Attualità in tema di prevenzione e trattamento del comportamento suicidario

Current approaches to the prevention and treatment of suicidal behaviour

W. Padoani, M. Marini, L. Pavan

Clinica Psichiatrica, Universit� di Padova

Key words: Suicidal behaviour • Suicidal ideation • Risk groups • Treatment

Correspondence: Prof. Luigi Pavan, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Clinica Psichiatrica, via Giustiniani 2, 35128 Padova, Italy – Tel. +39 49 8213830 – Fax +39 49 8755574

Tentativi di definizione

La ricerca in ambito suicidologico impone innanzitutto di circoscrivere gli agiti autolesivi in definizioni che possano essere unanimemente condivise ed utilizzabili a fini euristici.

Durkheim (1) si riferiva al suicidio come ad �ogni caso di morte che risulti direttamente o indirettamente da un atto positivo o negativo, compiuto dalla vittima stessa consapevole di produrre questo risultato. Il tentativo di suicidio � l’atto cos� definito, ma fermato prima che ne sia risultata la morte�.

Shneidman (2) lo indicava, a sua volta, come �l’atto umano di autoinfliggersi intenzionalmente la cessazione della vita�.

Per quanto concerne, invece, il tentato suicidio, l’OMS (3)(5), proponendo il termine di parasuicidio, lo indicava come �un agito ad esito non fatale nel quale un individuo deliberatamente inizia un comportamento non abituale che, senza l’intervento di altri, causer� un’autolesione, oppure nel quale deliberatamente ingerisce una sostanza in eccesso rispetto a quella prescritta o generalmente ritenuta come dose terapeutica. Tale agito ha l’obiettivo di realizzare cambiamenti che il soggetto desiderava attraverso le reali o attese conseguenze fisiche�.

Negli ultimi anni, tuttavia, il dibattito all’interno del mondo scientifico ha preferito orientarsi verso definizioni che facessero pi� strettamente riferimento a ci� che in questi atti risulta effettivamente osservabile parlando, quindi, di comportamento suicidario ad esito fatale e di comportamento suicidario ad esito non fatale, laddove, fatta salva la consapevolezza del soggetto che l’azione da lui iniziata pu� arrecargli la morte, non si va ad indagare l’intensit� della volont� di porre fine alla propria vita (5) (6).

A completare il campo d’indagine suicidologica vi �, infine, l’interesse per l’ideazione suicidaria, che dovrebbe riferirsi a tutte quelle situazioni in cui l’individuo sperimenta l’idea di autosopprimersi, pur con gradi molto variabili di intensit� e di elaborazione, senza arrivare alla messa in atto di un comportamento suicidario. Tale interesse � giustificato dal fatto che la maggior parte dei comportamenti suicidari, soprattutto quelli ad esito fatale, risultano da lunghi periodi di elaborazione, durante i quali � possibile cogliere segnali diretti ed indiretti di un’ideazione suicidaria che possono orientare un opportuno intervento di prevenzione (5).

Tentativo del lavoro qui presentato � quello di fare il punto sull’attuale stato delle conoscenze in ambito suicidologico in merito ai principali fattori di rischio implicati, all’individuazione di possibili linee di intervento nella prevenzione e alle attuali possibilit� terapeutiche.

Note epidemiologiche

Dai dati pi� recenti forniti dall’OMS si � stimato che circa un milione di persone nel mondo avrebbero realizzato un suicidio nel corso dell’anno 2000 e che i tentativi di suicidio, pur nella difficolt� di fare riferimento a dati affidabili, potrebbero raggiungere una dimensione da 10 a 40 volte superiore (7) (8).

Sempre in prospettiva mondiale, il tasso suicidario standardizzato per et� e riferito al 1996 era di 15,1/100.000 (24,1/100.000 per i maschi e di 6,8/100.000 per le femmine) e la mortalit� per suicidio negli ultimi 45 anni sarebbe cresciuta del 60%. In aggiunta, per quanto i tassi suicidari continuino a presentare un andamento correlato all’aumentare dell’et�, gi� in molti paesi le fasce giovanili (35-45 anni e 15-25 anni) indicano incrementi dei tassi superiori a quelli degli anziani (9).

Per quanto riguarda il nostro paese, i dati ISTAT aggiornati al 1997 indicavano 4.694 suicidi nel corso del 1997 con un tasso nazionale di 8,2/100.000 (12,7/100.000 per i maschi, 3,9/100.000 per le femmine) con un incremento pressoch� costante nel secondo dopoguerra. Tali tassi sono poi strettamente correlati all’et� passando da 0,2/100.000 e 5,2/100.000 nelle fasce 5-14 anni e 15-24 anni rispettivamente, a 14,3/100.000 e 19,6/100.000 nelle fasce 65-74 anni e 75 e pi� anni rispettivamente (10).

Come gi� accennato, risulta pi� difficile un’adeguata stima dei comportamenti suicidari ad esito non fatale, soprattutto su scala nazionale: dati riferiti ai residenti in Padova indicavano nel periodo 1989-1993 un tasso medio di prevalenza annuale di 67,1/100.000 (49,9/100.000 per i maschi e 82,2/100.000 per le femmine) con tassi pi� alti individuabili nelle fasce giovanili, quindi con un andamento esattamente opposto a quello dei tassi suicidari (11). Tali dati indicano chiaramente la necessit� di operare in maniera efficace nella prevenzione del comportamento suicidario e dell’ideazione suicidaria stessa, pur nella consapevolezza di come entrambi siano difficcilmente attribuibili ad un singolo fattore causale e siano in realt� il risultato di un complesso intreccio di concause.

Fattori di rischio

Il fenomeno suicidario � da sempre oggetto di riflessione e ricerca dai pi� svariati punti di vista e ci� ha permesso di individuare delle fasce di popolazione a cui dedicare particolarmente attenzione. Se � indubbiamente vero che il suicidio non � sempre la manifestazione estrema di un disagio delimitabile dai confini delle definizioni psicopatologiche, �, comunque, evidente che una sofferenza psichica � implicata nella grande maggioranza dei percorsi esistenziali dei soggetti che arrivano a darsi la morte.

Altri non trascurabili fattori di rischio possono essere rappresentati dalla presenza di un(importante malattia somatica, soprattutto se cronica o invalidante, da specifiche caratteristiche socio-demografiche, o da situazioni di natura ambientale (Tab. I).

Disturbi psichiatrici

La grande maggioranza dei soggetti che realizzano il suicidio o che mettono in atto un tentativo di suicidio presentano nella loro storia un disturbo mentale e le popolazioni dei pazienti psichiatrici presentano tassi suicidari notevolmente pi� elevati rispetto alla popolazione generale.

Disturbi dell’umore

La diagnosi di un disturbo depressivo � quella pi� comune nei soggetti che hanno realizzato il suicidio. Un disturbo depressivo maggiore pu� essere diagnosticato nel 40-70% dei pazienti suicidari (12) (13) e circa il 15% dei pazienti con disturbo dell’umore alla fine si toglierebbe la vita (14) (15).

Particolarmente a rischio sono anche gli episodi depressivi nel corso di un Disturbo Bipolare. Sintomi da considerare con particolare attenzione sono rappresentati da un umore depresso per la maggior parte del tempo e pressoch� ogni giorno, la perdita di interesse per le usuali attivit�, perdita o aumento di peso, diminuzione o aumento delle ore di sonno, risvegli precoci, sensazioni di facile affaticabilit� e di stanchezza, sentimenti di colpa, di disperazione o di autosvalutazione, irritabilit�, difficolt� di concentrazione e calo delle prestazioni cognitive, ideazione di morte o suicidaria. Il loro riconoscimento � spesso ostacolato dalla presenza di altri sintomi fisici che possono deviare l’attenzione dalla diagnosi principale, dalla difficolt� per molti pazienti di riconoscere la natura psichiatrica del loro problema, ritenuta socialmente sconveniente, dalla scarsa capacit� di valutare la reale intensit� e gravit� della patologia depressiva da parte degli operatori sanitari di base (16).

Disturbo da dipendenza alcoolica

Circa un terzo dei casi totali di suicidio risulterebbe aver avuto problemi legati alla dipendenza alcoolica e una percentuale tra il 5 e il 10% dei soggetti alcool-dipendenti realizzerebbe un suicidio. L’alcool � anche spesso implicato nella metodica di realizzazione del gesto suicidario. I soggetti a maggior rischio sono coloro che hanno iniziato ad abusare di sostanze alcooliche in giovane et�, per lunghi periodi di tempo ed in quantit� elevata, che presentano in concomitanza un disturbo depressivo o malattie somatiche, che devono affrontare una rottura relazionale, difficolt� lavorative o finanziarie. L’abuso alcoolico, come di altre sostanze, � un problema sempre pi� emergente anche nel comportamento suicidario adolescenziale e giovanile (16) (17).

Schizofrenia

Circa il 10% dei soggetti con diagnosi di schizofrenia muore per suicidio. Il rischio � pi� elevato per i soggetti maschi, giovani, soli e disoccupati, di istruzione pi� elevata ed esposti a frequenti ricadute o alla sovrapposizione di disturbi dell’umore. I periodi di malattia pi� critici sembrano essere quelli iniziali di malattia, in cui prevalgono sentimenti angosciosi di confusione, perplessit�, derealizzazione e depersonalizzazione, le fasi immediatamente successive alla dimissione dall’ospedale o, in ogni caso, al miglioramento della sintomatologia psicotica florida, i periodi iniziali di una ricaduta (16) (17).

Disturbi di personalit�

I disturbi di personalit� pi� frequentemente associati a comportamento suicidario sono quelli borderline e antisociale. Studi recenti hanno evidenziato come in popolazioni suicidarie giovanili la prevalenza di disturbi della personalit� oscillasse tra il 20 e il 50% (18). Anche i disturbi narcisistico ed istrionico e, in generale, i tratti di personalit� riconducibili ad impulsivit� e aggressivit� sono indicativi di un maggior rischio (16) (17).

Altri disturbi

Altre patologie psichiatriche a maggior rischio suicidario rispetto alla popolazione generale sono rappresentate dai disturbi d’ansia (in particolare dal disturbo da attacchi di panico e dal disturbo ossessivo-compulsivo), dai disturbi del comportamento alimentare e da quelli somatoformi.

Malattie somatiche

Diversi disturbi di interesse medico generale possono costituire importanti fattori di rischio suicidario quali malattie neurologiche (epilessia, sclerosi multipla, patologie cerebrali o midollari, fasi conseguenti ad ictus cerebri, ecc.), patologie neoplastiche maligne, soprattutto nelle fasi immediatamente successive alla diagnosi, AIDS, patologie ad andamento cronico e invalidante (ad es. diabete mellito, patologie renali od epatiche, patologie cardio-vascolari). L’ideazione suicidaria � per lo pi� riscontrabile nelle patologie che conducono ad importanti gradi di invalidit� o associate a dolore difficilmente controllabile (16) (17).

Fattori socio-demografici

Sesso

Il suicidio continua a presentare pressoch� in tutti i contesti geografici (pur con interessanti eccezioni, vedi ad esempio la Repubblica Popolare Cinese) un fenomeno di gran lunga pi� rilevante nei soggetti di sesso maschile, mentre l’opposto si verifica per i tentativi di suicidio.

Et�

L’andamento dei tassi suicidari presenta un evidente parallelismo con l’aumentare dell’et�, raggiungendo i valori pi� alti nelle fasce oltre i 65 anni. In molti paesi, tuttavia, il contributo ai tassi suicidari della fascia dei 15-34enni sta assumendo sempre pi� rilievo.

Come gi� accennato, invece, il tentativo di suicidio � di gran lunga pi� rappresentato nelle fasce giovanili e i tassi ad esso riferiti diminuiscono in maniera evidente con l’aumento dell’et� (16) (17).

Stato civile

Il matrimonio o la convivenza sono generalmente considerati fattori protettivi rispetto all’ideazione ed al comportamento suicidario. Coloro che vivono soli presenterebbero quindi un rischio suicidario maggiore, soprattutto se tale condizione di solitudine � accompagnata da una sensazione personale di fallimento relazionale, come sarebbe dimostrato dai tassi suicidari inequivocabilmente pi� elevati per separati e divorziati (16) (17).

Stato occupazionale

Lo stato di disoccupazione, soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla perdita di un lavoro, � un indubbio fattore di rischio. Categorie professionali pi� a rischio sembrerebbero essere quelle di medici, veterinari, farmacisti, chimici e contadini (16) (17).

Migrazione

Soggetti che per varie ragioni hanno dovuto trasferirsi dalla campagna alla citt� o soprattutto dal paese d’origine ad un altro paese, presenterebbero un maggior rischio suicidario (16) (17).

Fattori ambientali

Eventi di vita stressanti

Numerose situazioni di vita possono esporre ad un maggior rischio di ideazione e di comportamento suicidario, quali difficolt� nelle relazioni interpersonali, allontanamento dal partner o dal contesto familiare, lutti, dissesti finanziari, difficolt� lavorative, di abitazione, o giudiziarie, pensionamento, ecc. (16) (17).

Disponibilit� dei mezzi suicidari

La facilit� di accesso a mezzi suicidari pressoch� sicuramente letali (quali ad es. armi da fuoco) pu� accentuare il rischio di realizzazione di comportamenti suicidari (16) (17).

Esperienze dirette di suicidio

L’esperienza diretta della morte di un genitore, di un familiare o di un amico per suicidio aumenterebbe il rischio. In realt�, da recenti evidenze sembrerebbe che la probabilit� che si realizzi un cosiddetto �suicidio imitativo� non sarebbe aumentata nei periodi immediatamente successivi al fatto, anche se potrebbe manifestare la sua influenza a notevole distanza di tempo dall’episodio (19).

Linee di prevenzione del comportamento suicidario

La prevenzione di comportamenti che sottendono situazioni cos� estremamente variegate e articolate com’� il caso dei comportamenti suicidari risulta ovviamente piuttosto complessa, ma ci� non impedisce di individuare alcune utili linee orientative.

Recentemente l’OMS ha iniziato un progetto internazionale piuttosto articolato volto a precisare le possibili modalit� preventive a diversi livelli e denominato Multisite Intervention Study on Suicidal Behaviours-SUPRE-MISS (20).

Obiettivo generale di tale progetto � quello di ridurre la mortalit� e la morbilit� connesse al comportamento suicidario attraverso tre linee di intervento:

a) ottenere una riduzione del numero di suicidi e tentati suicidi con particolare attenzione ai paesi in via di sviluppo o in fase di transizione economica;

b)�identificare e intervenire in fase precoce sui fattori di rischio suicidario nelle fasce giovanili;

c)�migliorare la conoscenza delle problematiche connesse al fenomeno suicidario e fornire un adeguato supporto psicosociale alle persone con ideazione suicidaria, a quelle che hanno realizzato un tentativo di suicidio, ai familiari e alle persone vicine a soggetti che hanno tentato o realizzato un suicidio.

Gli strumenti principali individuati in questo percorso sono rappresentati dal sostegno e dal trattamento delle popolazioni a rischio (ad es. depressi, anziani, giovani), dalla riduzione della disponibilit� dei mezzi suicidari (ad es. sostanze tossiche e armi da fuoco), dal supporto ai �sopravvissuti�, da opportune attivit� formative rivolte agli operatori sanitari di base o ad altre figure professionali coinvolte.

Integrata in tale progetto � anche una precisa attivit� di ricerca volta a valutare attraverso un trial clinico randomizzato l’efficacia delle strategie di trattamento dei tentatori di suicidio in diverse aree geografiche. Sono inoltre previste un’indagine di popolazione sull’ideazione e sul comportamento suicidario e l’analisi di parametri biologici di rilievo nel comportamento suicidario.

L’impulso dato dall’OMS alla ricerca in ambito suicidologico accompagna da sempre la storia di questa organizzazione, ma negli ultimi anni si � sentita pi� pressante la necessit� di studiare il fenomeno non solo da un punto di vista epidemiologico, ma anche cercando di delineare in maniera pi� precisa linee operative di prevenzione e trattamento anche con studi d’efficacia controllati, che al momento la letteratura non offre a sufficienza.

Prevenzione primaria

La prevenzione primaria dovrebbe tentare di influire sulle circostanze in grado di determinare la comparsa di problemi psicologici e comportamentali che possono esitare in un’ideazione suicidaria.

In tal senso possono risultare di sicura utilit� l’informazione rivolta alla popolazione e mirante a ridurre lo stigma sociale legato non solo ai comportamenti suicidari, ma alla malattia psichiatrica in generale. Altrettanto importante � la formazione degli operatori (sanitari e non) che pi� spesso vengono a contatto con gruppi di soggetti a rischio. In questa direzione, alcuni programmi educativi rivolti al personale sanitario di base nel riconoscimento e nella gestione del paziente depresso hanno gi� dato ottimi risultati in alcuni paesi (21).

Com’� noto, infatti, si stima che circa met� dei soggetti che realizzano un suicidio abbiano contattato un medico nelle settimane immediatamente precedenti la morte e che un medico di base veda circa sei gravi pazienti suicidari nel corso di un anno, dei quali solo uno sarebbe riconosciuto tale (12) (22).

Anche le campagne di prevenzione del disagio giovanile e la collaborazione con le scuole, per esempio, permetterebbero di raggiungere un importante gruppo di soggetti a rischio suicidario (9) (23).

La limitazione dell’accesso a mezzi suicidari fortemente letali quali armi da fuoco o sostanze tossiche, la detossificazione del gas domestico, il controllo dell’abuso alcoolico, possono essere utili interventi di politica sociale volti a ridurre l’incidenza del fenomeno suicidario (9).

Non � possibile dimenticare, inoltre, il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa che dovrebbero fornire un’informazione meno incline alla spettacolarizzazione o al riferimento scandalistico e pi� attenta a sottolineare la gravit� del fenomeno e le possibili linee di comportamento: in tal senso la definizione di codici di autoregolamentazione o di linee guida, magari definiti in collaborazione con esperti e con operatori sociali nel campo, potrebbe contribuire in maniera significativa ad una reale attivit� di prevenzione primaria (9).

Prevenzione secondaria

La prevenzione secondaria � orientata alla diminuzione dell’incidenza di comportamenti suicidari in gruppi considerati ad alto rischio, quindi in particolar modo nei soggetti affetti da patologie psichiatriche ed in quelli che hanno gi� compiuto un tentativo di suicidio (Tab. II).

In tal senso � necessaria un’organizzazione dei servizi che permetta innanzitutto di riconoscere precocemente tali soggetti, magari fondata su una collaborazione pi� stretta tra operatori sanitari di base e specialisti psichiatri, ma anche di rispondere in tempi brevi e in maniera efficace alla presentazione di una crisi suicidaria: a quest’ultimo scopo, per esempio, sono nate diverse esperienze di centri crisi o linee telefoniche disponibili 24 ore su 24 e diverse tipologie di intervento sulla crisi emozionale.

Soggetti che hanno gi� realizzato un tentativo di suicidio, in particolare, sono ad alto rischio di ripetizione dello stesso: dal 10 al 12% di questi ripete l’atto entro i dodici mesi successivi; circa l’1% va incontro a morte per suicidio nel corso dell’anno successivo, e dal 10 al 30% nei dieci anni seguenti (24)(27).

Lo sviluppo di opportuni interventi di prevenzione e trattamento dei pazienti suicidari � anche imposto dal dispendio di risorse umane e finanziarie che comporta una gestione inadeguata dei pazienti che si rivolgono alle strutture sanitarie in conseguenza di agiti autolesivi. � gi� stato evidenziato, infatti, come nel nostro paese vi sia una squilibrata attenzione all’aspetto somatico del paziente a discapito di quello psicologico, un alto tasso di ricoveri in ambito internistico ed un’elevata onerosit� dell’assistenza prestata (28) (29).

Nell’ambito pi� generale della prevenzione suicidaria, infine, rientra anche l’assistenza ai soggetti che hanno sperimentato la morte di un familiare per suicidio.

Sicuramente anche in questo caso si tratta di soggetti a maggior rischio suicidario ed in ogni caso portatori di una sofferenza che necessita di adeguate risposte: proprio a tale scopo sono sorte negli ultimi anni diverse esperienze di gruppi terapeutici per i �sopravvissuti� e meritano particolare menzione le iniziative dei gruppi di auto-aiuto, che, pur non essendo connotati da una valenza specificamente terapeutica, forniscono un importante sostegno per rielaborare sentimenti di colpa e di impotenza altrimenti difficilmente affrontabili. Questi gruppi, sorti in Nord America negli anni Settanta, sono ora diffusi in parecchi paesi e spesso organizzati in veri e propri movimenti, quali �The Compassionate Friends� e �CRUSE� in Gran Bretagna e Nord America, �SPES� in Svezia, �Vermaiste Eltern� in Germania (30).

Valutazione del soggetto a rischio suicidario

Lo stato mentale del paziente a rischio suicidario � in particolare caratterizzato da tre elementi (31) (Tab. III).

Ambivalenza nei confronti della risoluzione suicidaria

Anche nelle fasi in cui l’ideazione suicidaria � particolarmente importante il soggetto rimane ambivalente nei confronti dell’idea di morire e spesso vi � la ricerca di un qualche canale comunicativo o di un supporto emotivo anche poco prima della messa in atto del suicidio.

Impulsivit�

Per quanto la risoluzione suicidaria sia generalmente il risultato di una elaborazione piuttosto diluita nel tempo, il suicidio generalmente si realizza sulla scorta di un gesto impulsivo, magari scatenato da un qualche episodio negativo (�evento dell’ultimo minuto�).

Rigidit�

I soggetti suicidari presentano una notevole rigidit� cognitiva e pressoch� l’intera loro ideazione � ancorata ad una ideazione pessimistica o alla possibilit� di concretizzare il loro proposito autosoppressivo.

Il colloquio con il paziente a rischio suicidario dovrebbe svolgersi in un ambiente confortevole, che garantisca l’intimit� del paziente ed � necessario dedicare al colloquio un tempo adeguato, evitando, in un ascolto attento, ogni atteggiamento superficiale o sminuente le sensazioni del paziente. La capacit� di creare una situazione in cui il paziente si senta accettato e non giudicato, in cui possa trovare un interlocutore empatico, aperto, onesto e capace di evitare atteggiamenti intrusivi o paternalistici � una premessa fondamentale per poter affrontare insieme al paziente la crisi suicidaria (32).

� necessario evitare comuni pregiudizi rispetto alla situazione di un paziente con ideazione suicidaria: la maggior parte di questi tende a comunicare in qualche modo, con segnali diretti e indiretti, il proprio stato di sofferenza e la propria volont� di morire ed �, perci�, necessario non sottovalutare nessun possibile indizio in tal senso. La comunicazione diretta di una volont� suicidaria non � assolutamente indicativa di una scarsa intenzionalit� e non andrebbe mai minimizzata o stigmatizzata. Anche la convinzione che l’indagine esplicita della volont� di morte possa essere pericolosa � in realt� priva di fondamento: la possibilit� di comunicare a qualcuno il proprio disagio e i propri pensieri suicidari � comunque in grado di alleviare l’angoscia ad essi connessa e pu� permettere al paziente di sperimentare una relazione in cui si sente compreso ed accolto (32) (Tab. IV).

� sempre comunque necessario procedere in questa indagine in maniera graduale, dopo aver stabilito una relazione di fiducia con il paziente, rispettando il tempo che questi ritiene necessario per confidare i sentimenti pi� profondi o quelli pi� negativi e disturbanti.

Esempi di domande generiche che potrebbero essere formulate al paziente sono (31) (32):

Si sente infelice e disperato?
� in difficolt� ad affrontare le giornate?
Sente la vita come un peso o priva di valore?
Pensa talvolta che non valga la pena vivere?
Desidera non svegliarsi al mattino?
Desidera qualche volta che la vita finisca?
Ci sono dei momenti in cui il futuro le appare senza speranza?
Si sente di fare qualcosa di definitivo riguardo ai suoi problemi?

Successive domande, pi� dirette, potrebbero essere:

Sente il desiderio di farsi del male?
Si � mai fatto del male volontariamente?
Pensa spesso al suicidio?
Ha progettato dei piani per uccidersi?

La valutazione del reale rischio suicidario non pu� prescindere da un approfondito colloquio clinico ed anamnestico, ma possono trovare una loro utilit� anche alcuni strumenti psicometrici di valutazione miranti a valutare il rischio suicidario, la gravit� del tentativo eventualmente compiuto, o l’attitudine suicidaria. Tra queste meritano di essere citate la Hopelessness scale (33), la Suicidal Intent Scale (34), la Suicide Assessment Scale (35), la Reasons for Living Inventory (36), il Suicide Attitude Questionnaire (SUIATT) (37).

Gestione del paziente con ideazione suicidaria

Il medico dovrebbe innanzitutto valutare le risorse a disposizione nell’ambiente vicino al paziente, in particolare la presenza o meno di familiari, amici o altre persone di effettivo riferimento e coinvolgerle nell’assistenza al paziente (31).

Un’utile tecnica nella prevenzione del comportamento suicidario � il contratto di �non suicidio�, che pu� coinvolgere, oltre al paziente e al terapeuta, altre figure vicine al primo: tale contratto, oltre che rafforzare la relazione di cura e irrobustire la compliance al trattamento, pu� anche diventare l’occasione per affrontare in maniera approfondita le problematiche pi� angoscianti per il paziente (38).

�, altres�, necessario in molti casi iniziare fin da subito un trattamento farmacologico, generalmente antidepressivo, accompagnato da un intervento psicologico di sostegno o da una vera e propria psicoterapia. � estremamente utile, soprattutto nelle fasi iniziali di trattamento che il terapeuta garantisca contatti frequenti e ravvicinati, anche eventualmente con la disponibilit� di essere raggiunto telefonicamente: se ci� non fosse possibile � necessario esplicitarlo al paziente e indicargli fin da subito un altro terapeuta di riferimento (31).

Generalmente, l’invio ad uno specialista psichiatra � indicato ogni qualvolta sia possibile individuare un disturbo psichiatrico, precedenti tentativi di suicidio in anamnesi, una storia familiare positiva per suicidio, disturbi psichiatrici e abuso alcoolico, assenza di supporto sociale.

In nessun caso, comunque, l’invio del paziente ad un altro riferimento terapeutico deve sottendere un atteggiamento di apprensione, di abbandono, di espulsione, di stigma (31).

In alcuni casi potrebbe risultare necessaria l’ospedalizzazione, in particolare quando l’ideazione suicidaria sia pressoch� costante e associata ad un’elevata intenzionalit� autosoppressiva con progetti concreti di realizzazione del suicidio, presenza di agitazione o panico o di altri gravi sintomi psichiatrici, condizione di isolamento sociale. In situazioni estreme � anche configurabile il ricorso al ricovero coatto.

Trattamento farmacologico dei soggetti a rischio suicidario

Non � a rigore possibile individuare un trattamento farmacologico specifico per le crisi suicidarie, dal momento che l’ideazione ed il comportamento suicidario vanno considerati come manifestazioni di una pi� articolata e complessa sofferenza psicopatologica. Da quanto esposto pi� sopra, vi sono alcune patologie psichiatriche pi� frequentemente associate ad un rischio suicidario ed � quindi necessario riferirsi al trattamento della patologia di base pi� che all’ideazione suicidaria in s�.

Fatte salve queste considerazioni, tuttavia, � possibile indicare alcune linee orientative nel trattamento di questi pazienti, anche sulla scorta dei correlati biologici che sembrano potersi legare alle dinamiche suicidarie.

Molti studiosi hanno rilevato una diminuzione dell’attivit� serotoninergica cerebrale nei soggetti che manifestano un comportamento suicidario (39)(43).

In particolare, bassi livelli di acido 5-idrossiindolacetico (metabolita della serotonina) nel liquor cerebrospinale dei soggetti depressi sarebbero correlati con un disturbo nel controllo dell’auto e dell’etero aggressivit� (44). Altri recenti rilievi in letteratura metterebbero anche in evidenza un qualche ruolo del sistema dopaminergico nell’aggressivit� autodiretta e dell’iperattivit� dell’asse ipotalamo-surrene, come dimostrato dalla mancata soppressione al test al desametazone in molti dei soggetti suicidari testati (45).

Antidepressivi

Da quanto esposto, si rafforzerebbe l’indicazione all’utilizzo privilegiato nei soggetti suicidari di molecole a prevalente bersaglio serotoninergico e diverse evidenze si sono ormai accumulate a favore di diversi antidepressivi SSRI (citalopram, fluvoxamina, zimelidina, fluoxetina, paroxetina) nel ridurre l’intensit� dell’ideazione suicidaria (43) (46)(52).

All’indubbia efficacia terapeutica, inoltre, gli SSRI associano una minor tossicit� in overdose rispetto ai triciclici o agli inibitori delle MAO e si propongono quindi come farmaci di prima scelta nel trattamento del paziente suicidario con sintomi depressivi (43) (50) (52).

� in ogni caso da ricordare che circa il 30% dei pazienti con depressione maggiore non manifesta miglioramenti significativi con i comuni trattamenti antidepressivi anche a dosaggio pieno: in tali casi � necessario provvedere all’associazione di altri farmaci antidepressivi a diverso profilo o di stabilizzatori dell’umore. Nei casi pi� refrattari alla terapia e con ideazione suicidaria importante sembra dare risultati incoraggianti anche la terapia elettroconvulsiva (43).

Neurolettici

L’utilizzo dei neurolettici, generalmente associati ad un trattamento antidepressivo, trova indicazione non soltanto nei soggetti suicidari con diagnosi di psicosi, ma anche nei soggetti con disturbo di personalit�. L’utilizzo di neurolettici a bassi dosaggi sarebbe comunque indicato per molti pazienti con ideazione suicidaria, soprattutto nella fase acuta della crisi suicidaria, nelle fasi iniziali e ancora non pienamente efficaci del trattamento antidepressivo, nei pazienti in regime di ricovero (43) (54).

Positivi rilievi sono ora disponibili anche per gli antipsicotici atipici (55).

Benzodiazepine

L’utilizzo delle benzodiazepine pu� trovare utili indicazioni nelle fasi acute della crisi suicidaria, soprattutto se associata ad un’importante componente ansiosa. Il loro utilizzo a lungo termine, comunque, � sconsigliato anche nella gestione del paziente suicidario (43) (56).

Stabilizzatori del tono dell’umore

Esistono ormai diverse evidenze dell’utilit� del Litio nel ridurre l’intensit� dell’ideazione suicidaria e il ricorso a comportamenti autolesivi. Tale ruolo sarebbe importante di per s� e non solo per il possibile potenziamento di una terapia antidepressiva (50) (57).

Analoghi risultati sembrano potersi ottenere con l’utilizzo della Carbamazepina (58).

In generale, comunque, nel trattamento farmacologico del paziente suicidario � necessario fornire al paziente informazioni comprensibili e chiare sulle modalit� e sui tempi d’azione dei farmaci somministrati e sui loro effetti collaterali, assicurarsi un’adeguata compliance terapeutica, magari con l’aiuto dei familiari, prescrivere la dose necessaria per brevi periodi, onde evitare il rischio di overdose volontaria, inserire il trattamento farmacologico in un’attenzione pi� ampia e supportiva al paziente.

Trattamento psicoterapeutico del paziente suicidario

La psicoterapia pu� risultare estremamente utile, se non necessaria, per molti pazienti suicidari anche se spesso il paziente appare poco motivato al trattamento.

Ringel (59) individuava tre principali obiettivi nella psicoterapia con il paziente suicidario: superare rapidamente la sindrome presuicidaria, porre le premesse per un positivo ambiente di vita per il paziente, sviluppare le risorse del paziente, con particolare attenzione al senso di iniziativa e di indipendenza (60).

Non esistono molti studi in letteratura volti ad indagare in maniera specifica l’efficacia delle psicoterapie nei pazienti suicidari, anche per i limiti etici imposti dalla particolare posizione di questi pazienti. In linea generale �, comunque, ampiamente condivisa la necessit� di utilizzare tecniche di trattamento di breve durata e con un ruolo direttivo del terapeuta, per lo meno nella fase acuta della crisi suicidaria. Sulla scorta di tali considerazioni sono stati proposti molti interventi rivolti al trattamento specifico della crisi, concentrati in un numero di sedute limitato (da 5 a 10) e focalizzati specificamente sulle circostanze che hanno portato al gesto autolesivo.

Non sono molti i rilievi in letteratura sulla valutazione d’efficacia degli interventi di crisi (61) (62), anche se l’attenzione a questo tipo di intervento � in aumento, soprattutto per il maggior interesse manifestato dalle strutture mediche e psichiatriche di base e per la tendenza crescente nei paesi occidentali a trovare alternative ai ricoveri psichiatrici, vista la drastica riduzione dei posti letto nelle strutture ospedaliere (63).

Finora pochi lavori hanno evidenziato che l’esito dei trattamenti di crisi � migliore di quello degli approcci convenzionali (64).

A questo proposito � da citare lo studio condotto a Berna nel periodo 1995-96 da Reisch et al. (65) nell’ambito del Bern Crisis Intervention Program, particolarmente rivolto alla prevenzione dell’ideazione e del comportamento suicidario e di quelli che gli Autori considerano come possibili fattori di rischio, cio� disturbi depressivi, ansiosi e fobici. La conclusione del Loro lavoro indicava l’efficacia del trattamento con una riduzione della sintomatologia depressiva ed ansiosa e dell’ideazione suicidaria, anche se faceva emergere la necessit� di far seguire all’intervento di crisi vero e proprio una successiva psicoterapia a lungo termine.

Tra le esperienze italiane in tal senso sono da ricordare quelle sviluppatesi a Milano e a Padova.

L’Unit� Urgenze Psichiatriche di Milano, di cui � parte integrante un servizio psicoterapico che si avvale di una proposta di Intervento di Crisi, volto alla risoluzione immediata della crisi emozionale, e una Psicoterapia Analitica Breve di circa un anno: connesso alle attivit� cliniche dell’Unit� � anche un costante lavoro di ricerca orientato in particolare alla valutazione del processo terapeutico (66).

L’intervento proposto, invece, nell’ambito della Clinica Psichiatrica dell’Universit� di Padova si rivolge per lo pi� a giovani ed adulti in crisi emozionale, speso con diagnosi iniziale di disturbi dell’umore o d’ansia. L’intervento risulta assimilabile ad una psicoterapia breve di sostegno e la tecnica, pur facendo riferimento ad una formazione psicodinamica degli operatori, si connota come particolarmente ecclettica. Anche a Padova all’attivit� clinica del servizio � connessa un’attivit� di ricerca volta a confrontare l’efficacia a breve e medio termine di tale trattamento confrontato con una sequela ambulatoriale di routine (67) (68).

I risultati ottenuti nello studio del National Institute of Mental Health sul trattamento della depressione maggiore pongono in evidenza l’efficacia della terapia interpersonale (IPT) e della terapia cognitivo-comportamentale (CBT), due proposte psicoterapeutiche limitate nel tempo e opportunamente manualizzate (60) (69).

Tale efficacia, solo di poco inferiore a quella del trattamento tradizionale con imipramina, si rivelerebbe presente non solo in fase acuta di malattia, ma anche nel mantenimento della remissione sintomatologica a tre e a cinque anni (70). Pur non trattandosi di uno studio specificamente rivolto alla valutazione della prevenzione del rischio suicidario, pare evidente come questi risultati possano facilmente essere indirettamente indicativi di una reale efficacia di questi due trattamenti anche nella gestione di pazienti suicidari affetti da disturbi dell’umore.

Uno dei pochi studi miranti alla valutazione specifica dei trattamenti per i pazienti suicidari �, invece, quello condotto da Marsha Linehan su un gruppo di donne affette da disturbo di personalit� borderline con importanti problematiche suicidarie (71) (72). Il suo metodo terapeutico, denominato Dialectic Behavioural Therapy (DBT), un trattamento riconducibile alle tecniche cognitivo-comportamentali e combinante una psicoterapia individuale direttiva con una terapia di gruppo, ha dimostrato di poter essere pi� efficace nella prevenzione del comportamento suicidario se confrontato con un trattamento routinario (�treatment as usual�).

Anche i trattamenti brevi di orientamento psicodinamico, pur in assenza di adeguati rilievi in letteratura, possono essere considerati utili nel trattamento del paziente suicidario: al fine di poter studiare meglio la loro efficacia � in corso presso il Karolinska Institute a Stoccolma un progetto di valutazione d’efficacia del trattamento di pazienti borderline con la DBT, in collaborazione con Marsha Linehan, e con la Psicoterapia Dinamica per pazienti Borderline, in collaborazione con Otto Kernberg. Da quanto detto risulta quindi sempre necessario considerare per il paziente suicidario l’opportunit� di un’adeguata proposta psicoterapeutica, da sola nel caso di pazienti che resistono, che rifiutano, o che presentano rilevanti controindicazioni al trattamento farmacologico, o in associazione a quest’ultimo in tutti gli altri casi (60).

Conclusioni

La ricerca in ambito suicidologico ha sicuramente visto notevoli progressi negli ultimi anni ed � ora possibile definire pi� chiaramente possibili aree di prevenzione e utili linee di trattamento.

Si � in questa sede tentato di offrire una rapida panoramica dell’attuale stato delle conoscenze relativamente alle varie manifestazioni del comportamento suicidario, pur nella consapevolezza che la sempre pi� ampia dimensione del fenomeno impone un ulteriore e lungo lavoro di studio.

La complessit� del problema costringe ad un approccio olistico che tenga conto contemporaneamente dei diversi fattori implicati nelle singole storie dei soggetti suicidari, ma che riesca anche ad integrare nel lavoro di prevenzione pi� figure e competenze possibili.

� proprio in tale direzione che si muovono le pi� recenti iniziative promosse dall’OMS nel tentativo di ridurre la mortalit� e la morbilit� connesse al comportamento suicidario, come il Multisite Intervention Study on Suicidal Behaviours-SUPRE-MISS di cui si � tentata una sommaria descrizione (20).

Tab. I. Fattori da considerare nella valutazione del rischio suicidario. Factors to consider in assessing suicide risk.

1) Disturbi psichiatrici attuali o trascorsi:
� Disturbi dell�Umore
� Disturbo da dipendenza alcoolica o da sostanze
� Schizofrenia
� Disturbi di personalit�
� Altri disturbi (disturbo da attacchi di panico, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi del comportamento alimentare, disturbi somatoformi)
2)� Precedenti episodi di comportamento suicidario ad esito non fatale
3) Malattie somatiche:
� L�ideazione suicidaria � per lo pi� riscontrabile nelle patologie che conducono ad importanti gradi di invalidit� o associate a dolore difficilmente controllabile
4) Fattori socio-demografici:
� Interruzione di relazioni importanti (separazione, divorzio, vedovanza)
� Isolamento sociale
� Disoccupazione
� Migrazione
5) Fattori ambientali:
� Eventi di vita stressanti
� Disponibilit� dei mezzi suicidari
� Esperienze dirette di suicidio o familiarit� per comportamenti suicidari

Tab. II. Gestione del paziente che ha tentato il suicidio. Management of patients who attempted at committing suicide.

� Valutare la letalit� del mezzo
� Fare un�anamnesi completa
� Riconoscere eventuali eventi stressanti o precipitanti
� Affrontare l�eventuale negazione
� Indagare i meccanismi delle crisi suicidarie, la consapevolezza della letalit� del mezzo, le precauzioni per evitare la scoperta
� Far descrivere le emozioni prima, durante e dopo:
a) Come si sentiva il giorno prima?
b) Dov�era quando ha deciso?
c) Cosa provava in quel momento?
d) Perch� voleva morire?
e) Ripeterebbe il gesto?
� Parlare con la famiglia o eventuali amici
� Indagare la progettualit� futura

Tab. III. Valutazione del soggetto a rischio suicidario. Assessment of subjects at suicide risk.

Stato emotivo del paziente:
� Ambivalenza nei confronti della risoluzione suicidaria
� Impulsivit�
� Rigidit�
Inchiesta:
Esempi di domande generiche:
� Si sente infelice e disperato?
� � in difficolt� ad affrontare le giornate?
� Sente la vita come un peso o priva di valore?
� Pensa talvolta che non valga la pena vivere?
� Desidera non svegliarsi al mattino?
� Desidera qualche volta che la vita finisca?
� Ci sono dei momenti in cui il futuro le appare senza speranza?
� Si sente di fare qualcosa di definitivo riguardo ai suoi problemi?
Esempi di domande pi� dirette:
� Sente il desiderio di farsi del male?
� Pensa spesso al suicidio?
� Ha progettato dei piani per uccidersi?
Segnali d�allarme:
� Verbalizzazioni esplicite (�Non ce la faccio pi��, �Voglio farla finita�, �Non mi interessa pi� di niente�)
� Comparsa di depressione e/o ritiro sociale
� Comportamenti incauti e pericolosi per s�
� Riordinamento dei propri affari, disposizioni testamentarie, alienazione di beni
� Evidente modificazione del proprio comportamento o aspetto
� Abuso di alcool o sostanze stupefacenti
� Eventi di perdita o importanti cambiamenti di vita
� Miglioramenti repentini e improvvisa ed ingiustificata serenit�

Tab. IV. Credenze e realt� intorno al suicidio*. Beliefs and facts on suicide.

Credenze Realt�
1. Le persone che parlano esplicitamente di suicidio poi non lo commettono 1. La maggior parte delle persone che si tolgono la vita ha dato dei precisi segnali sulle proprie intenzioni
2. Le persone con ideazione suicidaria sono assolutamente intenzionate a morire 2. La maggior parte sono ambivalenti
3. Il suicidio avviene in assenza di segnali d�allarme 3. Le persone con ideazione suicidaria danno spesso chiari segnali
4. Un miglioramento dopo una crisi significa che il rischio suicidario � superato 4. Molti suicidi avvengono nei periodi di miglioramento sintomatologico
5. Non tutti i suicidi possono essere prevenuti 5. Vero, ma la maggior parte lo �
6. Una volta che una persona ha manifestato ideazione suicidaria continuer� a farlo 6. L�ideazione suicidaria pu� ripresentarsi, ma non � costante ed in diversi casi pu� non verificarsi pi�

* Tratta ed adattata da World Health Organization: Preventing Suicide. A Resource For Primary Health Workers. WHO/MNH/MBD/00.4, Mental and Behavioural Disorders, Department of Mental Health, WHO, Geneva, 2000.

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