Il trattamento integrato nei disturbi depressivi minori: terapeuta singolo o terapeuti distinti?

Combined therapy in minor depressive disorders: unique therapist or split treatment?

G. MAINA, C. PICCO, P. SARACCO, S. ZIERO, A. CEREGATO, F. BOGETTO

Servizio per i Disturbi Depressivi e d’Ansia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torin

Key words: Minor depressive disorder • Combined therapy • Unique therapist • Split treatment

Correspondence: Prof. Giuseppe Maina, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino, via Cherasco 11, 10126 Torino, Italy – Tel. +39 11 6634848; Fax +39 11 673473 – E-mail: giuseppemaina@hotmail.com

Introduzione

Per “trattamento integrato” (o “combinato”) dei disturbi mentali si intende il contemporaneo trattamento con psicoterapia e farmacoterapia. A dispetto dell’ampia diffusione di questa pratica clinica, finora sono state condotte poche ricerche in merito. Tra le poche informazioni disponibili riguardanti l’impiego del trattamento integrato ci sono quelle fornite dall’American Psychiatric Association Pratice Research Network (PRN). Un’indagine del PRN del 1997 indica che approssimativamente il 55% dei pazienti viene trattato con il trattamento integrato in ambito psichiatrico o psicologico (1); i dati estratti da questo studio indicano in particolare che il 59,4% dei pazienti adulti affetti da disturbi dell’umore riceve un trattamento integrato (psicoterapia e farmacoterapia) da parte di medici specialisti psichiatri.

Dati preliminari dal più recente PRN, sulla base di un campione di 1.500 psichiatri, indicano che solo un terzo dei pazienti curati da almeno 900 professionisti non riceve alcun tipo di psicoterapia (2). Tuttavia si deve essere cauti nel leggere questi dati, perché il PRN definisce in maniera troppo estesa le psicoterapie. Questi dati indicano comunque che il trattamento combinato rappresenta un’opzione terapeutica frequentemente impiegata e che presenta dei vantaggi sul piano economico e pratico; partendo da questa affermazione, abbiamo cercato in letteratura dati riguardanti l’efficacia di tale approccio nel trattamento dei disturbi dell’umore, con particolare attenzione ai disturbi depressivi minori. In seconda istanza, abbiamo cercato dati sull’efficacia del trattamento combinato nel caso in cui vengono condotti da un unico terapeuta o da due diversi terapeuti (split treatment).

Per quanto concerne la diagnosi principale, pochi sono i trials clinici condotti sui disturbi depressivi minori in cui s’impiega il trattamento combinato, infatti la maggior parte recluta disturbi depressivi maggiori ricorrenti o cronici, talora in comorbidità con disturbo distimico (depressione doppia). Uno studio solo, condotto da Ravidran et al., analizza l’efficacia della terapia combinata nel disturbo distimico (3). In secondo luogo, tra le diverse tecniche psicoterapeutiche, non vi sono trials clinici in letteratura che impieghino nel trattamento combinato la psicoterapia dinamica breve (‘brief dynamic psychotherapy’ = BDT); per contro, in 2 studi viene applicata la psicoterapia interpersonale (IPT), in 2 studi la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), in 2 la psicoterapia cognitiva (CT) e in 1 la psicoterapia psicodinamica breve di sostegno (SPSP).

Qui di seguito verranno presi in considerazione i singoli studi disponibili in letteratura in ordine cronologico.

Hollon et al. (1992), su un campione di 107 pazienti ambulatoriali, affetti da disturbo depressivo maggiore, paragonano la CT e un trattamento psicofarmacologico a base di imipramina da sole e associate, ottenendo percentuali di risposta rispettivamente del 33%, del 32% e del 52% (4).

Miller et al. (1999) conducono un trial clinico randomizzato in cui 26 pazienti affetti depressione doppia ricevono un trattamento farmacologico o un trattamento combinato con CBT. Gli autori osservano una maggior riduzione della sintomatologia e un miglior funzionamento nel secondo gruppo solo dopo la fase acuta di trattamento (20 settimane) e non al follow-up (6 e 12 mesi); concludono pertanto che l’aggiunta di un trattamento psicoterapeutico alla farmacoterapia migliora la prognosi a breve termine di questi pazienti (5).

Sempre nel 1999, Ravidran et al. conducono un trial clinico randomizzato con placebo su 97 pazienti affetti da distimia che vengono randomizzati in quattro bracci diversi di trattamento: 1. sertralina con psicoterapia cognitiva di gruppo; 2. sertralina; 3. placebo; 4. placebo con psicoterapia cognitiva di gruppo. Alla fine dello studio (12 settimane) le percentuali di risposta ottenute sono rispettivamente 70,8%, 54,5%, 33,3% e 33,3%, gli autori quindi concludono che la CT da sola non è superiore al placebo in termini di efficacia e che migliora l’efficacia del trattamento farmacologico, ma non in modo statisticamente significativo rispetto alla sertralina da sola. Viene inoltre sottolineato che il dato dell’efficacia della CT da sola è inficiato dalla contemporanea somministrazione di placebo, quindi il dato non sarebbe realmente rappresentativo dell’efficacia della CT da sola in quanto si deve tenere conto dell’effetto placebo (3).

Reynolds III et al. (1999), in un trial clinico randomizzato con placebo apparso su JAMA, valutano la percentuale di ricorrenza in 187 pazienti geriatrici (età media 67 anni), affetti da disturbo depressivo maggiore in corso di trattamento con nortriptilina, placebo, IPT e farmacoterapia o IPT e placebo. Dopo oltre 3 anni (160 settimane) il 20% dei soggetti trattati con la terapia combinata ha avuto una ricorrenza, contro il 43% dei pazienti trattati con la sola nortriptilina, il 64% dei soggetti trattati con la IPT e placebo, mentre i soggetti che avevano assunto il placebo presentavano una ricaduta nel 90% (6).

Un ultimo studio disponibile sull’IPT è stato condotto dalla Frank e dai suoi collaboratori (2000) su un grosso campione di 339 pazienti di sesso femminile affette da disturbo depressivo maggiore: hanno paragonato un trattamento sequenziale (IPT e quindi in caso di non risposta aggiunta di un antidepressivo serotoninergico [SSRI]) ad un trattamento combinato (IPT e imipramina). Le percentuali di remissione ottenute sono rispettivamente del 78,6% e del 66,1% e gli autori concludono quindi che l’aggiunta della farmacoterapia nel paziente depresso con una scarsa risposta ad un precedente trattamento psicoterapeutico rappresenta la migliore opzione terapeutica rispetto al trattamento combinato (7).

Un trial clinico randomizzato valuta la percentuale di risposta in un campione di 681 pazienti ambulatoriali con depressione maggiore cronica trattati con nefazodone, CBT o trattamento combinato per 12 settimane. Questo studio, pubblicato su The New England Journal of Medicine, ottiene percentuali di risposta a fine studio rispettivamente del 48%, 48% e 73% e di remissione del 29%, 33% e 48%. Keller et al. concludono che, nonostante circa la metà dei pazienti rispondano ai due trattamenti singolarmente applicati, il trattamento combinato è significativamente più efficace nel breve termine (8).

L’ultimo trial clinico randomizzato è quello condotto da de Jonghe et al. del 2001 (9). Hanno reclutato 167 pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore o depressione doppia, randomizzati in due bracci terapeutici con farmacoterapia da sola (nella sequenza: SSRI, triciclici [TCA] oppure inibitori reversibili della monoaminossidasi A [RIMA] in base al grado di risposta terapeutica del paziente) o terapia combinata, aggiungendo quindi SPSP. Dopo 6 mesi le percentuali di successo ottenute sono rispettivamente del 40,7% e del 59,2% con una percentuale di drop-out del 40% per la sola farmacoterapia e del 22% per il trattamento combinato.

Oltre a questi trial clinici randomizzati, sono disponibili due meta-analisi (10) (11). La prima condotta da Wexler e Cicchetti (1992) su un totale di 513 pazienti ambulatoriali affetti da depressione maggiore osserva che in termini di percentuale di risposta, di drop-out e di fallimento al trattamento, la psicoterapia da sola e il trattamento combinato ottengono risultati sovrapponibili o moderatamente superiori alla sola farmacoterapia; gli autori concludono che la psicoterapia dovrebbe rappresentare da sola il trattamento principale di routine al fine di evitare costi non necessari ed effetti collaterali. Thase et al. (1997) su 595 pazienti con depressione maggiore, analizzando i risultati ottenuti in base alla severità del quadro depressivo al baseline, affermano che nelle depressioni severe (Hamilton Depression Rating Scale – 17 item [HDRS] > 20) i pazienti ottengono un più significativo miglioramento con il trattamento combinato (IPT e imipramina) rispetto alla CBT o IPT da sole, con percentuali di remissione del 48% e del 37%; mentre se il quadro clinico è moderato (HDRS < 19) i risultati sono invece sovrapponibili.

Un’altra fonte importante di informazioni è rappresentata dal Cochrane Depression, Anxiety and Neurosis Group, il quale ha condotto finora tre review sistematiche riguardanti i seguenti argomenti:

– Combinazioni della farmacoterapia e psicoterapia per la depressione (12).

– Antidepressivi da soli versus psicoterapia da sola nella depressione (13).

– Terapie psicologiche brevi versus trattamenti in uso per la depressione (14).

Gli autori purtroppo, in tutte e tre, concludono che non vi sono attualmente dati in letteratura che permettano di trarre conclusioni in merito a tali argomenti. Per esempio, i trials clinici randomizzati controllati (RCT) sono viziati dall’eterogeneità dei campioni, dalle convinzioni teoriche di base e dalle aspettative dei ricercatori che hanno condotto gli studi, dalla frequente mancanza di cecità nell’assegnazione dei pazienti ai diversi bracci terapeutici dello studio e dall’insufficiente numerosità del campione, quest’ultimo rappresenterebbe per ora il maggior problema di questi RCT.

Il secondo punto di cui abbiamo cercato dati in letteratura rappresenta una delle questioni ancora aperte: la scelta tra uno o due terapeuti nei trattamenti combinati. In una recente review di Gabbard e Kay (15), gli autori sostengono che il modello con un unico terapeuta presenta alcuni vantaggi: una visione integrata di mente e cervello e il trattamento del disturbo mentale sia in termini di alterazioni cerebrali che di disagio o conflitto psicologico, inoltre il modello di trattamento con un unico terapeuta permetterebbe d’instaurare una relazione terapeutica più solida.

Da un punto di vista teorico cognitivo, Beck (16) sostiene che il singolo terapeuta permette un’attenta valutazione dei fattori che influenzano la compliance alla terapia farmacologica. In una prospettiva psicodinamica, il singolo terapeuta può aumentare la comprensione dei movimenti transferali, sia nei confronti del farmaco che del terapeuta, per contro con due terapeuti si realizza il rischio di operare una netta separazione tra la psicoterapia e la farmacoterapia, destinando quest’ultima fuori dalla comprensione psicodinamica (17) (18).

In definitiva, le valutazioni disponibili in letteratura inerenti il problema del singolo o duplice terapeuta, si basano per ora su considerazioni teoriche o acquisizioni derivate dall’esperienza clinica, mancano quindi studi sistematici di confronto fra queste due opzioni tecniche.

Lo scopo di questo studio è quello di valutare l’efficacia del trattamento combinato (farmacoterapia e BDT) del disturbo depressivo minore; in particolare di confrontare il trattamento combinato condotto da un unico terapeuta con quello condotto da due diversi terapeuti.

Materiali e metodi

Pazienti

Il campione studiato è stato reclutato dalla lista d’attesa per la BDT del Servizio ambulatoriale per i Disturbi Depressivi e d’Ansia del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino. I criteri d’inclusione per l’inserimento del paziente all’interno della lista d’attesa prevedevano:

a. Un disturbo di I Asse: disturbo depressivo, disturbo d’ansia e disturbo dell’adattamento.

b. La presenza di un problema e/o un evento di vita stressante recente precipitante la condizione psichica attuale.

c. Età compresa tra 18 e 60 anni.

I criteri d’esclusione comprendevano:

a. Anamnesi lifetime positiva per ritardo mentale, disturbi mentali dovuti a una condizione medica generale, schizofrenia e altri disturbi psicotici, disturbo bipolare e disturbi correlati a sostanze secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – 4th Edition – Text Revision (DSM-IV-TR) (19).

b. Diagnosi principale e/o secondaria di disturbo di personalità del Cluster A, o disturbo antisociale, o borderline di personalità (DSM-IV-TR).

Dal pool di pazienti inseriti in lista d’attesa, venivano poi selezionati i soggetti per lo studio. I criteri d’inclusione per lo studio erano i seguenti:

1. Diagnosi principale di disturbo distimico o disturbo depressivo non altrimenti specificato (NAS) o disturbo dell’adattamento con umore depresso (DSM-IV-TR).

2. Un punteggio alla Hamilton Depression Rating Scale – 17 item (HDRS) (20) compreso tra 8 e 15.

3. Un punteggio alla Clinical Global Impression – Severity (CGI-S) (21) compreso tra 3 e 4.

I criteri d’esclusione per lo studio erano:

1. Pazienti giudicati ad alto rischio suicidario.

2. Gravidanza accertata o presunta.

3. Condizioni Mediche Generali in atto tali da controindicare il trattamento con farmaci psicotropi e in particolare l’impiego di SSRI.

Dei 132 pazienti ambulatoriali inclusi nella lista d’attesa per la BDT, 25 soddisfacevano i criteri richiesti per l’inclusione nella fase di randomizzazione. Dopo una completa descrizione dello studio, 18 soggetti hanno fornito il loro consenso scritto per parteciparvi.

Disegno dello studio

I pazienti sono stati assegnati in modo randomizzato ad uno dei 2 seguenti bracci dello studio: uno prevedeva il trattamento in terapia combinata (SSRI e BDT) da parte di due differenti terapeuti, mentre nel secondo il terapeuta era unico.

Il protocollo prevedeva l’impiego per 6 mesi di un SSRI scelto sulla base della necessità clinica e/o della tollerabilità. I diversi principi attivi sono stati utilizzati ai seguenti range terapeutici:

• Citalopram, 20-40 mg/die.

• Fluoxetina, 20-40 mg/die.

• Fluvoxamina, 100-200 mg/die.

• Paroxetina, 20-40 mg/die.

• Sertralina, 50-100 mg/die.

I pazienti randomizzati nel braccio dello studio che prevedeva un unico terapeuta, venivano assegnati ad un medico specialista o specializzando in Psichiatria e in formazione per la BDT. Per i soggetti randomizzati nel gruppo trattato in split treatment, la farmacoterapia veniva prescritta e controllata da un medico specialista o specializzando in Psichiatria, mentre la psicoterapia veniva condotta da un diverso medico specialista o specializzando in Psichiatria e in formazione per la BDT o da uno psicologo specializzando in Psicologia Clinica e in formazione per la BDT.

Psicoterapia dinamica breve (BDT)

La tecnica psicoterapeutica adottata dal nostro Dipartimento era la short-term psychoanalytic psychotherapy secondo il modello di Malan (22). In una fase iniziale, il terapeuta valuta il quadro clinico e delinea il problema primario definendo il focus: sintomo, problema o conflitto. Nella fase intermedia indirizza l’intervento psicoterapeutico sul focus. Nella fase finale si esplicita e si discute il termine della psicoterapia, revisionando e consolidando i progressi ottenuti.

Le sedute settimanali, della durata di 45 minuti, erano individuali e amministrate vis-à-vis. Il numero delle sedute variava da 15 a 30. Le sedute perse erano considerate facenti parte il percorso psicoterapeutico. I terapeuti venivano supervisionati settimanalmente, con due ore di discussione per sessione, con particolare attenzione agli aspetti tecnici della psicoterapia e all’aderenza ai manuali (22)-(24).

Valutazione clinica

I pazienti randomizzati nei due bracci dello studio venivano valutati ad inizio trattamento (T0), alla fine del trattamento combinato (6 mesi) (T1) e dopo un follow-up di 6 mesi (T3). Le singole valutazioni prevedevano la somministrazione della CGI-S e della HDRS; al tempo T1 e T2 è stata inoltre somministrata la Clinical Global Impression – Global Improvement (CGI-I). I raters erano due ricercatori indipendenti e ciechi rispetto al tipo di strategia di trattamento utilizzato sul singolo paziente.

I pazienti venivano definiti responders se ottenevano una riduzione del punteggio della HDRS > 50% a T1 e/o T2 rispetto a T0 e un punteggio alla HDRS < 7.

Analisi statistica

Il confronto per le variabili continue è stato operato per mezzo del t test di Student per dati non appaiati. Per le variabili categoriali sono stati impiegati l’exact test di Fischer e il Chi-square test, ove appropriati. Ogni valore di p è stato assunto ad un livello di significatività per alfa < 0,05. Tutte le analisi sono state condotte con il software SPSS Statistical Package, Version 11.0.1 (SPSS, Inc., Chicago, Ill.).

Risultati

È stato reclutato un totale di 18 pazienti che sono stati suddivisi in modo randomizzato in due forme di trattamento combinato: terapia combinata con unico terapeuta (N = 8) oppure con duplice terapeuta (N = 10). Tutti i pazienti hanno portato a termine la fase di trattamento e quella di follow-up.

Le caratteristiche socio-demografiche e cliniche del gruppo di studio sono rappresentate in Tabella I. Come si può vedere non sono emerse differenze statisticamente significative per quanto concerne le caratteristiche socio-demografiche e cliniche tra i due differenti gruppi di trattamento. Si può notare come i due campioni siano sovrapponibili in termini di gravità clinica, poiché non vi sono differenze statisticamente significative alla HDRS e alla CGI-S a T0 tra i due campioni.

Emergono anche che non vi sono stati drop-out all’interno dei due campioni.

I risultati ottenuti mostrano che: a) i due trattamenti sono efficaci come si può vedere dal grafico lineare in figura 1 che rappresenta i punteggi a T0, T1 e T2 della HDRS; b) non sono emerse differenze statisticamente significative tra i due tipi di trattamento.

Quest’ultimo dato viene confermato anche dalla percentuale di responder che risultano non differenti a T1 (62,5% nel gruppo con unico terapeuta vs. 60% nel gruppo in split treatment) e a T2, dove dopo un follow-up di 6 mesi risulta rispondere il 70% dei pazienti trattati in split treatment e il 75% con un unico terapeuta.

Discussione

Al momento non esistono studi pubblicati in letteratura internazionale riguardo il confronto tra la terapia combinata con singolo o duplice terapeuta nel trattamento della depressione. Questo studio preliminare vuole valutare se nei disturbi depressivi minori sia più efficace il trattamento combinato condotto da un terapeuta singolo o da due diversi operatori; entrambi sono rappresentativi della pratica clinica in ambito psichiatrico.

I 6 criteri d’inclusione e i 6 criteri di esclusione utilizzati in questo studio possono costituire ovviamente un bias di selezione, ma sono quelli abitualmente impiegati nei trial clinici farmacologici; riguardo gli studi sull’efficacia della psicoterapia, non esistono dei criteri comuni di selezione dei pazienti poiché dipendono in larga parte dalla tecnica psicoterapeutica in studio.

I risultati ottenuti in questo studio non evidenziano differenze statisticamente significative, in termini di efficacia, tra la terapia combinata condotta da un unico o da duplici operatori; le percentuali di successo da noi rilevate sono del 62,5% a T1 e del 75% a T2 con terapeuta unico e del 60% a T1 e 70% a T2 con terapeuti distinti, in accordo con i dati di letteratura (7) (8).

Da segnalare che tutti gli operatori, che hanno partecipato a questo studio, fanno parte dello stesso gruppo di lavoro, quindi con una formazione clinica omogenea e abituati al confronto sulla pratica clinica: possiamo supporre che la mancanza di differenze statisticamente significative tra i due gruppi di trattamento possa essere dovuta anche al fatto che i due terapeuti deputati allo split treatment appartenevano alla stessa équipe e quindi possa essere l’espressione finale di un intervento condotto con un buon coordinamento e una facile comunicazione tra i diversi terapeuti.

Questi dati ci forniscono un ulteriore stimolo a replicare lo studio in una casistica più ampia e con terapeuti non necessariamente appartenenti allo stesso gruppo di lavoro.

Tab. I. Caratteristiche socio-demografiche e cliniche del campione totale e dei due gruppi di trattamento combinato.
Socio-demographic and clinical characteristics of the experimental sample.

Split treatment (N = 10)

Terapeuta unico (N = 8)

p

Totale (N = 18)

Sesso:
maschio, n (%)

4 (40,)

3 (37,5)

n.s.

7 (38,89)

femmina, n (%)

6 (60,)

5 (62,5)

11 (61,11)

Età, media � DS

34,50 � 7,44

35,88 � 9,36

n.s.

35,11 � 8,12

Scolarità, media � DS

11,40 � 3,17

11,13 � 4,52

n.s.

11,28 � 3,71

Stato civile:
single, n (%)

5 (50)

3 (37,5)

n.s.

8 (44,44)

Coniugato, n (%)

3 (30)

4 (50)

7 (38,89)

Separato o divorziato, n (%)

2 (20)

1 (12,5)

3 (16,67)

Lavoro:
disoccupato, n (%)

1 (10)

0 (0)

n.s.

1 (5,56)

Impiegato, n (%)

4 (40)

4 (50)

8 (44,44)

Operaio, n (%)

2 (20)

0 (0)

2 (11,11)

Libero professionista, n (%)

2 (20)

2 (25)

4 (22,22)

Studente, n (%)

1 (10)

2 (25)

3 (16,67)

Età d�esordio, media � DS

28,50 � 9,63

26,13 � 6,66

n.s.

27,44 � 8,30

HDRS, media � DS

11,60 � 2,01

12,13 � 1,25

n.s.

11,83 � 1,69

CGI-Severity, media � DS

3,40 � 0,70

3,63 � 0,52

n.s.

3,50 � 0,62

Fig. 1. Punteggio medio della HDRS a T0, T1 e T2 nel gruppo trattato con split treatment e con terapeuta unico.
Mean HDRS score at T0, T1 and T2 in the subgroup treated with split treatment and ìn the one treated with unique treatment.

Tab. II. Confronto dei punteggi delle scale di valutazione a T0, T1 e T2.
Comparison between the two subgroups of the scores of the various psychometrical measures asessed at T0, T1 and T2.

Split treatment (N = 10)
Media � DS

Terapeuta unico (N = 8)
Media � DS

p

Baseline T0
HDRS

11,60 � 2,01

12,13 � 1,25

n.s.

CGI-S

3,40 � 0,70

3,63 � 0,52

n.s.

6 mesi T1 (trattamento)
HDRS

7,20 � 3,33

7,00 � 2,27

n.s.

CGI-S

2,10 � 1,20

2,25 � 0,89

n.s.

CGI-I

2,40 � 1,27

2,50 � 0,93

n.s.

6 mesi T2 (follow-up)
HDRS

6,20 � 3,23

6,13 � 2,17

n.s.

CGI-S

1,90 � 1,29

1,88 � 0,99

n.s.

CGI-I

2,20 � 1,23

2,13 � 1,13

n.s.

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