Il ruolo del cervelletto nella schizofrenia: dai dati morfologici e funzionali alle implicazioni nella Psicopatologia

The role of the cerebellum in schizophrenia: from structural and functional data to implications in psychopathology

F. Lupi, A. Iannitelli, G. Bersani

III Clinica Psichiatrica, Universit� di Roma "La Sapienza"

Parole chiave:
Cervelletto • Brain imaging • Schizofrenia • Neuropsicologia • Tomografia Assiale Computerizzata • Risonanza Magnetica Nucleare
Key words:
Cerebellum • Brain imaging • Schizophrenia • Neuropsychology • Computed Tomography • Magnetic Resonance Imaging

 

“… Gravemente colpito � inoltre il potere critico degli infermi. Per quanto essi si muovano ancora con sicurezza per le vie conosciute, sogliono per� non essere pi� sicuri quando si tratta di elaborare psichicamente le nuove osservazioni. Essi non comprendono pi� bene ci� che avviene intorno a loro, non abbracciano con lo sguardo lo stato delle cose, non riflettono, non trovano le spiegazioni pi� naturali e non si fanno alcuna obiezione, perci� hanno spesso un’idea completamente sbagliata della loro posizione e del loro stato. Se anche non raramente esiste una certa coscienza del cangiamento morboso che � in loro avvenuto, pure manca loro di regola la netta coscienza della gravit� del disturbo e delle serie conseguenze che esso porta con s� per tutta la vita”.

Emil Kraepelin (1)

Introduzione

Gi� nel 1907 Emil Kraepelin in una descrizione relativa a quella che oggi definiremmo “capacit� di insight” del paziente con dementia praecox faceva riferimento, ascrivendole per� ad un ambito di esclusiva pertinenza psichica, a funzioni che oggi sappiamo essere di pertinenza cerebellare quali il movimento e la posizione del corpo o di sue parti nello spazio. La attenta osservazione clinica dei primi psicopatologi, ancora una volta, consentiva di registrare quelle alterazioni comportamentali che molti decenni dopo avrebbero trovato una spiegazione nei risultati di indagini di morfologia cerebrale (1,2).

Nell’ultimo decennio, infatti, l’applicazione delle tecniche di brain imaging allo studio del cervello di soggetti schizofrenici ha dato risultati che hanno confermato quanto evidenziato da precedenti studi post-mortem o con tecniche invasive, quali la pneumoencefalografia (3-8).Le principali scoperte, confermate in numerosi lavori e acquisite con studi che hanno utilizzato la Tomografia Assiale Computerizzata (TC) e la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) (per un totale di pi� di 500 studi, iniziati nel 1972 per la TC e nel 1984 per la RMN) possono essere sintetizzate, innanzitutto, nel riscontro di un allargamento del sistema ventricolare (9-20), in particolare dei ventricoli laterali (10,13,17,19,20), del III (13) e del IV ventricolo (17). La frequente osservazione di un ampliamento del sistema ventricolare ha suggerito, inizialmente, l’ipotesi che la schizofrenia potesse essere associata ad una atrofia diffusa o focalizzata in determinate aree cerebrali. I numerosi studi di brain imaging eseguiti a tale scopo hanno confermato tale ipotesi.

Tra le aree cerebrali considerate, il lobo frontale ha rappresentato una delle regioni pi� ampiamente indagate per il ruolo ricoperto in funzioni cognitive superiori, spesso deficitarie in soggetti schizofrenici. Le anomalie pi� frequentemente riscontrate a carico di questa regione consistono in una riduzione di volume (16,21) ed in un deficit di attivazione della corteccia prefrontale dorsolaterale (22,23). Altre significative alterazioni sono state riscontrate a carico del volume del lobo temporale, in particolare delle sue aree mediali (amigdala e ippocampo), che risulterebbero di volume ridotto (24). Un’altra area che � stata considerata come probabilmente implicata nella patogenesi schizofrenica � stato il corpo calloso (CC) che negli schizofrenici risulta, nella maggior parte degli studi, di volume ridotto o sede di disgenesie; un impairment a carico della pi� importante commissura neocorticale interemisferica produrrebbe una alterazione della comunicazione interemisferica in seguito alla quale un emisfero non riconoscerebbe la produzione ideica come proveniente dall’altro ma la ascriverebbe all’esterno; l’altro emisfero ricoprirebbe, dunque, il ruolo di alieno intrusore (25). Anche la regione talamica si � visto essere frequentemente ridotta di volume in soggetti schizofrenici (26).

Per quanto riguarda il cervelletto, la storia � paradossale. Il cervelletto rappresenta l’area meno conosciuta del Sistema Nervoso Centrale (SNC). Pur essendo la sua struttura e la sua organizzazione ben note, ancora poco sappiamo sui vari circuiti in cui � implicato e sulle relative funzioni. Come per altre regioni cerebrali (es. l’epifisi), anche il cervelletto � stato da Cartesio ritenuto la sede dell’anima, dunque, anche di funzioni superiori. Nell’Ottocento gli si affida il compito di intervenire nel controllo soprattutto della vita affettiva sessuale e si incomincia a suggerire per esso una implicazione in attivit� motorie. Con Luciani, nel periodo tra le due guerre, si parla del cervelletto come di un organo di pertinente controllo motorio che poco o nulla aveva a che fare con funzioni sensoriali. � solo con l’applicazione delle tecniche di brain imaging e dei test neuropsicologici raffinati che, possiamo dire, � rientrato dalla finestra quello che era uscito dalla porta e cio� l’implicazione del cervelletto in funzioni sensoriali pure, autonome dalle funzioni motorie fino all’implicazione in funzioni cognitive e comportamentali.

Sono ben visibili il cervelletto, il IV ventricolo, il tronco encefalico, il ponte, il talamo, il corpo calloso. Si noti l’atrofia corticale diffusa in sede fronto-parietale e in sede cerebellare.

Negli ultimi anni, l’interesse degli studiosi, impegnati in tale ambito di ricerca, si � esteso ad un ampio e complesso sistema di aree e circuiti nervosi, fra i quali il circuito fronto-talamo-cerebellare: una sorta di unit� anatomo-funzionale indispensabile all’espletamento di funzioni superiori (27,28).

La presente rassegna vuole tracciare proprio il percorso scientifico compiuto da quel filone di ricerca che, partendo dai primi dati di una dilatazione ventricolare, procedendo attraverso le molteplici osservazioni di una atrofia corticale, ha spostato gradualmente la propria attenzione sull’esteso sistema fronto-talamo-cerebellare arrivando a focalizzare la propria attenzione sulle anomalie morfologiche cerebellari presumibilmente implicate nella patogenesi di numerosi disturbi mentali, primo fra tutti la schizofrenia. Scopo precipuo di questa rassegna � quello di presentare le possibili implicazioni del cervelletto nei meccanismi patogenetici e nelle manifestazioni psicopatologiche della schizofrenia attraverso un’analisi dei pi� interessanti studi morfologici e funzionali eseguiti in tale ambito e di quelle recenti indagini di neuropsicopatologia che hanno dimostrato le implicazioni non motorie del cervelletto nell’estrinsecazione di alcuni sintomi della schizofrenia.

Al fine di una maggiore completezza riporteremo, infine, i riscontri di un possibile ruolo ricoperto dal cervelletto in patologie psichiatriche diverse dalla schizofrenia.

Note di embriogenesi e di filogenesi del cervelletto

Il cervelletto si sviluppa durante l’embriogenesi come emanazione del tronco, contemporaneamente allo sviluppo della neocortex. � nella prima settimana di vita post-natale che si nota la pi� rapida e importante plasticit� del cervelletto con fenomeni di apoptosi e migrazione dei neuroni. La maturazione completa si raggiunge intorno al 18�-20� giorno di vita extrauterina quando entra in funzione il sistema cortico-spinale. � alla luce di questa particolarissima maturazione neuronale e sinaptica che lesioni precoci del cervelletto possono essere compensate. Inoltre, agenesie parziali del cervelletto possono essere parzialmente compensate sul piano funzionale da altre zone cerebellari che, in questo periodo, possono essere spinte a ricoprire il ruolo di zone vicarianti.

Anche la filogenesi di questa area cerebrale � poco conosciuta. Il cervelletto compare per la prima volta nei pesci mentre la corteccia cerebrale solo nei mammiferi. La corteccia cerebellare, con la sua organizzazione a matrice, rimane invariata in tutta la storia evolutiva.

Il verme rappresenta la parte filogeneticamente pi� antica (paleo-cerebellum), gli emisferi la formazione pi� recente e dunque meglio sviluppata nell’uomo (neo-cerebellum). Una classificazione pi� precisa del cervelletto su base filogenetica individua 3 aree:

– l’archicerebello che � la parte pi� antica ed � costituita dal lobo flocculo-nodulare; � in rapporto con i centri vestibolari del bulbo ed una sua lesione provoca disturbi dell’equilibrio. Il lobulo flocculo-nodulare fa la sua comparsa nei pesci;

– il paleocerebello � costituito dal lobo anteriore (lingula, lobulo centrale, culmen, parte anteriore del lobo quadrangolare) e dal lobo posteriore (piramis, uvula, paraflocculi). Riceve fibre afferenti omolaterali dal midollo spinale (fasci spino-cerebellari) e regola il tono posturale per la stazione eretta;

– il neocerebello (declive, folium, tuber, gran parte degli emisferi cerebellari) � connesso, tramite il ponte, con le aree corticali controlaterali 4 e 6. Sono queste le connessioni corticali per mezzo delle quali il cervelletto controlla sia il sistema piramidale che quello extrapiramidale con la conseguente coordinazione precisa ed armonica dei movimenti volontari.

Dei quattro nuclei cerebellari, il nucleo dentato � il pi� voluminoso e appartiene per la massima parte al neocerebello, gli altri tre (tetto, globoso ed emboliforme) al paleocerebello.

Il lobulo flocculo-nodulare � presente nei pesci, negli uccelli compare il verme e nei mammiferi, con la comparsa della corteccia cerebrale, compaiono gli emisferi che all’inizio svolgono solo una funzione motoria. Infatti, nell’uomo lo sviluppo delle mani e della prensione, dell’afferramento, comporta un controllo spostato pi� a livello distale, di qui lo sviluppo maggiore degli emisferi cerebellari; a titolo d’esempio si ricordi che nei cetacei, per contro, dove l’attivit� motoria � prevalentemente, per cos� dire, mediale, cio� � il tronco ad essere sviluppato, gli emisferi cerebellari sono piccoli.

Il sistema fronto-talamo-cerebellare

Su tale circuito di feedback si incentrano gli sforzi di un interessante filone di ricerca teso ad approfondire la conoscenza sulle possibili implicazioni cerebellari nei meccanismi patogenetici della schizofrenia. Il motivo di tale interesse nasce dalla frequente constatazione, in pazienti schizofrenici, di un impairment psicomotorio che gli studiosi riconducono ad un “indebolimento” e/o ad una incoordinazione delle diverse funzioni neuropsicologiche (24,26); tali disfunzioni vengono a loro volta ascritte ad un deficit del circuito impegnato in attivit� di selezione, filtrazione, integrazione e coordinazione (processing) di tutte le informazioni pervenute alla corteccia cerebrale e responsabile di una adeguata e coordinata risposta ad esse cio� il circuito fronto-talamo-cerebellare.

La corteccia prefrontale, nel circuito, ricoprirebbe una funzione esecutiva: riceve i dati, li pone in un contesto, formula decisioni e risposte. Il talamo svolgerebbe un ruolo di filtro: ricevendo le informazioni da molteplici fonti, opererebbe una selezione tra di esse escludendo stimoli estranei ed inficianti. Il cervelletto, invece, ricoprirebbe un ruolo di metro: coordinerebbe rapidamente le informazioni inviategli dalla corteccia e le rispedirebbe ad essa attraverso strutture subcorticali e troncoencefaliche soltanto dopo averle poste in un corretto contesto spazio-temporale consentendone, cos�, un’acquisizione ordinata ed efficace.

La riduzione del flusso sanguigno cerebrale fronto-talamo-cerebellare, durante l’esecuzione di diversi test di tipo cognitivo (29-31,23), la riduzione di alcuni metaboliti nella stessa regione (32,33), la riduzione di volume a carico del talamo (26), il deficit dell’attivit� corticale in sede prefrontale nei soggetti schizofrenici con disturbi cognitivi (22,23) ,l’impairment tra la corteccia prefrontale e quella temporale durante prove cognitive (31) sono dati a favore di anomalie strutturali e deficit funzionali a carico del circuito fronto-talamo-cerebellare in soggetti schizofrenici.

Prove della implicazione del cervelletto, come elemento del circuito fronto-talamo-cerebellare, nella schizofrenia si trovano, innanzitutto, nei numerosi riscontri di anomalie strutturali e deficit funzionali in questa area cerebrale, individuati con studi di brain imaging.

Studi morfologici di brain imaging sul cervelletto

Studi con TC

La prima evidenza di alterazioni morfologiche cerebellari correlate alla schizofrenia � di uno studio TC del 1979 (34) nel quale si riscontra una riduzione del volume del verme cerebellare superiore in 10 dei 60 pazienti schizofrenici studiati. Questa osservazione trova conferma nei dati dello studio post-mortem condotto dagli stessi ricercatori l’anno successivo: in 5 di 12 cervelli di pazienti schizofrenici si riscontra una diminuzione dell’area del verme cerebellare, la perdita di un numero variabile di cellule gangliari ed un assottigliamento degli strati molecolare e granulare (35). Il dato di un’atrofia del verme cerebellare viene inizialmente smentito (36,37), poi di nuovo confermato (38) e quindi ancora smentito diversi anni dopo (39). Uno studio di particolare interesse � quello condotto da Koller e Coll. ai quali si attribuisce il merito di aver standardizzato il metodo di valutazione dell’atrofia cerebellare: l’atrofia degli emisferi viene ritenuta significativa quando i solchi corticali sono visibili; il grado di atrofia del verme � considerato proporzionale al numero di solchi visibili nella sezione mediana (40).

Studi con RMN

Il primo di tali studi non riscontra negli schizofrenici alcun tipo di anomalia morfologica cerebellare (41). Successive indagini RMN pervengono al medesimo risultato (17,42,43).

In contrasto con i risultati di questi studi, l’ipotesi della presenza di processi atrofici nel cervelletto di pazienti schizofrenici viene rivalutata in un interessante studio retrospettivo eseguito su un unico paziente la cui storia psichiatrica viene riassunta in tre momenti fondamentali: nel 1979 il soggetto in esame manifesta per la prima volta deficit della memoria e disturbi neurologici cerebellari, quali atassia e disartria; due anni pi� tardi compare una sintomatologia psicotica caratterizzata da atteggiamenti bizzarri, allucinazioni uditive, ideazioni paranoidee; nel 1988 un esame di RMN cerebrale evidenzia una diffusa atrofia cerebellare, in assenza di processi neoplastici, paraneoplastici ed infettivi, per cui viene fatta diagnosi di degenerazione idiopatica cerebellare. La precisa sequenza cronologica dei fatti suggerisce, per la prima volta, l’ipotesi di una correlazione tra atrofia cerebellare e disturbi psicotici (44).

I dati di studi successivi (20,45,46) concordano con la precedente indagine, riscontrando un minore volume cerebellare, un maggiore inarcamento del corpo calloso e un allargamento del 4� ventricolo (45); una riduzione di volume del verme cerebellare e del lobo cerebellare infero-posteriore (46); un minor volume dell’emisfero destro del cervelletto ed un restringimento dell’istmo cerebellare (20). In quest’ultimo lavoro si riscontra, inoltre, una progressione di tali anomalie durante i 4 anni successivi alla ospedalizzazione del campione di schizofrenici studiato, in disaccordo con l’ipotesi patogenetica, attualmente pi� accreditata, di una alterazione neuroevolutiva da ascriversi ad un “maldevelopment” cerebrale (47-51,14,15,43).

Studi funzionali di brain imaging del cervelletto

Poche sono le indagini di tipo funzionale che hanno indagato il cervelletto in soggetti schizofrenici. Le tecniche fino ad ora pi� utilizzate sono state la Tomografia ad Emissione di Fotoni (PET) e la Risonanza Magnetica Nucleare funzionale (fRMN). I principali studi con PET hanno evidenziato un deficit assoluto e relativo del metabolismo cerebellare (52), un ridotto metabolismo del glucosio (32) ed una ridotta perfusione del cervelletto e dell’intero circuito fronto-talamo-cerebellare (23,29,30). Non concordano con tali dati i risultati di studi con fRMN (21,53).

Cervelletto e variabili psicopatologiche della schizofrenia

I dati tratti dalla gran parte degli studi strutturali e funzionali dimostrano, come documentato, una associazione tra schizofrenia ed anomalie morfologiche e funzionali cerebellari; rimane per� da chiarire se tale correlazione sottenda o meno una partecipazione attiva del cervelletto alla genesi della sintomatologia schizofrenica e, soprattutto, in che modo questa si attui.

A tal proposito alcuni studi, relativamente recenti, possono aiutarci a comprendere il possibile ruolo del cervelletto nella fenomenologia schizofrenica.

Sandyk e Kay nel 1991 eseguono due diverse indagini con TC (vedi Tab. I). Nella prima di queste gli Autori cercano di definire una correlazione tra la sintomatologia schizofrenica e due anomalie strutturali frequentemente riscontrate in soggetti schizofrenici, quali l’aumento del volume del 3� ventricolo e l’atrofia del verme cerebellare (VCA). Quanto a quest’ultimo parametro, per noi naturalmente pi� interessante, lo studio rileva una correlazione tra VCA e sintomatologia positiva, soprattutto la disorganizzazione concettuale, nessuna correlazione tra VCA e sintomi negativi; una correlazione molto significativa tra VCA e sintomi psicopatologici generali, quali il senso di colpa e il disturbo della volizione (54). Nel secondo studio gli autori cercano l’eventuale correlazione tra i differenti deficit cognitivi ed i quattro reperti neuroradiologici pi� frequenti in soggetti schizofrenici: la calcificazione dei plessi corioidei dei ventricoli laterali, l’atrofia del verme cerebellare, la calcificazione della ghiandola pineale e la dilatazione del 3� ventricolo. I risultati di tale studio concordano con il precedente riscontro di una significativa correlazione tra l’atrofia del verme e la disorganizzazione del pensiero (55).

L’ipotesi di una correlazione tra variabili morfometriche cerebellari e status psicopatologico viene confermata, seppur in termini diversi, dai dati di un successivo studio con RMN che riscontra una correlazione positiva statisticamente significativa tra l’aumento di volume del verme cerebellare e la dimensione psicopatologica positiva della schizofrenia (56).

Su tali dati si fonda l’ipotesi di una “dismetria cognitiva” negli schizofrenici, ovvero di una incapacit� di coordinazione ed integrazione delle funzioni superiori, riconducibile ad una disfunzione del circuito fronto-talamo-cerebellare, a sua volta attribuibile ad una o pi� anomalie strutturali del circuito o di aree ad esso connesse (57-59,23).

Alla luce di quanto detto, acquistano particolare rilevanza in ambito psichiatrico i dati presenti in letteratura che riportano una possibile implicazione cerebellare in funzioni non motorie, ovvero di tipo cognitivo e comportamentale.

Importanti considerazioni ed osservazioni, infatti, sono state ottenute sulle differenti caratteristiche anatomiche e funzionali del cervelletto nelle diverse specie e nei diversi stadi evolutivi della specie umana. Le dimensioni del nucleo dentato mostrano significative differenze filogenetiche, passando da quelle estremamente ridotte degli artropodi a quelle considerevoli dell’uomo (60,61); nel corso dell’evoluzione, il volume del cervelletto e del suo nucleo dentato subiscono un drammatico accrescimento contemporaneamente alle diverse aree corticali raggiunte da efferenze cerebellari (62). Nella struttura del nucleo dentato si distinguono porzioni neoformate e porzioni pi� antiche istologicamente diverse, che suggeriscono una possibile acquisizione, nel corso dell’evoluzione, di funzioni superiori (62). Durante l’esecuzione di prove cognitive, come la ricezione e la comprensione di informazioni verbali, si evidenzia una vasta area di attivazione che si estende dal cervelletto ad alcune specifiche aree della corteccia prefrontale quali l’area di Broca e l’area 8 (implicate nella funzione del linguaggio) (62); un’attivazione pi� genericamente cortico-cerebellare viene registrata durante prove cognitive quali la conta silenziosa e l’immaginazione di un’azione motoria (63). Il cervelletto si presenta connesso con i diversi lobi corticali attraverso un numero elevatissimo di fibre nervose, pari a 20 milioni, non sufficientemente giustificato da una funzione esclusivamente motoria (64).

Cervelletto e funzioni cognitivo-comportamentali

Le funzioni non motorie del cervelletto possono essere divise in funzioni cognitive e affettivo-comportamentali.

I disturbi cerebellari della sfera cognitiva riguardano i disturbi delle funzioni superiori, quali l’attenzione, il linguaggio, la memoria etc… Il “ruolo cognitivo” del cervelletto sarebbe, come abbiamo visto, mediato dal talamo, dal nucleo rosso, dal nucleo dentato e dal nucleo interposto fastigiale. Le batterie di test neuropsicologici in presenza di un impairment cerebellare non ci consentono, tuttavia, di porre una diagnosi di sede della lesione.

Il cervelletto interviene anche nella produzione verbale tanto � vero che i disturbi del linguaggio a partenza cerebellare si presentano con disartria, disprosodia, difficolt� di tipo anomico, agrammatismo, ridotta fluidit� verbale e mutismo. Le alterazioni a carico delle funzioni visuo-spaziali sono rappresentate da deficit di recall visuo-spaziale, difficolt� a compiere operazioni spaziali astratte tridimensionali, agrafia periferica, dissociazione tra QI verbale e QI performance. Esistono anche deficit a carico della memoria e dell’apprendimento, in particolare dell’apprendimento di associazioni visuo-motorie. Alterazioni cerebellari producono anche alterazioni a carico delle funzioni esecutive con un incremento dei tempi nei compiti di planning, shifting dell’attenzione tra due modalit�.

Ulteriori riscontri di studi su modelli animali suggeriscono un importante ruolo svolto dal cervelletto non soltanto in funzioni cognitive ma anche comportamentali: la stimolazione della regione rostrale del verme cerebellare induce un’attivazione della regione settale del sistema limbico, responsabile di risposte emozionali di natura piacevole, ed una inibizione dell’ippocampo, sede di sentimenti ostili (65-67); la produzione di una lesione del verme, del lobulo flocculo-nodulare e di una parte del lobulo paramediano del cervelletto induce un comportamento improvvisamente docile in animali fino ad allora aggressivi (68); la stimolazione della met� rostrale del nucleo fastigiale (ma non di quella caudale) � in grado di indurre comportamenti motivati quali il bere ed il pulirsi (69); una serie di lesioni prodotte nel nucleo fastigiale determina una riduzione dell’attivit�, dell’atteggiamento esplorativo e delle interazioni con l’ambiente esterno (70).

Concordano con tali riscontri alcuni dati riguardanti l’anatomia delle molteplici connessioni esistenti tra cervelletto, sistema limbico e specifiche regioni corticali implicate in funzioni integrative superiori (la corteccia prefrontale e parietale ed il margine pi� alto del solco temporale superiore). Il nucleo dentato invia proiezioni alla corteccia prefrontale attraverso i nuclei talamici mediodorsale ed intralaminare; alcune aree di tali nuclei proiettano poi alla corteccia parietale ed al margine pi� alto del solco temporale superiore, che risulta connesso sia con la corteccia parietale e frontale, sia con aree paralimbiche quali la corteccia inferotemporale, la corteccia del cingolo e la corteccia orbitofrontale. Tale complesso sistema di connessioni nervose � infine chiuso dalle proiezioni che dalla regione temporale raggiungono il cervelletto attraverso la via cortico-ponto-cerebellare (57).

Quanto alla organizzazione delle funzioni cognitivo-comportamentali del cervelletto, la teoria attualmente pi� accreditata sostiene che le regioni cerebellari pi� antiche, quali il lobulo flocculo-nodulare, il verme ed i nuclei globoso e fastigiale, sarebbero zone limbico-associate e quindi principalmente implicate in funzioni comportamentali; al contrario, i lobi cerebellari laterali ed i nuclei dentato ed emboliforme sarebbero prevalentamente implicati in funzioni cognitive, quali il pensiero, l’apprendimento, la memoria ed il linguaggio (57).

Alla luce di quanto detto si pu� facilmente ipotizzare che nel corso dell’evoluzione della specie umana si siano gradualmente verificati un accrescimento, una differenziazione ed una specificazione delle diverse aree corticali cerebrali che, connesse anatomicamente e funzionalmente con le diverse porzioni cerebellari, avrebbero, in qualche modo, indotto un’eguale processo di “maturazione” anche in tali sedi; la differenziazione avvenuta in ambito cerebellare spiegherebbe il prodursi di quella diversificazione recentemente riscontrata tra “cervelletto motorio e cognitivo” e pi� estesamente tra circuito fronto-talamo-cerebellare motorio e cognitivo (27,28).

Tornando all’eventuale implicazione cerebellare in patologie psichiatriche, quale soprattutto la schizofrenia, ci sembra possibile affermare da quanto detto che ad un eventuale maldevelopment cerebellare potrebbero essere ascritti i disturbi comportamentali ed i deficit cognitivi frequentemente presenti in soggetti schizofrenici.

Cervelletto, autismo ed altre patologie psichiatriche

Le anomalie morfologiche cerebellari riscontrate in pazienti schizofrenici e documentate dagli studi precedentemente analizzati non possono in alcun modo essere considerate, allo stato attuale, come marker o criteri diagnostici della schizofrenia. Infatti, le stesse alterazioni sono presenti anche in patologie psichiatriche e non, diverse dalla schizofrenia, come ad esempio l’autismo, i disturbi affettivi, la degenerazione cerebellare primaria, l’alcolismo cronico, la degenerazione cerebellare carcinomatosa, oltre che a situazioni limite quale l’uso cronico di fenitoina in pazienti epilettici.

L’autismo � definibile come una sindrome comportamentale caratterizzata sia da un’incapacit� a stabilire relazioni sociali, sia da un deficit della capacit� comunicativa verbale e non (carente gestualit� e sguardo fisso), sia da peculiarit� comportamentali rappresentate da una serie di atteggiamenti stereotipati e da una forte intolleranza verso qualsiasi cambiamento di attivit� o ambiente (71). Come la schizofrenia, esso viene attribuito ad un anormale neurosviluppo e correlato ad alcune anomalie microscopiche e macroscopiche del cervelletto. Numerosi studi di RMN eseguiti su soggetti autistici hanno riscontrato una ipoplasia dei lobuli VI e VII vermiani e degli emisferi cerebellari (72-78). Concordano con tali osservazioni i riscontri microscopici di una riduzione numerica delle cellule gangliari corticali e di una scarsa gliosi negli emisferi cerebellari di giovani autistici (79).

Recentemente uno studio condotto da Marazziti e Coll. ha dimostrato la presenza nel cervelletto di un recettore 5-HT5A largamente presente nelle cellule del Purkinje, ma anche nella corteccia e nell’ippocampo. Gli Autori sostengono che qualora il circuito neuronale dotato di tale recettore divenisse disfunzionante si verificherebbe una sorta di “atassia cognitiva” ovvero una incoordinazione delle diverse funzioni cognitive superiori, situazione di comune riscontro nell’autismo (80). La presenza di questo recettore � importante per la possibile terapia dell’autismo con basse dosi di SSRI. Alcune successive indagini risultano, tuttavia, in disaccordo con tali osservazioni (81-83).

Per quanto riguarda la possibilit� di un coinvolgimento cerebellare in altre patologie psichiatriche, esistono in letteratura diversi riscontri di alterazioni cerebellari, sia morfologiche che funzionali, in soggetti psichiatrici: il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) sembrerebbe correlato ad una ipoperfusione cerebellare (84); la patologia depressiva sembrerebbe correlata con i disturbi cerebellari presenti nel morbo di Parkinson (85); la degenerazione cerebellare primaria, la degenerazione cerebellare carcinomatosa, l’alcolismo cronico, nonch� la somministrazione cronica di fenitoina in pazienti epilettici sembrerebbero correlate con la atrofia cerebellare (40); la mania con la atrofia cerebellare (37).

Conclusioni

Abbiamo visto che il cervelletto interviene nella valutazione contesto-dipendente dei dati sensoriali probabilistici e nel controllo dei movimenti stocastici multivariati. Ancora, il cervelletto interviene nella modulazione del flusso di informazioni (quale, dove, quando) e controlla i pattern temporali del movimento. Oggi si deve guardare al cervelletto come ad una area cerebrale che interviene nella modulazione non solo, come si sapeva, delle funzioni motorie ma anche di quelle cognitive. Anche i dati di filogenesi mostrano come il cervelletto si sviluppi come organo ancillare alla funzione motoria ma anche a quella cognitiva.

Va sottolineato il fatto che anatomicamente il cervelletto � connesso con tutte le strutture nervose e non soltanto la motoria e la sensitiva ma anche con l’ipotalamo, i nuclei della base, la corteccia frontale, la corteccia limbica e che queste connessioni avvengono nei due sensi. Questa osservazione morfologica rappresenta il substrato per considerare il cervelletto come sede di funzioni integrative di livello elevato. Il cervelletto fa dunque parte di un network superiore svolgendo una funzione regolatoria non solo sui riflessi ma anche sulle funzioni cognitive superiori. Possiamo cio� affermare che nel cervelletto esista una rappresentazione della mente.

La scoperta dell’esistenza di un “cervelletto cognitivo” oltre a quello “motorio” classicamente conosciuto, ha spinto diversi gruppi di ricerca ad occuparsi del possibile ruolo ricoperto da esso nella patogenesi della sindrome schizofrenica. Oggi infatti si parla correttamente di funzione psicomotoria del cervelletto e di sindrome cognitivo-affettiva cerebellare.

La revisione degli studi di brain imaging strutturali e funzionali cos� come le indagini di neuropsicologia sono a favore di un impairment di tipo “cognitivo-motorio” del cervelletto nella schizofrenia.

Tenendo presenti i diversi deficit cognitivi, i numerosi disturbi comportamentali e l’alta frequenza di Neurological Soft Signs (NSS) presenti in molti soggetti schizofrenici, l’evidenza di una eventuale anomalia morfologica in un’area cerebrale implicata in funzioni non solo motorie giustificherebbe, tra le altre cose, l’interesse per un approfondimento dello studio di quest’area cerebrale.

Fig. 1.
Immagine di RMN cerebrale: sezione sagittale mediale T1 pesata di un giovane soggetto schizofrenico (nostra casistica).
Cerebral MRI: T1 midsagittal section of a young schizophrenic patient (our case).

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Tab. I.
Ricordi di anatomia del cervelletto.
A reminder of cerebellar anatomy.

Il cervelletto � un organo di forma ellissoidale, situato nella fossa cranica posteriore insieme al midollo allungato ed al ponte. � situato al di sotto della lamina quadrigemina del mesencefalo, posteriormente al ponte e al bulbo; � separato dai lobi occipitali degli emisferi telencefalici, che lo sovrastano, per mezzo del tentorio del cervelletto. Risulta connesso con i tre segmenti troncoencefalici per mezzo di cordoni di sostanza bianca, denominati peduncoli cerebellari inferiori, medi e superiori. I peduncoli cerebellari superiori o brachia conjunctiva connettono il cervelletto con il mesencefalo attraverso il fascio spino-cerebellare ventrale o crociato di Gowers e fibre crociate che dai nuclei cerebellari proiettano alla formazione reticolare, al talamo e al nucleo rosso; i peduncoli cerebellari medi o brachia pontis lo collegano con il ponte attraverso il fascio cortico-ponto-cerebellare; i peduncoli cerebellari inferiori o corpora restiforme lo collegano con il bulbo attraverso le fibre vestibolo-cerebellari e cerebello-vestibolari, il fascio spino-cerebellare dorsale o diretto di Flechsig, i fasci di G�ll e Burdach e le fibre olivo-cerebellari.
Il diametro trasverso massimo del cervelletto � di 8-10 cm; quello anteroposteriore, misurato sulla linea mediana, raggiunge i 3-4 cm; il diametro verticale o spessore � di 4-5 cm. Il peso medio del cervelletto � di 142 g nell’uomo e 128 g nella donna.
Nella sua conformazione esterna si distinguono, una porzione impari e mediana, detta verme e due masse laterali simmetriche, denominate emisferi cerebellari. Tali porzioni sono solcate esternamente da una serie di scissure trasversali che suddividono ciascuna di esse in lobi, questi in lobuli e questi ultimi in lamine e lamelle.
Nella conformazione interna del cervelletto si distinguono: un mantello grigio superficiale denominato corteccia cerebellare, una massa interna di sostanza bianca detta corpo midollare e quattro coppie di nuclei cosiddetti intrinseci, quali il nucleo del tetto (o fastigiale), il nucleo globoso, il nucleo emboliforme e il nucleo dentato.
L’irrorazione del cervelletto � assicurata dalle arterie cerebellari che si distinguono in: arteria cerebellare anteriore o superiore e inferiore che derivano dal tronco basilare e l’arteria cerebellare posteriore che origina dall’arteria vertebrale. Le arterie cerebellari si ramificano alla superficie dell’organo e si anastomizzano tra loro e con quelle del lato opposto, formando una rete piale. Da questa si staccano rami corticali che irrorano la corteccia, rami midollari per la sostanza bianca e rami diretti ai nuclei intrinseci. La rete arteriosa termina in un sistema di capillari da cui originano le vene costituenti la rete venosa piale.
Il consumo energetico della corteccia cerebellare � pari al 60% di quello consumato dalla corteccia cerebrale. Dato interessante � che nell’anziano e nel morbo di Alzheimer il metabolismo del glucosio � invariato nel cervelletto rispetto alle altre strutture cerebrali. Il metabolismo � inferiore a quello della corteccia cerebrale e questo si pu� spiegare perch� il cevelletto, organizzato in moduli, attiva solo quelli che devono in quel momento funzionare.

Tab. II.
Cenni sui meccanismi di base del funzionamento cerebellare.
An outline of the function basic mechanisms of cerebellar working.

Il cervelletto ha la pi� alta densit� di cellule di tutto il SNC con un rapporto di convergenza nella corteccia che � altissimo: 40 fibre afferenti per 1 fibra efferente. La caratteristica peculiare che distingue la corteccia cerebellare da quella cerebrale � la presenza di una stessa organizzazione neurale in ogni sua parte. La specificazione delle diverse porzioni cerebellari non � insita quindi nella struttura ma � determinata dai differenti tipi di afferenze che ad esse pervengono. La corteccia cerebellare � costituita da soli 5 fenotipi neuronali distribuiti in 3 strati che, dalla superficie alla profondit�, sono: a) lo strato molecolare, in cui si trovano principalmente arborizzazioni dendritiche, assoni amielinici e, soltanto in misura minore, elementi cellulari quali le cellule stellate superficiali che, nella parte pi� profonda di questo strato, prendono il nome di cellule a canestro per la particolare forma che assumono nel contatto con le cellule di Purkinje; esso � implicato in funzioni di tipo associativo nell’ambito della corteccia; b) lo strato gangliare � formato da un’unica fila di cellule del Purkinje che da un lato entrano in sinapsi con gli assoni delle cellule dei granuli e dall’altro raggiungono le cellule dei nuclei intrinseci e in minima parte il nucleo vestibolare di Deiters; c) lo strato granulare, costituito da neuroni ed interneuroni immersi in una rete di fibre cerebellipete; la funzione dei granuli � quella di ricevere la gran parte degli impulsi cerebellipeti pervenuti alla corteccia per poi distribuirli alle cellule gangliari. Le cellule di Purkinje rappresentano la via finale comune, l’unica via di uscita del cervelletto e ricevono afferenze dalla corteccia cerebrale, dal tronco e dal midollo spinale.
I neuroni dei nuclei intrinseci, al pari delle suddette cellule corticali, occupano un ruolo di primo piano nell’assetto anatomo-funzionale cerebellare, essendo parte integrante di una sorta di unit� funzionale che ha come fulcro una cellula gangliare e come porta di uscita una cellula nucleare. Su tale unit� convogliano le diverse afferenze nervose trasmesse al cervelletto attraverso un doppio sistema di fibre cerebellipete: le fibre muscoidi e le fibre rampicanti.
Le fibre muscoidi costituiscono le pi� numerose afferenze della corteccia cerebellare, provenendo sia dai neuroni del midollo, dai nuclei propri del tronco e dai nuclei di alcuni nervi encefalici, sia da formazioni soprassiali. Tali fibre, penetrate nella corteccia cerebellare e, rilasciate le collaterali dirette ad eccitare le cellule dei nuclei intrinseci, entrano in sinapsi con le cellule dei granuli (parallele) formando i cosiddetti glomeruli e, soltanto attraverso questi, inviano impulsi alle cellule di Purkinje a livello dendritico e agli interneuroni: cellule stellate superficiali, cellule a canestro e cellule del Golgi. Il risultato finale dell’azione glomerulare � una risposta aspecifica di tipo tonico.
Le fibre rampicanti derivano in gran parte dal nucleo olivare inferiore che riceve informazioni da altre aree del cervello. Le fibre si dirigono verso lo strato gangliare, dove ciascuna di esse viene a contatto con l’albero dendritico delle cellule di Purkinje; a queste ultime vengono trasmessi impulsi attivanti che producono una risposta altamente specifica. Le cellule di Purkinje proiettano ai nuclei profondi del cervelletto svolgendo un’azione inibitoria su di essi. Le fibre muscoidi e quelle rampicanti eccitano le cellule di Purkinje e gli interneuroni intervenendo, in tal modo, nella regolazione dei nuclei cerebellari.
Il risultato � che i nuclei cerebellari, sede di origine delle vie cerebellifughe (dirette alla formazione reticolare del tronco, al nucleo rosso, ai nuclei ventro-laterali del talamo ai neuroni vestibolari), presentano un’attivit� permanente che � modulata in senso inibitorio dalla corteccia cerebellare. La maggior parte dei neuroni cerebellari sono, dunque, inibitori tanto che Eccles parl� del cervelletto come di una “struttura inibitoria”. La grande plasticit� del cervelletto risiede proprio in questi due canali afferenti.
In chiave moderna si pensa che la corteccia cerebellare sia articolata in maniera “modulare”. Esisterebbero cio� delle unit� morfofunzionali definite “moduli cortico-nucleari” o “microzone” che, ricevendo da unit� specifiche funzionali (motorie, cognitive, sensitive etc…), tramite le fibre rampicanti e le muscoidi trasporterebbero il segnale ai nuclei cerebellari che proietterebbero, a loro volta, alle zone di origine. � in questo meccanismo funzionale che risiderebbe la “modulazione” delle rispettive funzioni. Quindi, i vari moduli si differenzierebbero solo per le differenti connessioni afferenti ed efferenti.

Tab. III.
Alcuni dati sulle funzioni motorie del cervelletto.
Some data on cerebellar motor functions.

L’importante funzione svolta dal cervelletto � quella di effettuare e controllare gli opportuni aggiustamenti dell’attivit� motoria promossa da altri distretti del SNC. Si ritiene che il cervelletto attui una istantanea e continua comparazione tra lo stato attuale dei vari segmenti corporei, desunto dalle informazioni sensoriali-cognitive ad esso pervenute, e l’intenzione motoria. Se tale confronto rivela un’incongruit� tra l’intenzione e la realizzazione motoria, il cervelletto invia istantanei segnali correttivi ai sistemi della motilit� al fine di esaltare o inibire il livello di attivazione dei muscoli specificamente implicati. Il cervelletto esplica la propria attivit� di controllo della motilit� corporea su tre importanti funzioni motorie: la postura, l’equilibrio e la motilit� volontaria (o delle estremit�).
I lobi flocconodulari, il verme e le regioni paravermiane agiscono sulle prime due funzioni; a tal fine essi lavorano in associazione con il midollo spinale e la parte inferiore del tronco encefalico.
Gli emisferi cerebellari sono deputati al controllo dei movimenti volontari o delle estremit�; a tal scopo essi entrano in un circuito di feed-back con la corteccia motoria: i segnali vanno dalla corteccia motoria agli emisferi cerebellari e da qui tornano di nuovo alla corteccia, attraverso i nuclei dentati ed i nuclei ventrolaterali del talamo.
Generalmente la corteccia motoria, durante movimenti rapidi, trasmette impulsi molto pi� numerosi di quanti siano necessari a che gli stessi movimenti si verifichino lentamente; pertanto il compito del cervelletto � quello di inibire la corteccia al momento giusto, dopo che l’estremit� interessata ha iniziato lo spostamento dalla sua posizione iniziale; esso riesce cos� ad arrestare il movimento esattamente nel punto voluto.
Uno degli effetti secondari del meccanismo cerebellare di feed-back �, quindi, il cosiddetto “effetto di smorzamento” dei movimenti volontari. Considerando che tutti i movimenti del nostro corpo sono di tipo pendolare, ciascuna estremit� in movimento avr� la tendenza a superare il limite voluto in virt� del proprio momento angolare. L’azione di smorzamento consiste proprio nell’annullamento di tale momento. Conseguenza inevitabile di quanto detto � che nei soggetti con deficit cerebellare i movimenti volontari si fanno tremuli e si parla di tremore intenzionale: una qualsiasi estremit� corporea in movimento oscilla attorno alla posizione “comandatagli” dalla corteccia, prima di arrestarsi in essa.
Altra inevitabile conseguenza di un deficit dell’azione di “smorzamento” cerebellare, � la cosiddetta dismetria: le estremit� in rapido movimento superano il punto di arresto programmato, viene, cio�, persa la misura dei movimenti che diventano eccessivamente ampi. L’incoordinazione generale che dalla disartria deriva � detta atassia. Altri caratteristici sintomi di deficit cerebellare sono i disturbi dell’equilibrio, l’asinergia, che consiste nella scomposizione dei singoli movimenti che costituiscono un atto volontario; l’anisostenia, che consiste in una alterata distribuzione del tono muscolare in alcuni gruppi di muscoli; l’adiadococinesia, che consiste in movimenti di supinazione e pronazione delle mani pi� ampi e lenti nel lato malato; le vertigini; i disturbi della parola, che riguardano, soprattutto, una difficolt� nella pronuncia tanto che le parole appaiono scandite, rallentate, esplosive.
Ulteriori inevitabili conseguenze di un deficit cerebellare sono il nistagmo, ovvero un tremore dei globi oculari che si verifica quando si fissa lo sguardo su di un oggetto, e l’ipotonia, ovvero un deficit del tono muscolare omolaterale alla lesione cerebellare.

Fig. 2.
Immagini di RMN cerebrale: sezione sagittale mediana T1 pesata di un giovane soggetto schizofrenico (nostra casistica). Sono visibili il cervelletto, il IV ventricolo, il tronco encefalico, ed il ponte. E’ ben evidente la struttura lobulare e laminare del cervelletto (arboe vitae). Sono ben visibili i lobuli degli emisferi cerebellari che nella faccia superiore sono: il vincolo della lingula, l’ala del lobulo centrale, il lobulo quadrangolare e il lobo semilunare superiore; nella faccia inferiore sono la tonsilla, il lobulo digastrico, il lobulo gracile ed il lobulo semilunare inferiore.
Cerebral MRI T1-weighted section of a young schizophrenic patient (our case series).

lupi_fig2.jpg (23209 byte)

Fig. 3.
Circuito cognitivo fronto-talamo-cerebellare. Input a partenza dalla corteccia prefrontale dorsolaterale giungono, via cortico-ponto-cerebellare, alla corteccia cerebellare da cui partono proiezioni che giungono alla stessa corteccia attraverso l’area ventrale del nucleo dentato, i nuclei talamici ventrolaterale, mediale dorsale e intralaminari.
Cognitive fronto-talamic-cerebellar circuitry. The input from the dorsolateral prefrontal cortex reach the cerebellar cortex through the pons. Efferences from the ventral area of the dentate nucleus of the cerebellum, as well as from the ventrolateral, mediodorsal and intralaminar thalamic nuclei provide feedback to the cortex.

lupi_fig3.jpg (23153 byte)

Tab. IV.
Principali studi eseguiti con TC sul cervelletto di soggetti schizofrenici.
Major CT studies of cerebellum in schizophrenic patients.

Autore Campione Aree studiate Caratteristiche della tecnica Risultati
Weinberger e Coll.,
1979
60 SZ 15 pazienti psichiatrici cronici Cervelletto 10 dei 60 SZ studiati presentano riduzione del volume cerebellare superiore; nessuno dei 15 pazienti psichiatrici mostra tale anomalia
Koller e Coll.,
1981
55 casi di atrofia cerebellare Cervelletto EMI 1010 Matrice=160×160 Viene standardizzato il metodo di valutazione dell’atrofia cerebellare: l’atrofia del verme � significativa quando i solchi sono visibili; l’atrofia degli emisferi � proporzionale al n� dei solchi visibili nella sezione mediana
Coffman e Coll.,
1981
14 SZ
21 CS
Cervelletto Non esistono differenze significative tra SZ e CS sebbene negli SZ si riscontri una maggiore area di sezione del verme
Nasrallah e Coll.,
1981
43 SZ
15 MA
36 CS
em = 30,2
Cervelletto Nessuna differenza significativa tra SZ e CS
Owen e Coll.,
1989
48 SZ (26M/22F) con storia familiare positiva o per schizofrenia o per disturbi affettivi o per psicosi funzionali; 48 SZ con storia familiare negativa per patologie psichiatriche; 48 CS Ampiezza del3� ventricolo EMI 1010 VBR maggiore negli SZ che nei CS; VBR maggiore negli SZ con storia familiare negativa che in quelli con storia familiare positiva
Serban e Coll.,
1990
31 SZ (18M/13F)
em = 43,5
Ventricoli laterali
dm = 14,6 presenza di almeno 2 dei seguenti sintomi negativi: anedonia. avolizione, alogia, deficit dell’attenzione, appiattimento affettivo.
31 CS (24M/7F) em=41,2
GE 8800 Spessore = 10mm Non esistono differenze significative tra le misure volumetriche e lineari dei ventricoli degli SZ e quelle dei CS. Il VBR dei corni frontali dei ventricoli � maggiore negli SZ; non esistono correlazioni tra variabili cliniche e anomalie morfologiche
Kay e Sandik,
1991
23 SZ (21M/2F)
em = 31,2
scol = 10,3
dm = 20,3
Verme cerebellare, 3� ventricolo, ghiandola pineale, plessi coroidei dei ventricoli laterali GE 8800 L’atrofia del verme cerebellare (VCA) correla positivamente con lo stato confusionale e la disorganizzazione del pensiero. Il VBR correla positivamente con gli atteggiamenti autistici. La calcificazione dei plessi coroidei correla positivamente con i disturbi del pensiero e la scarsa attenzione. La calcificazione pineale correla positivamente con la perseverazione
Sandik e Kay,
1991
23 SZ (21M/2F)
em = 31,2
Verme cerebellare
scol = 10,3
dm = 20,3
GE = 8800 Viene riscontrata una correlazione positiva statisticamente significativa tra la variabile morfometrica VCA e la variabile psicopatologica”disorganizzazione del pensiero”, nonch� tra la VCA ed i sintomi psicopatologici generali valutati alla PANSS
Daniel e Coll.,
1991
20 SZ, em = 29,3
20 CS, em = 30,2
Verme cerebellare, area prefrontale, corpo calloso, testa del nucleo caudato GE = 9800;
12 sezioni; spessore = 12 mm
matrice = 512×512
Non esistono differenze tra SZ e CS in alcuna area esaminata
Vita e Coll.,
1994
275 SZ
(182M/93F)
em = 26,5
124 CS
(73M/51F)
em = 26,5
Ventricoli laterali EMI 1010(per 13 SZ e 93 CS);
GE 9000 II
(per 86 SZ e 31 CS)
Il VBR � maggiore negli SZ che nei CS: misure maggiori si riscontrano negli uomini e soprattutto tra quelli con storia familiare negativa per schizofrenia

Fig. 4A e 4B.
Confronto tra immagini di TC e RMN del cervelletto. La Figura 4A mostra una sezione assiale cerebrale ottenuta con TC. � visibile il verme cerebellare ed i solchi vermiani il cui numero viene utilizzato per misurare l’atrofia. La Figura 4B mostra una analoga sezione cerebrale. Si noti l’ottima risoluzione dell’intero cervello. La zona vermiana � ben visibile cos� come i solchi.
Cerebellar CT (4A, left) vs. MRI scans (4B, right).

lupo_fig4ab.jpg (38154 byte)

Tab. V.
Principali studi eseguiti con RMN sul cervelletto di soggetti schizofrenici o con altri disturbi psichiatrici.
Major MRI studies on cerebellum in schizophrenic patients and other psychiatric disorders.

Autore Campione Aree studiate Caratteristiche della tecnica Risultati
Mathew e Coll.,
1985
12 SZ (7M/5F)
em = 35
dm = 9,5
12 CS (7M/5F)
em = 9,5
Verme cerebellare, 4� ventricolo GE 0,5 T;
freq. coil = 28 cm
freq. spin-echo
matrice = 256×256
spessore = 10 mm
ris. spaz. = 1,7×1,7
sez. sagittale
Non esistono differenze tra SZ e CS per la superficie della sezione vermiana e per l’ampiezza ventricolare
Murakami e Coll.,
1989
9 AU (8M/1F)
em = 26,5
7 CS (6M/1F)
em = 26
Lobuli I-V e VI-VII del verme ed emisferi cerebellari GE 1,5 T
matrice = 256×256
campo = 24
sez. ass/sagitt;
TR = 2000 (sez.ass)
TR = 600 (sez. sagitt)
TE = 25-70 (sez. ass)
TE = 25 (sez. sagitt)
spessore = 5mm
L’area della sezione sagittale degli emisferi cerebellari � minore negli AU che nei CS; l’area della sezione sagittale mediana dei lobuli cerebellari VI VII � minore negli AU che nei CS
Ekman e Coll.,
1991
15 AU (10M/5F)
em = 8,3
Cervelletto, cervello, tronco encefalico GE 0,02 T sez. ass/cor/sagitt. TR = 2300 (sez. assiale)
TR = 500 (sez. cor/sagitt)
TE = 120 (sez. ass)
TE = 60 (sez. sagitt)
spessore = 10 mm
Non si riscontra alcuna anomalia morfologica in ciascuna area esaminata
Nasrallah e Coll.,
1991
30 SZ (M)
em = 30,7
scol = 13,4
alt = 177,7
11 CS;
em = 31,1
scol = 15,9
alt = 179,4
Verme cerebellare: lobuli I-V, VI-VII, VIII-X GE 1,5 T;
T1 = 800 ms
TR = 1500 ms
matrice=256×25;
sez. sagittale;
spessore = 3 mm
Il volume dei lobuli cerebellari � maggiore negli SZ che nei CS
Harvey e Coll.,
1993
48 SZ (37M/11F)
em = 31
34 CS (19M/15F)
em = 31,6
Lobo frontale, lobo parietale anteriore, lobo temporale, scissura silviana GE 0,5 T;
sez. cor/ass;
Te = 40 ms;
Ti = 150 ms;
Tr = 4420 ms;
spessore = 5 mm;
NEX = 1
I volumi dei lobi esaminati sono minori negli SZ che nei CS; l’ampiezza della scissura silviana � maggiore negli SZ che nei CS
Rossi e Coll.,
1993
23 SZ (14M/9F)
em = 28,2
dm = 6,1
16 CS (8M/8F)
em = 36,6.
Verme cerebellare: lobuli I-V, VI-VII, VIII-X Sezione sagittale Non esistono differenze di volume tra i lobuli cerebellari degli SZ e quelli dei CS. Tra gli SZ, il valore del CBR (Cerebellar Brain Ratio) � minore negli uomini che nelle donne; in particolare risulta ridotto il CBR relativo ai lobuli I-V
Jurius e Coll.,
1993
1 SZ (M)
em = 41
Cervelletto GE 1,5 T;
TR = 500 ms;
TE = 15 ms;
matrice = 265×192;
NEX = 2;
sez. sagittale
Si riscontra una diffusa atrofia cerebellare precedente l’insorgenza della sintomatologia schizofrenica
Aylward e Coll.,
1994
36 SZ (25M15F)
em = 31
scol = 12,4
51 CS (33M/18F)
em = 30,8
scol = 15,7
Verme Cerebellare(lobuli I-V, VI-VII, VIII-X), midollo, ponte, 4� ventricolo GE 1,5 T;
Te = 15 ms;
TR = 500 ms;
matrice = 256×256;
sez. sagittale;
spessore = 5 mm;
NEX = 1;
campo = 24 cm
Le misure di area eseguite per ciascuna struttura non rivelano differenze significative tra SZ e CS; quando si rapportano tali misure all’area della superficie intracranica (minore negli SZ), si dimostra un’ampiezza del 4� ventricolo maggiore negli SZ
Roy e Coll.,
1994
51 pz. con diagnosi di schizofrenia, disturbo schizoaffettivo, disturbo schizofreniforme (22 casi familiari e 29 casi sporadici); em = 31,5; 97 CS em = 31,5 Cervelletto, emisferi cerebrali, ventricoli laterali, corni temporali, 3� ventricolo, nuclei lenticolari, amigdala- ippocampo GE 1,5 T;
sez. coronali;
spessore = 3 mm;
Te = 30-90 ms;
Tr = 3000 ms
I casi familiari mostrano una maggiore asimmetria dei ventricoli laterali (quello sn � pi� largo del dx) e dei corni temporali (quello sn � pi� largo del dx). L’asimmetria Ventricolare e il volume dei nuclei lenticolari sono maggiori nei casi familiari che nei CS. Non esistono differenze significative tra i vari gruppi riguardo al volume cerebellare 
Courchesne e Coll., 1994 50 AU;
53 CS
Lobuli I-V e VI-VII del cervelletto GE 1,5 T;
TR = 600 ms;
TE = 12-25 ms;
sez. sagitt. mediana;
matrice = 256×256;
campo = 16 cm;
spessore = 5 mm
43 AU mostrano ipoplasia significativa dei lobuli VI-VII; 6 AU mostrano una iperplasia significativa degli stessi lobuli
Bilder e Coll.,
1995
29 SZ (18M/11F);
5 pz. affetti da disturbi schizoaffettivi;
scol = buona
em = giovane
Amigdala ed ippocampo ant. e post. GE 1,0 T;
TR = 40;
TE = 15;
spessore = 3,1mm;
matrice = 256×256;
sez. coronale
Si dimostra che il volume dell’ippocampo anteriore � positivamente corre lato con un deficit delle funzioni motoria ed esecutiva
DeQuardo e Coll.,
1996
14 SZ (7M/7F)
em = 37,4
14 CS (8M/6F)
em = 37,6
Cervelletto, corpo calloso, chiasma ottico, 4� ventricolo, lobo frontale GE 1,5 T; sez. sagittale; TR = 40-567; TE = 5-16; NEX = 1; spessore = 2-5 mm; matrice = 256×128-256; campo = 22 Si riscontrano una riduzione del volume cerebellare, un maggiore inarcamento del corpo calloso e un allargamento del 4� ventricolo negli SZ rispetto ai CS
Jacobsen e Coll.,
1997
24 SZ (12M/12F)
em = 14,1
alt = 158,4
pm = 62,1
52 CS (28M/24F)
em = 14,3
alt = 164
pm = 55,4
Verme cerebellare, lobo cerebellare infero- posteriore, cervelletto; 4� ventricolo GE 1,5 T; sez. cor/ass/sagitt;
spessore = 1,5-2 mm;
TE = 5;
TR = 24;
ang = 45;
matrice = 192×256;
NEX = 1;
campo = 24
Il volume del verme, l’area della sezione sagittale del verme e il volume del lobo infero-posteriore del cervelletto sono minori negli SZ che nei CS. Nessuna differenza nel volume del cervelletto e nell’ampiezza del 4� ventricolo
De Lisi e Coll.,
1997
50 SZ (32M/18F)
em = 27,4
20 CS (12M/8F)
em = 26,5
Cervelletto, emisferi cerebrali, lobo temporale, amigdala, ippocampo, ventricoli laterali, nucleo caudato, corpo calloso GE 1,5 T;
sez. ass/cor/sagitt;
matrice = 256×256;
spessore = 5 mm;
TR = 600 (sez.ass/cor)
TR = 2000(sez. sagitt.)
TE = 25(sez. ass/cor)
TE = 25-80(sez. sagitt.)
NEX = 2(sez. ass/cor)
NEX = 1(sez. sagitt.)
Le uniche differenze significative riguardano un minore volume degli emisferi cerebrali e dell’emisfero cerebellare dx ed un restringimento dell’istmo calloso negli SZ rispetto ai CS; si dimostra una progressione di tali anomalie nei soggetti non sottoposti a trattamento
Piven e Coll.,
1997
35 AU (26M/9F)
em = 18
36 CS (20M/16F)
em = 20
Lobuli I-V e VI-VII del cervelletto GE 1,5 T;
sez. coronali;
spessore = 1,5 mm;
ang = 40;
TR = 24;
TE = 5;
NEX = 2;
campo = 26;
matrice = 256×192
Nessuna differenza significativa tra i 2 gruppi per quanto riguarda il volume dei lobuli I-V e VI-VII; il volume cerebellare totale � maggiore negli AU che nei CS

Tab. VI.
Principali studi eseguiti con PET sul cervelletto in soggetti schizofrenici.
Major PET studies on cerebellum in schizophrenic patients.

Autore Campione Aree studiate Risultati
Volkow e Coll.,
1992
18 SZ
12 CS
Cervelletto Il metabolismo assoluto e relativo del cervelletto risulta minore negli SZ che nei CS
Levy e Coll.,
1992
12 SZ
11 CS
Cervelletto e gangli della base Negli SZ viene riscontrata una riduzione del metabolismo del glucosio sia a livello del cervelletto che dei gangli della base
Andreasen e Coll.,
1997
17 SZ
17 CS
Corteccia prefrontale, corteccia temporale, corteccia parietale, talamo e cervelletto Negli SZ si riscontra una ridotta perfusione della regione prefrontale, parietale e temporale ed un’aumentata perfusione cerebellare e talamica; tali dati suggeriscono uno squilibrio nel circuito fronto-talamo- cerebellare
Wiser e Coll.,
1998
SZ e CS Regione prefrontale, precuneo e cervelletto Negli SZ, sottoposti a test mnemo-cognitivi, si riscontra una ridotta attivazione delle aree indagate
Krespo-Facorro e Coll.,
1999
14 SZ
13 CS
Cervelletto, talamo e corteccia prefrontale Negli SZ, sottoposti a prove cognitive, si riscontra una ridotta perfusione della corteccia prefrontale, del talamo, del verme cerebellare e del cuneo

Tab. VII.
Principali studi eseguiti con fRMN sul cervelletto di soggetti schizofrenici.
Major fMRI studies on cerebellum in schizophrenic patients.

Autore Campione Aree studiate Caratteristiche della tecnica Risultati
Andreasen e Coll.,
1994
52 SZ (36M/16F)
em = 30,1
dm = 21,9
scol = 13,3
alt = 173
90 CS (48M/42F)
em = 27,43
scol = 13
alt = 171,9
Volume tissutale e volume del CSF cerebellare, frontale, parietale, temporale e occipitale; volume del CSF ventricolare e totale; volume cerebrale GE 1,5 T;
sez. coronale;
spessore = 1,5 mm;
TE = 5 ms;
TR = 24 ms;
ang. = 40�;
NEX = 2;
matrice = 256×192;
campo = 26 cm
Il volume del CSF totale e ventricolare � maggiore negli SZ che nei CS; il volume cerebrale � minore negli SZ; il volume del lobo frontale � minore negli SZ; non esistono differenze significative tra SZ e CS riguardo al cervelletto
Kim e Coll.,
1994
7 CS Nuclei cerebellari Durante le prove cognitive si verifica l’attivazione di un’area del nucleo dentato diversa rispetto a quella implicata in attivit� motorie
Loeber e Coll.,
1999
Un campione di SZ, MA e CS Cervelletto DSC fRMN Non si riscontra alcuna differenza di volume nella perfusione cerebellare dei tre gruppi

 

Legenda delle Tabelle
VBR: Ventricular Brain Ratio
SZ: Schizofrenici
AU: Autistici
pz: Pazienti
CS: Controlli sani
MA: Maniaci
M: Maschi
F: Femmine
T: Tesla
dm: Durata della malattia in anni
scol: Scolarit�
alt: Altezza in cm
em: Et� media in anni
pm: Peso medio in kg
CSF: Liquido cerebrospinale
sez: Sezione
vf: Diametro

 

1 Kraepelin E.
Trattato di Psichiatria.
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