Trauma e modelli operativi interni: implicazioni psicopatologiche della teoria dell’attaccamento

Trauma and internal working models: psychopathological implications of attachment theory

B. Guerrini Degl'Innocenti, A. Selvi, A. Valtancoli, A. Pazzagli

Parole chiave:
Attaccamento � Trauma � Abuso fisico � Abuso sessuale
Key words:
Attachment � Trauma � Physical abuse � Sexual abuse

Nella seconda metà dell’Ottocento la medicina psicologica cominciò a prendere in considerazione la nozione di trauma, anche se nella maggior parte dei casi la terminologia medica intendeva per trauma il risultato fisico della eccessiva stimolazione provocata da uno “shock nervoso”, generalmente il risultato di una caduta o di un colpo (1,2) .Dagli ultimi decenni del Diciannovesimo secolo in poi il concetto di trauma ha comportato conseguenze sia mentali che fisiche ed è stato messo in relazione con la pressione legata alla modernizzazione, in particolare con lo sviluppo della tecnologia industriale e con gli effetti di questa tecnologia in campo bellico, nell’agricoltura, nell’urbanizzazione. La teoria traumatica quindi scaturiva, in parte, dalla necessità di trovare una spiegazione comportamentale per le malattie nervose in grado di contrastare un’altra teoria medica che tentava di spiegare le stesse malattie e cioè la teoria degenerativa.
Senza alcun dubbio si deve a Freud il primo passo verso una comprensione più profonda degli effetti psicologici del trauma psichico. Sin dall’inizio infatti Freud postulò che il nucleo della patologia risiedesse nell’impatto interno di una esperienza traumatica che, a causa della sua natura insostenibile, veniva tagliata fuori dal resto della personalità così come un corpo estraneo forma il nucleo di un ascesso. Nell’ottobre 1895, in una famosa lettera a Fliess (3) ,egli affermava che: “L’isteria è la conseguenza di uno shock sessuale in epoca presessuale”.
Durante il 1896, Freud gradualmente estese e consolidò la sua ipotesi in una teoria della seduzione infantile come etiologia della perversione e di tutte le psiconevrosi.
Molto è stato detto e insinuato sulla “rinuncia” di Freud alla teoria della seduzione infantile in seguito alla constatazione che alcuni dei ricordi che comparivano nel corso del trattamento non potevano essere considerati veri ricordi di eventi accaduti, ma piuttosto come successive costruzioni fantasmatiche. Come sottolineano i Baranger (4) ,ciò che questa scoperta metteva in discussione non era l’intera teoria, ma bensì il contenuto del concetto di trauma, aprendo la strada al concetto di realtà psichica e alla rilevanza patogenetica degli elementi fantasmatici ad essa correlati.
Durante gli ultimi anni la letteratura psichiatrica sembra avere riscoperto il ruolo del trauma precoce nello sviluppo della psicopatologia e numerosi clinici e ricercatori hanno cercato di trovare una coerente cornice teorica per le loro osservazioni. Negli studi retrospettivi, le avversità sofferte nel corso dell’età evolutiva, in particolare le esperienze traumatiche, risultano significativamente correlate con le sequele a lungo termine (5-7) .Storie infantili di gravi abusi e trascuratezza sono state correlate con lo sviluppo di un ampio spettro di disturbi di personalità in età adulta come il Disturbo Borderline di personalità (8) ,sintomi dissociativi (9,10) ,Disturbi d’Ansia (11,12) ,Depressione e Abuso di sostanze (13,14) ,cronica inabilità a modulare le emozioni (15) ,auto-mutilazioni e cronici comportamenti auto-distruttivi (16) ,disturbi dell’alimentazione (17) .Sebbene ci sia un sostanziale consenso sull’accuratezza con cui, a partire dal DSM-III-R (18) ,vengono definiti il Disturbo Post traumatico da Stress ed i Disturbi Dissociativi, restano da identificare gli specifici processi biologici e psicologici coinvolti nella trasformazione delle esperienze traumatiche in disturbi psichiatrici, non essendo stato possibile ancora mettere in luce alcuna evidenza di una diagnosi, di una costellazione sintomatologica o di un tratto di personalità che rappresenti una conseguenza specifica di un abuso sessuale o fisico (6,7,19,20) .D’altra parte la maggior parte degli studi mette poi in evidenza come anche gli eventi più gravi non siano seguiti nella maggior parte dei casi da una evoluzione psicopatologica, anche se questo non significa necessariamente l’assenza di qualche grado di disagio psichico, peraltro molto più difficile da quantificare (21) .
Negli ultimi anni, utilizzando come cornice concettuale la teoria dell’attaccamento, si è sviluppato un notevole interesse verso un approccio che indaghi non solo la presenza di specifici eventi in età evolutiva, ma anche il contesto relazionale in cui queste esperienze hanno avuto luogo e aspetti del funzionamento psicologico dell’adulto correlati con le esperienze precoci, in particolare nei termini delle rappresentazioni mentali considerate come un precipitato all’interno della mente delle relazioni che si sono avute con le persone importanti della propria vita. Secondo questo punto di vista, l’impatto di cure parentali inadeguate viene portato avanti attraverso le rappresentazioni mentali delle relazioni precoci di attaccamento, definite Modelli Operativi Interni, per cui l’esplorazione di questi fornisce un importante spaccato delle modalità di funzionamento interpersonale attuale. I Modelli Operativi Interni, costruiti a partire da pattern ripetuti di esperienze interattive, vanno intesi come rappresentazioni delle interazioni che sono state generalizzate e formano modelli rappresentazionali relativamente fissi che l’individuo utilizza per predire il mondo e mettersi in relazione con esso. Tali modelli costituiscono una rappresentazione mentale dinamica che, una volta organizzata, opera al di fuori della coscienza. In altre parole, potremmo pensare a dei filtri, delle lenti con cui guardare la realtà personale e quella circostante, attraverso le quali selezionare delle informazioni e interpretarle per trovarvi un significato. Che non si tratti solo di schemi cognitivi lo dice il fatto che vi siano implicati gli affetti, le fantasie consce ed inconsce, la memoria.
Fino ad oggi la ricerca sugli effetti dell’abuso in età evolutiva svolta nell’ambito della teoria dell’attaccamento (22,24) è stata principalmente focalizzata sull’esplorazione, mediante la Strange Situation (25) o strumenti analoghi, dei pattern comportamentali correlati all’attaccamento in bambini vittime di maltrattamenti. Esiste ormai un notevole numero di studi che testimonia l’elevatissima prevalenza nei bambini maltrattati di classificazioni non sicure; in particolare, in questi soggetti sembrano particolarmente frequenti configurazioni di tipo disorganizzato/disorientato (26,27) .
In contrasto con la mole di dati ormai raccolta sugli effetti delle esperienze di abuso nel bambino, la possibile correlazione tra eventi traumatici e rappresentazioni mentali delle relazioni di attaccamento nell’adolescenza e nell’età adulta risulta ancora poco indagata.
Mary Main ha elaborato una intervista, la Adult Attachment Interview (28) ,ed una classificazione che valuta lo stato mentale dell’individuo rispetto all’attaccamento e che prevede un sistema di classificazione costituito da 4 categorie principali, suddivisibili in “sicure” e “insicure”, più una codifica U (Unresolved) attribuibile, in base a precisi criteri valutativi, a coloro che hanno sperimentato eventi luttuosi o traumatici di particolare gravità.
Questo approccio distingue le esperienze dalla loro elaborazione cognitiva, postulando che gli effetti a lungo termine di una funzione genitoriale inadeguata e quindi anche di esperienze traumatiche all’interno della famiglia siano in gran parte mediati dai modelli mentali sviluppati dall’individuo rispetto alle relazioni di attaccamento e che l’esplorazione di questi modelli fornisca indizi importanti riguardo alle caratteristiche di personalità e di funzionamento interpersonale.
La relazione tra stili di attaccamento e psicopatologia è da non molti anni oggetto di studio da parte dei ricercatori. È stato ipotizzato che i soggetti con problemi clinici avrebbero riportato una maggiore frequenza di rappresentazioni dell’attaccamento di tipo insicuro; da numerosi studi risulta che al momento attuale nessuna entità diagnostica può essere messa in relazione sicuramente con un particolare stile di attaccamento. Ma in generale stanno diventando sempre più forti le prove che un attaccamento insicuro è un importante precursore dello sviluppo della psicopatologia e in qualche caso è stata individuata una forte relazione tra un disturbo specifico ed uno specifico stile di attaccamento, anche se gli studi in proposito sono ancora troppo limitati (29) .Al fine di indagare come l’abuso fisico e sessuale in relazione ad una figura di attaccamento possa influenzare lo sviluppo di aspetti della personalità legati alla rappresentazione di sé all’interno delle relazioni significative e come questo venga mediato da funzioni superiori quali memoria e coscienza, è stato effettuato uno studio, utilizzando come strumento la Adult Attachment Interview su un campione di soggetti esposti in ambito familiare ad episodi di abuso fisico e sessuale.

Campione

Lo studio è stato effettuato su 47 soggetti, di cui 13 con precedenti di abuso fisico o sessuale in età evolutiva, e 34 soggetti di controllo che non presentavano episodi di abuso, fisico o sessuale. I soggetti di ciascun gruppo erano comparabili per età, livello di istruzione e status socioeconomico; la loro età al momento dell’intervista variava tra i 19 e i 40 anni. Dal momento che l’oggetto di questo lavoro rappresenta una parte di una più ampia ricerca condotta su diversi campioni, clinici e non, nell’ottica di approfondire le problematiche precoci della relazione madre-bambino, la quasi esclusività del nostro campione è rappresentata da soggetti di sesso femminile.
Tutti i soggetti del campione oggetto di studio hanno riferito, nel corso dell’intervista, episodi di abuso fisico e/o sessuale avvenuti prima dei 10 anni; in particolare, 9 soggetti avevano precedenti di abuso fisico, 2 di abuso sessuale e 2 di abuso sia fisico che sessuale; tutti gli episodi hanno avuto luogo all’interno del nucleo familiare, ad opera di persone che all’epoca dei fatti partecipavano continuativamente all’accudimento dei soggetti. I casi in cui era presente un abuso sessuale e/o un abuso fisico attuato da una o più figure di attaccamento nei confronti dei soggetti sono stati selezionati in base ai criteri proposti da M. Main: il genitore colpisce duramente e ripetutamente nello stesso episodio il bambino; colpi che lasciano segni (come cicatrici); essere puniti in modi bizzarri, come ad esempio legati; tentativi di suicidio in presenza del bambino; il genitore esibisce comportamenti bizzarri e spaventanti; il genitore minaccia di ferire o uccidere il bambino, ed è chiaro che non si tratta di uno scherzo; il genitore forza o seduce il bambino ad avere con lui attività sessuali.

Strumento

La Adult Attachment Interview (AAI) è un’intervista semistrutturata della durata media di un’ora, volta a valutare lo stato mentale di un adulto rispetto all’attaccamento. L’intervista esplora essenzialmente le relazioni precoci con le figure di attaccamento valutando sia le descrizioni generali di tali relazioni, sia la presenza o l’assenza di specifici ricordi a sostegno di queste descrizioni o in contraddizione con esse; ai soggetti viene quindi richiesto di fornire ricordi correlati alle relazioni con le figure di attaccamento e di valutare tali ricordi nella prospettiva attuale. Parte dell’intervista è focalizzata su eventuali esperienze di abuso fisico o sessuale e sulla perdita di figure importanti, sia nell’infanzia sia in età adulta. La tecnica dell’intervista è stata definita come un “sorprendere l’inconscio”, dal momento che il protocollo seguito offre ampie opportunità per l’intervistato di contraddire o di non riuscire a supportare affermazioni precedenti o successive.
La valutazione dell’intervista non è basata primariamente sulle esperienze di attaccamento di per sé, ma sul modo in cui l’intervistato descrive e riflette su queste esperienze e sugli effetti sul loro funzionamento attuale di adulti. Questo aspetto è il più importante ai fini della codifica delle interviste; è stato osservato infatti che la natura delle rappresentazioni mentali dell’attaccamento nell’adulto si manifesta principalmente nelle caratteristiche formali del discorso durante l’AAI, e in particolare nella sua coerenza o incoerenza.
Sono state identificate tre categorie principali nelle risposte all’AAI: sicuri/autonomi (Free/autonomous, gruppo F), distanzianti (Dismissing, gruppo Ds), preoccupati (Preoccuped/entangled, gruppo E); ogni categoria è considerata rappresentativa di un diverso stato mentale dell’adulto nei riguardi dell’attaccamento; in altre parole, ciascuna di queste categorie, definibili come “organizzate”, riflette l’adozione di particolari strategie nel monitoraggio del discorso e del ragionamento durante l’intervista. Inoltre il sistema prevede l’assegnazione in determinati casi di altre due codifiche: irrisolti nei confronti di traumi o lutti (Unresolved/Disorganized, gruppo U) e non classificabili (Cannot Classify, gruppo CC). Queste codifiche, come vedremo, si riferiscono alla comparsa nel corso dell’intervista di indici di disorganizzazione comprovanti il fallimento delle strategie di monitoraggio del pensiero e del discorso.

Categoria F: sicuri/autonomi

Questi soggetti valutano come influenti e importanti le esperienze correlate all’attaccamento e al tempo stesso mostrano una notevole obiettività nella descrizione di ciascuna relazione di attaccamento. Gli episodi specifici, sia positivi che negativi, sono richiamati alla memoria con facilità e integrati in una visione complessiva equilibrata.

Categoria Ds: distanzianti

Si tratta di soggetti che tendono a minimizzare l’importanza delle relazioni di attaccamento; in particolare, questi soggetti forniscono descrizioni generalizzate delle figure di attaccamento, per lo più (ma non obbligatoriamente) caratterizzate da una forte idealizzazione, senza essere in grado di supportarle con ricordi di episodi specifici o producendo ricordi in evidente contrasto con quanto affermato precedentemente; se qualche esperienza difficile viene richiamata alla memoria, è presentata come di scarso o nessun peso nella vita del soggetto.

Categoria E: preoccupati

Questi soggetti sembrano intrappolati nei ricordi delle esperienze precoci con le figure di attaccamento e mostrano un eccessivo grado di coinvolgimento, accompagnato da confusione, passività o rabbia.

Codifica U: irrisolti nei confronti di traumi o lutti

Questi soggetti manifestano, durante la discussione di episodi potenzialmente traumatici, quali la perdita di una figura importante o l’abuso fisico o sessuale, indici di marcata disorganizzazione, rappresentati da fallimenti nel mantenere la coerenza interna del ragionamento e del discorso (30) .Al di fuori di ciò che attiene a tali esperienze, queste interviste sono inquadrabili all’interno di una delle categorie precedenti; la codifica U (che si riferisce come detto alla discussione di specifici eventi) viene infatti sempre assegnata congiuntamente ad un’altra (F, Ds, E) riferita al resto dell’intervista.

Codifica CC: non classificabili

Si tratta di una categoria di recente definizione (31) che raggruppa tutti quei soggetti le cui interviste non sono ben definibili secondo i parametri caratteristici delle tre categorie “organizzate” (F, Ds o E) in quanto alternanti tra stati mentali distanzianti e preoccupati o (molto raramente) globalmente incoerenti, ma senza indici di preoccupazione o distanziamento sufficienti per l’immediata assegnazione ad un’altra categoria. A questi soggetti viene comunque assegnata una seconda codifica indicante la categoria “organizzata” che più si adatta all’intervista.

Risultati

Nella Tabella I è riportata la distribuzione delle categorie nel campione di controllo: la prima colonna riflette la classificazione dei soggetti nelle quattro categorie senza considerare la codifica U: 20 soggetti sicuri (pari al 59%), e 14 insicuri (pari al 41%), dei quali 8 distanzianti (23%) e 6 preoccupati/invischiati (18%). La seconda colonna mostra la distribuzione delle categorie quando si considera la codifica U: sono stati identificati 15 soggetti sicuri (44%), 12 insicuri (35%) dei quali 8 distanzianti (23%), 4 preoccupati (12%). Sono stati identificati 7 soggetti cui era attribuibile la codifica U-Unresolved (21%). La distribuzione delle codifiche AAI sicure-insicure in questo gruppo è analogo a quanto riportato in letteratura riguardo campioni di popolazione.
Nella Tabella II è riportata la distribuzione delle codifiche nel campione con abuso fisico o sessuale: innanzitutto 8 soggetti su 13, pari al 62% del campione, ha soddisfatto i criteri per la categoria U e solo 2 soggetti su 13, pari al 15%, è risultato sicuro F, il che significa che se noi raggruppiamo tutti i soggetti che hanno ottenuto una codifica del tipo insicuro, raggiungiamo l’85% del campione contro il 15% di soggetti sicuri. Un altro dato interessante è che in riferimento alla distribuzione delle categorie insicure vediamo come prevalga in modo significativo, il 47%, la categoria E, preoccupati/invischiati, e nel 15% le interviste siano state siglate CC.
Sulla base dei risultati ottenuti è stato effettuato un confronto tra le distribuzioni delle varie classificazioni nei due campioni (Figg. 1, 2). Ciò che è emerso può essere riassunto nei seguenti punti:

– Relativamente alle codifiche della AAI suddivise in “sicure” e “insicure”, emerge dallo stesso confronto una differenza che risulta essere statisticamente significativa (X2 < 0.001; Fig. 1).

– Relativamente alla codifica “Unresolved”, si evidenzia una significativa differenza nel confronto delle distribuzioni nel campione con abuso fisico o sessuale verso il campione di controllo (X2 < 0.001; Fig. 2).

– Nel campione con abuso fisico e sessuale è nettamente superiore la frequenza di codifiche che rappresentano un alto livello di disorganizzazione dello stile di attaccamento, quali le codifiche E 3 e CC.

Discussione

La AAI si è dimostrata uno strumento affidabile e dotato di notevoli proprietà psicometriche; vari studi infatti hanno dimostrato come i risultati dell’intervista non siano influenzati dall’intervistatore, come le classificazioni risultino stabili nel tempo e non correlate a differenze nel livello intellettivo degli intervistati o nelle capacità mnemoniche (32-35) .Trattandosi di uno strumento molto complesso, che richiede una notevole quantità di tempo per l’esecuzione, la trascrizione e la valutazione, non è stata finora possibile l’attuazione di studi su vasta scala; tuttavia, una recente meta-analisi condotta su 18 studi da van Ijzendoorn e Bakermans-Kranenburg (36) ha permesso di ottenere una attendibile stima della distribuzione delle classificazioni nella popolazione generale ed in campioni a rischio.
Rispetto a questi risultati possiamo fare alcune considerazioni.
In primo luogo è necessario affrontare la questione riguardante la categoria U-Unresolved (disorganizzata-disorientata), che come abbiamo visto risulta avere una percentuale sensibilmente più elevata nel campione con abuso. In generale la categoria U indica il fallimento dell’individuo nel monitoraggio del pensiero rispetto ad un evento traumatico, conseguenza di una difficoltosa o mancata elaborazione intrapsichica dell’evento stesso; allo stesso tempo, però, il medesimo individuo, benché irrisolto rispetto al trauma, avrà sviluppato il proprio modello operativo interno globale, che potrà essere sia di tipo sicuro che insicuro. Le codifiche U appaiono fortemente rappresentate nei campioni clinici (29) ;sono state ad esempio associate a disturbi ansiosi (37) ,disturbo borderline di personalità (37,38) e comportamento suicidario (40) ,suggerendo una relazione tra il fallimento di una elaborazione delle esperienze traumatiche che consenta una loro coerente integrazione nei propri schemi rappresentazionali e la vulnerabilità a vari disturbi psichiatrici. D’altro canto la codifica U non si riferisce soltanto alla mancata elaborazione di eventi traumatici quali il maltrattamento o l’abuso sessuale, ma può essere presente, nel corso dell’intervista, anche come fallimento nel monitoraggio del pensiero o del discorso rispetto ad un lutto. Se noi andiamo infatti ad analizzare i soggetti che nel campione di controllo hanno ottenuto la codifica U, osserviamo che nella quasi totalità dei casi tale codifica si riferisce ad una disorganizzazione dello stile narrativo circoscritta al racconto di un lutto precoce relativo ad una figura significativa.
Tenendo conto che la codifica U-irrisolta è sempre affiancata da una seconda codifica, se noi consideriamo nel campione di controllo ed in quello con abuso il singolo soggetto come irrisolto-sicuro o irrisolto-insicuro, possiamo osservare che nel campione di controllo la percentuale di soggetti con seconda codifica di tipo sicuro è elevata e nel complesso i soggetti sicuri sono la maggioranza rispetto al campione con abuso, tra i quali è sempre presente, nei soggetti classificati U-irrisolti-disorganizzati, una seconda codifica di tipo insicuro. Si può ipotizzare che, in relazione ai soggetti che nel campione di controllo hanno ricevuto una codifica U con una seconda categoria sicura, l’evento traumatico abbia determinato una difficoltosa o mancata elaborazione dell’evento, ma non abbia creato particolari distorsioni nello stile globale di attaccamento. Infatti, se si fa riferimento, a livello generale, alla perdita di un genitore nell’infanzia è possibile osservare come il rischio principale per un outcome sfavorevole sembri derivare dai contrasti e dalla disorganizzazione dell’ambiente familiare che precedono, accompagnano e seguono la perdita molto più che dalla perdita stessa (41) .
Appare interessante notare come la distribuzione di classificazioni insicure sia nettamente più elevata tra coloro che sono stati abusati in confronto a coloro che non hanno subito eventi traumatici. Questo dato sembra confermare che le conseguenze di un trauma come l’abuso derivano in parte dalle conseguenze dell’evento stesso e prendono la forma di una disorganizzazione circoscritta, presente nel nostro campione in oltre il 60% dei casi, in parte dall’atmosfera familiare che spesso non consente un buon accudimento complessivo del soggetto, attraverso esperienze quali il rifiuto attivo delle necessità del bambino, il neglecting, l’inversione dei ruoli e l’assenza di amorevolezza.
Al di là di considerazioni su quale sia il ruolo preminente nel determinare le conseguenze dell’abuso, se il trauma stesso, o questo in associazione con le altre caratteristiche delle interazioni nell’ambiente familiare, sembra importante poter cominciare ad ipotizzare che il processo attraverso il quale le conseguenze di un abuso si manifestano nell’adulto, ad esempio con un disturbo di personalità, possa essere mediato dalla costituzione di modelli operativi interni fortemente distorti e caratterizzati dalla presenza di un modello operativo interno insicuro in associazione ad una disorganizzazione ed una impossibilità di elaborazione psichica dell’evento abusivo. Ciò sembra particolarmente evidente quando osserviamo che i soggetti insicuri e spesso anche irrisolti del campione con abuso presentano particolari codifiche, quali la sotto-categoria E3 e la categoria CC. Tra i soggetti con esperienze di abuso la sotto-categoria E3, che risulta assente nel campione di controllo ed è caratterizzata da confusione, paura e senso di sopraffazione diffusa a tutta l’intervista in relazione a esperienze con le figure di attaccamento, compare molto raramente (approssimativamente nel 3% dei casi) in campioni a basso rischio, ma appare fortemente rappresentata tra i soggetti con diagnosi di disturbo borderline di personalità (38) ,in genere associata ad una codifica U.
Va infine rilevata la percentuale di soggetti che hanno ricevuto la codifica CC, anche questa rara in campioni a basso rischio. È possibile ipotizzare che in alcuni casi l’abuso fisico e sessuale possa associarsi a un grado estremamente elevato di disorganizzazione nella rappresentazione non solo dell’esperienza dell’abuso, ma di tutto il complesso delle relazioni di attaccamento, evidenziando inoltre una massiccia difficoltà a strutturare un’immagine integrata di sé e di sé in relazione agli altri. Hesse infatti suppone che una disorganizzazione circoscritta alla discussione del trauma, corrispondente alla codifica U della AAI, può indicare quello che egli definisce essere una “esperienza dissociativa minore o parziale”, mentre i trascritti valutati come CC riflettono una forma globale di processo mentale dissociativo.
In ultima analisi, i dati da noi raccolti sembrano sostenere l’ipotesi di un’associazione tra l’abuso in età evolutiva e una distorsione dei modelli rappresentazionali relativi all’attaccamento che persiste nell’adulto, un’alterazione che non sembra limitata alla incapacità di integrare l’evento traumatico nel contesto di una narrazione coerente, ma investe globalmente gli schemi cognitivi connessi alle rappresentazioni delle esperienze precoci, fino ad assumere caratteristiche eclatanti quali il complessivo breakdown delle strategie di monitoraggio della narrazione e del ragionamento e quindi dei modelli operativi interni.


Tab. I.

Distribuzione delle codifiche nel campione di controllo (n� 34 soggetti). Code distribution in the 34 subject control sample.

4 Categorie 5 Categorie
N. % N. %
Sicuri F 20 59 15 44
Insicuri
Ds 8 23 8 23
E 6 18 4 12
CC 0 0 0 0
Tot 14 41 12 35
Unresolved U 7 21

Tab. II.
Distribuzione delle codifiche nel campione con abuso fisico e sessuale (n� 13 soggetti). Code distribution in the 13 subject physical and sexual abuse sample.

4 Categorie 5 Categorie
N. % N. %
Sicuri F 2 15 2 15
Insicuri
Ds 3 23 1 8
E 6 47 2 15
CC 2 15 0 0
Tot 11 85 3 23
Unresolved U 8 62

 

Fig. 1.

 

Fig. 2.

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