permangono integre.

Il sostenere che numerosi dislessici evolutivi riescono difficilmente a servirsi di determinate capacità situate in tale emisfero non significa che i soggetti siano “cerebrolesi”, in quanto il cervello e la mente sono composti da più “moduli” indipendenti, ma intercollegabili. Sono questi moduli a determinare le dimensioni delle differenze cognitive individuali. Le differenti abilità che contraddistinguono una persona da un�altra (attitudine nel disegnare, nel suonare uno strumento, nell�imparare una nuova lingua, ecc.) possono essere interessate, in modo selettivo, da un trauma al cervello, implicandone la gestione da parte di moduli separati, oppure da un insieme di moduli. Pertanto, si ammetterà che tali differenze interpersonali non siano di origine ambientale, bensì dovute ad un insieme di moduli cognitivi che operano in una certa sfera di funzioni.

È possibile, pertanto, affermare che l�abilità di lettura e di scrittura dipendono da tutta una serie di sotto-abilità che rappresentano le diverse componenti di un insieme complesso.

Queste possono essere danneggiate singolarmente e in maniera più o meno grave nei soggetti affetti da dislessia evolutiva, proprio come possono esserlo nei soggetti affetti da dislessia acquisita.

Boder (5) (6) descrisse i lettori di tipo fonologico come “dislessici disfonetici”, per l�elevata frequenza di errori di tipo visivo, con presenza di errori semantici, che potrebbero essere sostituzioni narremiche di parole nelle frasi, e non errori semantici commessi su parole isolate.

I soggetti affetti da dislessia superficiale furono definiti “diseidetici”, in quanto ognuno di questi “è un lettore analitico che legge �ad orecchio�, attraverso un processo di analisi fonetiche, pronunciando combinazioni di lettere familiari ed estranee”. Se ne evince che sono stati descritti diversi tipi di dislessia evolutiva, tutti somiglianti a forme di dislessia acquisita.

Effetto sociale e relazionale

Indice rivelatore della malattia è la difficoltà incontrata nell�apprendimento della lettura, poiché il soggetto si ritrova bloccato nell�impossibilità di comprendere ciò che legge, e conseguentemente proietta l�estensione del blocco alla scrittura ed al linguaggio.

Questo comporta un progresso compensatorio sugli altri piani, mediato attraverso l�intelligenza analitica. Tuttavia il soggetto dislessico può divenire disortografico per semplice estensione del disturbo alle conoscenze grammaticali; per le stesse motivazioni è coinvolto il linguaggio parlato.

La generalizzazione del blocco a tutte le materie, è la manifestazione del fenomeno dello psichismo, che opera negativamente, impedendo progressivamente ogni apprendimento. Passa per il piano affettivo, stabilendovi il sentimento d�insuccesso e di inferiorità, che si alimenteranno reciprocamente, con generazione di senso di colpa, perturbazioni della personalità e blocco dell�attività conoscitiva. Manifesterà il rifiuto della lettura.

L�Io prigioniero di questa situazione non progredisce, ma rischia di regredire.

Nella Figura 3 sono schematizzate le diverse modalità d�interazione che possono stabilirsi tra l�insuccesso dell�apprendimento ed il rendimento scolastico e lavorativo; il socializzazione; le condotte di fuga; il senso di ansia che emerge nel dover affrontare compiti che coinvolgano i processi di lettura ed il linguaggio.

Fattori patogenetici

Diverse linee di studio concordano nell�ipotesi che i deficit dell�apprendimento siano strettamente correlati ad una non meglio definita alterazione del normale sviluppo biologico cerebrale in epoca fetale e perinatale, potenzialmente ascrivibile a fattori di natura sia genetica sia non genetica.

Saugstad (58) in un suo studio ha esaminato le anomalie dello sviluppo del sistema nervoso centrale, soprattutto ha indirizzato la sua attenzione verso un prematuro arresto del suo sviluppo, con conseguenti anomalie a carico della sinaptogenesi, della neuronogenesi, delle connessioni inter/intra-emisferiche e dell�incrementata eccitabilità cerebrale, conseguenza di un decremento delle sinapsi inibitorie. Quest�ultimo dato evidenzia una delle ipotesi più accreditate nel ruolo patogenetico della schizofrenia, rilevando la contemporanea presenza di un deterioramento mentale, rappresentato da una deficienza della percezione cognitiva e dei fenomeni sensorimotori, e del linguaggio. Ha supportato i suoi dati attraverso l�utilizzo della TC, evidenziando la presenza di un�alterazione del piano temporale o della regione temporale superiore posteriore. Parallelamente ha considerato nuovamente le ricerche condotte da Livingston (41) e Galaburda (20), che hanno rilevato, in soggetti dislessici, problemi della percezione visiva ed uditiva, morfologicamente rappresentati da una riduzione delle dimensioni dei neuroni dei nuclei sottocorticali dei corpi genicolati laterali e mediali del talamo; tali dati trovano riscontro con l�ectopia neuronale presente nella schizofrenia, riconducibile ad un�alterata migrazione neuronale.

Saugstad (58) ha considerato quale eventuale fattore indicativo di alterazione del normale accrescimento nervoso il basso peso alla nascita.

Horrobin (32), partendo da tali presupposti, ha esaminato il possibile legame esistente tra le alterazioni dello sviluppo del Sistema Nervoso (SN) e le anomalie della struttura fosfolipidica delle membrane cellulari.

Goodman (23) ha svolto ricerche nello stesso ambito, ipotizzando una correlazione di un deficit d�incorporazione di vitamine in gestazione, soprattutto vitamina A, di acidi grassi polinsaturi (PUFA), soprattutto DHA (Ac. dodecaesanoico), quale fattore di rischio per una possibile alterazione a carico dello sviluppo del SNC, imputandolo all�allattamento artificiale.

Makriders (42), in aggiunta ai precedenti studi, ha condotto indagini circa l�addittivazione del latte artificiale con estratti di pesce ad elevato contenuto di acidi grassi.

Un ruolo importante riveste la ricerca che si orienta verso lo studio dell�influenza genetica sullo sviluppo della dislessia. Attualmente questa è un�area di grande interesse e le metodiche utilizzate vertono sia sulla analisi del cariotipo, sia sull�utilizzo di sonde ad elevata definizione per un esame approfondito di eventuali alterazioni a carico dei linkage e dei cross-over. I dati sono ancora in corso di studio; è stato possibile individuare finora brevi sequenze geniche e differenti loci cromosomici, che sembrerebbero coinvolti nella genesi della patologia; il più studiato sinora è situato sul cromosoma 6, rappresentato dal linkage 6p22-3 – 6p21-3.

Tale sequenza genica, di circa 2883 bp, codifica una proteina di 961 aa, la cui trascrizione comporta l�incremento dell�affinità e dell�omologia per il 95% dell�acido Gamma-amino-butirrico (GABA) con il GABAb recettore (25) (63).

Recentemente sono stati presentati importanti dati riguardo a linkage inerenti i cromosomi 11, 14 e 15. Di maggior interesse il locus 15q11-q13, codificante per il recettore GABA-B3, ed il locus 15q13-q15, deputato alla sintesi del recettore a7 nicotinico. Inoltre due regioni del cromosoma 11, 11p15 codificante per il gene della tiroxina idrossilasi, e la regione 11q22-q23 codificante per il DRD2, sembrano essere interessate (9).

Gli studi nel campo della genetica sono agli inizi ma già rivestono un ruolo rilevante per la possibile individuazione di fattori utilizzabili, in un prossimo futuro, quali markers di malattia.

Un possibile ruolo nel determinare la suscettibilità per la malattia possono essere svolti da tutti quei fattori riuniti sotto il termine di non-genetici o ambientali. Sembra plausibile che entrambi i tipi di fattori operino attraverso una reciproca interazione.

I fattori ambientali possono essere distinti in precoci e tardivi tra i primi sono stati implicati: la dieta materna nel corso della gravidanza; l�uso di sostanze psicotrope; le modalità di espletamento del parto e le complicanze ad esso correlate; le affezioni virali nel periodo prenatale e perinatale, includendo anche i comuni esantemi dell�infanzia in tale categoria. Tra i fattori ambientali tardivi si ritrovano l�abuso di cannabis e gli eventi stressanti, in senso generale.

Neuroimaging

L�ampio respiro assunto dai recenti studi vertenti nell�ambito dislessico hanno condotto ad un�indagine sempre più ampia, con un coinvolgimento di discipline neurofisiologiche e l�utilizzo di tecniche strumentali di neuroimaging.

Sono state evidenziate in studi Risonanza Magnetica Nucleare (RMN), in pazienti dislessici, alterazioni della normale simmetria del piano temporale, alterazioni della normale integrità dell�emisfero sinistro in corrispondenza del circuito posteriore (dorsale/temporo-parietale e ventrale/occipito-temporale), un diminuito volume, alla nascita, del lobo frontale e dell�emisfero posteriore destro, un interessamento delle fibre del corpo calloso e delle connessioni interemisferiche (soprattutto in presenza di alterazioni della soglia di attenzione e di alterazioni, distorsioni, delle percezioni), asimmetria degli emisferi cerebellari, anomalie a carico del talamo (19) (26) (28) (29) (39) (48) (54) (57) (62) (64) (67).

Lambe (39) ha elaborato uno studio condotto su soggetti dislessici, prendendo in considerazione il sesso di appartenenza e le immagini estrapolate da analisi RMN; ha studiato le modalità di attivazione del piano temporale sinistro e della corteccia uditiva primaria del giro di Heschl�s, in conseguenza di stimoli acustici. Ha correlato i suoi dati con studi post-mortem delle possibili alterazioni evidenziabili in tali strutture nervose in soggetti dislessici, localizzando l�eventuale lesione, per alterazione vascolare o per alterazione della struttura del piano temporale, come anteriore al solco di Rolando nelle donne, e posteriore al solco negli uomini.

Kimura (35) ha esaminato donne con lesioni localizzate anteriormente al solco, le quali presentavano una riduzione della performance in alcuni subtest verbali nell�analisi del QI; McGlone (44) indicava tale riduzione semplicemente come dipendente dalla dominanza emisferica.

Grazie all�utilizzo di metodiche quali la fRMN e della Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) sono stati approfonditi studi basati sull�analisi della attività cerebrale e della vascolarizzazione delle strutture anatomiche in risposta allo svolgimento di determinati compiti, quali leggere, scrivere, memorizzare, comprendere un testo, ecc.

Rumsey et al. (57) hanno condotto uno studio, in pazienti dislessici, attraverso l�utilizzo della PET, mirato all�osservazione dell�attivazione delle strutture encefaliche, in risposta al riconoscimento di parole ed all�esecuzione di processi fonologici. La pronuncia dei fonemi corrispondeva all�attivazione delle strutture temporo-parietali, mentre il riconoscimento dei fonemi sul piano lessicale corrispondeva all�attivazione delle strutture frontali inferiori, mancava l�attivazione della corteccia dell�insula, importante connessione tra le strutture frontali e temporo-parietali, durante lo svolgimento di compiti di tipo fonologico.

Numerosi studi PET, peraltro, hanno rivelato una diminuzione del flusso ematico cerebrale, localizzabili a livello dei plessi corioidei dei ventricoli laterali e delle regioni temporo-parietali di sinistra, riconducibili, ipoteticamente, ad esiti di sofferenza fetale intrauterina in seguito a possibili infezioni virali, assunzione di sostanze, e tutte quei fattori che possono svolgere la loro azione lesiva sulla migrazione delle cellule nervose, sui fenomeni di sinaptogenesi e soprattutto sul metabolismo delle cellule ad elevato turn-over.

Studi di RMN hanno condotto all�analisi delle strutture cerebellari, evidenziandone l�alterata morfologia e la riduzione in volume dei nuclei della base, e delle vie uditive e visive. Queste ultime da porre in relazione con un deficit di ritenzione visiva e/o uditiva dei fonemi.

Le alterazioni riscontrate mostrano l�ampia variabilità di alterazioni che possono essere coinvolte nella patologia dislessica, concordando con le numerose teorie che vogliono identificare la dislessia come la manifestazione di possibili numerosi deficit dei circuiti neurologici.

Elementi in comune tra la dislessia e la schizofrenia

Studi che mirino all�analisi delle possibili correlazioni esistenti tra le differenti patologie hanno fino ad oggi orientato la loro direzione nei confronti delle alterazioni delle strutture cerebrali deputate ai circuiti di analisi del linguaggio sia scritto che parlato, tralasciando la suggestiva ipotesi di un possibile riscontro di dati subclinici da ricercare in epoca evolutiva. In Figura 3 è possibile notare i tratti di malattia che sinora hanno destato interesse tra gli studiosi, essenzialmente rappresentati dai disturbi della scolarizzazione e della personalità e dalla loro possibile evoluzione in psicosi dell�età adulta. Altri studi supportano l�esistenza di molte altre variabili che possono subentrare, quali eventi scatenanti o predisponenti allo sviluppo di alterazioni della sfera cognitiva, partendo dalla possibile presenza di complicanze ostetriche e di un apporto inadeguato con la dieta di componenti essenziali allo sviluppo del sistema nervoso. Numerosi studi sono volti all�osservazione delle alterazioni genetiche relative allo sviluppo di patologie a carico sia della componente cognitiva, sia della componente psichica.

Complicanze ostetriche

Peter B. Jones et al. (53) hanno condotto uno studio di follow-up, in soggetti schizofrenici, durato 28 anni, che analizzava l�evoluzione della gestazione, considerando anche il periodo precedente al concepimento, e il periodo neonatale. Sono state individuati sei fattori fondamentali associati a danno a carico dell�encefalo, quali: convulsioni neonatali; basso indice di Apgar; diagnosi certa di asfissia (convalidata da emogasanalisi e dalla necessità di assistenza ventilatoria); emorragia intraventricolare (appurata tramite studi di CSF); prolungata permanenza in unità neonatale; lesioni cerebrali nel periodo perinatale. Inoltre sono state considerate alcune variabili materne, tra cui lo stato socio-economico, il peso materno (body mass index), l�età in cui era avvenuto il concepimento, il fumo di sigaretta. Quest�ultima componente ricorre nel gruppo di neonati che hanno sviluppato la schizofrenia in età adulta; altro fattore ricorrente era una forma di depressione iniziata intorno alla ventiquattresima settimana di gestazione. È stato osservato che una non ben definita predisposizione alla schizofrenia era caratterizzata da un indistinto numero di eventi, in modo compatibile con l�ipotesi che differenti fattori concorrerebbero ad alterare il complesso meccanismo dell�evoluzione cerebrale. Possono essere presenti alterazioni pertinenti la sfera cognitiva, quale scarsa attenzione, difficoltà mnesiche, alterazioni del linguaggio, difficoltà di apprendimento per mancata comprensione, alterazioni dell�intelligenza dell�individuo, con basso QI ai test neuropsicologici.

Uno studio longitudinale con follow-up di dieci anni condotto da Gwen L. Zorneberg et al. (27) ha valutato, in soggetti affetti da schizofrenia e/o da altri disturbi psichiatrici, le differenti complicanze ostetriche in base alla presenza di anormalità neurologiche neonatali, o condizioni avverse in epoca gestazionale, tali da indurre il sospetto di sofferenza intrauterina, che potevano essere causa di patologie ipossiche-ischemiche. I criteri d�inclusione comprendevano: un neonato di basso peso e piccolo per dimensioni, in rapporto all�epoca gestazionale, con evidenza di pre-eclampsia; patologie da meconio; nascita post termine; ipereccitabilità e sospetto di ipotonia. In base alla presenza o meno di tali alterazioni veniva assegnato un codice, corrispondente al grado di compromissione delle condizioni del neonato. Hanno riscontrato l�associazione, peraltro incostante, di una specifica anomalia con la possibilità di sviluppare la schizofrenia o patologie pertinenti l�ambito psichiatrico.

Rice e Barone (56) hanno esaminato i diversi deficit coinvolgenti le aree del SNC preposte all�attività sensitiva, motoria e cognitiva evidenti in svariate patologie tra cui: la schizofrenia, la dislessia e l�autismo. Hanno ribadito l�azione lesiva operata da numerosi fattori quali l�esposizione a raggi X, al metilazossimetanolo, all�etanolo, al piombo, al metilmercurio et al.; tali fattori interferirebbero nei processi di maturazione del SNC, alterando la proliferazione, la migrazione, la differenziazione, la sinaptogenesi, la mielinizzazione e l�apoptosi neuronali.

Studi di neuroimaging e teoria magnocellulare

Studi post-mortem condotti da Jenner et al. (33), su campioni autoptici di sezioni cerebrali dalla corteccia visiva (area 17), hanno evidenziato un�asimmetria nella corteccia visiva di soggetti dislessici, in seguito a confronto dei dati con quelli di un campione di controllo di soggetti normali. Successivamente hanno studiato le anomalie dei potenziali evocati visivi nell�attivazione cerebrale in seguito a stimoli condotti sui circuiti magnocellulari. Tale studio supportava le teorie riguardanti una asimmetria neuronale in favore della corteccia visiva primaria dell�emisfero di sinistra del campione dei sani, non riscontrabile nei reperti dei soggetti dislessici, principalmente nel circuito cerebrale che collega lo strato delle cellule magnocellulari con il nucleo del corpo genicolato laterale, riallacciandosi alla teoria magnocellulare.

Tale teoria venne riesaminata da Facoetti e Turatto (15) in studi di neuropsicologia condotti su bambini dislessici, rivolti ad esaminare le differenze di asimmetria dei campi visivi destro-sinistro in seguito a stimoli condotti sui differenti campi; i dislessici mostravano un effetto residuo dello stimolo visivo nel campo sinistro in concomitanza di uno stimolo condotto sul campo visivo di destra.

Pertanto l�asimmetria dei campi visivi, la distraibilità del campo visivo destro e la disattenzione del campo sinistro supportano l�ipotesi, quale elemento di eziopatogenesi della dislessia, di un�anomalia delle funzioni parietali di destra.

Studi a confronto

Confrontando gli studi condotti in merito alla dislessia ed alla schizofrenia appare evidente l�esiguità dei dati, finora in nostro possesso, volti allo studio ed alla individuazione precoce degli elementi potenzialmente rappresentati in entrambe le patologie.

Vita L. Goei et al.  (63), nei loro studi di genetica, hanno studiato il locus genetico 6p21,3, implicato nell�eziopatogenesi della schizofrenia, della mioclonia giovanile, dell�epilessia e della dislessia; che suggerisce l�importanza del ruolo svolto dal recettore B del GABA.

Saugstad  (58) in un suo studio recente ha messo a confronto tre disturbi distinti corrispondenti a profili di alterazioni ben delineate a carico della sfera cognitiva. Ha considerato l�autismo infantile, la dislessia, con le alterazioni dello sviluppo ad essa correlate, e la schizofrenia. Ha evidenziato un�alterazione a carico della maturazione dei circuiti cerebrali della neocortex, (Saugstad, SIDS, 1994), le cui manifestazioni sarebbero riconducibili ad alterazioni a carico dell�integrazione degli acidi grassi polinsaturi (PUFA) nelle strutture nervose, con conseguente alterazione della trasmissione dei segnali nervosi; questo sarebbe imputabile, probabilmente, ad una scorretta dieta materna in epoca gestazionale, con deficit dell�assunzione di acido retinico e PUFA, incluso l�acido dodecaesanoico (DHA) (46).

Analogamente Stordy (61) ha esaminato la capacità di adattamento al buio e l�abilità nell�esecuzione dei movimenti fini in dieci soggetti dislessici, prima e dopo l�introduzione nella dieta di olio di pesce ricco in DHA, comparandoli ad un gruppo di controllo, criterio d�inclusione l�allattamento artificiale. Ha notato un miglioramento in entrambe le abilità, confermando, in tal modo, l�importanza rivestita dagli acidi polinsaturi ed il latte materno ne fornisce una quota consistente per il fabbisogno del neonato, tra cui l�acido linoleico ed alfa-linoleico, dell�acido arachidonico e del DHA. I suoi studi possono essere comparati a quelli condotti da Gibson (21), e da Clandinin (7).

Annett M. (3) ha proposto per la dislessia la teoria del “right shift gene”, supportandola con studi condotti da Crow (11), il quale ha ipotizzato che la schizofrenia possa essere imputabile ad anomalie dello sviluppo della fisiologica asimmetria cerebrale, con evidenziazione della labilità alle mutazioni del gene RS+.

Sono numerosi gli studi condotti per appurare l�importanza delle alterazioni della citoarchitettura del SNC, quali fattori implicati nei deficit a carico della sfera cognitiva.

Grant (26) ha riunito gli studi condotti in merito alle anomalie della struttura del SNC presenti nei soggetti dislessici, ha riproposto in primis gli studi condotti da William Drake, il quale ha basato la sua ricerca sull�attenta analisi microscopica del SNC di ragazzi dislessici, che presentavano un�ectopia neuronale a carico delle strutture della corteccia cerebrale. Tali ricerche sono state la base di partenza degli studi condotti da Galaburda, ed i suoi collaboratori, i quali hanno evidenziato la displasia nelle zone limitrofe alla corteccia in cui si trovano i neuroni ectopici del primo strato, con sede nell�area corticale deputata alla regolazione del linguaggio. Inoltre, altre strutture subcorticali dell�encefalo dei dislessici hanno mostrato tale ectopia, tra queste emerge il coinvolgimento, grazie ad indagini condotte con MRN, dei nuclei genicolati mediali e laterali, con conseguente compromissione delle capacità uditive e visive; in sede autoptica il riscontro più frequente era una riduzione del numero e delle dimensioni dei neuroni. Recentemente studi orientati in merito all�analisi della sostanza bianca hanno mostrato una sua riduzione nella regione temporo-parietale bilateralmente.

Precedentemente a Grant, Bennett (4) ha condotto studi, su soggetti dislessici, tramite l�utilizzo della metodica fMRI, in merito all�attività metabolica dell�encefalo in risposta a determinati stimoli, ha rilevato l�attivazione di una regione della corteccia occipitale extrastriata in risposta alla lettura di una parola scritta ed identificato la localizzazione dell�attività dei processi fonologici nel giro frontale inferiore; inoltre, riconobbe nel giro temporale superiore le vie di accesso al significato del discorso parlato. Ha considerato le differenti rappresentazioni della via fonologica tra i due sessi, mostrando che negli uomini era attivato il giro frontale inferiore sinistro, mentre nelle donne ha osservato la contemporanea attivazione del giro frontale destro e sinistro; pertanto, nelle donne sussiste una bilateralità della rappresentazione della via fonologica.

Altro interessante studio è stato condotto da Hazlett et al. (28), i quali hanno operato un�analisi strutturata sull�utilizzo di MRN e PET per indagare alterazioni di volume, morfologia e funzioni delle strutture talamiche in soggetti affetti da patologie attinenti lo spettro schizofrenico. Hanno osservato alterazioni quali una significativa riduzione della regione anteriore sinistra e del nucleo mediodorsale destro; hanno ipotizzato una alterazione e/o diminuzione del metabolismo di tali aree, le quali contraggono rapporto con le strutture limbiche e prefrontali. In base alla localizzazione delle alterazioni si avranno le manifestazioni dello spettro schizofrenico, evidenziando l�importante ruolo svolto dalla regione prefrontale.

Studi condotti da Frisk (17), su di una coorte di ragazzi con un complesso background di problemi sia di natura psichiatrica sia di natura cognitiva, con condizioni sociali avverse, hanno manifestato un deficit dell�attenzione e di un deterioramento dei processi cognitivi, evidenziabili nel rallentamento nei tempi di risposta agli stimoli test sottoposti loro. I fattori biologici e sociali avevano operato, su questo gruppo di ragazzi, un complesso sistema di input predisponenti a problematiche primarie, secondarie e problemi di comorbilità, rappresentati dalla riduzione delle interazioni sociali, dall�alterazione delle competenze e delle capacità dei soggetti esaminati. Alterazione cognitiva ricorrente era la dislessia.

Weinberger (67) ha orientato i suoi studi sul versante cerebellare, in accordo con le ipotesi di un importante ruolo nella sfera cognitiva. Ha dimostrato una riduzione della corteccia cerebellare in pazienti affetti da schizofrenia, di grado variabile, dovuta a riduzione delle cellule di Purkinje e ad assottigliamento degli strati granulari e molecolari a livello del verme cerebellare. Ha descritto, inoltre, un�atrofia del cervelletto, mediante l�utilizzo di Tomografia Computerizzata (TC).

Analogamente, uno studio condotto da Andreasen (2), attraverso l�utilizzo di PET su 14 pazienti schizofrenici, riferisce un importante ruolo svolto dal cervelletto nell�integrità delle funzioni cognitive, evidenziando, nei pazienti affetti da “dismetria cognitiva”, una disfunzione del circuito prefrontale-talamico-cerebellare, che si manifesterebbe con difficoltà nella categorizzazione, processamento, coordinamento e risposta alle informazioni. Vede implicata l�aumentata attività del nucleo del fastigium, per un�alterata inibizione ad opera delle cellule del Purkinje del verme, in accordo con la teoria dopaminergica della schizofrenia. Le proiezioni eccitatorie fastigiale verso i neuroni dopaminergici mesencefalici sono disinibite, causando un�aumentata concentrazione dopaminergica nella corteccia frontale. Il fastigium proietterebbe anche vie nervose serotoninergiche, noradrenergiche e colinergiche, ipoteticamente coinvolte nella patogenesi di disturbi dello spettro schizofrenico.

Parallelamente, studi di neuroimaging funzionali quali PET e fMRN, in pazienti dislessici, hanno riscontrato un�alterazione del flusso ematico cerebrale.

Rumsey e collaboratori (57) hanno riscontrato, in soggetti dislessici, una diminuzione del flusso ematico in prossimità del giro angolare e sopramarginale sinistro, in seguito ad attivazione dei processi fonologici; presentavano, inoltre, un�attivazione bilaterale della corteccia frontale, temporale, parietale ed occipitale nell�esecuzione di test di attenzione uditiva, nei processi di riconoscimento uditivo, nel sillabare. Grazie all�utilizzo della PET hanno analizzato l�attivazione cerebrale in seguito a richiamo di parole e processi fonologici, in soggetti destrimani, raffrontando gruppi di donne e di uomini; attraverso l�osservazione, in parallelo, di un gruppo di controllo, i soggetti dislessici hanno mostrato una ridotta attivazione della corteccia temporo-parietale bilaterale, durante la pronuncia di parole ed il decision-making test.

La nuova visione delle funzioni del cervelletto, ipotizzato quale centro di controllo dei processi cognitivi, è stata supportata dalla dimostrazione dell�esistenza di proiezioni sulle regioni associative del cervello, attraverso il trasporto retrogrado trans-neuronale di un tracciante retrovirale, che ha evidenziato l�esistenza di una via anatomica di connessione tra il cervelletto e la corteccia prefrontale non motoria. La corteccia prefrontale è maggiormente attivata nella fase di apprendimento di una sequenza nuova, specie se è contemplato un problem solving, mentre la sua attivazione si riduce in fase di proceduralizzazione, in cui, invece, sembra intervenire il cervelletto.

Peterson e Fiez (16) (54) hanno osservato, durante alcuni test linguistici sotto controllo PET, un aumentato flusso ematico nella parte laterale destra del cervelletto; hanno postulato anche l�ipotesi che il neurotrasmettitore coinvolto nella modulazione dei segnali potesse essere la 5-HT, data l�elevata innervazione di fibre serotoninergiche a partenza dai nuclei del rafe.

T.L.S. Sanderson et al. (62), hanno analizzato la frequenza con cui in soggetti schizofrenici era possibile riscontrare difficoltà nella lettura, tramite studi di MRI, mirati all�analisi delle strutture encefaliche coinvolte in tale attività. Oltre ad un allargamento dei ventricoli laterali e ad una riduzione del volume cerebrale, riproponendo gli studi di Lewis (40), e di Ward et al. (64), hanno riscontrato una riduzione di volume delle aree dell�amigdala e dell�ippocampo, oltre ad una riduzione generale di volume dell�encefalo. Tale anomalia si accompagnava ad una maggior dilatazione delle incisure della corteccia. L�analisi degli studi condotti tramite l�utilizzo delle neuroimaging, sia sui soggetti con alterazioni della lettura sia sui soggetti schizofrenici, ha evidenziato un�elevata frequenza di alterazioni della sfera cognitiva comuni ai due gruppi, sottolineando, in tal modo, l�ipotetico rapporto che sussiste tra le due patologie.

Discussione

La dislessia, in quanto è una modalità di presentazione delle alterazioni dei circuiti neurali deputati all�apprendimento, è di facile riscontro in epoca infantile-adolescenziale e negli adulti affetti da schizofrenia, quale componente delle alterazioni facenti parte della sfera cognitiva.

L�ipotesi di una possibile relazione esistente tra la Schizofrenia e la Dislessia vede, a supporto, i numerosi studi condotti in merito a fattori di rischio genetici e non genetici e ad alterazioni anatomiche, sia cerebrali sia cerebellari, indagate mediante l�ausilio di RMN, PET e TC, che hanno evidenziato la presenza di anomalie metaboliche e morfologiche correlabili ai deficit della sfera cognitiva.

Non ci si riferisce solamente in questo senso a fenomeni di decadimento cognitivo, bensì di una modifica di base delle strutture sottese alla sua integrità, che mostrano la difficoltà di eseguire i compiti loro deputati attraverso alterazioni dei loro effetti.

In Figura 4 è riportato uno schema esplicativo delle ripercussioni nella vita di un soggetto con alterazione dell�elaborazione degli input provenienti dall�ambiente esterno, per concomitanti alterazioni dei circuiti neurologici deputati alla loro decodifica.

La dislessia risulta, pertanto, una delle possibili modalità di presentazione di deficit della sfera cognitiva, potenzialmente presenti in patologie pertinenti gli ambiti psichiatrico e/o neurologico. Sono a tutt�oggi in corso di studio l�analisi dei dati a riguardo della possibile patogenesi, dei fattori di rischio genetici e non genetici e di altri fattori, quali complicanze ostetriche, carenze nutrizionali, agenti tossici, che possono influire sui processi di sviluppo del sistema nervoso centrale. Sarebbe ipotizzabile una loro influenza nei processi di sviluppo dei circuiti neurali e specificamente nei processi di neuronogenesi, di sinaptogenesi e di alterazione delle connessioni tra i differenti distretti cerebrali.

Si tratta di ipotesi e di modelli analoghi a quelli che sostengono la presenza di anomalie neuroevolutive alla base della suscettibilità alla schizofrenia.

Nonostante l�ambito di ricerca sui possibili terreni patogenetici comuni alle due patologie, si è ancora in fase iniziale, gli elementi disponibili sono pochi.

Nella Figura 5 sono indicati i possibili rapporti patogenetici e clinici nella evoluzione delle patologie quali Dislessia e Schizofrenia.

NOTE

a Études de psychologie médicale. Rio de Janeiro 1944.

b Monographies de psychologie clinique.

c Enfance. nov-dic 1951.

d L�enseignement de la lecture et de l�ecriture.

Tab. I. Alterazioni cognitive nella schizofrenia.
Cognitive alterations in schizophrenia.

* Frequenza elevata di alterazioni del linguaggio, rappresentate da balbettamento, difficoltà di accesso al proprio vocabolario semantico
* Frequente familiarità per deficit cognitivi, quali alterazioni della sfera mnesica, difficoltà di concentrazione, ecc.
* Alterazioni dell�apprendimento, talvolta evidenti già in epoca infantile
* Difficoltà nello svolgimento e nella risoluzione di problemi, sia linguistici, sia matematici (questi ultimi con minor incidenza)
* Declino cognitivo inteso quale forma leggera di disturbo formale del pensiero, corrispondente all�allentamento dei nessi associativi (Bleuler)
* La gravità delle alterazioni cognitive rispecchia la gravità della malattia

Tab. II. Deficit cognitivi della schizofrenia.
Cognitive deficit in schizophrenia.

Linguaggio

lesione della corteccia temporale

errori di performance, afasia fluente

Funzioni prassiche

lesione corteccia frontale

apatia, s. amotivazionale, perseverazione rigidità schemi cognitivi, incapacità del pensiero di astrazione

Memoria e

lesione corteccia temporale ed ippocampo

deficit di richiamo

Funzioni esecutive

lesione corteccia frontale

deficit working memory alterazioni della strutturazione degli engrammi della memoria a breve termine

Attenzione

disregolazione corteccia prefrontale

deficit di elaborazione delle informazioni elementari, difficoltà alla esecuzione di compiti specifici

Tab. III. Modalità di presentazione della dislessia.
Patterns of presentation of dyslexia
.

Difficoltà ad imparare a leggere ed a scrivere
Progressi nella lettura e nella scrittura costantemente al di sotto della media della classe
Discordanza fra i progressi in lettura-scrittura ed i progressi in altre materie
Discordanza fra i risultati in lettura-scrittura ed intelligenza generale

Tab. IV. Signs of Dyslexia dagli autori del libro “Dyslexia my life”.
Signs of dyslexia by the authors of the book “Dyslexia my Life.

Segni a maggior incidenza Segni a minor incidenza
Confusione ds/sn Forte disordine nella sua stanza, sulla scrivania e nel luogo di lavoro
Lentezza nella lettura e nell�apprendimento Confusione nel richiamo mnesico dei nomi
dell�alfabeto delle persone e dei luoghi
Difficoltà nella comprensione delle parole lette Amplificazioni delle sue percezioni
Difficoltà alla memorizzazione se sottoposto a stress Difficoltà alla comprensione dei dialoghi
Esitante nel linguaggio(balbuzie) Difficoltà a riportare sulla carta il pensiero astratto
Buon livello intellettivo Coniazione di nuovi termini, attribuendogli significato
Grafia di difficile comprensione (micrografia) Utilizzo di similitudini e di figure (3D) per l�espressione del concetto

Fig. 1. Alterazioni dell�accesso al processo analitico e alterazioni derivanti.
Changes of the access to the analytic process and secondary alterations.

Fig. 2. Modello per la lettura mediata fonicamente, o “lettura con l�orecchio”. Da A.W. Ellis “Lettura, scrittura e dislessia”.
Model for phonetically mediated reading or “ear reading”. From A.W. Ellis, “Reading, Writing, and Dyslexia”.

Tab. V. Dislessia acquisita: forme e criteri di identificazione.
Acquired dyslexia: forms and identification criteria.

Dislessia attenzionale (alias dislessia letterale). Di origine visiva con diverse modalità di presentazione dell�errore, per un interessamento patologico di parti della via visiva di accesso al significato delle parole differenti per ogni soggetto. Allport (1977) fu il primo a parlare di “errori di segmentazione visiva della parola”, suffragato dagli studi condotti da Shallice e Warrington (1977). Newcombe e Marshall (1982) ipotizzarono che la causa di queste paralessie, o errori di lettura, potesse essere riconducibile alla mancanza di inibizione o tra livello-lettera e livello-parola o all�interno dello stesso livello-parola, con conseguente “accesso visivo approssimativo”. Il soggetto commette numerosi errori di segmentazione visiva quando gli sono presentati gruppi di parole, e difficoltà nel nominare le lettere quando sono presentate in stringhe, ma non in forma isolata.
Dislessia per la forma delle parole (lettura lettera per lettera). Il paziente nomina da alta voce o tra sé e sé ogni lettera prima di riuscire ad identificarla, aumenta, in tal modo il tempo di lettura in funzione della lunghezza della parola. Secondo Warrington e Shallice (1980), la lettura avviene mediante il sistema di spelling del paziente, rimasto intatto.
Dislessia visiva. Da ricondursi alla dislessia di tipo attenzionale con ulteriori errori di riconoscimento di origine visiva delle parole, anche se talvolta riesce a nominare tutte le lettere che la compongono. Probabilmente è dovuta ad uno “slittamento” entro il sistema di riconoscimento visivo delle parole. Marshall e Newcombe (1973/1982)
Dislessia fonologica. Si manifesta nella lettura di non-parole, i pazienti affetti sono in grado di leggere senza difficoltà la maggior parte di parole familiari e reali, ma risultano scadenti nella lettura ad alta voce di parole non familiari, declinabili e di non-parole, anche se di semplice esecuzione. I sintomi lasciano pensare ad un danno del sistema di conversione grafema-fonema e/o nel sistema di assemblaggio fonemico, rifacendosi, in tal modo, alla teoria della mediazione fonica.
Dislessia diretta (o lettura non semantica). Utile per la comprensione di tale forma riferire l�esperienza di Schwartz, Marin e Saffran (1979/1980), i quali descrissero il caso di una paziente affetta da “demenza presenile” con una generalizzata perdita della memoria. La paziente non riusciva a mettere in relazione i nomi scritti di animali con le corrispondenti illustrazioni. Nonostante questo riuscì a leggere a voce alta malgrado l�evidente mancanza di comprensione di molte tra le parole proposte, e l�incapacità di usarle nei suoi discorsi, molto limitati. Tale fenomeno è probabilmente reso possibile dal fatto che i collegamenti fra unità di riconoscimento visivo ed unità fonetiche di produzione della parola sono intatti nonostante la disintegrazione del sistema semantico.
Dislessia superficiale (o dislessia semantica). I principali sintomi che l�accompagnano sono: problemi con le parole irregolari, problemi con le parole omofone, errori di “regolarizzazione”. Gli errori commessi sono dei tentativi mal riusciti di assemblaggio di pronunce, soggetti ad errori di tipo fonico. La lesione funzionale è rappresentata dalla disconnessione fra il sistema di riconoscimento visivo della parola ed il sistema semantico, congiuntamente alla mancanza di alcune unità di riconoscimento visivo della parola o delle connessioni tra queste unità e le corrispondenti unità fonetiche di produzione della parola.
Dislessia profonda (o fonemica). Si manifesta con differenti tipi di errori di lettura, tra i quali ritroviamo quelli di tipo semantico, di tipo visivo, un tipo di errore che risulta dalla combinazione fra le due tipologie, errori morfologici, le sostituzioni di parole funzione (preposizioni e pronomi), ed in ultimo gli errori di lettura delle parole astratte, accompagnati da una totale incapacità a leggere le non-parole. Coltheart (1980/1983) sostenne che ad essere danneggiati sono i processi di lettura dell�emisfero sinistro, e che le capacità d�identificazione delle parole che gli restano sono localizzate nell�emisfero destro, inattivate o supplementari nell�adulto che non abbia subito traumi.

Tab. VI. Dislessia congenita o evolutiva.
Congenital or developmental dyslexia.

Dislessici fonologici evolutivi conosciuti anche con il termine di disfonetici, possono imparare a riconoscere le parole “a vista”, ma hanno difficoltà nella decodificazione e nella mediazione fonica.
I dislessici evolutivi superficiali noti anche come diseidetici o dislessici che leggono mediante ricodificazione, presentano dei problemi nell�individuare visivamente le parole e si affidano quasi esclusivamente alla mediazione ed alla ricodificazione fonica.
I dislessici misti diseiditico-disfonetici incontrano serie difficoltà con entrambe le strategie di riconoscimento delle parole.
Disgrafici evolutivi in quanto la loro ortografia si dimostra altrettanto scarsa, se non peggiore, della lettura; sembrano dipendere molto dal raggruppamento fonico.

Fig. 3. Ripercussioni della dislessia sulla vita scolastica e sulla personalità.
Influence of dyslexia on school performance and personalità. From Bucchielli-Bourcier: “Dyslexia”
.

Fig. 4. Modelli d�influenza delle alterazioni genetiche e cerebrali sulla capacità cognitiva e sociale.
Models of the influence of genetic and brain changes on cognitive and social abilities.

Fig. 5. Modello d�influenza di alterazioni predisponenti alla Dislessia ed alla Schizofrenia nello sviluppo di tali patologie, alterazioni dell�apprendimento ed esiti psicosociali.
Model of the influence of changes predisposing to dyslexia and schizophrenia in the development of such disorders, learning alterations and psychosocial outcome

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