Il senso della realtà nella organizzazione istintiva. Una analisi psicopatologica ed evoluzionistica della schizofrenia

The sense of reality in instinctual organisation. A psychopathological and evolutionary analysis of schizophrenia

A. Balestrieri

Verona

Key words: Schizophrenia • Sense of reality • Instincts • Evolution • Psychopathology • Phenomenology • Catastrophe theory

Correspondence: Prof. Antonio Balestrieri, viale Repubblica 6, 37126 Verona, Italy – Tel./Fax +39 45 915066.

A proposito schizofrenie molti concordano almeno su due punti:

– presumibilit� di un danno o cambiamento strumentale nell’ambito del S.N.C. (processo, difetto, destrutturazione, cambiamento od altro) implicante alterazioni funzionali qualitative;

– modificazione delle caratteristiche psicologiche con carattere di incomprensibilit�.

Il primo punto sembra affrontabile sul piano delle �spiegazioni� e ad esso si rivolgono soprattutto le ricerche biochimico-farmacologiche e quelle mediante la diagnostica per immagini. Si � anche pensato (1)(3) a fenomeni non lineari e caotici (teorizzati da Thom e Prigogine) ipotizzabili in certe situazioni biologiche o psicologiche complesse e critiche che sfocino in una nuova �struttura dissipativa�. Non escluderei che la schizofrenia clinica possa essere vista come una catastrofe nel senso di Thom producente un nuovo equilibrio, nel senso di Prigogine. E quindi una riorganizzazione funzionale compatibile con la vita anche se psicologicamente incomprensibile. Resterebbe comunque verosimile una base strumentale della incomprensibilit�.

Il secondo aspetto del problema schizofrenico � pertinenza degli studi di psicopatologia fenomenologica indirizzati alla �comprensione�. Sono peraltro questi stessi studi ad evidenziarci che tale comprensione non si realizza. Con considerazioni gnoseologiche mi � parso di poter dar per scontato (4), che un sistema nervoso qualitativamente modificato non pu� esprimere una psicologia collimante con le menti normali. Maj (5), definendo queste esperienze sostanzialmente ineffabili e fuori da ogni analogia con le normali esperienze umane, ci ricorda che Carnap riconosceva ai fenomenologi di essere come dei musicisti senza abilit� musicale.

Tra i filosofi si � sempre infatti riconosciuto che la conoscenza e l’interpretazione del mondo sono relative a quelle comuni caratteristiche della mente che le rendono possibili. E la schizofrenia � stata definita come �malattia metafisica� (6) proprio perch� altera questa comunanza e questa possibilit�. Per essa si � parlato (7) di dissoluzione di strutture categoriali.

D’altra parte, il nostro approccio alla realt� esterna pu� essere visto anche in chiave naturalistica. Se, da un lato, Tommaso diceva che il conosciuto � nel conoscente secondo la natura di quest’ultimo, Lorenz (8) ha paragonato le categorie a priori alle pinne che i pesci usano per vivere nell’acqua. E Piattelli Palmarini (9) ha scritto che dietro lo �a priori� c’� la storia della nostra specie.

Ci sono poi da considerare le metafore. Di fronte alla incomprensibilit� ed alla ineffabilit�, si � fatto ricorso ad esse, che possono sempre essere uno strumento di conoscenza (come dice U. Eco (10)). Ci sono alcune metafore, le pi� intimistiche, centrate sul rapporto con se stessi e tra se stessi ed il mondo. Come la crisi del fondamento ontologico di Wirsch, la crisi della ovviet� del fondamento ontologico del s� e del mondo di Ballerini, e poi la perdita del contatto vitale con la realt� di Minkowski.

Per quanto sto per dire mi sembrano anche pi� interessanti quelle metafore che alludono al nostro rapporto con la realt� come esperienza ed interpretazione della medesima. Come la inconsistenza della esperienza naturale di Binswanger o la perdita della evidenza naturale di Blankenburg. Mi sono permesso di suggerire (11) anche la impotenza ermeneutica, cio� una impossibilit� di dare una valida interpretazione a quel mondo che pur si percepisce. Ho citato la paziente di Borgna (12): �qualunque cosa io senta o veda d� luogo ad una serie di interpretazioni possibili che si susseguono ininterrottamente. Nulla � pi� semplice e chiaro�.

D’altra parte i grandi teorici del �senso comune� hanno messo in evidenza la immediatezza, la prereflessivit�, la naturalit� che gli uomini hanno tra loro in comune nell’esperire la realt�. Vico parla di giudizio senza alcuna riflessione. Reid (13) parla di principi naturali che fanno parte della nostra costituzione. Alle nostre doti naturali si riferiscono anche alcune riflessioni degli psicopatologi a proposito delle schizofrenie. Per Parnas (14) il senso comune rivela un atteggiamento naturale, una sintonia preriflessiva e preconcettuale con il mondo. E cita Tatossian per il quale vi � una logica naturale che non � quella dei logici. Per Blankenburg la crisi globale del senso comune coincide con la perdita della naturalezza e datit� del mondo. Quando la sua paziente Anne dice �� senza dubbio l’evidenza naturale che mi manca�, sembra proprio mancarle un previsto dono della natura.

Mi rendo perfettamente conto che non possiamo direttamente omologare o commisurare le opinioni dei filosofi o degli psicopatologi fenomenologici con quelle del discorso neuroscientifico, etologico ed evoluzionistico ma dopo tutte queste coincidenze almeno nominalistiche, e cercando il �senso comune� di tante considerazioni, debbo chiedermi se nelle schizofrenie non possa essere alterato per quantit� e qualit�, e quindi stravolto, qualcosa come un istintivo senso di realt�. Una dotazione della nostra specie (e di altre) che corrisponda alla basilare necessit� per ogni organismo di presupporre assiomaticamente l’ambiente e di interpretarlo, onde poter organizzare ogni comportamento. Si tratterebbe di un assioma a fondamento naturale ed anche del pi� necessario per rendere possibile la nostra esistenza. Un tale �istinto di realt� mi sembrerebbe collocabile, anche in senso epistemologico, a monte di tanti dibattiti filosofici e fenomenologici.

Del resto, gli istinti non hanno solo una funzione in uscita, di tipo comportamentale, ma ne hanno necessariamente anche una in entrata, come captazione dei segnali. Si pu� citare anche Jung quando dice che l’istinto � sempre ed inevitabilmente appaiato ad una visione del mondo. E l’etologia moderna ha dimostrata la circolarit� tra gli aspetti innati della attesa ed i segnali dall’ambiente. Pensiamo al fenomeno dello imprinting.

Nel processo evolutivo che ha portato allo homo sapiens, l’allentarsi di una �presa diretta� sulla realt� esterna potrebbe aver coinciso con lo sviluppo delle facolt� di astrarre, simbolizzare e parlare. Come in altri casi, un vantaggio evolutivo generale potrebbe aver portato alla patologia un ristretto numero di individui.

Se torniamo a Minkowski, egli cita la �funzione del reale� di Janet e poi, riaffermando la propria ispirazione bergsoniana, ipotizza un danno primario all’istinto nella schizofrenia, avvicinandosi con ci� a Dide e Guiraud. Sappiamo che tanti altri AA. interessati alla ricerca di un disturbo fondamentale per la schizofrenia (da K�ppers ad Huber) hanno ipotizzato disfunzioni in ambito sottocorticale con alterazioni degli affetti e degli istinti di base.

Il discorso fatto sin qui non mira peraltro ad ipotizzare che gli schizofrenici possano aver perso del tutto un istinto di realt�. A loro modo, essi una realt� cercano di averla, ma essa sembra essere assai imprecisa ed insicura persino nelle costruzioni deliranti apparentemente pi� solide. I deliri sono pi� paure che certezze. Il disturbo dovrebbe essere una alterazione qualitativa in quel meccanismo comune nell’ambito della specie che permette elaborazioni interpretative dell’ambiente da tutti condivisibili e comunicabili.

In una simile visione evoluzionistica, gli aspetti ontologici ed affettivi del disturbo schizofrenico potrebbero, del resto, trovare la loro coniugazione con quelli cognitivi ed interpretativi. Proprio dall’articolarsi di questi vari aspetti, caso per caso e momento per momento, potrebbero conseguire i diversi peculiari aspetti, in �negativo� ed in �positivo�, del quadro clinico.

Venendo infine al problema della terapia antipsicotica, direi che ogni interpretazione ha puntato, sin dall’inizio (15) (16), su di un effetto dei farmaci sulle funzioni affettive, istintive o, come si dice, dinamiche. In realt�, se non vogliamo limitarci a supporre una azione banalmente sedativa e sintomatica, si deve riconoscere che la riduzione dinamica affettivo-istintiva incide profondamente nell’edificio morboso riducendo chiaramente la elaborazione dei sintomi secondari o positivi. Cio� quella risposta del soggetto protesica e difensiva di fronte al danno primario che potrebbe appunto tendere al ricupero di una realt�. Si pu� sempre valorizzare il ruolo della affettivit� nella psicosi schizofrenica, quello della disforia nel delirio (17) il concetto di psicosi unica, la comune matrice affettiva delle psicosi maggiori (18), la possibile primaria occorrenza di affetti anormali di immediata derivazione somatica che possono nascere nell’interno del corpo e poi integrarsi in eventi della corrente psichica (19). Del resto, Ciompi � tornato (20) a proporre la schizofrenia come psicosi affettiva.

Che ci sia anche un effetto sui sintomi primari, o negativi, � invece perlomeno dubbio, anche se i pi� recenti antipsicotici non provocano certi sintomi negativi secondari. Si � parlato (21) di un effetto sugli organizzatori, e quindi recettori, psicopatologici. Si � parlato anche di dissezione nosografica attuata dai farmaci per agire su complessi sintomatici transnosografici (22). Ben difficile � per� dire come, in questo senso, un vantaggio terapeutico potrebbe prodursi.

Forse per� la riduzione della sofferenza psichica e l’impedimento alla produttivit� psicotica �positiva� potrebbe indurre le nostre pi� antiche e solide organizzazioni per il rapporto ambientale a riprendersi e riordinarsi. Anche qui, come sempre, dovremmo invocare la �vis medicatrix naturae�. Una visione jacksoniana della mente ancorata a concetti evoluzionistici potrebbe sostenere questa ipotesi. Ci� che � pi� antico dovrebbe resistere meglio o perlomeno poter meglio riprendersi quando il danno non sia irrimediabile. L’uomo schizofrenico tenderebbe a tornare l’uomo che era prima, utilizzando la sue radici filogeneticamente pi� antiche. Tra questa potrebbe appunto esserci un rapporto istintivo con l’ambiente che sia di base ad ogni elaborazione psichica e ad ogni comportamento.

Una collaborazione epistemologica trasversale tra clinica, fenomenologia ed evoluzionismo potrebbe quindi essere ben utile.

1 Muscatello CF et al. Il problema del delirio alla luce della �Teoria delle catastrofi�. R Thom Riv Sper Freniatr 1984;108:1309-16.

2 Schmid GB. Chaos therapy and schizophrenia: elementary aspects. Psychopathology 1998;24:185-98.

3 Ciompi L. I fondamenti emozionali del pensiero. Roma: CIC 2001.

4 Balestrieri A. L’incomprensibilit� schizofrenica: psicopatologia, filosofia, natura umana. Psichiatr Gen Et� Evol 1999;36:457-61.

5 Maj M. Riflessioni sul concetto di delirio nel paziente schizofrenico. In: Rossi A, ed. Schizofrenia. Roma: NIS 1994.

6 Sass L. Schizofrenia, autocoscienza e mente moderna. In: Rossi Monti M, Stanghellini G, eds. Psicopatologia della schizofrenia. Milano: Cortina 1999.

7 Callieri B. Wahnstimmung e perplessit�. La sospensione di significato fra gli esordi del delirare schizofrenico. In: Rossi Monti M, Stanghellini G, eds. Psicopatologia della schizofrenia. Milano: Cortina 1999.

8 Lorenz K. L’altra faccia dello specchio. Milano: Adelphi 1974.

9 Piattelli-Palmarini M. Ritrattino di Kant ad uso di mio figlio. Milano: Mondadori 1994.

10 Balestrieri A. Metafore ed ermeneutica per la schizofrenia La �impotenza ermeneutica�. Giorn Ital Psicopatologia 2000;6:445-7.

11 Eco U. Metafora. In Enciclopedia Einaudi. Torino: Einaudi 1980.

12 Borgna E. The psychopathological and phenomenological image of schizophrenia. LJP Psychiatr Behav Sc 1998;3:91-5.

13 Reid T. Ricerca sulla mente umana ed altri scritti. Torino: UTET 1975.

14 Parnas J. Fenomenologia dell’autismo schizofrenico. In: Rossi Monti M, Stanghellini G, eds. Psicopatologia della schizofrenia. Milano: Cortina 1999.

15 Balestrieri A. Patologia mentale e farmacologia. Padova: UTET 1961.

16 Balestrieri A. Aspetti teorici della evoluzione favorevole nelle schizofrenie. Pisa: Omnia medica 1961.

17 Ballerini A, Ballerini AC. Dysphoria: A key for understanding delusion? Psychopathology 2000;33:215-9.

18 Brugnoli R, Pacitti F, Iannitelli A, Pancheri P. La comune matrice delle psicosi maggiori. Giorn Ital Psicopatologia 2001;7:25-39.

l9 Civita A. Affetti primari e psicosi. Comprendre 1994;7:33-44.

20 Ciompi L. I fondamenti emozionali del pensiero. Roma: CIC 2001.

21 Stanghellini G, Rossi Monti M. Psicopatologia dei disturbi dei confini dell’io. In: Rossi M, Stanghellini G, eds. Psicopatologia della schizofrenia. Milano: Cortina 1999.

22 Ballerini A, Gozzetti G. Il momento epistemico. In: Gozzetti G, Cappellari L, Ballerini A, eds. Psicopatologia fenomenica delle psicosi. Milano: Cortina 1999.