La compliance al trattamento farmacologico con antipsicotici

Compliance with antipsychotic medication

A. Rossi, P. Stratta, L. Arduini

Dipartimento di Medicina Sperimentale, Universit� de L’Aquila

Key words: Compliance • Subjective response • Typical antipsychotics • Atypical antipsychotics

Correspondence: Prof. Alessandro Rossi, Dipartimento di Medicina Sperimentale, via Vetoio, Coppito II 67100, L’Aquila, Italy – Tel./Fax +39 862 433602 – E-mail: rossi.aq@tin.it

Compliance: definizione e aspetti generali

La compliance � stata definita come �la misura in cui il comportamento di una persona verso l’assunzione di un farmaco o nel cambiamento di uno stile di vita corrisponde alle richieste mediche� (1). Si parla al proposito anche di �adesione al trattamento�, �regime consensuale� e �concordanza�, una terminologia che alcuni preferiscono in quanto non sottintende un atteggiamento passivo, di ubbidienza, da parte del paziente. L’aderenza ad un regime terapeutico (compliance) in medicina, ed in particolare in psichiatria, � un fenomeno complesso e multifattoriale (2)-(5); la mancata aderenza alla terapia antipsicotica � uno dei maggiori ostacoli all’attuazione di un trattamento efficace per le persone con disturbo mentale (6)-(8).

La compliance non va intesa semplicemente come �mancata assunzione della terapia�: essa coinvolge, infatti, un’ampia serie di cambiamenti di comportamento e di stile di vita, ciascuno dei quali svolge un ruolo importante per la riuscita del trattamento. Una compliance insoddisfacente (poor compliance) pu� concretarsi nel mancato rispetto delle visite in ambulatorio o nella mancata esecuzione dei test di monitoraggio, nella precoce interruzione dello schema terapeutico, nel rifiuto o nella modifica delle modalit� di assunzione prescritte. L’opinione dei medici sulla misura in cui i pazienti aderiscono al trattamento rappresenta quasi certamente una sottostima del problema (9)-(11). Tuttavia, la stima della non-compliance varia in accordo con la popolazione dei pazienti studiati e con il tipo di valutazione. La compliance in pazienti con disturbi psichiatrici � probabilmente peggiore rispetto a quella dei pazienti con disturbi organici ma, tuttavia, tale differenza non � poi cos� evidente (12) (13).

La gravit� del problema compliance nei pazienti schizofrenici � stata oggetto di numerosi studi i cui risultati hanno dimostrato un tasso di rifiuto del trattamento a un anno che, nel migliore dei casi, arriva al 40% e che in media si colloca intorno al 50%. Tale percentuale passa addirittura al 75% dopo due anni dall’inizio del trattamento. Per esempio, lo Scottish Schizophrenia Research Group (14), nel suo accurato studio su persone al loro primo episodio di schizofrenia, ha ottenuto punteggi di non-compliance parziale o totale del 46% mentre, nel follow-up a 7 anni su pazienti in trattamento con farmaci depot, Curson et al. (15) hanno riscontrato che il 40% aveva avuto saltuariamente problemi di compliance. Tali risultati suggeriscono che la non-compliance � quasi la norma sebbene essa vari nel tempo (nel senso che ci sono periodi in cui i pazienti accettano la terapia pi� facilmente) e ci� potrebbe avere una notevole importanza nella loro gestione.

La mancata compliance comporta delle conseguenze potenzialmente gravi per il paziente, prima fra tutte quella di un elevato tasso di ricadute. Si parla in proposito di effetto �revolving door� (porta girevole): i pazienti escono dall’ospedale dopo la stabilizzazione della malattia e, trascorsa qualche settimana, vi ritornano perch� hanno sospeso il trattamento. Le ricadute, con relativa riospedalizzazione, oltre ad avere possibili ripercussioni a lungo termine sulla sfera intellettiva del paziente e sul rischio di evoluzione della malattia, rappresentano un costo non indifferente per la societ�. I pazienti che presentano ricadute non possono reinserirsi nell’ambiente lavorativo e corrono il rischio di rimanere a carico delle proprie famiglie. Di conseguenza, peggiora la qualit� dei rapporti familiari e sociali e la qualit� di vita del soggetto malato.

Ogni qualvolta un paziente che non aderisce al trattamento ha una riacutizzazione sintomatologica, i medici tendono a ritenere che la causa sia dovuta alla non-compliance. Circa l’80% dei pazienti che ha una recidiva diventa non-complier appena prima della ricaduta, cosicch� a prima vista potrebbe sembrare che la non-compliance sia la causa principale della recidiva stessa. Questo � un modello esplicativo nel quale la non-compliance causa un aumento dei sintomi che successivamente portano alla ricaduta. Tuttavia, la relazione � pi� complessa di quella appena descritta.

Compliance: modelli teorici

Sono stati proposti diversi modelli teorici per analizzare le differenti problematiche inerenti la compliance. Il pi� ampiamente usato � l’�Health Belief Model� della letteratura anglosassone (16), il quale postula che l’atteggiamento di una persona nei confronti di un problema di salute � il prodotto di una valutazione implicita e soggettiva dei costi e dei benefici relativi alla terapia, in rapporto agli obiettivi personali ed alle limitazioni della vita quotidiana. In altre parole, gli individui si attiveranno e aderiranno ai regimi terapeutici se riterranno di essere soggetti a rischio della condizione in discussione, se la stessa ha delle serie conseguenze, se l’attivazione potrebbe avere dei potenziali benefici e se sentono che le difficolt� all’azione possono essere ripagate dai benefici stessi. Gli elementi di questo modello includono:

1) obiettivi e priorit� individuali;
2) valutazione delle conseguenze negative della malattia e del rischio personale di soffrirne;
3) valutazione soggettiva dei costi e dei benefici del trattamento, inclusi svantaggi fisici, psicologici, pratici e limitazioni all’agire;
4) presenza di stimoli interni ed esterni che facciano scattare un comportamento diretto alla conquista dello stato di salute (2).

Gli obiettivi individuali e la valutazione soggettiva del rischio personale si riferiscono alla percezione soggettiva del rischio di poter contrarre una determinata malattia, all’accettazione di una determinata diagnosi e alla valutazione personale circa la propria suscettibilit� alle malattie in generale. Naturalmente, altrettanto importante � l’opinione personale riguardo alla severit� del disturbo e i rischi del non curarlo. L’accettazione di una suscettibilit� personale e il riconoscimento della severit� della condizione in questione portano a un �comportamento finalizzato alla salute�. Questo comportamento dipende dalla personale previsione di percepire benefici in seguito alla riduzione del rischio di malattia in conseguenza di diverse potenziali azioni. Tuttavia, nelle varie azioni �finalizzate alla salute�, esistono anche aspetti potenzialmente negativi (ostacoli percepiti) che l’individuo deve tenere in considerazione.

Gli stimoli esterni si riferiscono ai fattori sociodemografici, in special modo culturali, ritenuti avere un impatto indiretto sui comportamenti influenzando la valutazione personale circa la propria suscettibilit� alla malattia, la sensazione personale riguardo alla severit� del disturbo, la percezione dei potenziali benefici e delle difficolt�. Nel modello � inoltre presa in considerazione l’importanza degli �stimoli all’azione� (per es. il livello culturale, i sintomi e la malattia, l’informazione da parte dei media) e della �padronanza di s� (cio� la convinzione di essere in grado di mettere in atto il comportamento necessario a produrre il risultato).

Poich� il disturbo mentale pu� distorcere la percezione della malattia e la capacit� di pianificare e di agire, un elemento addizionale di un �Health Belief Model� applicabile al paziente psichiatrico dovrebbe essere la considerazione della disponibilit� di risorse cognitive e motivazionali nel valutare i rischi di non-compliance e nel formulare un piano di intervento.

La teoria delle �azioni ragionate�, sviluppata da Fishbein e Ajzen (17) e da altri autori (18) (19) afferma che l’intenzione comportamentale, che � essa stessa la componente pi� importante di un determinato comportamento, � influenzata dall’atteggiamento individuale verso la messa in atto del comportamento e dalla norma soggettiva associata a quel comportamento. L’atteggiamento � deciso dalle opinioni comportamentali (cio� le opinioni individuali circa gli esiti e le caratteristiche del mettere in atto quel comportamento) e da una valutazione degli esiti. La norma soggettiva � decisa dalle opinioni normative individuali (cio� se il comportamento ipotizzato pu� essere approvato o no come norma) e dalla propria motivazione a aderire al comportamento. Nella teoria si distingue tra atteggiamenti e opinioni. Gli atteggiamenti sono affettivamente caratterizzati mentre le opinioni sono valutazioni cognitive basate sulle informazioni disponibili. Presi insieme, atteggiamenti, opinioni e norme sociali determinano le intenzioni comportamentali che danno luogo e predicono i cambiamenti di comportamento.

La teoria del �comportamento pianificato� (19) (20) � un ampliamento della teoria delle �azioni ragionate�. In questo modello � stato aggiunto il concetto del �controllo comportamentale percepito� che condiziona sia le intenzioni comportamentali, sia il comportamento in s�. Tale aggiunta � stata fatta per spiegare fattori al di fuori del controllo dell’individuo che possono influenzare la sua intenzione o comportamento. La teoria del �comportamento pianificato� � stata applicata maggiormente a studi di adesione a programmi di promozione della salute o a trattamenti di malattie fisiche.

Fattori che influenzano la compliance

Alla luce dei modelli teorici appena descritti, sono stati individuati una serie di fattori ritenuti essere importanti ai fini dell’adesione al trattamento. Essi possono essere divisi in tre categorie: fattori legati alla persona, fattori legati al trattamento e fattori legati alla malattia.

Nella Tabella I sono illustrati i fattori legati alla persona, indipendentemente dalla patologia psichiatrica che questa presenta, i fattori legati al trattamento in senso lato (incluso il rapporto medico-paziente) e i fattori legati alla malattia. Questi ultimi rivestono particolare importanza nel caso dei disturbi psichiatrici. Esiste infatti, in diversi ambiti della medicina generale, la difficolt� di percezione di malattie potenzialmente gravi ma poco sintomatiche (come l’ipertensione). Nel caso del paziente psichiatrico il problema pu� essere ancora pi� complesso. Molti disturbi, tipici dell’ambito psichiatrico, possono infatti influire sulla percezione della malattia.

Adottando un approccio lievemente differente, si possono considerare i fattori che favoriscono e quelli che viceversa ostacolano l’adesione al trattamento (Tab. II).

Tuttavia, da tempo � conosciuta l’importanza dei farmaci antipsicotici e dei loro effetti sulla compliance dei pazienti schizofrenici e numerosi studi hanno indagato i fattori che influenzano e predicono l’aderenza o meno ad un regime terapeutico (21). Nella quasi totalit�, quelli legati al trattamento farmacologico in generale, e a quello antipsicotico in particolare, sono stati ritenuti avere un’importanza fondamentale nella compliance (22) (23).

Il trattamento farmacologico con antipsicotici

Teoricamente gli obiettivi di una terapia con farmaci antipsicotici dovrebbero essere rappresentati dal miglioramento sintomatologico con nessuno o solamente minimi effetti collaterali, dal miglioramento della qualit� di vita e da un positivo bilancio costo-efficacia. Sfortunatamente, gli antipsicotici tipici non rispettano tutte queste caratteristiche (24). Baldessarini (25) include tra i fattori legati ai farmaci che influenzano la compliance la latenza dell’effetto terapeutico, la rapida insorgenza e persistenza degli effetti collaterali, la rapida scomparsa degli stessi e la comparsa differita delle ricadute una volta che il trattamento � interrotto. Una buona parte di pazienti schizofrenici interrompe la terapia durante il primo anno di trattamento. Le motivazioni per la non-compliance includono, tra le altre, effetti collaterali problematici (4) (25)-(27). Tra questi, gli effetti avversi nei confronti delle funzioni cognitive e delle emozioni, cos� come i sintomi extrapiramidali, possono avere un’importanza notevole nella compliance alla terapia farmacologica antipsicotica.

Problematiche legate al trattamento antipsicotico

Uno dei problemi fondamentali della gestione dei pazienti in trattamento antipsicotico � la corretta valutazione della gravit� dei sintomi collaterali extrapiramidali. Rileggendo, infatti, la letteratura degli anni passati, si osserva che c’� stata e c’� ancora una sottovalutazione di questo problema con importanti risvolti sulla pratica clinica. In uno studio di qualche anno fa (28) � stata valutata la percentuale di corretta identificazione degli effetti collaterali extrapiramidali in un gruppo di pazienti, confrontando il giudizio del clinico con quello di un gruppo di ricercatori addestrati alla diagnosi dei disturbi extrapiramidali. I clinici riuscivano ad identificare correttamente solo il 33% delle distonie, il 59% dei parkinsonismi, il 26% delle acatisie e il 10% delle discinesie tardive (Tab. III). Ci� significa che nella normale routine clinica non venivano diagnosticati il 67% delle distonie, il 41% dei parkinsonismi e addirittura pi� del 70% dei casi di acatisia e di discinesia tardiva. In aggiunta, va anche considerato che il gruppo di medici era di tutto rispetto, in quanto formato da personale di centri americani. In base a questi dati, circa il 50-60% dei casi con disturbi extrapiramidali non viene correttamente identificato e quindi non viene trattato (28). In un altro studio sono state descritte le ragioni del rifiuto della terapia antipsicotica per come vengono differentemente valutate dal medico rispetto al paziente (29) (Tab. IV). Il clinico tende ad interpretare il rifiuto della terapia come frutto di una motivazione psicotica, dovuta alla malattia, etichettandola come problematica di transfert, e solo nel 7% dei casi riconosce, come spiegazione di questa resistenza al trattamento, la comparsa di effetti collaterali. Quando si analizzano le interviste dei pazienti emerge, invece, che nel 35% dei casi la motivazione � attribuita alla presenza di effetti collaterali, nel 12% all’inefficacia della terapia e solo nel 30% dei casi � possibile mettere in evidenza una resistenza di origine psicotica, legata a problemi di oppositivit� e non consapevolezza di malattia. Questi risultati mettono in luce che le percentuali di effetti collaterali riferite dai pazienti sono molto pi� simili a quelle reali, riscontrabili con un approfondito esame clinico. Il paziente risulta molto pi� attendibile del medico nel valutare il disagio provocato dalla terapia. Questo non ci deve sorprendere eccessivamente se pensiamo che, addirittura ancora negli anni ’70, la presenza di sintomi extrapiramidali era considerata il principale indicatore dell’efficacia del farmaco (30). Nella valutazione degli effetti extrapiramidali, inoltre, il clinico � in genere abituato a darne una definizione troppo orientata in senso neurologico, prendendo in considerazione quasi esclusivamente il segno obiettivo, trascurando invece il sintomo soggettivo (31). In realt�, se attendiamo la comparsa del segno motorio siamo gi� in ritardo nell’identificazione dei sintomi collaterali, in quanto la manifestazione motoria � sempre preceduta da una componente soggettiva per il paziente, che coinvolge la sfera cognitiva e psicologica. Per esempio il parkinsonismo e la bradicinesia sono spesso anticipati da un parkinsonismo emozionale, da un appiattimento affettivo, da anedonia e da quello che viene definito �parkinsonismo sociale�, con riduzione dell’iniziativa e apatia. Anche la distonia e l’acatisia sono quasi sempre preceduti da un’ansia soggettiva. Tuttavia, si riscontra spesso una scarsa correlazione tra la valutazione del disagio fatta dagli psichiatri, da una parte, e dai pazienti dall’altra (32). Ci� indica che i clinici sono inconsapevoli di quale specifico effetto collaterale causi distress ai pazienti. In questa ottica si potrebbe ipotizzare che la decisione di informare un paziente sulla possibile evenienza di un effetto collaterale � funzione di un algoritmo logico che tiene conto della probabilit� di accusare un particolare sintomo e del disagio conseguente. Tuttavia, poich� una parte delle informazioni che lo psichiatra utilizza per implementare l’algoritmo manca di accuratezza, l’informazione fornita non � correlata al distress che il paziente prova in quel momento.

In un’importante serie di studi basati sull’osservazione che un gruppo di volontari sani avevano reazioni differenti ad una dose test di fenotiazine (33), Van Putten et al. (34) hanno descritto un sottogruppo di pazienti schizofrenici che esperivano una risposta disforica dopo somministrazione di differenti antipsicotici tipici. Questi pazienti si sentivano abbattuti, si lamentavano degli effetti del farmaco e chiedevano che gli fosse interrotta la terapia o che fosse diminuito il dosaggio. Al contrario, coloro i quali esperivano una risposta non-disforica riferivano di desiderare la terapia e di sentirsi meglio sotto l’effetto della stessa. Fu trovato che l’acatisia era il principale fattore responsabile della risposta disforica ed era fortemente associata con il rifiuto della terapia o con la non-compliance dei pazienti ambulatoriali. In alcuni pazienti l’acatisia era esperita come un catastrofico senso di terrore ed annullamento che era fenomenologicamente simile ad una riesacerbazione della psicosi (34). Pi� frequentemente i pazienti riferivano una sottile irrequietezza interna, ansiet� ed incapacit� a stare comodi in qualsiasi posizione. Tuttavia, l’acatisia responsabile della non-compliance dei pazienti ambulatoriali era descritta come sufficientemente lieve tanto da non essere notata da un osservatore che non avesse una relazione stretta e continuativa con il paziente (34). Questi sintomi soggettivi devono piuttosto porci un problema di diagnosi differenziale con altri disturbi psichiatrici, che possono essere agitazione iniziale, copresenza di problemi di ansia, scompenso psicotico e altri. � importante intervenire a questo livello e non attendere, perch� la situazione sar� sicuramente pi� complicata una volta che saranno comparsi i disturbi motori.

La Risposta Soggettiva agli antipsicotici

� stato frequentemente osservato che alcuni pazienti sperimentano un cambiamento del loro sentire soggettivo dopo solamente poche somministrazioni di antipsicotico. Questi pazienti descrivono il loro stato in diversi modi: �sentirsi come uno zombie�, �sentimento terribile�, �incapace a pensare correttamente� (35), �indolente�, �mummificato�, �lento� o �confuso� (36). In generale, pensano che la terapia farmacologica abbia peggiorato la loro condizione. Queste �lamentele soggettive� non specifiche hanno spesso una relazione non chiara con l’effetto del farmaco e nelle loro variegate manifestazioni sono state descritte in termini di tossicit� comportamentale (37), risposta soggettiva disforica (38) (39) o sensitivit� psicofisiologica (40) (41) e possono influire negativamente sulla compliance.

Il concetto di �Risposta Soggettiva al trattamento� elaborato negli anni ’70 e la sua importanza per i pazienti che assumono farmaci antipsicotici non hanno ricevuto adeguata attenzione.

Diversi studi hanno replicato il dato di un’associazione significativa tra risposta iniziale di tipo disforico ad una dose test di tiotixene o aloperidolo, acatisia e successiva non-compliance (42) (43). Questi risultati depongono per un’associazione tra risposta disforica alla terapia, acatisia e non-compliance.

Per esempio, in una serie di lavori, Van Putten, May et al. hanno osservato che la Risposta Soggettiva del paziente schizofrenico, misurata 4 o 24 ore dopo una dose test di clorpromazina o tiotixene, era correlata in maniera statisticamente significativa con l’esito clinico finale del trattamento protratto durante l’ospedalizzazione (36) (39) (42) (44)-(46). I pazienti che sperimentavano una risposta disforica ottenevano una minore remissione sintomatologica al termine del ricovero rispetto a quelli che inizialmente non avevano una risposta disforica. Inoltre, del tutto recentemente (47), � stata riscontrata un’associazione tra risposta disforica iniziale alla terapia antipsicotica e funzione dopaminergica basale dello striato in un gruppo di pazienti schizofrenici: i pazienti con funzione basale meno elevata erano quelli a pi� alto rischio di risposta disforica durante il trattamento con antipsicotici tipici.

Dai concetti sopra esposti risulta chiara sia l’importanza dell’esperienza soggettiva, nella malattia mentale in generale e nella compliance in particolare, sia la necessit� di valutare attentamente, possibilmente con strumenti validi ed attendibili, l’atteggiamento del paziente nei confronti della terapia antipsicotica al fine di individuare eventuali fattori di rischio che potrebbero portare ad un rifiuto del trattamento (48). Gli strumenti pi� ampiamente usati a tal proposito sono (Tab. V): la Neuroleptic Dysphoria Scale (NDS) (38), la Drug Attitude Inventory (DAI) (49), la Rating of Medication Influences scale (ROMI) (50) e la Subjective Well-being on Neuroleptics (SWN) (51). La DAI e la NDS sembrano superiori alla ROMI per quanto riguarda la valutazione degli effetti degli antipsicotici, mentre la ROMI indaga anche altri fattori non inclusi nelle altre due scale. L’uso della SWN � raccomandato dopo la remissione dell’episodio psicotico. Recentemente sono state pubblicate in letteratura due nuove scale per la valutazione degli aspetti soggettivi del trattamento con antipsicotici. La prima, pubblicata da Thompson et al. (52) e denominata Medication Adherence Rating Scale (MARS), rappresenta una versione ampliata della DAI e sembra avere una buona validit� e utilit� clinica. La seconda � stata sviluppata in Canada (53) ed � una scala a 37 item per la valutazione degli effetti soggettivi degli antipsicotici in un’ampia gamma di ambiti somato-psichici. Tuttavia, ancora non sono disponibili studi adeguati sulla validit� di questa scala.

Nuovi antipsicotici, compliance, qualit� di vita

I nuovi antipsicotici �atipici� come clozapina, risperidone, olanzapina e quetiapina sembrano avere un’efficacia comparabile, minori effetti collaterali, migliore tollerabilit� e un impatto pi� favorevole sulla qualit� di vita se comparati con gli antipsicotici convenzionali (54). Teoricamente, questi fattori potrebbero contribuire a migliorare la compliance nei pazienti schizofrenici, ma ci� non � stato ancora completamente dimostrato (55). I pazienti non-complianti trattati in precedenza con potenti D2 antagonisti potrebbero aver esperito sintomi extrapiramidali o soggettivamente negativi (disforici). I nuovi antipsicotici con differenti meccanismi d’azione potrebbero dimostrarsi parimenti efficaci senza tuttavia dare risposta disforica o effetti avversi di tipo motorio. Inoltre, la clozapina e gli altri antipsicotici atipici possono migliorare, o almeno non inficiare, alcuni aspetti delle funzioni cognitive (56) (57).

La monoterapia senza concomitanti farmaci anticolinergici � attualmente raccomandata. Se compaiono eventi avversi � raccomandata la riduzione della dose o il passaggio ad altro antipsicotico piuttosto che l’aggiunta di anticolinergici. La minore incidenza di effetti collaterali di tipo extrapiramidale con clozapina potrebbe contribuire a migliorare la compliance al trattamento e ridurre i costi principalmente attraverso una riduzione dei giorni complessivi di ospedalizzazione (58). Uno studio di Naber et al. (59) ha mostrato che i pazienti in trattamento con clozapina riferivano un maggior benessere soggettivo rispetto a quelli in trattamento con antipsicotici tipici. Questi dati confermano altri studi in cui i pazienti trattati con clozapina riportavano punteggi pi� alti nelle scale sulla spontaneit�, attivit� e umore rispetto ai pazienti in trattamento con antipsicotici convenzionali (60), punteggi pi� alti nella valutazione di qualit� di vita, aderenza al trattamento, pensiero, umore e prontezza (53) e minori disfunzioni sessuali in termini di funzione orgasmica (numero di orgasmi al mese e frequenza di orgasmi per atto sessuale) e soddisfazione sessuale (61). Punteggi pi� alti in queste aree potrebbero essere predittivi di miglior compliance. D’altra parte, un recente studio di Rosenheck et al. (62) riporta che i pazienti schizofrenici in trattamento con clozapina hanno una maggiore probabilit� di continuare il trattamento rispetto a quelli trattati con aloperidolo e ci� sarebbe in parte spiegato dalla maggiore efficacia di clozapina sui sintomi e dalla minore comparsa di effetti collaterali. La Risposta Soggettiva ai farmaci antipsicotici sembra influenzare anche la qualit� di vita dei pazienti schizofrenici. Browne et al. (63) hanno dimostrato una relazione tra Risposta Soggettiva negativa e peggiore qualit� di vita. Questi risultati sembrano confermare un precedente studio di Franz et al. (64) nel quale i pazienti in trattamento con antipsicotici atipici (clozapina, risperidone e zotepina) riferivano una migliore qualit� di vita soggettiva rispetto a quelli trattati con aloperidolo o flufenazina. Infine, diversi studi in doppio-cieco (65) (66) hanno dimostrato un effetto terapeutico positivo del risperidone sui sintomi negativi della schizofrenia e sulle funzioni cognitive (67) (68). Il miglioramento dei sintomi negativi e cognitivi potrebbe favorire un miglior insight e una miglior compliance (69).

La valutazione della qualit� di vita � importante per gli studi di farmacoeconomia nella schizofrenia (5). La valutazione della Risposta Soggettiva agli antipsicotici pu� essere raccomandata nella pratica clinica per tutti i pazienti in trattamento con farmaci antipsicotici come un valido aiuto nello screening e nel monitoraggio della compliance al trattamento (70). I nuovi antipsicotici potrebbero migliorare la �qualit� di vita� poich� essi sono pi� efficaci nel trattamento di alcuni sintomi ed hanno un miglior profilo per quanto riguarda gli effetti collaterali. Andranno quindi sviluppati interventi strutturati al problema (71) che, combinati con un’adeguata farmacoterapia, possano consentire una gestione ottimale del problema dell’aderenza terapeutica in persone con psicosi. Nei prossimi anni andr� pertanto attentamente valutata la ricaduta dei programmi di trattamento farmacologico e non farmacologico sulla qualit� di vita attraverso il miglioramento dell’insight e, quindi, della compliance (72)-(76).

Tab. I. Fattori che influenzano la compliance. Factors influencing compliance.

Fattori legati alla persona
� atteggiamenti e pregiudizi riguardo l’assunzione di farmaci
� esistenza di un ambiente favorevole o meno alla terapia
� tratti di personalit�, quali la disciplina personale
� intelligenza
� percezione della malattia e di se stessi in rapporto alla malattia e al trattamento
Fattori legati al trattamento
� tollerabilit� ed effetti collaterali
� complessit� del trattamento e delle istruzioni ricevute
� caratteristiche della relazione medico-paziente (particolarmente importante nel caso del paziente psichiatrico)
� efficacia del trattamento
� problemi legati agli atteggiamenti di rifiuto della malattia
Fattori legati alla malattia
� psicosi (il paziente potrebbe non credere di essere malato)
� grandiosit� (il paziente potrebbe trovare gratificante lo stato di malattia)
� depressione (pu� compromettere i livelli di motivazione o la percezione del valore del trattamento)
� deficit cognitivi (compromettono la capacit� di ricordare di assumere i trattamenti, di presentarsi alle visite, ecc.)

Tab. II. Fattori positivi e negativi per la compliance. Factors positively and negatively influencing compliance.

Fattori positivi
� l’accettazione della malattia
� la percezione della gravit� della patologia
� la qualit� della supervisione e del follow-up
� la percezione della suscettibilit� della malattia al trattamento
� la stabilit� dell’ambiente familiare
� l’esistenza di una efficace alleanza terapeutica
Fattori negativi
� comparsa di effetti collaterali
� condizione clinica asintomatica
� complessit� del regime terapeutico
� abuso di sostanze stupefacenti
� compromissione della capacit� di giudizio
� cattiva relazione medico-paziente
� cattiva relazione con l’ambiente circostante

Tab. III. Sottostima delle disfunzioni extrapiramidali nella pratica clinica. Underestimation of extrapyramidal dysfunctions in clinical practice.

Sindrome Stima*
Distonia 33
Parkinsonismo 59
Acatisia 26
Discinesia tardiva 10

* Come percentuale di quella valutata
da uno staff addestrato (P.J. Weiden (28)).

Tab. IV. Ragioni del rifiuto della terapia antipsicotica (Hoge et al. (29)). Reasons for refusing antipsychotic treatment (Hoge et al.(29)).

Pazienti

Psichiatri

Effetti collaterali

35%

Ragioni psicotiche/idiosincratiche

49%

Sintomatologia psicotica

30%

�Transfert�

11%

Rifiuto della malattia

21%

Effetti collaterali

7%

Inefficacia stabilita

12%

Tab. V. Confronto tra i diversi strumenti che misurano la risposta soggettiva agli antipsicotici. Comparison of various assessment tools measuring subjective response to antipsychotics.

Strumento di misura

Vantaggi

Svantaggi

Commenti

Rating of Medication Influences (ROMI) Indaga direttamente sui fattori che influenzano la compliance e la non-compliance.
Esplora un maggior numero di aree.
� stata validata tramite altre fonti di informazione.
� stata applicata a diverse tipologie di pazienti e in diversi contesti clinici.
Richiede un intervistatore addestrato che abbia familiarit� con pz. schizofrenici ambulatoriali.
Gli item valutati dall�intervistatore non sono riproducibili.
Spesso non � adatta a pz. psicotici in fase acuta.
La ROMI � l�unico strumento che mette in relazione la risposta soggettiva con la motivazione e l�intenzione del pz. stesso.
La ROMI � pi� adatta quando sono importanti i fattori psicosociali ed ambientali.
Drug Attitude Inventory (DAI) Pu� essere usata come strumento autocompilato.
Il formato standardizzato non � influenzato dall�errore del valutatore.
� richiesto un addestramento minimo per il formato intervista.
Non � stata utilizzata (in altri studi) come misura predittiva di compliance.
Non comprende alcune aree importanti per la compliance.
La DAI � probabilmente lo strumento soggettivo pi� efficace per misurare specifici atteggiamenti nei confronti degli effetti degli AP.
Nel formato intervista, la DAI richiede un minore addestramento rispetto alla ROMI.
Pu� essere utile per studi che desiderino misurare differenze nella risposta ai farmaci.
Neuroleptic Dysphoria(ND) Pu� essere usata durante la fase acuta della malattia.
Richiede poco tempo per la valutazione.
Richiede un addestramento minimo.
Informazioni poco specifiche. Prevalentemente usata per pz. in fase acuta; poco conosciuta la sua utilit� per pz. ambulatoriali.
Gli item sono troppo generici per distinguere la disforia dagli effetti collaterali.
La ND � probabilmente il miglior strumento di misura �soggettivo� per pz. in fase acuta.
� pi� usata nella valutazione globale della risposta al trattamento; meno usata per distinguere specifici fattori causa di risposta disforica o non-disforica.
Subjective Well-being on Neuroleptic scale(SWN) Questionario di autovalutazione utile a valutare il benessere soggettivo durante il trattamento antipsicotico.
Utile strumento per indagare dimensioni psicopatologiche misconosciute
Nel questionario non viene richiesta, al pz., una distinzione tra componenti�farmacogeniche� e �morbogeniche� dei disturbi soggettivi.
Non appropriato per pz. psicotici acuti
Il questionario sembra raccomandabile per pz. in fase post-acuta e quindi in grado di compilare la scala che richiede15-20 minuti per essere completata.
Medication Adherence Rating Scale(MARS) Il questionario � stato disegnato con l�obiettivo di sopperire alle carenze riscontrate nella DAI e di migliorarne la validit� e l�utilit� clinica. Al momento risultano carenti ulteriori studi che dimostrino definitivamente la buona validit� e utilit� del questionario Se dimostrato valido, lo strumento potrebbe ulteriormente migliorare le caratteristiche della DAI quale questionario di autovalutazione soggettiva degli effetti dei farmaci psicoattivi.

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