Farmaci ad attività proserotoninergica

Serotonin-enhancing drugs

N. Brunello

Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università di Modena e Reggio Emilia

Key words: Selective serotonin reuptake inhibitors (SSRIs) • Monoamine transporters • Cytochrome P450 isoenzymes • Serotonin receptors
Correspondence: Prof. Nicoletta Brunello, Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università di Modena e Reggio Emilia, via Campi 183, 41100 Modena, Italia
E-mail: brunello.nicoletta@unimo.it

La storia della serotonina o 5-idrossitriptamina (5-HT) comincia negli anni ’30 quando il ricercatore Vittorio Erspamer isolò dalle cellule enterocromaffini della mucosa intestinale un composto a struttura chimica non definita ed in grado di esercitare numerose funzioni. Vista la sua peculiare localizzazione Erspamer chiamò questa sostanza enteramina. Successivamente, un gruppo di ricercatori americani caratterizzò un composto presente nel siero dotato di una potente azione vasocostrittrice che per tale attività venne chiamata serotonina. Ma fu ancora il lavoro di Erspamer che portò nel 1952 alla scoperta che l’enteramina era un derivato indolico: la 5-idrossitriptamina e che questa era la stessa molecola che Page e Rapport avevano identificato e chiamato serotonina. Solo agli inizi degli anni ’60 il gruppo dello svedese Fuxe riuscì a dimostrare che la 5-idrossitriptamina, oltre a svolgere queste funzioni a livello periferico, era anche un importante neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione di fondamentali processi psicobiologici.

I corpi dei neuroni serotoninergici sono localizzati sulla linea mediana del tronco cerebrale a livello di bulbo, ponte e mesencefalo, concentrati nei nuclei del rafe (Fig. 1). I nuclei del rafe danno origine ad un gruppo omogeneo di neuroni che proiettano i propri assoni verso tutte le principali aree del sistema nervoso centrale: corteccia, talamo, amigdala, ippocampo, nuclei della base, nucleo accumbens, cervelletto, midollo spinale. Le fibre serotoninergiche che proiettano verso le corna posteriori del midollo spinale, in particolare verso le lamine I e II e verso il nucleo spinale del trigemino, indicano un coinvolgimento del sistema serotoninergico nel controllo del dolore.

La serotonina, attraverso le sue proiezioni verso le diverse aree cerebrali, partecipa al controllo di numerose funzioni come il sonno, il tono dell’umore, l’ansia e la paura, l’aggressività, la motivazione e la ricompensa, l’apprendimento e la memoria, il controllo della fame, le funzioni sessuali, la regolazione dei ritmi circadiani, la regolazione del sistema neuroendocrino, la risposta allo stress e la sensibilità al dolore.

La varietà e l’importanza dei processi psicobiologici modulati dalla serotonina, la rilevanza che farmaci attivi sul sistema serotoninergico hanno in psichiatria e il fatto che diverse sostanze d’abuso interferiscono con questo sistema hanno portato a ritenere che non esista disturbo della sfera psichica in cui non sia coinvolto il sistema serotoninergico.

La sintesi della serotonina avviene nei neuroni dei nuclei del rafe e nelle cellule enterocromaffini ad opera della triptofano idrossilasi, enzima che diversamente dalla tirosina idrossilasi non subisce una inibizione da prodotto finale (Fig. 2). Pertanto la sintesi di serotonina nel SNC è influenzata dalla quantità di triptofano libero plasmatico che passa la barriera ematoencefalica attraverso un trasportatore aspecifico per gli aminoacidi aromatici.

Una volta rilasciata nello spazio sinaptico, la serotonina interagisce con specifici recettori presenti sulla cellula postsinaptica, in grado di propagare la trasmissione del segnale e generare la risposta cellulare. L’interruzione di questo segnale è dovuta sia alla rapida rimozione del neurotrasmettitore dalla sinapsi che alla sua metabolizzazione, ad opera di specifici enzimi, in cataboliti inattivi. La degradazione della serotonina è operata principalmente dalle monoamino ossidasi di tipo A (MAO-A), enzimi localizzati principalmente sulla membrana mitocondriale e nei terminali sinaptici che catabolizzano la 5-HT ad acido 5-idrossi-3-indolacetico (5-HIAA), i cui livelli rappresentano una buona misura del turnover della serotonina (Fig. 2).

La rapida rimozione del neurotrasmettitore dallo spazio sinaptico avviene ad opera di meccanismi di ricaptazione presenti nello stesso terminale da cui il neurotrasmettitore è stato rilasciato. Molti studi di carattere biochimico e farmacologico si sono focalizzati sui meccanismi di ricaptazione e sul possibile significato di questi sia in situazioni fisiologiche che patologiche. Recentemente anche la biologia molecolare ha contribuito a delucidare i meccanismi di ricaptazione identificando delle proteine, denominate trasportatori, responsabili dei meccanismi di uptake. Il trasportatore della serotonina è il prodotto di un unico gene localizzato sul cromosoma umano 17 nella regione q11.2 in prossimità del centromero. L’eterogeneità funzionale di questa proteina è garantita da fenomeni di splicing all’estremità 5’ e di poliadenilazione alternativa al 5’. Recentemente sono stati identificati alcuni polimorfismi sul promotore del gene che codifica per il trasportatore della serotonina che sembrano influenzarne l’espressione genica e proteica. In alcune popolazioni questi polimorfismi conferiscono suscettibilità ad alcune malattie mentali come la depressione associata allo stress.

La molteplicità degli effetti mediati dalla serotonina deriva dall’interazione del neurotrasmettitore con un’ampia varietà di recettori di membrana, localizzati sia nel sistema nervoso (centrale e periferico) sia negli organi periferici. Essi sono stati, infatti, localizzati anche in organi quali cuore ed altri organi dell’apparato cardiocircolatorio e nell’intestino.

Per molti anni si è ritenuto che la serotonina interagisse con due sole classi di recettori; i recenti studi di genetica e di biologia molecolare hanno portato all’identificazione di almeno 15 diversi sottotipi di recettori per la serotonina che garantiscono una enorme variabilità di risposta associata a questo sistema.

Per convenzione i recettori serotoninergici sono stati divisi in sette diverse sottofamiglie (da 5HT1 a 5-HT7) sulla base delle loro caratteristiche farmacologiche, della sequenza aminoacidica, sull’organizzazione del gene e del sistema di trasduzione del segnale ad essi accoppiato. I recettori della serotonina sono quasi esclusivamente di tipo metabotropo, accoppiati a proteine G; l’unico recettore ionotropo è il recettore 5-HT3, canale ionico permeabile ai cationi. La struttura dei recettori serotoninergici accoppiati a proteine G è molto simile a quella di tutti gli altri recettori accoppiati a proteine G. Sono proteine strettamente associate al doppio strato lipidico e dotate di sette putativi domini transmembrana di natura idrofobica collegati da tre segmenti intracellulari e da altri tre extracellulari.

La trasmissione serotoninergica offre un notevole numero di bersagli all’azione di farmaci usati a scopo terapeutico o abusati a scopo voluttuario. Tuttavia, nonostante l’elevato numero di recettori, la farmacologia dei recettori serotoninergici è relativamente giovane e pochi sono i farmaci attualmente in commercio che sono attivi a livello recettoriale e la loro specificità è relativamente bassa. I composti più interessanti sono i triptani, farmaci attivi sul recettore 5HT1d ed efficaci nel trattamento dell’emicrania, l’ondansetron e analoghi, antagonisti dei recettori 5HT3 ed efficaci contro la nausea e il vomito indotti dalle terapie antitumorali, e il buspirone, agonista parziale dei recettori 5HT1a, potenzialmente ansiolitico.

Pertanto i farmaci meglio conosciuti come modulatori del sistema serotoninergico non sono gli agonisti o gli antagonisti dei diversi recettori, bensì gli inibitori del trasportatore della serotonina, farmaci che, pur con diversa potenza e selettività, bloccano il meccanismo di ricaptazione neuronale e sono efficaci per il trattamento dei disturbi dell’umore, depressivi e ansiosi e per i disturbi del comportamento alimentare. Sono questi i farmaci antidepressivi come i triciclici, quali imipramina, amitriptilina e clomipramina, gli SSRI (inibitori selettivi del reuptake della serotonina: citalopram, escitalopram, fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, sertralina) gli SNRI (inibitori del reuptake della serotonina e della noradrenalina: venlafaxina, milnacipran, duloxetina).

Gli antidepressivi triciclici (TCA) bloccano il sistema di ricaptazione neuronale sia della serotonina che della noradrenalina e, in minor misura, della dopamina, ma hanno almeno altre tre azioni: il blocco dei recettori colinergici muscarinici, il blocco dei recettori H1 per l’istamina, e il blocco dei recettori alfa-1 adrenergici. Mentre il blocco del reuptake della 5-HT e della NA spiega la loro azione terapeutica, le altre tre proprietà farmacologiche costituiscono la base degli effetti indesiderati dei triciclici. L’attività anticolinergica causa problemi alla vista, secchezza delle fauci, stipsi e ritenzione urinaria; l’azione antiistaminergica provoca sedazione ed aumento di peso mentre il blocco dei recettori alfa-1 adrenergici è responsabile dell’ipotensione ortostatica; inoltre ad alte dosi, i TCA sono cardiotossici e talvolta letali in sovradosaggio. La frequenza e gli effetti collaterali degli antidepressivi della prima generazione, con la conseguente scarsa compliance del paziente, ha portato allo sviluppo di antidepressivi detti di seconda generazione.

Negli ultimi 25 anni sono entrati in terapia numerosi farmaci, strutturalmente e biochimicamente molto diversi, che rappresentano la più efficace e moderna risposta alla depressione. L’importanza e la centralità del sistema serotoninergico nella modulazione fisiologica della trasmissione neuronale hanno sostenuto la ricerca verso farmaci sempre più selettivi e specifici per i neuroni serotoninergici. A circa 20 anni di distanza dall’introduzione dei TCA e dallo sviluppo dei loro derivati è stato introdotto un nuovo gruppo di antidepressivi, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), con la stessa efficacia dei TCA, ma con minori effetti secondari e collaterali. Queste molecole sono sprovviste dell’attività bloccante sui recettori colinergici, istaminergici H-1 e alfa-1 adrenergici e quindi non presentano gli effetti collaterali dei TCA dovuti alla loro affinità per questi recettori. Gli effetti collaterali caratteristici di questa classe di farmaci consistono nei disturbi della sfera gastrointestinale (nausea, vomito, gastralgia) e in disfunzioni sessuali (riduzione della libido, impotenza, anorgasmia) e sono la conseguenza dell’aumentata attività serotoninergica a livello dei recettori 5HT2 e 5HT3. Gli SSRI bloccano il reuptake della 5HT con diversa potenza e, soprattutto, con differente selettività.

Tutte le meta-analisi sino ad oggi effettuate hanno ben documentato che non esistono sostanziali differenze nella efficacia terapeutica dei diversi farmaci antidepressivi, tuttavia un paziente può rispondere meglio ad un farmaco rispetto ad un altro anche della stessa classe, per ragioni diverse, verosimilmente legate a variabili di tipo farmacocinetico, metabolico o farmacogenetico. La risposta di ogni individuo alla somministrazione di un farmaco risulta dalla combinazione di fattori farmacocinetici (diverse isoforme del citocromo P450) e di fattori ambientali come l’alimentazione, il fumo, l’assunzione di alcolici, l’esposizione a contaminanti ambientali o la contemporanea presenza di un’altra patologia e il relativo trattamento farmacologico.

Gli isoenzimi del citocromo P450, localizzati nel reticolo endoplasmico, sono espressi principalmente nel fegato, ma anche a livello della mucosa gastrointestinale, del sistema nervoso centrale e del rene. Questi enzimi utilizzano l’ossigeno per trasformare sostanze endogene (es. prostaglandine, acidi grassi, steroidi) e sostanze esogene (es. antidepressivi e antipsicotici) in composti più polari che possono poi essere eliminati attraverso le urine. La superfamiglia CYP è divisa in famiglie e sottofamiglie di enzimi sulla base dell’omologia nella sequenza aminoacidica; gli isoenzimi presenti nell’uomo appartengono alle famiglie CYP 1-4. Tra i 30 e più isoenzimi identificati, i citocromi CYP1A2, CYP2C9/19, CYP2D6, e CYP3A4 sono particolarmente importanti nel metabolismo di molti antidepressivi e di altri farmaci.

I composti appartenenti alla classe degli SSRI sono la fluoxetina, la fluvoxamina, la paroxetina, la sertralina, il citalopram e, di recente introduzione, il suo enantiomero attivo, escitalopram. Caratteristica specifica di questo gruppo di farmaci è la diversa affinità per il trasportatore della serotonina, cioè della molecola responsabile della ricaptazione della serotonina nel terminale presinaptico (Tab. I). Infatti, paragonando la costante di inibizione, Ki, indice di affinità di questi farmaci per il trasportatore umano della serotonina, è possibile individuare nella paroxetina la molecola dotata di maggiore potenza (e quindi di maggiore affinità), mentre studiando il rapporto fra la costante di inibizione per il trasportatore della serotonina e quella per il trasportatore della noradrenalina o dopamina appare chiaro che la molecola più selettiva è l’escitalopram. Un’altra caratteristica peculiare degli SSRI è la minore incidenza di effetti collaterali rispetto agli antidepressivi triciclici, che è la diretta conseguenza della mancata azione a livello dei recettori di vari neurotrasmettitori. In particolar modo, rispetto agli antidepressivi triciclici, non presentano le conseguenze legate all’interazione di questi ultimi con i recettori muscarinici e alfa-1 adrenergici. I principali effetti collaterali della somministrazione di SSRI sono a carico dell’apparato gastrointestinale (nausea, diarrea), effetti che tendono però a diminuire notevolmente durante il trattamento soprattutto se si adotta un graduale e progressivo aumento del dosaggio. Altri sintomi causati dall’assunzione di questi farmaci sono costituiti da sintomi psichici, come stati d’ansia e irritabilità, praticamente un incremento di uno stato di irrequietezza. Un graduale e progressivo aumento del dosaggio del farmaco è in grado di prevenire anche il manifestarsi di questi sintomi.

La somministrazione di questi farmaci tocca anche la sfera sessuale diminuendo la libido sia maschile che femminile (impotenza, anorgasmia) e sembra essere direttamente correlata, a differenza dei sintomi testé descritti, alla dose di farmaco assunta, cioè tende ad aumentare all’incrementare delle dosi. Altri effetti collaterali osservati dopo l’assunzione di questi farmaci sono rappresentati da cefalee e insonnia, disturbi comunque tendenti ad affievolirsi durante il trattamento.

È importante sottolineare che gli SSRI, pur condividendo l’inibizione della ricaptazione della serotonina come meccanismo principale, tuttavia mostrano qualche azione anche a livello di altri trasportatori, rivelando differenze nel profilo farmacodinamico e farmacocinetico di queste molecole, caratteristiche peculiari che rappresentano la base biochimica delle differenze nel profilo farmacologico e della diversa risposta clinica osservata in alcuni pazienti. Il farmaco più selettivo sulla ricaptazione della serotonina è l’enantiomero attivo del citalopram, escitalopram (Tab. I), che, oltre ad essere quattro volte più selettivo della miscela racemica, inibisce in minima parte l’attività del CYP 450 e pertanto non dà luogo a pericolose interazioni con altri farmaci. Studi in vivo dimostrano che escitalopram possiede un’attività farmacologica equivalente o superiore a quella di una dose doppia di citalopram. Tutti gli studi condotti in vivo nell’animale da esperimento confermano che gli effetti del citalopram sono dovuti all’enantiomero S, mentre l’enantiomero R, non solo sarebbe privo di attività farmacologica, ma attenuerebbe gli effetti dell’enantiomero attivo. Recenti studi di cinetica del legame radiorecettoriale hanno permesso di ipotizzare il meccanismo specifico di interazione dei due enantiomeri del citalopram con il trasportatore della serotonina responsabile del caratteristico effetto della miscela racemica rispetto al solo enantiomero attivo. A livello del trasportatore della serotonina sono presenti due siti: un sito primario, a livello del quale si legano i farmaci antidepressivi bloccanti del trasportatore della serotonina e un sito di modulazione allosterica (Fig. 3A). In assenza di inibitori, la serotonina viene trasportata in modo selettivo dallo spazio sinaptico all’interno della terminazione da cui è stata rilasciata. Per la sua struttura molecolare l’escitalopram è in grado di legarsi sia al sito primario ad alta affinità, bloccando così il trasporto della serotonina, sia al sito di modulazione allosterica determinando una modificazione conformazionale della proteina tale da rendere più stabile il legame di escitalopram al sito primario, determinando così un blocco completo del trasportatore (Fig. 3B). L’enantiomero R invece non è in grado di legarsi al sito primario, infatti è un inibitore debole del trasportatore della serotonina, ma si lega al sito allosterico in modo tale da destabilizzare il legame dell’enantiomero S al sito primario e interferendo con l’attività inibitoria di escitalopram (Fig. 3C). Pertanto la somministrazione della miscela racemica citalopram non produce un blocco completo dell’attività del trasportatore, in quanto la presenza dell’enantiomero R riduce parzialmente la potenza dell’enantiomero S. Questo particolare effetto dell’enantiomero inattivo renderebbe conto del profilo a campana della curva dose-risposta del citalopram, con una riduzione cioè dell’effetto alle dosi più alte, e del fatto che, in diversi studi preclinici, escitalopram dimostra un’attività superiore a quella della corrispondente dose doppia di citalopram.

La sertralina blocca anche il trasportatore della dopamina, meccanismo alla base delle sue proprietà disinibenti e attivanti rilevabili a livello cognitivo soprattutto nei pazienti anziani, ma, allo stesso tempo, potenziale causa di una eccessiva stimolazione del paziente con manifestazioni d’ansia. La paroxetina è l’inibitore più potente e l’unico composto che produce un blocco totale del trasportatore dopo una singola somministrazione; inibisce anche l’uptake della NA, inibisce la nitrossido sintasi, effetto che può portare a disfunzioni erettili e risulta essere la molecola con maggiore azione anticolinergica soprattutto per un’azione a livello dei recettori M3. Tale effetto, oltre che alla potente inibizione del CYP 2D6, richiede una particolare attenzione nel paziente anziano con problemi cognitivi e nelle terapie con più farmaci che vengono metabolizzati dallo stesso isoenzima. La fluvoxamina, fra gli SSRI, risulta essere la molecola con caratteristiche maggiormente sedative; è un potente inibitore delle isoforme 1A2 e 3A4 del CYP450 e pertanto può dare luogo ad interazioni con altri farmaci che seguono la stessa via metabolica. La fluoxetina inibisce anche l’uptake della NA e questo effetto associato ad una specifica azione a livello dei recettori 5HT2c rende conto dell’azione attivante, contestualmente ad una riduzione nell’assunzione del cibo e ad una riduzione della fame soggettiva con conseguente perdita di peso. Sertralina e fluvoxamina interagiscono, inoltre, con il recettore sigma, azione che ne suggerisce l’uso, in associazione ai farmaci antipsicotici, per i sintomi negativi della schizofrenia.

Agli SSRI, più recentemente, si sono aggiunti farmaci caratterizzati da un meccanismo d’azione molteplice in grado di influenzare più di un sistema neurotrasmettitoriale: la venlafaxina, inibitore della ricaptazione della 5-HT e della NA (SNRI), la mirtazapina, antagonista selettivo degli auto- e eterorecettori alfa-2 noradrenergici presinaptici e di alcuni recettori serotonergici; il nefazodone, inibitore della ricaptazione della 5-HT e antagonista di alcuni sottotipi di recettori serotonergici e la reboxetina, inibitore selettivo della ricaptazione della NA.

Lo spettro di effetti collaterali degli SNRI è, almeno parzialmente, sovrapponibile a quello degli SSRI, e cioè sono legati prevalentemente all’attivazione del sistema serotoninergico. Fra i disturbi più frequenti sono riscontrabili nausea, cefalee, disturbi del sonno, mentre meno frequentemente si evidenziano disturbi della sfera sessuale e irritabilità. A dosi elevate di venlafaxina è stata riportata in alcuni pazienti la comparsa di un aumento della pressione arteriosa: questo effetto collaterale si verifica soprattutto nel secondo mese di trattamento, ma non può essere previsto sulla base delle caratteristiche (sesso, età, funzione renale o epatica) del paziente.

Da quanto finora esposto si può concludere che i principali farmaci antidepressivi agiscono modulando la funzionalità del sistema serotoninergico attraverso un’azione diretta sul trasportatore della serotonina o un’azione indiretta su eterorecettori presinaptici responsabili del controllo del rilascio del neurotrasmettitore. Questo effetto suggerisce che, pur ritenendo riduttivo il coinvolgimento di un unico sistema di neurotrasmissione alla base di un disturbo psichico così complesso come il disturbo dell’umore, il sistema serotoninergico è costruito in modo tale da esercitare un effetto generalizzato e modulatorio su altri circuiti neuronali in numerose aree cerebrali. L’importanza e la centralità di tale sistema sostiene quindi la ricerca verso farmaci sempre più selettivi e specifici per i neuroni serotoninergici.

Bibliografia di riferimento

Aghajanian GK, Sanders-Bush E. Serotonin. In: Davis KL, Charney D, Coyle JT, Nemeroff CB, eds. Neuropsychopharmacology: the Fifth Generation of Progress. Philadelphia: Lippincott-Williams & Wilkins 2002:15-34.

Anderson IM. Selective serotonin reuptake inhibitors versus tricyclic antidepressants: a meta-analysis of efficacy and tolerability. J Affect Disord 2000;58:19-36.

Barnes NM, Sharp T. A review of central 5-HT receptors and their function. Neuropharmacology 1999;38:1083-152.

De Jonghe F, Swinkels J. Selective serotonin reuptake inhibitors: relevance of differences in their pharmacological and clinical profiles. CNS Drugs 1997;7:452-67.

Delgado PL, Price LH, Miller HL, Salomon RM, Aghajanian GK, Heninger GR, et al. Serotonin and the neurobiology of depression. Effects of tryptophan depletion in drug-free depressed patients. Arch Gen Psychiatry 1994;51:865-74.

Hoyer D, Hannon JP, Martin GR. Molecular, pharmacological and functional diversity of 5-HT receptors. Pharmacol Biochem Behav 2002;71:533-54.

Kroeze WK, Roth BL. The molecular biology of serotonin receptors: therapeutic implications for the interface of mood and psychosis. Biol Psychiatry 1998;44:1128-42.

Stahl SM. Mechanism of action of serotonin selective reuptake inhibitors. Serotonin receptors and pathways mediate therapeutic effects and side effects. J Affect Disord 1998;51:215-35.

Stórustovu SI, Sánchez C, Pörzgen P, Brennum LT, Larsen AK, Pulis M, et al. R-citalopram functionally antagonises escitalopram in vivo and in vitro: evidence for kinetic interaction at the serotonin transporter. Br J Pharmacol 2004;142:172-80.

Whitaker-Azmitia PM. The discovery of serotonin and its role in neuroscience. Neuropsychopharmacology 1999;21(2 Suppl):2S-8S.

Fig. 1. Rappresentazione delle principali vie serotoninergiche nel sistema nervoso centrale umano. Representation of the main serotonergic pathways in the human central nervous system.

Fig. 2. Schematizzazione di un terminale serotoninergico con la rappresentazione delle vie biosintetiche e degradative, il sistema di ricaptazione e i recettori di tipo metabotropo e ionotropo. Schematic depiction of a serotonergic synaptic terminal with the representation of biosynthetic and break-down pathways, re-uptake system, and metabotropic and ionotropic receptors.

Tab. I. Affinità in vitro degli SSRI per i trasportatori delle monoamine. In vitro affinity of SSRIs for monoamine transporters.

Ki (nmol/l)*

5HT

NA

DA

Escitalopram

1,1

7800

27000

Citalopram

1,6

6200

17000

R-Citalopram

36,0

12000

19000

Fluoxetina

1,1

600

3000

R-Fluoxetina

1,4

410

3800

Paroxetina

0,1

45

270

Sertralina

0,3

710

22

Fluvoxamina

2,3

1400

17000

*: in cellule HEK-293 transfettate con i trasportatori umani.
Pur non essendo l�SSRI più potente, Escitalopram, posto in confronto con altri antidepressivi, è l�inibitore più selettivo per il trasportatore della serotonina rispetto a quelli per la noradrenalina o la dopamina.

Fig. 3. Effetti del citalopram sul trasportatore della serotonina. Effects of citalopram on serotonin transporter.

A: in assenza di inibitori, la serotonina viene efficacemente trasportata all�interno della terminazione sinaptica. In the absence of inhibitors, serotonin is effectively transported inside the synaptic terminal.
B: il legame di escitalopram al sito primario e al sito di modulazione allosterica del trasportatore induce una modificazione conformazionale della proteina bloccando completamente il trasporto del neurotrasmettitore. Escitalopram binding to the primary and allosteric modulatory sites of the transporter induces a conformational change of the protein, thereby completely blocking neurotransmitter uptake.
C: R-citalopram non si lega al sito primario, ma il suo legame al sito di modulazione allosterica rende meno forte il legame di escitalopram al sito primario determinando così un blocco parziale del trasportatore. R-citalopram does not bind to the primary site, but only to the allosteric modulatory site and renders escitalopram binding at the primary site weaker, thus determining a partial transporter blockade.