Caratteristiche psicopatologiche e intenzionalità suicidaria in un campione di pazienti depressi ospedalizzati

Psychopathological characteristics and suicidal intention in a sample of depressed inpatients

D. Conforti, C. Scarso, S. Cognolato, S. Dorz, G. Borgherini, G. Magni

Unità Specializzata per la Cura della Depressione, Casa di Cura "Parco dei Tigli", Teolo (PD)

Parole chiave: Ideazione suicidaria • Ospedalizzazione • Disturbi di personalità
Key words: Suicide intention • Hospitalization • Personality disorders

Introduzione

L’esistenza di una importante relazione tra i disturbi dello spettro depressivo e l’ideazione suicidaria è stata da tempo studiata e definita dalla letteratura internazionale (12,15,7,13). Seguendo lo stesso filone, molto si è detto anche sull’importanza della comorbidità dei disturbi di personalità, in particolare del borderline, dei disturbi alcol correlati e anche dei disturbi d’ansia nell’aggravare le condotte suicidarie o parasuicidarie (6,11,7,5,13). Nell’ambito della relazione tra depressione e comportamento suicidario, appare interessante evidenziare se esistono diversità nelle caratteristiche psicopatologiche del quadro depressivo tra i pazienti che presentano un’elevata intenzionalità autosoppressiva e quelli a minor rischio in tal senso.

Lo scopo di questo studio è quello di valutare le caratteristiche socio-demografiche e gli aspetti psicopatologici di due popolazioni di pazienti depressi ospedalizzati, differenziate sulla base della presenza o meno di intenzionalità suicidaria. Si vuole valutare la presenza di eventuali aspetti distintivi di queste due sottopopolazioni e, possibilmente, individuare delle variabili che abbiano valore predittivo nei confronti della stessa intenzionalità suicidaria.

Materiali e metodi

Il campione risulta costituito da 156 soggetti, reclutati con modalità consecutive tra i pazienti ricoverati presso l’Unità Specializzata per la cura dei Disturbi dell’Umore della Casa di Cura Parco dei Tigli di Padova, in un periodo di tempo compreso tra settembre 1996 e luglio 1999. A tutti i pazienti è stato sottoposto il modulo per il consenso informato.

Al momento del ricovero i pazienti sono stati valutati mediante la somministrazione di una batteria testistica , costituita da:

– Scala di Hamilton per la Depressione (HAM-D);

– Scala di Montgomery-Asberg per la Depressione (MADRS);

– Clinical Global Impression (CGI);

– Symptoms Check List-90 (SCL-90);

– Social Adjustment Scale (SAS);

– Social Support Questionnaire (SSQ);

– Scala di Sheehan;

– Short Life Events Scale.

La diagnosi in Asse I e Asse II secondo i criteri del DSM-IV (1994) è stata posta sulla base di due interviste cliniche semistrutturate, rispettivamente la Structured Clinical Interview for DSM-IV I (8) e II (9). Sono stati ammessi allo studio tutti i pazienti che presentavano i criteri diagnostici compatibili con un disturbo facente parte della sfera depressiva, secondo il DSM-IV.

Lo studio prevede la valutazione dei soggetti in tempi successivi all’ingresso, secondo il seguente schema:

– T4 HAM-D, MADRS, CGI;

– T7 HAM-D, MADRS, CGI;

– T14 HAM-D, MADRS, CGI, SCL-90;

– dimissione HAM-D, MADRS, CGI, SCL-90.

È previsto un follow-up a distanza di sei mesi e di un anno.

Per l’elaborazione statistica è stato utilizzato il pacchetto statistico SPSS (Statistical Package for the Social Sciences, version 6.1, 1995): sono stati applicati il test T di Student, il chi square per i dati non parametrici e la regressione lineare per l’analisi della predittività.

Risultati

Il campione totale è risultato composto nel 67,3% dei casi da donne (n = 105) e nel 32,7% da uomini (n = 51), con età media di 51 � 16,1 anni.

La degenza media del campione è risultata pari a circa 19 giorni.

Il campione totale è stato suddiviso in due sottopopolazioni, differenziate sulla base dell’intenzionalità suicidaria valutata con l’item apposito della Scala di Hamilton per la Depressione (HAM-D): è stato fissato al valore di 2 a tale item il cut-off per discernere la presenza di ideazione autosoppressiva (“vorrebbe essere morto o pensa alla possibilità di suicidarsi”). Si sono così ottenuti due campioni, costituiti rispettivamente da 100 soggetti non suicidari (64,1%) e 56 soggetti con intenzionalità suicidaria (35,9%), comparabili per età (t = ,97, p = n.s.), sesso (chi square = ,35, p = n.s.), scolarità (chi square = 6,43, p = n.s.), stato civile (chi square = 8,5, p = n.s.), attività lavorativa (chi square = 5,48, p = n.s.).

La distribuzione di frequenza dei vari disturbi dello spettro depressivo in Asse I del DSM-IV è risultata sovrapponibile nei due gruppi considerati (Fig. 1); in entrambi, infatti, si rileva una più estesa prevalenza di episodi depressivi maggiori ricorrenti (n = 27; 48% nei suicidari e n = 52; 52% nel secondo gruppo), seguiti dalla depressione maggiore a episodio singolo (n = 14; 25% nei suicidari e n = 15; 15% nel secondo gruppo). Si rileva, tuttavia, che la diagnosi di distimia è rappresentata solamente nel gruppo dei pazienti a minore rischio suicidario (n = 11, 11%), essendo completamente assente nell’altro gruppo.

Per quanto riguarda specifiche diagnosi in Asse II del DSM-IV, non si sono dimostrate differenze significative tra i due gruppi (chi square = 2,27, p = n.s). Dalla distribuzione di frequenza dei disturbi di personalità (Fig. 2) si rileva come il disturbo di personalità borderline risulti essere quello maggiormente prevalente in entrambi i gruppi (n = 19, 32,8% nei non suicidari e n = 13, 32,5% nei suicidari), seguito dal disturbo di personalità dipendente (n = 13, 22,4% nei non suicidari e n = 7, 17,5% nei suicidari).

La diagnosi in Asse II è stata posta nel 58% dei casi nel campione dei non suicidari (n = 58) contro il 71,4% dei casi (n = 40) nell’altro gruppo: la differenza non è, però, significativa (p < ,09).

Come era prevedibile, si è rilevata una differenza significativa tra i due gruppi per quanto attiene alla presenza in anamnesi di almeno un tentativo di suicidio (chi square = 12,14, p < ,000) (Fig. 3), a ulteriore conferma che tale riscontro anamnestico rappresenta un forte predittore di intenzionalità e di condotta suicidarie.

Per quanto riguarda i punteggi ottenuti alla batteria testistica somministrata al baseline, non si sono riscontrate differenze significative tra i due gruppi considerati alla scala di adattamento sociale, al supporto sociale e alla Short Life Events.

All’HAM-D somministrata all’ingresso, il gruppo di pazienti con maggiore intenzionalità suicidaria ha evidenziato punteggi significativamente più elevati agli items relativi a sentimenti di colpa (t = 3,54, p < ,001), ansia psichica (t = 2,62, p < ,01), depressione (t = 3,20, p < ,002) e insonnia centrale (t = 2,81, p < ,006); il gruppo di non suicidari ha, invece, evidenziato punteggi maggiori di ansia somatizzata (t = 2,46, p < ,01) e di ipocondria (t = 1,87, p < ,03) (Fig. 4). Questi ultimi riscontri hanno trovato ulteriore conferma alla valutazione alla dimissione (ansia somatizzata t = 2,23, p < ,05 e ipocondria t = 1,96, p < ,05) (Fig. 6).

La MADRS al momento del ricovero ha evidenziato differenze significative al punteggio totale (t = 6,53, p < ,000), agli items per la valutazione delle idee pessimistiche (t = 4,62, p < ,000) e delle idee suicidarie (t = 15,54, p = ,000), nonché la lassitudine (t = 3,00, p < ,003), la tristezza apparente (t = 2,37, p < ,01) e la tristezza riferita (t = 4,11, p < ,000) (Fig. 5). Di queste, alla dimissione si mantengono evidenti le differenze relative alle idee pessimistiche (t = 2,88, p < ,005) e alle idee suicidarie (t = 3,16, p < ,002) (Fig. 6).

Per quanto riguarda l’SCL-90 al baseline, il gruppo di pazienti ad elevata intenzionalità suicidaria ha presentato punteggi significativamente maggiori alle sottoscale per la Depressione (t = 3,65, p < ,00) e per la Sensibilità Interpersonale (t = 1,91, p = ,05), nonché all’Indice Globale (t = 2,36, p < ,02). Alla dimissione, lo stesso gruppo ha evidenziato punteggi maggiori a più sottoscale rispetto all’ingresso, e precisamente: sensibilità interpersonale (t = 2,35, p < ,02), ansia (t = 2,11, p < ,05), depressione (t = 2,41, p < ,01), ansia fobica (t = 2,25, p < ,02), psicoticismo (t = 2,33, p < ,05) e indice globale (t = 2,18, p < ,05) (Fig. 7). Si rileva, tuttavia, che i due gruppi considerati evidenziano entrambi un significativo miglioramento dei punteggi a tutte le sottoscale dell’SCL-90 alla dimissione rispetto all’ingresso (Figg. 8 e 9).

Da segnalare, infine, un punteggio significativamente più elevato alla dimensione Gravità del CGI per quanto riguarda il gruppo dei suicidari (t = 4,32, p < ,000), non mantenutasi al momento della valutazione finale.

A questo punto è stato applicato un test statistico di regressione lineare per la ricerca di variabili che possano avere un valore predittivo nei confronti dell’intenzionalità suicidaria. Nel modello di regressione lineare sono state fatte rientrare tutte le variabili prese in considerazione nello studio; alla fine, il modello di regressione lineare ha indicato due variabili solamente come principali predittori di intenzionalità suicidaria. Il più potente predittore è risultato essere il punteggio totale alla MADRS, ottenuto alla valutazione baseline; tale variabile, da sola, è in grado di spiegare il 45% della varianza dell’item sul suicidio. Si è riscontrata, poi, una correlazione negativa tra punteggio all’item del suicidio e punteggio all’item relativo all’ansia somatizzata; quest’ultimo risulta, infatti, essere un predittore di intenzionalità suicidaria con polarità opposta, spiegando, da solo, il 31% della varianza (Fig. 10).

Discussione

In questo studio abbiamo preso in considerazione le variabili socio-demografiche e psicopatologiche precedentemente elencate, allo scopo di evidenziare caratteristiche distintive tra i due gruppi di pazienti ad elevata intenzionalità suicidaria e non. Come detto, il campione è stato reclutato consecutivamente tra i pazienti ricoverati presso un’unità specializzata per la cura dei disturbi dell’umore, in un periodo di tempo compreso tra settembre 1996 e luglio 1999.

Innanzitutto, va rilevato come non si siano riscontrate differenze significative tra i due gruppi considerati in relazione alle principali variabili socio-demografiche: i due campioni sono, infatti, risultati comparabili per età, sesso, stato civile, scolarità, attività lavorativa.

Ugualmente, non sono risultati rilevanti elementi legati al supporto e all’adattamento sociale, a testimonianza del fatto che i due gruppi a più o meno elevata intenzionalità suicidaria apparentemente sembrano mantenere un funzionamento sociale e lavorativo sovrapponibile nel periodo precedente il ricovero.

A conferma di numerosi riscontri della letteratura internazionale (1,15), si rileva una più frequente presenza di pregressi parasuicidi nell’anamnesi dei pazienti maggiormente a rischio autosoppressivo. È già stata ampiamente dibattuta, infatti, in ambito suicidologico l’importanza della ripetizione dell’agito suicidario come predittore di futuri esiti letali (4).

Non si è rilevata alcuna differenza significativa rispetto alla diagnosi in Asse I del DSM-IV: per entrambe le sottopopolazioni considerate, infatti, la diagnosi maggiormente rappresentata risulta essere quella di disturbo depressivo maggiore, episodio ricorrente (in totale il 50% dei casi) ed episodio singolo (in totale il 19% dei casi). Si segnala la presenza della diagnosi di distimia solamente nel gruppo a minore intenzionalità suicidaria, come primo elemento a favore dell’importanza della gravità della sintomatologia depressiva nella sfera suicidaria.

Per quanto riguarda la diagnosi in Asse II del DSM IV, invece, si riscontra una più marcata presenza di disturbi di personalità nel sottogruppo di suicidari, seppur non in maniera significativa (50% vs. 71%), complessivamente in linea con numerosi riscontri della Letteratura internazionale (6,11,7,13). Brodsky et al. (5) sottolineano come la presenza di comorbidità tra un disturbo depressivo maggiore e un disturbo di personalità borderline risulti più frequentemente associata al comportamento suicidario rispetto al disturbo depressivo maggiore da solo, indipendentemente dalla gravità della sintomatologia depressiva presente. E, infatti, è proprio il disturbo di personalità borderline quello maggiormente rappresentato in entrambi i nostri campioni esaminati. Va segnalato che la distribuzione dei disturbi di personalità, sempre in accordo con il DSM IV, non risulta differire significativamente tra i due gruppi: in entrambi, il disturbo borderline è risultato il più frequente, seguito dal dipendente, e via via dagli altri, particolarmente quelli facenti parte dei Cluster B e C.

Alla valutazione iniziale (T0), il gruppo dei pazienti con più elevata intenzionalità suicidaria viene giudicato clinicamente più grave sulla base del Clinical Global Impression e delle scale di eterovalutazione somministrate dal clinico. Alla scala di Hamilton e di Montgomery-Asberg, infatti, sono molti all’ingresso gli items in cui si rileva una maggiore gravità sintomatologica del gruppo suicidario: depressione, ansia psichica, sentimenti di colpa, insonnia centrale, tristezza apparente e riferita, lassitudine, idee pessimistiche, oltre ad entrambi i punteggi globali delle stesse scale. Per contro, appare importante segnalare che gli items relativi all’ansia somatica e all’ipocondria della scala di Hamilton hanno evidenziato punteggi significativamente maggiori nel gruppo a bassa intenzionalità suicidaria. Sembrerebbe ipotizzabile, sulla base di tali riscontri, un ruolo “protettivo” dei sintomi ipocondriaci e delle somatizzazioni rispetto agli agiti autosoppressivi (10). Al momento della dimissione, le differenze rilevate al T0 della scala di Hamilton tendono ad annullarsi, fatta eccezione proprio per i punteggi ai due items di ipocondria e di ansia somatica i quali permangono significativamente maggiori nel campione di non suicidari. Alla scala di Montgomery-Asberg, invece, si mantengono differenze significative alla dimissione per quanto attiene le idee pessimistiche, le idee suicidarie e la tensione interna.

Risultati interessanti sono emersi alla scala di autovalutazione SCL-90. Mentre la valutazione all’ingresso segnala punteggi più elevati per i suicidari solamente alle sottoscale per la depressione e per la sensibilità interpersonale, al momento della dimissione le differenze si accentuano. Compaiono, infatti significatività in relazione a sensibilità interpersonale, ansia, depressione, ansia fobica e psicoticismo, sempre evidenziando punteggi più elevati per il gruppo dei pazienti a maggiore intenzionalità suicidaria. Sembrerebbe, quindi, che la percezione del paziente del proprio stato clinico si diversifichi tra i due gruppi considerati: i pazienti a maggiore intenzionalità suicidaria migliorano comunque tra l’ingresso e la dimissione ma in modo apparentemente meno deciso rispetto ai soggetti appartenenti all’altro gruppo. In un modello lineare, l’andamento dei punteggi alle sottoscale dell’SCL-90 dei due gruppi considerati non differisce significativamente nel tempo, tra l’ingresso e la dimissione, pur discostandosi tra loro a favore di un più rapido miglioramento del campione a minore intenzionalità suicidaria. Dal momento che questo riscontro non si è evidenziato considerando le due scale sintomatologiche eterosomministrate, si può ipotizzare che nel nostro studio i pazienti a maggiore intenzionalità suicidaria tendano a percepirsi come più gravi rispetto allo stesso giudizio del clinico, o che, comunque, colgano i miglioramenti del quadro sindromico in modo più lento o più “negativo”.

Infine, il punteggio globale al baseline della MADRS è risultato essere il più potente predittore di intenzionalità suicidaria, arrivando a spiegare il 45% della varianza di quest’ultima. La gravità della sintomatologia depressiva, magistralmente rilevata dalla MADRS, sembra quindi mantenere un ruolo fondamentale nel rischio suicidario, a discapito delle caratteristiche più squisitamente legate agli aspetti di personalità.

A rafforzare le osservazioni rilevate con i punteggi alla scala di Hamilton, si aggiunge il riscontro che il punteggio all’item dell’ansia somatizzata è risultato essere inversamente correlato al punteggio all’item di suicidio della stessa scala di Hamilton, suggerendo un suo ruolo di fattore predittivo “inverso”, o protettivo nei confronti dell’intenzionalità suicidaria, spiegandone fino al 31% della varianza.

Conclusioni

Tra gli elementi più interessanti rilevati in questo studio, si segnala innanzitutto la sostanziale uniformità nelle diagnosi in Asse I e II tra i due gruppi considerati, e l’omogeneità per quanto attiene le caratteristiche socio-demografiche e di supporto e adattamento sociale.

Si sono rilevate differenze in alcune aree sintomatologiche evidenziate dalle scale somministrate (CGI, MADRS, HAM-D e SCL-90), generalmente a favore di una maggiore gravità del gruppo di pazienti ad elevata intenzionalità suicidaria, fatta eccezione per gli items relativi ad ansia somatizzata e ad ipocondria.

I punteggi relativi alla SCL-90 hanno segnalato una diversa evoluzione dei due gruppi considerati tra il baseline e la dimissione: sembrerebbe ipotizzabile, infatti, che i pazienti con più marcata intenzionalità suicidaria percepiscano il miglioramento sintomatologico in misura minore rispetto all’altro gruppo, come evidenziato dal moltiplicarsi delle differenze significative presenti all’SCL-90 della dimissione fra i due gruppi considerati.

Corrispondenza: dott. Donatella Conforti, Casa di Cura “Parco dei Tigli”, via Monticello 1, 35037 Teolo, Padova – Tel. 049 9900019 – E-mail: ud.tigli@gpnet.it
Fig. 1. Diagnosi in Asse I. Axis I diagnoses.

Fig. 2. Diagnosi in Asse II. Axis II diagnoses.

Fig. 3. Precedenti TS. Prior suicidal attempts.

Fig. 4. Risultati alla Scala di Hamilton (T0). Baseline Hamilton Rating Scale for Depression scores.

Fig. 5. Risultati alla MADRS (T0). Baseline Montgomery-Åsberg Depression Rating Scale scores.

Fig. 6. HAM-D e MADRS alla dimissione. Montgomery-Åsberg Depression Rating Scale scores at discharge.

Fig. 7. Risultati all�SCL-90. Symptom CheckList-90 scores.

Fig. 8. Punteggi alla SCL-90 nei suicidari. Symptom CheckList-90 scores in the suicidal subgroup.

Fig. 9. Punteggi alla SCL-90 nei non suicidari. Symptom CheckList-90 scores in the nonsuicidal subgroup.

Fig. 10. Predittori di intenzionalità suicidaria. Predictors of suicidal intention.

Predittore % varianza spiegata
MADRS tot 45%
F = 38,1, p < ,000
Ansia Somatica
(somatic anxiety)
31%
F = 31,4, p < ,000

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