Lesioni del lobo frontale e disturbi psichiatrici. Revisione psicopatologico-clinica ed attuali inquadramenti diagnostici. Una revisione critica della sindrome prefrontale alla luce delle attuali nosografie diagnostiche psichiatriche

Frontal lobe injuries and psychiatric disorders. Psychopathological-clinical review and current diagnostic nomenclature of mental disorders

M. Nardini, A. Bellomo

Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Universit� di Bari

Parole chiave: Sindrome Prefrontale – Deficit cognitivi – Disturbo Organico di Personalit�
Key words:
Prefrontal Syndrome – Cognitive deficits – Organic Personality Disorder

Introduzione

 Gi� nel 1868 Harlow (1) riport� la descrizione delle modificazioni comportamentali conseguenti a un esteso danno frontale di un paziente il quale, durante un incidente sul lavoro, fu colpito da una sbarra di ferro che penetr� nella parte inferiore del cervello lesionando le regioni orbito-mediali di entrambi i lobi frontali. Prima di questo trauma il paziente era stato descritto come un uomo efficiente; successivamente fu descritto come incostante, capriccioso, volubile, irriverente, incline alle pi� pesanti oscenit�, intollerante delle costrizioni o dei consigli, ostinato.

Alterazioni simili della personalit� furono descritte da Eslinger e da Damasio (2) in un paziente sottoposto a un’ablazione bilaterale della corteccia frontale ventro-mediale per l’asportazione di un meningioma.

� interessante notare che in seguito si ipotizz� che, in questi due casi, le lesioni probabilmente avevano interessato la regione infero-mediale di entrambi i lobi frontali mentre avevano risparmiato le regioni dorso-laterali (3).

Numerosi altri studi clinici hanno documentato disturbi del comportamento in pazienti con lesioni bilaterali o unilaterali molto estese del lobo frontale.

In molti casi � stata descritta una riduzione dell’attivit� spontanea e dell’eloquio (4-12).

In altri casi con lesioni del lobo frontale sono state descritte apatia, perdita di iniziativa e riduzione dell’efficienza lavorativa, o al contrario, iperattivit� ed incapacit� di inibire le risposte impulsive ed emotive, infantilismo, scurrilit�, euforia fatua (7, 8, 13-17). Luria ha descritto la sindrome apatico-acinetico-abulica caratterizzata da una marcata passivit�, inerzia e inattivit�, come conseguenza di estese e massive lesioni bifrontali, clinicamente poco distinguibile da uno stato catatonico (16).

Per tali motivi, nel corso del tempo, il termine di “sindrome prefrontale” � divenuto il contenitore di vari e polimorfi disordini comportamentali.

Anche attualmente la sindrome prefrontale � descritta come una condizione patologica, causata da svariate lesioni del lobo frontale (di natura traumatica, vascolare, etc.) e caratterizzata da mancanza di iniziativa, ridotta flessibilit�, incapacit� a pianificare programmi per il futuro, disinibizione, impulsivit�, risposte inappropriate alle situazioni sociali, ridotta capacit� di organizzazione e difficolt� nell’esecuzione dei comportamenti complessi. Si possono associare modificazioni del tono emozionale caratterizzate da una diminuita reazione emotiva, da un’aumentata labilit� emozionale o ancora da una deficitaria regolazione delle proprie espressioni emotive (18). Sono stati descritti segni di perseverazione, deficit di attenzione sostenuta e selettiva (19), incoerenza comportamentale (20-22).

Nel 1969 Luria (17) ha osservato che le sindromi del lobo frontale sono pi� comuni in pazienti con lesioni massive o bilaterali del lobo frontale (che coinvolgono anche il diencefalo).

Disturbi della personalit� e del comportamento

Generalmente il paziente con lesioni frontali � descritto come disinibito, di umore variabile, generalmente euforico, con facilit� agli scherzi (Witzelsucht di Oppenheim), con atteggiamenti di spavalderia, con mancanza di preoccupazioni o con preoccupazioni eccessive, con egocentrismo o ostinatezza.

Inoltre si verificano frequentemente una riduzione dell’iniziativa, della spontaneit�, dell’efficienza lavorativa, dell’espressivit� e della mimica facciale, mancanza di insight.

Pu� dominare l’apatia, la distraibilit�, l’indifferenza, la trascuratezza nell’abbigliamento, la bulimia, l’intolleranza, la sonnolenza fino alla letargia (che risulta frequente per esempio, nei tumori ingravescenti).

Tradizionalmente sono stati descritti tre tipi di cerebrolesi frontali: il primo dominato da apatia e mancanza di impulsi (lesioni alla convessit� laterale), il secondo in cui predominavano i comportamenti disinibiti e incontrollati (lesioni orbitali) e, infine, un terzo tipo con alterazioni autonomiche (lesioni basali).

Una revisione delle diverse sedi di lesione del lobo frontale ha permesso successivamente di distinguere differenti tipi di modificazioni della personalit� in associazione rispettivamente a un danno delle aree dorso-laterale, orbitaria, dorso-mediale e infero-mediale.

Sulla base di una rassegna della letteratura e delle loro personali osservazioni, Blumer e Benson (23) conclusero che un danno localizzato nella corteccia frontale dorso-laterale tende a dare luogo a una personalit� “pseudo-depressa” con modificazioni caratterizzate da indifferenza, apatia, letargia, diminuzione della spontaneit�, ridotto interesse sessuale, riduzione nella espressione delle emozioni, incapacit� di anticipazione. Allo stesso modo, essi evidenziarono che lesioni della corteccia fronto-orbitaria determinavano pi� facilmente cambiamenti della personalit� di tipo “pseudo-psicopatico”, caratterizzati da euforia, irrequietezza, disinibizione sessuale, puerilit�, comportamenti sociali inappropriati e scarso interesse verso gli altri.

Non � raro comunque trovare delle combinazioni dei due tipi di personalit� appena descritti, specie se l’estensione della lesione � marcata.

Le lesioni della corteccia frontale mediale, in particolare modo quelle che interessano la regione dorsale (giro cingolato e area supplementare motoria), possono dare luogo ad un quadro di notevole rallentamento psicomotorio ed abulia, nel corso del quale il paziente risponde solo quando gli vengono rivolte domande dirette (24).

Lesioni frontali ventro-mediali (e specialmente quelle che si estendono a interessare la corteccia limbica e le strutture diencefaliche) sono associate a grave deficit della memoria, modificazioni della coscienza, apatia, comportamenti socialmente inappropriati, disorientamento e aggressivit� incontrollata (17, 25). Mentre le lesioni dorso-laterali sono associate a deficit cognitivi pi� evidenti, le lesioni confinate alle regioni frontali orbitaria e mediale possono risparmiare molti aspetti del funzionamento cognitivo.

La tipologia delle modificazioni patologiche della personalit� dipende anche dalla eziologia delle lesioni del lobo frontale. Ad esempio modificazioni del carattere e del comportamento in assenza di deficit cognitivi o di segni neurologici sono spesso una caratteristica dei tumori a lenta crescita della regione frontale (26).

Allo stesso modo, � stato dimostrato che in caso di lesioni unilaterali frontali, la sede della lesione pu� costituire un importante fattore nel determinare la natura dei disturbi del tono dell’umore e dei cambiamenti della personalit�. Luria (17), infatti, osserv� che erano comuni in pazienti con lesioni frontali sinistre una riduzione della spontaneit� e un rallentamento del pensiero, mentre pazienti con lesioni del lobo frontale destro tendevano ad avere un comportamento paradossalmente inappropriato verso il loro stato o verso l’ambiente.

In ricerche effettuate su pazienti che avevano presentato un ictus cerebrale unilaterale, risult� che livelli pi� elevati di depressione erano presenti in pazienti con lesioni anteriori sinistre (27-30). All’opposto, Robinson e coll. (28) documentarono l’associazione di un’euforia fatua con un danno della regione anteriore destra.

Quando una lesione frontale si verifica in un soggetto durante l’et� evolutiva, prima cio� che il lobo frontale completi la sua maturazione, possono manifestarsi nell’adulto disabilit� nei rapporti sociali, disturbi della condotta e nel prendere decisioni, impulsivit� e difetti di giudizio (31-33).

Molteplici vie neuronali connettono i lobi frontali ad un gran numero di altre strutture cerebrali. Le informazioni dal sistema limbico vengono trasmesse alla corteccia frontale direttamente attraverso vie provenienti dall’ipotalamo, dall’ippocampo, dall’amigdala e dalla neocorteccia rostro-temporo-ventrale (34-37) e indirettamente dall’amigdala e dal setto attraverso il relais del talamo dorso-mediale (38-40).

Queste vie afferenti probabilmente trasportano informazioni relative agli stati motivazionali, emozionali e attentivi dell’individuo (38, 39, 41, 42) e permettono al lobo frontale di accedere alle funzioni mnestiche (36). Inoltre, attraverso proiezioni multisinaptiche cortico-corticali, input alla corteccia frontale giungono dalle aree visive uditive e somato-sensoriali (34, 35, 42-46). La corteccia prefrontale stabilisce reciproche connessioni praticamente con ogni struttura dalla quale riceve fibre afferenti 47. Proiezioni al giro precentrale (48, 49) e al neostriato (50-53) permettono alla regione frontale di accedere alle aree responsabili per il controllo del movimento.

Nel complesso, le connessioni anatomiche della corteccia prefrontale permettono a questa regione di ricevere le informazioni inerenti allo stato interno dell’organismo come pure quelle provenienti dall’ambiente esterno. Gli output dalla corteccia prefrontale influenzano l’arousal, la motivazione e gli stati affettivi (39) e svolgono anche il compito di monitorare, avviare e inibire le risposte motorie. Alla luce di questa organizzazione anatomica � facile comprendere come un danno ai lobi frontali possa comportare alterazioni in vari aspetti della personalit�.

Altri autori, pi� recentemente (54, 55), hanno suddiviso la Sindrome Prefrontale in tre tipologie fondamentali, legate a lesioni anatomopatologiche diverse:

– il Tipo Disesecutivo (lesioni della corteccia prefrontale dorsolaterale): diminuite capacit� di giudizio, pianificazione, insight e organizzazione temporale; perseverazione cognitiva; deficit della programmazione motoria (pu� includere afasia e aprassia); diminuita cura della propria persona;

– il Tipo Disinibito (lesioni della corteccia orbitofrontale): comportamento disinibito, con scarso controllo degli impulsi e dei freni inibitori, facile irritabilit� ed aggressivit�, euforia; diminuito insight sociale; distraibilit�; labilit� emozionale;

– il Tipo Apatico (lesioni della corteccia prefrontale mediale, connessione tra cingolo e area motoria supplementare): diminuita spontaneit�; diminuita produttivit� verbale (incluso il mutismo); diminuito comportamento motorio (inclusa l’acinesia); incontinenza urinaria; diminuita prosodia spontanea. aumentata latenza di risposte.

Sembrerebbe inoltre che i fattori della personalit� premorbosi e le situazioni, le contingenze, i rinforzi ambientali giochino un certo ruolo nel determinare il quadro clinico della “personalit� frontale”.

I disturbi della percezione

Le aree frontali esercitano la loro funzione anche sul versante motorio e su un certo numero di funzioni percettive e sensitive.

Per esempio, lesioni in specifiche aree (area 8 di Brodman) possono determinare un effetto di “neglect” unilaterale o emi-inattenzione, cio� un’incapacit� di esplorare il campo visivo controlaterale alla lesione (56-58).

Barbizet (59) utilizza a questo proposito il termine di “Pseudo-emianopsia”.

Nei casi di lesione frontale bilaterale, l’inerzia dello sguardo � cos� spiccata che l’attenzione visiva pu� venire focalizzata soltanto su una parte del campo visivo, con esclusione totale o parziale del resto.

Disturbi pi� lievi possono essere rappresentati da una minore accuratezza o da una disorganizzazione nell’esplorazione visiva.

L’inattenzione unilaterale pu� essere accompagnata inoltre dalla mancanza di consapevolezza del proprio deficit, manifestandosi con un grado notevole di apatia, con disinteresse, con assenza di preoccupazioni e di partecipazione e con negazione della propria malattia.

Altre ricerche mostrano l’importanza dei lobi frontali nella sindrome di Balint (chiamata anche la sindrome dello sguardo errante) in relazione al loro effetto inibitorio sui movimenti oculari che sono guidati dai centri occipitali.

I disturbi dell’attenzione

I disturbi dell’attenzione si presentano con particolare frequenza nelle patologie frontali e ci� si pu� notare nel fatto che spesso si devono, ad esempio, ripetere le stesse domande o gli stessi ordini prima di poter ottenere delle risposte, a ragione di una facile distraibilit� e disattenzione.

Tumori ai lobi frontali e conseguenze di gravi traumi cranici possono condizionare la comparsa di un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di confusione, disturbi dell’attenzione, stati di scarso orientamento, perplessit�, scarsa vigilanza e attivazione (60).

Nel mutismo acinetico, assai raro, vi � la conservazione del ritmo sonno-veglia, ma c’� spesso una compromissione di alcune funzioni cognitive con inerzia, mutacismo, sonnolenza, immobilismo, fino ai fenomeni pi� gravi del “coma vigile” (nelle lesioni tronco-encefaliche rostrali del sistema reticolare attivante con implicazioni frontali) (60).

Altri deficit attentivi vanno sotto il nome di “drifting attention” (scivolamento dell’attenzione), in cui l’attenzione � labile e scivola facilmente in uno stato di sonnolenza e in stati descrivibili come condizioni stuporose o torpide o sotto quello di “wandering attention” (attenzione vagante), in cui l’attenzione � vigile ma vagante (lesioni al sistema talamico a proiezione diffusa).

Comunque va sempre tenuto presente che estese lesioni frontali possono anche non produrre dei deficit attentivi.

Disturbi motori e cognitivi

Lesioni bifrontali possono determinare altres� falsi riconoscimenti, confabulazioni, fantasticherie, rigidit�, comportamenti stereotipati, ecolalia, fenomeni di “grasping” (61) o di “gropping” (attrazione verso gli oggetti in movimento), manipolazione compulsiva di alcuni oggetti (62), euforia sciocca e puerile, adinamia verbale, cio� l’impoverimento o l’assenza di spontaneit� linguistica (63).

Due disturbi che possono essere correlati alla confabulazione sono la “paramnesia reduplicativa” (64,65), caratterizzata da reduplicazioni dei luoghi e delle date (es. il paziente riconosce l’ospedale ma lo colloca in un altro luogo, come il paese di nascita) e la sindrome di Capgras, con reduplicazioni dei parenti e familiari, per cui questi ultimi vengono accusati dal paziente di essere degli impostori che fingono di essere e di agire come i suoi parenti e familiari (60,66).

L’amnesia frontale

Lesioni frontali possono determinare fenomeni di perseverazione motoria, verbale ed ideativa legata ad una incapacit� di inibire un movimento o una parola-frase una volta che questa � iniziata; tale disturbo pu� essere di tipo coatto o la conseguenza di un’inerzia del programma di azione (67,68).

I disturbi mnesici che possono inquadrarsi nella sindrome amnesica frontale riguardano principalmente la “working memory” e sono caratterizzati dall’incapacit� di ritenere nuove informazioni, maggiore distraibilit� e confabulazioni, difficolt� nell’utilizzare programmi e strategie di memorizzazione (amnesia strategica), disturbi nel recupero mnesico, incapacit� nel saper utilizzare i nuovi dati acquisiti, incapacit� di memorizzare volontariamente, difficolt� di “apprendere ad apprendere” (69-73).

Sono stati descritti ancora:

– disturbi del linguaggio (afasia motoria di Broca, afasia transcorticale motoria), della scrittura, della grafia, … (in particolar modo nelle aree frontali anteriori sinistre) (74, 75);

– deficit nel pensiero astratto, nelle capacit� di combinazione e giudizio (60);

– deficit nei compiti costruttivi, nella copia di disegni, nel riordinamento di figure (in particolare nelle lesioni frontali destre) e nelle prove dei labirinti (76, 77);

– deficit nelle prove di ragionamento, nelle prove di fluidit� verbale, nei “problem solving” (aritmetici, verbali), nei compiti di selezione (soprattutto nelle lesioni frontali sinistre) (78);

– disturbi e difficolt� nel correggere i propri errori, scarsa autocritica e autocorrezione, incapacit� di modificare o programmare nuovi comportamenti, assenza di atteggiamento critico verso le azioni svolte (78).

Una breve panoramica sulle possibili correlazioni tra sede della lesione e deficit cognitivi e/o comportamentali � riportata nella Tabella I, mentre nella Tabella II sono elencate le cause eziologiche delle lesioni frontali.

Problemi diagnostico-nosografici

Il termine “sindrome prefrontale”, dunque, viene usato per indicare un gruppo eterogeneo di deficit che sono in relazione a diverse eziologie, localizzazioni ed estensioni delle lesioni del lobo frontale. Per alcuni ricercatori sarebbe pi� corretto parlare di sindromi frontali, distinguendo i vari quadri clinici; per altri viene negata una reale utilit� diagnostica del termine.

Il quadro dei sintomi della sindrome prefrontale � vasto e multiforme e coinvolge deficit presenti e manifesti di altre aree cerebrali, per le numerose interconnessioni emisferiche delle zone frontali, cos� che il suo riconoscimento risulta talvolta difficile.

Pur essendo frequente nella pratica clinica l’uso del termine “sindrome prefrontale”, la sua utilit� di impiego � inoltre difficoltosa per diverse ragioni.

In primo luogo alcuni pazienti con danno frontale (in particolare quelli con danno focale) possono non manifestare i segni di questa sindrome e, d’altra parte, � abbastanza raro che questi sintomi si presentino tutti insieme.

In secondo luogo, sebbene i disturbi su descritti si presentino pi� frequentemente in associazione a lesioni del lobo frontale, alcuni pazienti con lesioni localizzate altrove possono manifestare una sintomatologia simile (79-81).

Allo stesso modo, pazienti con lesioni frontali possono in teoria avere un comportamento normale quando l’esaminatore li sollecita e li guida a formulare progetti e a perseguirli (2, 6, 82-85). Nella vita quotidiana, tuttavia, questi pazienti hanno difficolt� a iniziare un compito o lo abbandonano quando ancora non � completato.

Ma il problema pi� evidente, allo stato attuale, riguarda la notevole difficolt� di codificare con gli attuali sistemi diagnostici e nosografici questi disturbi, peraltro, come si � detto, spesso difficilmente inquadrabili ed obiettivabili.

Il DSM-IV (87) rappresenta sinora il metodo pi� noto e diffuso di classificazione delle malattie mentali, suddivisa secondo 5 assi.

Questi 5 assi descrivono le variabili con le quali e dentro le quali pu� essere rappresentato il caso psichiatrico nelle sue diverse componenti (sintomatologico-sindromiche, personologico-caratteriali, psicosociali). Questa impostazione costituisce un sistema multiassiale di valutazione diagnostica dei disturbi psichici nel senso che fornisce la possibilit� di considerare contemporaneamente la “malattia mentale” dai diversi punti di vista (sintomatologico, della personalit�, dei disturbi fisici, degli stress ambientali, del funzionamento sociale) con cui e da cui pu� essere osservata, e rappresenta l’evoluzione di precedenti tentativi di classificazione multiassiale: esso � una sistemazione politetica (cio� con criteri di classificazione eterogenei) e si contrappone a una tassonomia monotetica (con unico o prevalente principio teorico classificatorio, come ad esempio la teoria psicoanalitica, strutturale, morfologica, etc.). Mancano sinora gli assi inerenti gli aspetti psicodinamici e quelli relazionali-familiari: i corrispondenti assi VI e VII non hanno ricevuto una validazione consensuale degli studiosi, nonostante le proposte avanzate.

� importante far notare che nel DSM-IV, rispetto alle precedenti edizioni (DSM-III e DSM-III R), il termine organico � stato eliminato; nel DSM-III-R (86) i disturbi e le sindromi mentali organiche venivano definiti come il risultato di una “disfunzione cerebrale transitoria o permanente”, conosciuta o sospettata, e venivano classificati in una sezione separata da tutti gli altri disturbi. Le conoscenze accumulate circa i fattori biologici che contribuiscono ai disturbi mentali tradizionalmente non organici ha reso questa dicotomia tra “organico” e “non organico” obsoleta. Per esempio, nessuno potrebbe seriamente argomentare che la Schizofrenia o il Disturbo Bipolare non sono correlati a qualche disfunzione cerebrale. In realt� una interpretazione letterale della definizione DSM-III-R di disturbo mentale organico o di sindrome mentale organica potrebbe obbligare a considerare organica la maggioranza dei disturbi del manuale; inoltre la variet� dei fattori biologici, psicologici e sociali che contribuiscono all’origine, all’esordio e al quadro clinico di tutti i disturbi mentali ha reso sostanzialmente impossibile frapporre delle distinzioni nette tra ci� che � organico e ci� che non � organico. In un certo senso tutti i disturbi del DSM-IV sono organici; tutti per� sono anche da correlare a fattori psicologici e alla qualit� del contesto ambientale. Per tutte queste ragioni il termine organico � stato eliminato dal DSM-IV. Invece ciascuno dei disturbi organici del DSM-III-R � stato inserito in una delle due categorie DSM-IV basate sull’eziologia, a seconda che la psicopatologia fosse dovuta a una condizione medica generale o fosse indotta da qualche sostanza: per esempio, la categoria DSM-III-R di Disturbo Organico dell’Umore, nel DSM-IV � stata divisa tra il Disturbo dell’Umore dovuto ad una Condizione Medica Generale ed il Disturbo dell’Umore Indotto da Sostanze. La stessa cosa � avvenuta per il Delirium, la Demenza, il Disturbo Amnestico, il Disturbo Organico di Ansia, etc.

Fatta questa precisazione, tentiamo ora di inquadrare in qualche modo, nel sistema multiassiale del DSM-IV la sindrome prefrontale su descritta.

Nella vecchia classificazione del DSM-III-R, si potrebbe far rientrare la sindrome prefrontale nel Disturbo Organico di Personalit�, che per� di per s� non sarebbe specifico ed esclusivo della sola patologia del lobo frontale (Tab. III), potendovi rientrare infatti anche altre patologie tra cui l’epilessia del lobo temporale, la Corea di Huntington, la Sclerosi Multipla, etc.

Altro problema di questa categoria diagnostica � che essa non comprende tutti i disturbi della sfera cognitiva che abbiamo visto essere presenti nella sindrome prefrontale, mentre riesce molto bene a descrivere i descritti disturbi comportamentali e di personalit� della sindrome.

Nel DSM-IV tale categoria diagnostica non esiste pi�, ma � stata sostituita dalla “Modificazione di Personalit� Dovuta a …” (Tab. IV), che fa parte dei Disturbi Mentali Dovuti a una Condizione Medica Generale; tale modificazione del DSM-IV consegue appunto alla suddetta eliminazione di tutto ci� che era indicato come “organico” nel precedente manuale. Il termine Modificazione della Personalit� sostituisce il termine di Disturbo di Personalit�, perch� afferma chiaramente che ci deve essere un osservabile cambiamento della personalit� causato dagli effetti fisiologici diretti di una condizione medica. La modificazione di personalit� pu� assumere molte forme differenti, a seconda delle caratteristiche di personalit� premorbose della persona, della regione del cervello coinvolta, e delle caratteristiche della condizione medica generale.

Come gi� avveniva nel DSM-III-R la categoria in questione, tuttavia, non descrive i disturbi cognitivi presenti nella Sindrome Prefrontale.

La International Classification of Diseases nella sua ultima versione (ICD 10) (88); utilizza criteri simili a quelli del DSM-IV, senza per� escludere rigidamente ipotesi eziologiche o qualificazioni e concetti definitori pi� tradizionali della cultura psichiatrica europea.

Esso include nella propria classificazione un Disturbo Organico di Personalit� (Tab. V).

Come � possibile verificare, nei criteri nosografici dell’ICD 10 vi � una descrizione pi� ampia dei disturbi descritti a proposito della sindrome prefrontale; essa comprende, peraltro, quei disturbi cognitivi che non riscontravamo nei criteri del DSM-III-R e nel DSM-IV.

Ci sembra dunque che tale categoria diagnostica dell’ICD-10 sia quella che maggiormente esprime il polimorfismo e la complessit� del quadro neuropsichiatrico della sindrome prefrontale.

Sulla base di questa considerazione riteniamo opportuno far presenti alcune note conclusive, che possano anche permetterci di spiegare il motivo per cui abbiamo ripreso in considerazione un quadro sindromico ormai parzialmente dimenticato dalla moderna neuropsichiatria:

a) innanzitutto un corretto inquadramento della sindrome prefrontale potrebbe comportare alcuni vantaggi sia in ambito clinico-terapeutico, dove � ancora facile riscontrare situazioni patologiche quali quelle descritte, sia in ambito medico-legale e psichiatrico-forense, dove maggiormente si avverte la carenza, con gli attuali strumenti diagnostici, di un contenitore adatto a descrivere tali condizioni neuropsichiatriche;

b) un corretto inquadramento della sindrome potrebbe permettere anche una maggiore comprensione di talune problematiche legate al lobo frontale, oggi quanto mai attuali se si considera valida l’ipotesi “frontale” della Schizofrenia;

c) l’inquadramento di un disturbo caratterizzato da lesioni cerebrali evidenti e da una sintomatologia prevalentemente psichiatrica e/o neuropsicologica, � ancora pi� complesso se effettuato in un sistema diagnostico multiassiale (quale il DSM-IV ): ad esempio, � corretto parlare di Condizione Medica Generale (Modificazione della Personalit� Dovuta a … Indicare la Condizione Medica Generale) per condizioni neuropatologiche che abbiano ripercussioni eminentemente psichiatriche, o sarebbe pi� opportuno considerare a parte tali condizioni? E nell’ambito di tale classificazione, come andranno considerate le condizioni di comorbidit� psichiatrica (che peraltro potrebbero risultare secondarie alla condizione neuropatologica) che andranno sempre indicate nell’Asse I ? E quale potrebbe essere nei casi di comorbidit� con disturbi psichiatrici il criterio per stabilire la gerarchia dei disturbi (temporale, di gravit� fenomenica, di connessione etiopatogenetica, etc.)? E ancora, � risultata valida la scelta di abolire il termine Organico da tale manuale ?

Ci auguriamo che questo studio sia servito quanto meno a generare vari dubbi che meritano, per essere chiariti, maggiori approfondimenti futuri.

Tab. I.
Possibili correlazioni tra sede della lesione frontale e relativi deficit cognitivi e/o comportamentali.
Possible correlations between frontal lesion site and related cognitive and/or behavioural deficits.

Sede lesione Deficit manifestati
Posteriore Difficolt� nell’organizzazione del movimento
Anteriore Disordine nella programmazione motoria,
dissociazione nel linguaggio e nel comportamento
Dorsale Deficit nel movimento e deficit intellettivi
Dorso-laterale Deficit comportamentali, inflessibilit�, frequenti
disturbi cognitivi e intellettivi
Orbitale Deficit visivi, olfattivi, ma non intellettivi,
comportamenti aggressivi, disinibizione,
alterazioni della personalit�, disordini affettivi,
esplosioni emotive
Basale-mediale Disturbi dello stato di attivazione e nelle risposte
emotive, confabulazioni, impulsivit�
Convessit� Mancanza di iniziativa, indifferenza, disinibizione,
incapacit� nel prendere decisioni

 

Tab. II.
Possibili cause eziologiche delle lesioni frontali.
Possible etiological causes of frontal lesions.

  • Infarti del territorio superficiale dell’arteria cerebrale anteriore
  • Infarti del territorio dell’arteria cerebrale anteriore e del territorio dell’arteria di Heubner
  •  Infarto simultaneo delle due arterie cerebrali anteriori
  •  Emorragie, ematomi subdurali del territorio frontale
  •  Gliomi frontali
  •  Meningiomi frontali
  •  Gravi traumatismi cranici
  •  Forme degenerative (demenze di Alzheimer e Pick)
  • Patologie della sostanza bianca anteriore

(modificate da Pauletto e Toso 60)

 

Tab. III.
Criteri diagnostici del Disturbo Organico di Personalit� secondo il DSM-III-R 86.
Diagnostic criteria for Organic Disorder Personality according to the DSM-III-R 86.

A. Un disturbo persistente della personalit�, che si manifesta lungo tutto l’arco della vita, o che rappresenta una modificazione o un’accentuazione di un precedente tratto caratteriologico e che implica almeno uno dei seguenti elementi:
1) instabilit� affettiva, sbalzi d’umore, irritabilit�, ansiet�;
2) ricorrenti scoppi di aggressivit� e collera sproporzionati
3) compromissione del giudizio sociale, p.e. atti sessuali sconvenienti
4) apatia e indifferenza marcata
5) sospettosit� o ideazione paranoide.

B Dimostrazione di un fattore (o fattori) organico specifico eziologicamente correlato al disturbo, fondata sull’anamnesi, sull’esame clinico o sugli esami di laboratorio.

C La diagnosi non � posta nel caso di un bambino o di un adolescente se il quadro clinico � limitato agli aspetti che caratterizzano il Disturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattivit�.

D Non si verifica esclusivamente in corso di Delirium e non soddisfa i criteri diagnostici per la Demenza.

 

Tab. IV.
Criteri diagnostici per “Modificazione della Personalit� Dovuta a …” [293.89] [Indicare la Condizione Medica Generale] secondo il DSM-IV 87.
Diagnostic criteria for “Personality Change Due to …” [293.89] [indicate the General Medical Condition] according to DSM-IV.

A Una alterazione persistente della personalit�, che rappresenta una modificazione del precedente stile di personalit� caratteristico del soggetto. (Nei bambini, il disturbo comporta una notevole deviazione dal normale sviluppo, o una modificazione significativa delle modalit� di comportamento usuali del bambino che dura almeno per 1 anno).B Vi � dimostrazione fondata sulla storia, sull’esame fisico, o sugli esami di laboratorio che l’alterazione � la conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale.

C L’alterazione non � meglio giustificata da una altro disturbo mentale (inclusi gli altri Disturbi Mentali Dovuti a una Condizione Medica Generale).

D L’alterazione non si verifica esclusivamente durante il corso di un delirium, e non soddisfa i criteri per una demenza.

E L’alterazione provoca disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo, o di altre importanti aree.

Specificare il tipo:
Tipo Labile: se la caratteristica predominante � la labilit� affettiva.
Tipo Disinibito: se la caratteristica predominante � uno scarso controllo degli impulsi, come dimostrato da disinibizione sessuale, ecc.
Tipo Aggressivo: se la caratteristica predominante � il comportamento aggressivo.
Tipo Apatico: se la caratteristica predominante � marcata apatia e indifferenza.
Tipo Paranoide: se la caratteristica predominante � sospettosit� e ideazione paranoide.
Tipo Diverso: se la caratteristica predominante non � alcuna di quelle sopra indicate, per es., una modificazione della personalit� associata a un disturbo epilettico.
Tipo Combinato: se pi� di una caratteristica predomina nel quadro clinico.
Non Specificato.

Nota: per la codificazione Registrare il nome della condizione medica generale sull’Asse I, per es., F07.0 Modificazione della Personalit� Dovuta a Epilessia del Lobo Temporale [310.1]; codificare la condizione medica generale anche sull’Asse III.

Tab. V.
Disturbo Organico di Personalit� (cod. F 07.0) secondo l’ICD-10 88.
Organic Personality Disorder (code F 07.0) according to the ICD-10 88.

Questo disturbo � caratterizzato da una significativa alterazione delle modalit� abituali del comportamento premorboso. L’alterazione abitualmente interessa pi� profondamente le espressioni delle emozioni, dei bisogni e degli impulsi. La sfera cognitiva pu� essere alterata principalmente o esclusivamente nelle aree della programmazione delle proprie azioni e dell’anticipazione delle loro probabili conseguenze personali e sociali, come nella cosiddetta sindrome del lobo frontale. Tuttavia � adesso noto che questa sindrome si manifesta non solo in relazione a lesioni del lobo frontale, ma anche in associazione con lesioni di altre aree cerebrali.Direttive diagnostiche
In aggiunta ad una storia ben accertata o ad altra evidenza di malattia, danno o disfunzione cerebrale, una diagnosi di certezza � basata sulla presenza di due o pi� delle seguenti caratteristiche:

  • riduzione persistente della capacit� di perseverare in attivit� finalizzate, specialmente quelle che richiedono lunghi periodi di tempo ed una gratificazione differita;
  • alterazioni della sfera emozionale, caratterizzate da labilit� emotiva, allegria sciocca e immotivata e facile passaggio all’irritabilit� o a brevi scoppi di rabbia e di aggressivit�; in qualche caso l’apatia pu� essere un aspetto pi� accentuato;
  • tendenza ad esprimere i bisogni e gli impulsi senza considerazione delle conseguenze o delle convenzioni sociali (il soggetto pu� lasciarsi andare ad atti antisociali come il furto, le proposte sessuali inappropriate, la voracit� esagerata, o mostrare disinteresse per l’igiene personale);
  • disturbi della sfera cognitiva, in forma di sospettosit� o ideazione paranoide, e/o eccessiva preoccupazione per un tema singolo, abitualmente astratto (per esempio la religione, il bene ed il male);
  • marcata alterazione della velocit� del flusso verbale, con aspetti quali circostanzialit�, l’iperinclusione, la viscosit� e l’ipergrafia;
  • alterazione del comportamento sessuale (iposessualit� o cambiamento della preferenza sessuale).

Include: Sindrome del lobo frontale; sindrome da lobotomia; sindrome post-leucotomica; personalit� pseudorallentata organica; personalit� psudopsicopatica organica; disturbo della personalit� da epilessia limbica.
Esclude: sindrome post-commotiva; sindrome post-encefalitica; disturbi di personalit�; modificazione stabile della personalit�.

1) Harlow J.
Recovery from the passage on iron barb trough the head.
Pubblications of the Massachussets Medical Society 1868;2:327- 346.

2) Eslinger PJ, Damasio AR.
Severe disturbance of higher cognition after bilateral frontal lobe ablation: Patient EVR.
Neurology 1985;35:1731-1741.

3) Damasio H, Grabowski T, Frank R, Galaburda AM, Damasio AR.
The return of Phineas Gage: Clues about the brain from the skull of a famous patient.
Science 1984;264:1102-1105.

4) Feuchtwanger E.
Die Funktionen des Stirnhirns, ihre Pathologie und Psychologie.
In: Foerster O, Williams K, eds. Monographien aus Gesamtgeb der Neurologie und Psychiatrie.
Berlin: Springer-Verlag 1923:4-194.

5) Kleist K.
Gehirnpathologie.
Leipzig: Barth, 1934.

6) Ackerly SS.
Instinctive, emotional and mental changes following prefrontal lobe extirpation.
American Journal of Psychiatry 1935;92:717-729.

7) Rylander G.
Personality changes after operations on the frontal lobes.
London: Oxford University Press 1939.

8) Goldstein K.
After effects of brain injuries in war.
New York, Grune and Stratton, 1941.

9) Goldstein K.
The mental changes due to frontal lobe damage.
The Journal of Psychology 1944;17:187-208.

10) Bonner F, Cobb S, Sweet WH, White JC.
Frontal lobe surgery.
Research Publications of the Association for Research in Nervous and Mental Disease 1951;31:392-421.

11) Zangwill OL.
Psychological deficits associated with frontal lobe lesions.
International Journal of Neurology 1966;5:395-402.

12) Hecaen H, Albert ML.
Disorders of mental functioning related to frontal lobe pathology.
In: Benson DF, Blumer D, eds. Psychiatric Aspects of Neurogical Disease.
New York: Grune and Stratton 1975:137-149.

13) Goldstein K.
Clinical and theoretical aspects of lesions of the frontal lobes.
Archives of Neurology and Psychiatry 1939;41:865-867.

14) Denny-Brown D.
The frontal lobes and their functions.
In: Feiling A, ed. Modern Trends in Neurology.
London: Butterworth e coll. 1951:13-89.

15) Jarvie HF.
Frontal lobe wounds causing disinhibition: A study of six cases.
Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry 1954;17:14-32.

16) Lurija A.R.
Higher cortical functions in man.
New York: Basic Books, 1966.

17) Lurija A.R.
Frontal lobe syndromes.
In: Vinken PJ, Bruyn GW, eds. Handbook of Clinical Neurology, vol. 2.
Amsterdam: North-Holland Publishing Co 1969.

18) Stuss TD, Gow CA, Hetherington CR.
No longer Gage�: Frontal lobe dysfunction and emotional changes.
Journal of Consulting and Clinical Psychology 1992;60:349-359.

19) Wilkins AJ, Shallice T, McCarthy R.
Frontal lesions and sustained attention.
Neuropsychologia 1987;25:359-365.

20) Milner B.
Some effects of frontal lobectomy in man.
In: Warren JM, Akert K, eds. The Frontal Granular Cortex and Behavior.
New York: McGraw-Hill 1964:313-314.

21) Lhermitte F.
Utilization behavior and its relation to lesions of the frontal lobes.
Brain 1983;106:237-255.

22) Lhermitte F, Pillon B, Serdaru M.
Human autonomy and the frontal lobes. Part I: Imitation and utilization behavior: A neuropsychological study of 75 patients.
Annals of Neurology 1986;19:326-334.

23) Blumer D, Benson DF.
Personality changes with frontal and temporal lobe lesions.
In: Benson DF, Blumer D, eds. Psychiatric Aspects of Neurologic Disease.
New York: Grune and Stratton 1975:151-169.

24) Damasio AR, Van Hoesen GW, Damasio H.
The role of the supplemental motor area in speech production and language processing.
Paper presented at the 18th Annual Meeting of the Academy of Aphasia, South Yarmouth, MA 1980.

25) Alexander MP, Freedman M.
Amnesia after anterior communicating artery aneurysm rupture.
Neurology 1984;34:752-757.

26) Strauss I, Keschner M.
The symptoms in cases of tumor of the frontal lobe.
Archives of Neurology and Psychiatry 1935;33:986-1007.

27) Robinson R.G, Szetela B.
Mood change following left hemispheric brain injury.
Annals of Neurology 1981;9:447-453.

28) Robinson RG, Kubos KL, Starr LB, Rao K, Price TR.
Mood disorders in stroke patients.
Brain 1984;107:81-93.

29) Sinyor D, Jacques P, Kaloupek DG, Becker R., Goldenberg M, Coopersmith H.
Poststroke depression and lesion location: an attempted replication.
Brain 1986;109:537-546.

30) Starkstein SE, Boston JD, Robinson RG.
Mechanisms of mania after brain injury: 12 case reports and review of the literature.
The Journal of Nervous and Mental Disease 1988;176. 87-100.

31) Ackerly SS, Benton A.L.
Report of case of bilateral frontal lobe defect.
Research Publications of the Association for Research in Nervous and Mental Disease 1948;27:479-504.

32) Eslinger PJ, Grattan LM, Damasio AR.
Developmental consequences of childhood frontal lobe damage.
Archives of Neurology 1992;49:764-769.

33) Price B, Daffner KR, Stowe RM, Mesulam MM.
The comportmental learning disabilities of early frontal lobe damage.
Brain 1990;113:1383-1393.

34) Pandya DN, Kuypers HGJM.
Cortico-cortical connections in the rhesus monkey.
Brain Research 1969;13:1-12.

35) Jones EG, Powell TPS.
An anatomical study of converging sensory pathways within the cerebral cortex of the monkey.
Brain 1970;93:793-820.

36) Goldman-Rakic PS, Selemon LD, Schwartz ML.
Dual pathways connecting the dorsolateral prefrontal cortex with the hippocampal formation and parahippocampal cortex in the rhesus monkey.
Neuroscience 1984;2:719-743.

37) Russchen FT, Amaral DG, Price JL.
The afferent connections of the substantia innominata in the monkey, Macaca fascicularis.
The Journal of Comparative Neurology 1985;242:1-27.

38) Nauta WJH.
Some efferent connections of the prefrontal cortex in the monkey.
In: Warren JM, Akert K, eds. The Frontal Granular Cortex And Behavior.
New York: McGraw-Hill 1964:397-409.

39) Nauta WJH.
The problem of the frontal lobe: A reinterpretation.
Journal of Psychiatric Research 1971;8:167-187.

40) Nauta WJH.
Neural associations of the frontal cortex.
Acta Neurobiologiae Experimentalis 1972;32:125-140.

41) Brutkowski S.
Functions of prefrontal cortex in animals,.
Physiological Reviews 1965;45:721-746.

42) Konorski J.
Some hypotheses concerning the functional organization of prefrontal cortex.
Acta Neurobiologiae Experimentalis 1972;32:595-613.

43) Kuypers HG, Szwarcbart MK, Mishkin M, Rosvold HE.
Occipitotemporal corticocortical in the rhesus monkey.
Experimental Neurology 1965;11:245-262.

44) Pandya DN, Hallet M, Mukherjee SK.
Intra and interhemispheric connections of the neocortical auditory system in the rhesus monkey.
Brain Research 1969;14:49-65.

45) Chavis DA, Pandya DN.
Further observations on corticofrontal connections in the rhesus monkey.
Brain Research 1976;117:369-386.

46) Petrides M, Pandya DN.
Projections to the frontal cortex from the posterior parietal region in the rhesus monkey.
The Journal of Comparative Neurology 1984;28:105-116.

47) Barbas H, Mesulam MM.
Cortical afferent input to the principalis region of the rhesus monkey.
Neuroscience 1985;15:619-637.

48) Pandya DN, Yeterian EH.
Architecture and connections of cortical association areas.
In: Peters A, Jones EG, eds. Cerebral Cortex. Vol. 4. New York: Plenum Press 1985:3-61.

49) Matsumura M, Kubota K.
Cortical projection to hand-arm motor area from post-arcuate area in macaque monkeys: A histological study of retrograde transport of horseradish peroxidase.
Neuroscience Letters 1979:11:241-246.

50) Muakkassa KK, Strick PL.
Frontal lobe inputs to primate motor cortex: Evidence for four somatotopically organized premotor areas.
Brain Research 1979;177:176-182.

51) DeVito JL, Smith OA.
Subcortical projections of the prefrontal lobe of the monkey.
Journal of Comparative Neurology 1964;123:413-422.

52) Kemp JM, Powell TP.
The cortico-striate projections in the monkey.
Brain 1970;93:525-546.

53) Goldman PS, Nauta WJH.
An intricately patterned prefronto-caudate projection in the rhesus monkey.
Journal of Comparative Neurology 1977;171:369-386.

54) Selemon LD, Goldman-Rakic PS.
Longitudinal topography and interdigitation of corticostriatal projections in the rhesus monkey.
Journal of Neuroscience 1985:2:776-794.

55) Duffy JD, Campbell JJ.
The regional prefrontal syndrome: a theoretical and clinical overview.
Journal of Neuropsychiatry 1994;4:379-387.

56) Stone VE, Baron-Cohen S, Knight RT.
Frontal lobe contributions to theory of mind.
Journal of Cognitive Neuroscience 1998;5:640-656.

57) Castaigne P, Laplane D, Degos JD.
3 cas de n�gligence motrice par l�sion frontale pr�rolandique.
Revue de Neurologie 1972;126:5-15.

58) Heiman KM, Valenstein E.
Frontal lobe neglect in man.
Neurology 1972;22:660-664.

59) Mesulam MM.
A cortical network for directed attention and unilateral neglect.
Annales of Neurology 1987;10:309-325.

60) Barbizet J.
R�le du lobe frontal dans les conduites mn�siques.
Presse M�dicale 1971;79:2033-2037.

61) Pauletto D, Toso V.
Sindrome del lobo frontale: aspetti neuropsicologici e psichiatrici.
Psichiatria e Medicina 1990;3:8-11.

62) De Renzi E, Barbieri C.
The incidence of the grasp reflex following hemispheric lesion and its relations to frontal damage.
Brain 1992;115:293-313.

63) Mori E, Yamadori A.
Compulsive manipulation of tools and pathological grasp phenomenon.
Clinical Neurology 1982;22:329-335.

64) Alexander MP, Naeser MA, Palumbo C.
Broca’s area aphasias: Aphasia after lesions including the frontal operculum.
Neurology 1990, 40:353-362.

65) Kapur N, Turner A, King C.
Reduplicative paramnesia: possible anatomical and neuropsychological mechanism.
Journal of Neurolology, Neurosurgery and Psychiatry 1988, 51:579-558.

66) Bogousslavsky J.
Syndromes majeurs de l’h�misphere mineur.
Encyclopedie Medico-Chirurgicale (Neurologie), Paris: Masson 1991;17022 E10:1-6.

67) Bogousslavsky J, Salvador A.
Le syndrome de Capgras.
Annales M�dico-Psychologiques 1981, 9:949-964.

68) Sandson J, Albert ML.
Varieties of perseveration.
Neuropsychologia, 1984;22:715-732.

69) Sandson J, Albert ML.
Perseveration in behavior neurology.
Neurology 1987;37:1736-1741.

70) Damasio AR, Eslinger PJ, Damasio AR, Van Hoesen GW, Cornell S.
Multimodal amnesic syndrome following bilateral-temporal and basal forebrain damage (patient DRB).
Archives of Neurology 1985;42:252-259.

71) Damasio AR, Graff-Radford NR, Eslinger PJ, Damasio H, Kassell N.
Amnesia following basal forebrain lesions.
Archives of Neurology 1985;42:263-271.

72) Kopelman MD, Stanhope N.
Recall and recognition memory in patients with focal frontal, temporal and diencephalic lesions.
Neuropsychologia 1998;36:785-795,.

73) Niedermeyer E.
Frontal lobe functions and dysfunctions.
Clinical Electroencephalography 1998;29:79-80,.

74) Ferreira CT, Verin M, Pillon B, Levy R, Dubois B, Agid Y.
Spatio-temporal working memory and frontal lesions in man.
Cortex 1998;34:83-98.

75) Stuss DT, Alexander MP, Hamer L, Palumbo C, Dempster R, Binns M, Levine B, Izukawa D.
The effects of focal anterior and posterior brain lesions on verbal fluency.
International Journal of the Neuropsychological Society1998;4-3:265-278.

76) Alexander MP, Naeser MA, Palumbo C.
Broca’s area aphasia: aphasia after lesions including the frontal operculum.
Neurology 1990;40:353-362.

77) Kazui S, Sawada T, Naritomi H, Kuriyama Y, Yamaguchi T.
Left unilateral ideomotor apraxia in ischemic stroke within the territory of the anterior cerebral artery.
Cerebrovascular Diseases 1992;25:35-39.

78) Watson RT, Fleet S, Gonzales-Rothi L, Heilman KM.
Apraxia and the supplementary motor area.
Archives of Neurology 1986;43:787-792.

79) Bogousslavsky J.
Frontal stroke syndromes.
European Neurology 1994;34:306-315.

80) Adair JC, Williamson DJG, Schwartz RL, Heilman KM.
Ventral tegmental area injury and frontal lobe disorder.
Neurology 1996;46:842-843.

81) Lishman WA.
Brain damage in relation to psychiatric disability after head injury.
British Journal of Psychiatry 1968;114:373- 410.

82) Jankowicz E, Halicka D, Paprocka K.
Subcortical dementia and the frontal lobe syndrome.
Neurologia i Neurochirurgia Polska 1997;31,5:977-987.

83) Hebb DO.
Intelligence in man after large removals of cerebral tissue: Report of four left frontal lobe cases.
The Journal of General Psychology 1939;21:73-87.

84) Lidz T.
A study of the effect of right frontal lobectomy on intelligence and temperament.
Journal of Neurology and Psychiatry 1939;2:211-222.

85) Shallice T, Burgess PW.
Deficits in strategy application following frontal lobe damage in man.
Brain 1991;114:727-741.

86) American Psychiatric Association.
DSM-III-R Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
Milano: Masson 1988.

87) American Psychiatric Association.
DSM-IV Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
Milano: Masson 1995.

88) Organizzazione Mondiale della Sanit�.
Decima revisione della classificazione internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali (ICD-10).
Milano: Masson 1992.