L’ansia negli anziani. Aspetti clinici e farmacoterapici

Anxiety in the elderly. Clinical and pharmacotherapeutic aspects

C. Vampini, C. Bellantuono*

Dipartimento di Psichiatria, Ospedale "Civile Maggiore", Verona * Clinica Psichiatrica, Università di Verona, Ospedale Policlinico, Verona

Parole chiave:
Psicogeriatria � Invecchiamento � Disturbi d’ansia � Benzodiazepine � Terapia ansiolitica
Key words:
Psychogeriatrics � Ageing � Anxiety disorders � Benzodiazepines � Anxiolytic treatment

Introduzione

L’ansia, esperienza emotiva comune ed ubiquitaria, può rappresentare semplicemente una risposta fisiologica temporanea dell’individuo a specifiche situazioni stimolo, funzionale alla mobilizzazione di risorse sul piano cognitivo, comportamentale e fisiologico; in tali casi un trattamento farmacologico risulta controindicato. In molti casi, tuttavia, l’ansia assume le caratteristiche di una condizione psicopatologica, perché appare sproporzionata rispetto alla situazione stimolo, fonte di notevole sofferenza soggettiva, persistente nel tempo e di gravità sintomatologica tale da compromettere in misura rilevante le prestazioni funzionali di chi ne è affetto.

Ansia e anziani

Le persone anziane hanno in genere motivi di preoccupazione diversi da quelli degli adulti giovani. Tali motivi possono riguardare l’insorgenza di malattie che inducono disabilità, la percezione del proprio deterioramento, una scarsa sicurezza finanziaria, l’isolamento sociale, ecc. Attorno a questi elementi di realtà l’ansia può crescere e svilupparsi sino ad assumere connotazioni psicopatologiche. Spesso, inoltre un’ansia patologica può esordire senza cause apparenti, compromettendo la funzionalità di un soggetto anziano sino allora in buone condizioni generali.

I dati epidemiologici sulla prevalenza dei disturbi d’ansia negli anziani variano a seconda del setting, degli approcci metodologici e degli strumenti utilizzati. Gli studi effettuati sul territorio, nei quali sono stati impiegati questionari disegnati specificatamente e validati nella popolazione anziana, hanno evidenziato che la prevalenza dei disturbi d’ansia nel loro insieme varia dal 13.7% al 15.0% e l’incidenza è del 4.4% (1,2) .

I sintomi d’ansia insorti per la prima volta in età avanzata possono talora configurarsi in modo tale da soddisfare i criteri diagnostici per i Disturbi d’Ansia, secondo il DSM-IV (3) ,le cui caratteristiche principali vengono sintetizzate nella Tabella I. In molti casi, peraltro, la sintomatologia ansiosa non raggiunge negli anziani la gravità e la durata tale da includerla in sindromi cliniche definite, rimanendo invece “sottosoglia”; anche in questi casi tuttavia i sintomi possono costituire una significativa fonte di disagio e di disabilità. È da notare, infine, come i criteri diagnostici del DSM-IV non prendano in considerazione alcune caratteristiche peculiari e specifiche delle manifestazioni dell’ansia negli anziani, la cui espressività varia notevolmente da soggetto a soggetto, a seconda di fattori quali la presenza di malattie mediche concomitanti, di deficit cognitivi, di depressione, ecc.

I sintomi d’ansia mostrano inoltre, negli anziani una sorprendente variabilit� nel corso del tempo (1). L’evidenziazione di questa patoplasticit� dei sintomi d’ansia dell’anziano, oltre alla frequente presenza di quadri clinici atipici, suggerisce l’utilit� di adottare nella pratica clinica un approccio dimensionale, cio� basato sulla gravit� dei sintomi stessi, quali essi siano e non solo categoriale, cio� per diagnosi di malattia, poich� ci� potrebbe comportare una sottostima del reale impegno emotivo del paziente (4,5) .

Caratteristiche cliniche

Sintomi peculiari

L’ansia si manifesta essenzialmente come un’esperienza soggettiva di paura e/o attesa apprensiva, accompagnata spesso da segni obiettivi di iperattivazione del sistema nervoso autonomo (Tab. II). Negli anziani, l’ansia si può manifestare in modo atipico rispetto ai soggetti in età adulta-giovanile, con una peculiare commistione di sintomi cognitivi, emotivi e somatici. Comune è la riduzione di concentrazione, attenzione e memoria, non infrequenti le sensazioni di mancamento e le vertigini. L’insonnia è quasi sempre presente, così come alterazioni dell’appetito, sia nel senso di una riduzione che di un aumento. Se questi ultimi sintomi sono già presenti, l’ansia li può esacerbare. Livelli elevati d’ansia possono mimare i sintomi di malattie cardiovascolari, endocrine e neurologiche, che insorgono comunemente nelle persone anziane e possono indurre queste ultime a credere di esserne affette (Tab. III).

L’eccessiva preoccupazione circa la propria salute fisica suscitata da questi sintomi può condurre all’ipocondria, cioè alla convinzione erronea di soffrire di una malattia non diagnosticata; gli anziani ipocondriaci sono spesso agitati, intrusivi e refrattari alle rassicurazioni da parte del medico. Quadri ipocondriaci sono di frequente riscontro anche nelle depressioni senili, per cui spesso si rende necessaria una diagnosi differenziale rispetto alla presenza di un disturbo depressivo, di cui la sintomatologia ansiosa costituisce solo un corollario (vedi in seguito).

Malattie organiche

Diverse malattie somatiche comuni in età avanzata, così come alcuni farmaci di uso frequente, possono comportare l’insorgenza di un’ansia sintomatica, la cui eventualità deve perciò essere considerata tanto nel momento diagnostico che in quello terapeutico (Tab. IV).

Una possibile causa organica della sindrome ansiosa dell’anziano andrebbe presa in considerazione in caso di:

a) segni e sintomi d’ansia che insorgono all’esordio o all’esacerbazione di una patologia;

b) esordio tardivo di disturbi specifici (ad es., sintomi tipo attacco di panico che si presentano oltre i 60 anni);

c) segni e sintomi “atipici” quali perdita di coscienza, segni neurologici, ecc.);

d) anamnesi familiare e personale negativa per disturbi d’ansia;

e) assenza di eventi stressanti (6) .

Quando una causa organica è responsabile dell’ansia, una corretta diagnosi ed un trattamento appropriato del disturbo somatico di base avrà un effetto positivo anche sui sintomi emotivi. Un problema molto importante nella pratica clinica è rappresentato dalla presenza di dolore: molti soggetti anziani lamentano dolori cronici con esacerbazioni dovuti ad artrite o ad altre patologie. È importante che in questi pazienti venga alleviato il dolore, cosa che, a sua volta, allevia l’ansia.

Ansia e depressione

Negli anziani, ancor pi� che negli adulti giovani, ansia e depressione spesso coesistono o si sovrappongono nella stessa persona, tanto che pu� risultare difficile operare una distinzione o determinare quale gruppo di sintomi prevalga. Sentimenti di perdita, inutilit� e disperazione, cos� come paure ipocondriache, turbe dell’appetito e del sonno e riduzione di memoria e concentrazione, possono essere associati sia all’ansia sia alla depressione. Tipicamente, gli anziani possono impiegare indifferentemente il termine “ansia” o “depressione” per descrivere il proprio disagio soggettivo. Viene suggerito, quale possibile discriminante diagnostico della predominanza di un nucleo ansioso, la presenza di un vissuto di apprensivit� rispetto alla propria situazione, traducibile nella richiesta che “qualcosa deve essere fatto” ed accompagnato da segni autonomici di attivazione simpatica (tachicardia, sudorazione, ecc.). Al contrario, gli anziani depressi sono spesso, ma non sempre, rallentati, inibiti ed anergici, non esprimono bisogno di aiuto quanto piuttosto il vissuto che “per loro nulla pu� pi� essere fatto”. L’incapacit� a concentrarsi deriva in tali soggetti dalla perdita di interesse e motivazione, elemento nucleare della depressione, anzich� dall’irrequietezza e distraibilit� tipica degli stati d’ansia (7) .L’individuazione di una depressione clinica, di cui l’ansia costituisce un corollario sintomatologico, richiede un trattamento adeguato con farmaci antidepressivi, poich� l’impiego dei soli ansiolitici pu� condurre alla cronicizzazione del quadro depressivo (8) .

Delirium e demenza

Il paziente anziano con una disfunzione cognitiva acuta (delirium) o cronica (demenza) è quasi sempre ansioso ed appare apprensivo e talora impaurito. Il livello d’ansia non è necessariamente correlato con la gravità del deterioramento cognitivo, ma piuttosto con la consapevolezza che il paziente presenta riguardo a quest’ultimo: l’ansia è, quindi, più frequente e più grave nei quadri medio-lievi di delirium e di demenza, mentre può anche essere assente negli stati avanzati di entrambe le patologie. L’agitazione è un sintomo costante nel delirium e frequente nella demenza; essa può quindi sovrapporsi all’ansia, ma se ne differenzia per il riscontro obiettivo di una grave irrequietezza motoria e di attività non finalizzata, in contrasto con l’esperienza soggettiva di apprensività che caratterizza gli stati d’ansia. Nel trattamento dell’ansia e del comportamento agitato dei dementi va ricordato che questi segni e sintomi possono essere una manifestazione di una sofferenza fisica sottostante, di dolore, di malattie fisiche misconosciute o di richieste eccessive poste all’individuo, così come di uno stato depressivo (5) .

Farmaci e sostanze

Trattamenti farmacologici di frequente prescrizione negli anziani possono indurre o aggravare l’ansia e se il clinico non tiene ben presente tale possibilità può incorrere in errori diagnostici e terapeutici (Tab. V). La nicotina e le xantine (caffeina, teofillina) così come preparati da banco contenenti composti simpaticomimetici ad attività stimolante, sono esempi di sostanze che inducono disturbi d’ansia sia per sovradosaggio/intossicazione sia per astinenza. L’uso e l’abuso di alcool sono particolarmente importanti negli anziani che spesso bevono alcoolici per alleviare i sintomi dell’ansia che stanno già vivendo, e determinano così delle sindromi d’astinenza considerate a loro volta come esacerbazioni ansiose. Tutti i farmaci antidepressivi possono causare sintomi d’ansia negli anziani, specie all’inizio del trattamento; è indicata, pertanto una titolazione iniziale del dosaggio. Un effetto extrapiramidale relativamente comune dei farmaci antipsicotici, specie di quelli tradizionali (aloperidolo, clorpromazina, tioridazina, ecc.) è l’acatisia, che può manifestarsi anche solo con uno stato di irrequietezza e quindi venire interpretata come un aggravamento dello stato psicopatologico preesistente; anche gli SSRI possono essere occasionalmente associati alla comparsa di acatisia specie in soggetti di oltre 80 anni e/o con disturbi di tipo parkinsoniano. Infine, va ricordato come una brusca sospensione di sostanze con attività depressogena sul SNC (ansiolitici, ipnotici, alcool, ecc.) può essere all’origine di sintomi d’ansia ed andrebbe quindi evitata nella pratica clinica (vedi in seguito).

Trattamento farmacologico

La decisione di trattare farmacologicamente un anziano ansioso dipende dalla gravità dei sintomi d’ansia e dell’impatto negativo di questi ultimi sul livello di funzionamento complessivo. L’ansia può interferire negli anziani, così come negli adulti giovani, con le attività interpersonali e sociali. Negli anziani, inoltre, l’ansia può peggiorare ulteriormente le funzioni cognitive, aggravare le manifestazioni di malattie fisiche concomitanti ed essere una conseguenza misconosciuta di un disturbo organico sottostante. Il primo momento decisionale è quindi rappresentato dalla valutazione dell’impatto dei sintomi d’ansia su questi aspetti; il secondo momento è rappresentato dalla scelta del trattamento ansiolitico più adeguato, alla luce del bilancio rischio/beneficio tra i vari composti ansiolitici oggi disponibili, delle particolari caratteristiche della popolazione anziana e del singolo soggetto. Il trattamento farmacologico dell’ansia negli anziani non dovrebbe essere considerato isolatamente, ma come parte di una strategia terapeutica complessiva. In alcuni casi risulta evidente come l’ansia sia correlata nell’anziano a condizioni effettive di bisogno e di carenza di risorse che suggeriscono interventi di tipo sociale, oltre che medico. Ove si identifichi un chiaro evento scatenante, il discutere strategie alternative di comportamento può essere di utilità, così come possono essere indicati, in casi particolari, trattamenti di psicoterapia breve, di terapia cognitivo-comportamentale o tecniche di rilassamento, da sole o integrate con un trattamento farmacologico.

Problemi farmacologici specifici degli anziani

In generale, la terapia ansiolitica dei soggetti anziani deve rispettare gli stessi principi che negli adulti. Qualsiasi trattamento psicofarmacologico degli anziani comporta però alcuni problemi specifici, correlati sia alle modificazioni che avvengono, in età avanzata, a livello farmacodinamico e farmacocinetico sia all’elevata frequenza di terapie farmacologiche concomitanti, sia, infine, alla limitata compliance verso la terapia prescritta (9) .

A livello farmacodinamico, l’alterata risposta agli psicofarmaci da parte del paziente anziano può dipendere da una ridotta capacità di sintesi, da parte del cervello senile, di alcuni neurotrasmettitori (noradrenalina, serotonina, dopamina, acetilcolina), cui può seguire un aumento compensatorio della sensibilità recettoriale e quindi una maggior sensibilità ai farmaci psicotropi. Nell’anziano avvengono poi importanti modificazioni farmacocinetiche, in seguito ad alterazioni di alcuni parametri anatomofunzionali, la cui conseguenza finale è generalmente quella di un incremento della biodisponibilità degli psicofarmaci e quindi di un aumento di esposizione dell’organismo agli effetti farmacologici (Tab. VI). Oltre alle modificazioni fisiologicamente connesse alla vecchiaia, la frequente presenza di patologie croniche a carico di organi emuntori, quali fegato o rene, può alterare ulteriormente i parametri farmacocinetici. Va tenuto inoltre presente che gli anziani risultano spesso in terapia di mantenimento con più farmaci e che il rischio di interazioni farmacodinamiche e farmacocinetiche è direttamente proporzionale al numero dei farmaci assunti.

L’assorbimento dei farmaci nell’anziano, che avviene per lo più per diffusione passiva, non risulta modificato in misura apprezzabile né dall’aumento del pH gastrico, conseguente alla ridotta produzione di acido cloridrico, né dalla riduzione del flusso mesenterico e della motilità intestinale che si verificano in età avanzata. Nonostante l’assorbimento possa essere ritardato in caso di somministrazione contemporanea di composti ad azione anticolinergica, di antiacidi o del cibo stesso, negli anziani gli psicofarmaci vengono generalmente assorbiti in modo completo. Per quanto riguarda il volume di distribuzione, l’aumento del rapporto tra grasso corporeo e tessuto muscolare, insieme alla riduzione della massa corporea e dell’acqua totale determina per la maggior parte degli psicofarmaci, così come per gli altri farmaci liposolubili, un accresciuto volume di distribuzione e quindi un ridotto tasso di eliminazione. Come conseguenza, i farmaci tendono a rimanere nell’organismo per un periodo più prolungato. Inoltre, se le concentrazioni plasmatiche si riducono per la diluizione nei tessuti periferici, una minor quota di farmaco giunge al SNC e l’effetto farmacologico può essere ridotto. Con l’età si verifica, com’è noto, una riduzione delle albumine plasmatiche, cui può conseguire un incremento della frazione libera dei farmaci e quindi un aumento dei rispettivi effetti farmacologici. Gli anziani presentano inoltre una significativa riduzione della capacità metabolica a carico dei sistemi epatici ossidativi, attraverso i quali vengono metabolizzati molti psicofarmaci, mentre le vie di glicuro-coniugazione non dimostrano sensibili variazioni correlate all’età. L’eliminazione dei farmaci è, infine, condizionata negli anziani dalla possibile riduzione del flusso ematico renale, della filtrazione glomerulare e della funzionalità tubulare. Le modificazioni delle tappe metaboliche epatiche e renali possono contribuire, in modo significativo, ad elevare i livelli plasmatici in steady-state ed a prolungare l’emivita di eliminazione dei vari composti.

Le benzodiazepine

Nell’ambito dei farmaci ad attività ansiolitica e/o ipnotica, le benzodiazepine (BDZ) rappresentano ancora oggi la classe più utilizzata sia nella medicina generale che in ambito specialistico. Uno dei rilievi più costanti in letteratura è il maggior consumo di BDZ da parte dei soggetti più anziani rispetto alla popolazione generale (10,11) .In un recente studio epidemiologico condotto sul territorio su una popolazione di 1701 soggetti di 65 anni ed oltre, il 17.3% è risultato assumere BDZ, con un impiego nei soggetti di sesso femminile doppio che in quelli di sesso maschile (12) .Nonostante la diffusa prescrizione di BDZ negli anziani in setting sia ambulatoriali che ospedalieri e istituzionali, relativamente scarsi sono a tutt’oggi gli studi controllati condotti specificatamente in popolazioni di età superiore a 65 anni. Pertanto, le raccomandazioni sulle modalità d’impiego delle BDZ nel trattamento dell’ansia negli anziani sono estrapolate, in prevalenza, dagli studi clinici effettuati sugli adulti giovani. Peraltro, numerose ricerche di base in ambito di farmacocinetica e di farmacodinamica hanno fornito ai clinici indicazioni su aspetti di eterogeneità tra i vari composti che risultano di rilevanza clinica in soggetti fragili e sensibili quali gli anziani.

Meccanismo d’azione

Alla classe delle BDZ appartiene una serie numerosa di farmaci che condividono a livello del SNC lo stesso meccanismo d’azione. Tutte le BDZ agiscono, infatti, potenziando la trasmissione di un neurotrasmettitore, l’acido g-aminobutirrico (GABA), che a sua volta ha un effetto inibitore su altri sistemi neurotrasmettitoriali implicati nella neurobiologia dell’ansia, in particolare le vie noradrenergiche quelle serotoninergiche. L’effetto farmacologico finale delle BDZ è pertanto un rallentamento della neurotrasmissione a livello di specifiche aree del sistema mesolimbico e mesocorticale. Un sottogruppo di BDZ, le triazolo-benzodiazepine (tra cui l’alprazolam ed il triazolam), oltre al meccanismo d’azione GABAergico proprio della classe, dimostrano comportamenti farmacologici peculiari, quali ad esempio l’inibizione competitiva dell’aggregazione piastrinica indotta dal fattore di aggregazione piastrinica (PAF), una modulazione dei recettori b-adrenergici ed un effetto inibitorio sul locus coeruleus, anche attraverso un potenziamento dell’azione della serotonina su tale area (13-15) .

Tale meccanismo d’azione multifocale costituirebbe il razionale farmacologico della documentata efficacia dell’alprazolam sia nei confronti dei sintomi depressivi che nel trattamento del Disturbo da Attacchi di Panico (16,17) .Non vi sono a tutt’oggi dati che dimostrino una riduzione et�-correlata sul numero o sull’affinit� dei recettori per il GABA. Ciononostante, studi recenti evidenziano negli anziani un’accresciuta sensibilit� del sistema nervoso centrale agli effetti delle BDZ, che viene attribuita prevalentemente ad una maggiore esposizione a tali farmaci per le modificazioni di ordine farmacocinetico gi� descritte (7) .

Rilevanza clinica dei dati farmacocinetici

L’assorbimento per os delle varie BDZ è abbastanza rapido e completo, senza differenze significative tra adulti giovani ed anziani, con un picco plasmatico che si verifica, a seconda dei vari composti, tra i 45 minuti e 3 ore. Alcuni composti (diazepam, desmetildiazepam) hanno un assorbimento più rapido, con raggiungimento della massima concentrazione plasmatica entro 1 ora dall’assunzione. Altre BDZ (alprazolam, clordemetildiazepam, lorazepam, ecc.) presentano un assorbimento intermedio, con la massima concentrazione ematica tra 90 e 120 minuti. In particolare, l’alprazolam, dopo somministrazione orale di una dose di 1 mg, viene assorbito completamente ed ha un picco plasmatico compreso tra la prima e la seconda ora dall’assunzione. Un assorbimento più lento, con un picco plasmatico oltre le due ore dall’assunzione, caratterizza invece composti quali oxazepam, temazepam e prazepam. L’impiego per via endovenosa delle BDZ (diazepam, clordemetildiazepam, lorazepam e clonazepam) garantisce un assorbimento istantaneo e completo ed un rapido superamento della barriera ematoencefalica e produce una sedazione acuta. Nel paziente anziano, peraltro, tale impiego va effettuato con grande cautela per l’azione depressogena delle BDZ sui centri bulbari del respiro ed è controindicato in soggetti che presentino patologie dell’apparato respiratorio o apnee spontanee, specie notturne. L’impiego per via intramuscolare dipende dal diverso grado di idrosolubilità dei vari composti e può risultare talora incompleto (ad es. nel caso del diazepam o del clordiazepossido). Rapido e completo è invece l’assorbimento intramuscolare del clordemetildiazepam, del flunitrazepam e del lorazepam. Negli anziani l’assorbimento intramuscolare è condizionato anche dal flusso ematico muscolare ridotto e da un rapporto tessuto muscolare/tessuto adiposo svantaggioso, con il rischio di un rilascio locale irregolare (16) .

Le caratteristiche cinetiche delle BDZ che rivestono un ruolo essenziale dal punto di vista clinico, tanto più negli anziani, sono la lunghezza dell’emivita plasmatica (T1/2) ed il tipo di metabolismo, in particolare la presenza di tappe metaboliche che prevedano o no l’idrossilazione e l’eventuale formazione di metaboliti attivi. È opportuno ricordare a questo proposito che esistono, per farmaci come le BDZ, due valori del T1/2. Il primo, T1/2a, esprime la fase di distribuzione dal sistema vascolare ai tessuti ed è parzialmente indicativa della durata d’azione della BDZ; come già detto, negli anziani si verifica, anche per le BDZ, un incremento del volume di distribuzione, un ridotto tasso di eliminazione e quindi un aumento della durata d’azione rispetto agli adulti giovani. Fa eccezione l’alprazolam, il cui volume di distribuzione, per ragioni non chiarite, si riduce lievemente nei soggetti anziani di sesso maschile e rimane invariato in quelli di sesso femminile, con il vantaggio di una durata d’azione più simile a quello degli adulti giovani (18) .Il secondo, T1/2b, rappresenta la fase di eliminazione ed è quindi indice del metabolismo e dell’escrezione della BDZ. Quando si parla dell’emivita di una BDZ si fa sempre riferimento al T1/2b, dal momento che è questo parametro che presenta le più ampie oscillazioni tra le diverse molecole (da 2-3 ore fino a più di 100 ore) e che è rilevante per spiegare i fenomeni di accumulo dopo uso prolungato. È importante, di conseguenza, non identificare il valore dell’emivita (T1/2b) con la durata d’azione, che nel caso delle BDZ, può variare notevolmente a seconda della sensibilità individuale, del composto utilizzato e della dose somministrata. Tenendo conto dei suddetti parametri cinetici le BDZ possono essere distinte in due grandi categorie:

a) le BDZ ad emivita medio-lunga (eliminazione lenta e formazione di metaboliti attivi);

b) le BDZ ad emivita breve-ultrabreve (eliminazione rapida senza formazione di metaboliti attivi).

Le BDZ ad emivita medio-lunga sono caratterizzate da un’emivita superiore alle 24 ore (come nel caso di nitrazepam e flunitrazepam) o alle 48 ore (come nel caso di diazepam, flurazepam, ecc.). Dal punto di vista metabolico queste BDZ vanno incontro, prima di essere coniugate con acido glucuronico e quindi eliminate, ad una serie di tappe metaboliche (con formazione di metaboliti attivi) di cui la più importante è la demetilazione con successiva idrossilazione (o la nitroriduzione nel caso di nitrazepam e flunitrazepam); l’idrossilazione epatica è il processo metabolico che rende ragione della lunga emivita di queste BDZ e del conseguente accumulo di farmaco nell’organismo dopo uso prolungato. Nell’anziano e nel paziente con alterata funzionalità epatica (ad esempio: cirrotici, epatopatici, etc.) questi farmaci vengono, di conseguenza, sconsigliati proprio perché in questi soggetti i processi di idrossilazione epatica sono, di per sé, già compromessi. Le conseguenze cliniche di un accumulo di BDZ, a livello del SNC, possono essere rappresentate da condizioni di eccessiva sedazione, astenia, alterata performance psicomotoria e cognitiva, talora ipotensione. Va precisato, inoltre, che molte delle BDZ incluse in questa categoria non hanno come tali una emivita lunga (ad esempio: diazepam e medazepam hanno un T1/2b che si aggira intorno alle 15-20 ore); la lunghezza dell’emivita è, di fatto, determinata per questi farmaci dalla formazione di un prodotto metabolico attivo: il desmetildiazepam o nordiazepam che possiede una emivita variabile dalle 48 alle 100 ore.

Il nitrazepam ed il flunitrazepam (nitro-BDZ), caratterizzati da una emivita plasmatica variabile dalle 24 alle 48 ore, danno luogo a fenomeni di accumulo dopo uso prolungato come nel caso dei composti pronordiazepam-simili; la loro eliminazione risulta ulteriormente prolungata nell’anziano e nel paziente epatopatico.

Le BDZ ad emivita breve-ultrabreve sono caratterizzate da una emivita di eliminazione inferiore alle 24 ore. È opportuno tuttavia distinguere dal punto di vista metabolico in questa categoria 2 gruppi. Il primo è rappresentato da BDZ che vanno incontro a processi di idrossilazione epatica e che di conseguenza modificano la loro cinetica di eliminazione nell’anziano, nel paziente epatopatico, e nel caso vengano somministrate in associazione con farmaci che inibiscono i processi ossidativi (ad esempio: cimetidina, propranololo, contraccettivi orali, antidepressivi della classe degli SSRI ). Appartengono a questo gruppo: le triazolo-benzodiazepine (alprazolam, brotizolam, estazolam, etizolam e triazolam) ed il bromazepam. La particolare struttura chimica delle triazolo-benzodiazepine determina una maggiore rapidità del processo ossidativo rispetto agli altri composti. Infatti, triazolam e brotizolam sono le BDZ che possiedono l’eliminazione più rapida (T1/2b = 2-5 ore) e la clearance dell’alprazolam è più rapida di quella della maggior parte delle BDZ a metabolismo ossidativo (T1/2b = 6-16 ore). Va segnalato come l’emivita dell’alprazolam aumenta con l’età nei soggetti di sesso maschile, mentre in quelli di sesso femminile tale effetto età-correlato è molto meno rilevante (18) .Il secondo comprende le BDZ che vengono direttamente coniugate con acido glucuronico, e quindi eliminate. Queste molecole non modificano, di conseguenza, la loro cinetica di eliminazione anche nei soggetti anziani, negli epatopatici, e qualora vengano associate a farmaci che inibiscono i processi di idrossilazione; inoltre anche dopo somministrazioni ripetute non danno luogo a significativi fenomeni di accumulo. Appartengono a questo gruppo il lorazepam, il lormetazepam, l’oxazepam, il temazepam ed il camazepam (BDZ oxazepam-simili).

Nelle Tabelle VII e VIII sono stati riportati sinteticamente i dati farmacocinetici, clinicamente rilevanti, che caratterizzano le BDZ attualmente presenti sul mercato italiano.

Effetti indesiderati

Gli effetti indesiderati delle BDZ, che sono tra gli psicofarmaci quelli più maneggevoli, molto spesso non sono altro che un’accentuazione delle loro proprietà farmacologiche. Gli anziani risultano particolarmente sensibili all’azione farmacologica delle BDZ. Quattro tipi di effetti vengono riportati con maggior frequenza rispetto alla popolazione adulta giovane: sedazione eccessiva, tossicità cerebellare, riduzione delle prestazioni (performance) psicomotorie e cognitive. Altri effetti meno comuni sono rappresentati da astenia muscolare, ipotensione e vertigini (9) .

Una sedazione eccessiva può peggiorare il livello di funzionamento quotidiano di un soggetto anziano ed indurre talora stati confusionali. Specie nei soggetti molto anziani ed in quelli con deterioramento cognitivo possono verificarsi effetti “paradossi”, quali disinibizione comportamentale, irrequietezza psicomotoria e stati di agitazione od eccitamento, spesso ad insorgenza notturna. Infine, l’eccessiva sedazione può determinare una depressione respiratoria, mentre la riduzione del tono muscolare delle vie aeree superiori abbassa la risposta ventilatoria all’ipossia, peggiorando le apnee di tipo ostruttivo frequenti nei soggetti in età avanzata.

La tossicità cerebellare, che si manifesta con atassia, disartria, incoordinazione ed instabilità rappresenta un ovvio svantaggio per gli anziani, molti dei quali presentano già tremore o deficit di coordinazione. Un equilibrio precario può inoltre essere responsabile di cadute a terra e di conseguenti fratture di femore. Come suggerito da alcuni studi epidemiologici, cadute e fratture appaiono più frequentemente associate con l’assunzione di dosaggi elevati di BDZ indipendentemente dall’emivita di eliminazione dei vari composti (19) .

La riduzione della performance psicomotoria è caratterizzata da un prolungamento del tempo di reazione, da una riduzione della rapidità e dell’accuratezza dei movimenti e da una ridotta coordinazione. La presenza di questo effetto negli anziani è stata indagata sperimentalmente con somministrazioni di BDZ in acuto, per lo più su soggetti di età inferiore a 70 anni. È stata evidenziata una significativa riduzione di performance con i composti a lunga emivita, mentre con quelli a emivita breve il peggioramento risulta evidente solo con l’impiego di dosaggi elevati. Hemmelgarn et al. (20) hanno riportato un incremento significativo di incidenti stradali negli anziani associato all’uso di BDZ a lunga emivita, ma non di BDZ a breve emivita. Si è rilevato, inoltre, nei soggetti anziani, un elevato grado di variabilità interindividuale nelle prestazioni psicomotorie dopo somministrazione di BDZ, correlato probabilmente ai singoli assetti di ordine farmacodinamico e farmacocinetico (7) .

Ancora discusso nell’ambito della terapia con BDZ è il problema correlato alla riduzione della performance cognitiva, sotto forma di amnesia anterograda e di riduzione della memoria di richiamo e dell’attenzione. Negli anziani, la somministrazione di BDZ in dosi singole o l’impiego in acuto (es. durante una crisi) possono essere associati con una riduzione misurabile sia di memoria che di attenzione (21) .Per quanto riguarda l’assunzione a lungo termine, mancano a tutt’oggi degli studi condotti specificatamente nella popolazione anziana, anche se alcune osservazioni suggeriscono che, specie in soggetti con preesistente deficit cognitivo e in quelli molto anziani, le BDZ come classe possano ridurre ulteriormente le prestazioni cognitive, soprattutto quelle mnesiche (22) .Anche in questi casi, comunque, i dati suggeriscono un’ampia variabilità interindividuale ed i risultati degli studi sono insufficienti per trarre conclusioni definitive.

L’effetto delle BDZ sulla performance cognitiva � stato studiato, oltre che clinicamente, anche mediante la rilevazione delle variazioni del flusso ematico cerebrale e del metabolismo del glucosio. Uno studio effettuato mediante la tomografia ad emissione di positroni (PET), ha valutato l’azione dell’alprazolam sul flusso ematico cerebrale, sulla sedazione e sui livelli di catecolamine. In acuto si � evidenziata, oltre all’effetto sedativo, un’attesa riduzione della performance mnesica, del flusso ematico cerebrale globale e dei livelli plasmatici di catecolamine: tali parametri, ad eccezione dell’effetto ansiolitico, sono invece rientrati all’interno dei valori normali dopo una settimana di trattamento (23) .A conferma di tali dati sperimentali, uno studio di confronto in doppio cieco fra alprazolam (0,25-1 mg/die) e placebo in una popolazione anziana ha documentato come gli effetti indesiderati rilevati nel gruppo trattato con la BDZ (sonnolenza, astenia, “testa vuota”) fossero presenti solamente nelle prime due settimane di trattamento e come, alla quarta settimana, gli effetti indesiderati fossero prevalenti nel gruppo trattato con placebo (24) .

Dipendenza

Come altri farmaci ad azione sedativa/ipnotica, anche le BDZ possono indurre una dipendenza farmacologica, caratterizzata dalla comparsa di una sindrome da sospensione o d’astinenza alla brusca sospensione del trattamento stesso. Le caratteristiche farmacologiche che definiscono una sindrome da sospensione di BDZ sono elencate nella Tabella IX (9) .Non vi sono dati a sostegno dell’ipotesi che la popolazione anziana abbia maggior probabilità di sviluppare dipendenza da BDZ, somministrate a dosi terapeutiche, rispetto agli adulti giovani. Ciononostante, sia in ambito medico che da parte dei mass-media è stata più volte espressa la preoccupazione che venga fatto un utilizzo eccessivo di benzodiazepine da parte degli anziani e del conseguente rischio di dipendenza farmacologica. Una conoscenza parziale o poco corretta della dipendenza può condurre sia il paziente che lo stesso medico, ad atteggiamenti di eccessivo allarmismo (es. non usare mai le BDZ perché farmaci che inducono dipendenza in ogni caso!) o viceversa di minimizzazione del problema (es. non effettuare periodiche rivalutazioni del trattamento e consentire trattamenti prolungati anche quando, superata la fase acuta, il farmaco non appare più indispensabile). I due fattori di rischio farmacologici più importanti per l’instaurarsi del fenomeno di dipendenza sono la durata del trattamento e l’impiego di dosaggi elevati. In generale, più elevata è la dose, più breve è il periodo di trattamento necessario per produrre dipendenza. Non risulta documentato che esistano BDZ particolarmente a rischio per indurre dipendenza; è invece stato dimostrato che il periodo di insorgenza, l’intensità e la durata della sintomatologia che caratterizza la sindrome da sospensione variano a seconda dell’emivita della BDZ. Più precisamente con le BDZ ad emivita breve la sindrome insorge più precocemente (in genere entro 1-2 giorni), presenta una maggiore intensità dei sintomi e regredisce più velocemente (entro 5-6 giorni); con le BDZ ad emivita medio-lunga l’insorgenza è più tardiva (entro 4-8 giorni), l’intensità dei sintomi minore, mentre la loro remissione avviene in un periodo più lungo (entro 10-15 giorni). Va infine sottolineato anche il ruolo dei possibili fattori di rischio “non farmacologici” quali il tipo di personalità, le esperienze di vita, il contesto culturale e sociale del paziente. Una corretta valutazione da parte del medico dei suddetti fattori può essere importante per definire i possibili rischi di dipendenza e per mettere in atto strategie di trattamento che consentano un uso razionale di questi farmaci.

Il problema della ridefinizione del rapporto tra consumo cronico e dipendenza da BDZ non può non tenere conto del fatto che numerosi pazienti anziani richiedono, di fatto, un trattamento a lungo termine a causa della cronicità e/o gravità dei loro sintomi d’ansia. L’utilizzo di BDZ per lunghi periodi richiede pertanto una valutazione complessiva ed approfondita delle singole situazioni cliniche e non deve essere identificato tout-court come un fenomeno di malpractice. D’altra parte, i dati attuali non documentano che l’impiego a lungo temine della BDZ negli anziani conduca a condizioni di abuso o di uso inappropriato di tali composti. Un consumo non legato a motivi medici o l’assunzione di elevati dosaggi (abuso) sono tipici di una ristretta fascia di soggetti che hanno avuto sin da giovani un comportamento generale di dipendenza e di abuso da sostanze e/o da alcoolici (25) .

I soggetti anziani in trattamento prolungato con BDZ sono a rischio per lo sviluppo di una sindrome da sospensione in caso di brusca interruzione del trattamento stesso. A meno che non emergano motivi che giustifichino una brusca interruzione del trattamento (es. reazioni idiosincrasiche, sovradosaggio) la sospensione di una terapia con BDZ deve sempre avvenire in modo graduale. Più lunga è la durata del trattamento e più elevato è il dosaggio, tanto più lungo deve essere il periodo previsto per la sospensione. È inoltre importante dal punto di vista pratico preparare per ciascun paziente un protocollo di sospensione individualizzato, rispettando il criterio generale della riduzione posologica di non più del 25% per settimana. Durante la sospensione è sempre consigliabile un periodico e regolare controllo delle condizioni cliniche del paziente che dovrà essere anche rassicurato e sostenuto psicologicamente dal proprio medico soprattutto rispetto alla paura di eventuali “ricadute” o di essere diventato “dipendente” dalla BDZ.

Si definisce tolleranza quella situazione in cui si rende necessario l’impiego di dosi sempre maggiori di farmaco per mantenere gli effetti clinici desiderati oppure quella situazione in cui una stessa dose non garantisce nel tempo gli effetti clinici ottenuti all’inizio del trattamento. La tolleranza verso le BDZ non è sostenuta da meccanismi di tipo metabolico (es. induzione enzimatica); di fatto anche dopo molti mesi di trattamento con la stessa dose, le concentrazioni plasmatiche sono sovrapponibili a quelle dell’inizio del trattamento. Anche dal punto di vista farmacodinamico non esistono al momento dati, né riferiti ai giovani adulti né agli anziani, che facciano pensare allo sviluppo di tolleranza da iposensibilità del recettore GABAergico, determinata dall’uso prolungato delle BDZ .

Principi generali per un uso razionale delle BDZ nell’anziano

Per quanto concerne l’impiego più appropriato e corretto delle BDZ nel trattamento delle sindromi ansiose nella popolazione anziana, va osservato che gli studi attualmente disponibili sono sorprendentemente scarsi. Nell’obiettivo di definire delle linee guida razionali va tenuto conto, pertanto, dei dati riferiti alla popolazione generale, corretti per i parametri differenziali di tipo farmacologico che caratterizzano gli anziani in generale ed i singoli individui in particolare.

Nella pratica clinica si deve essenzialmente tenere conto, nella scelta della BDZ, delle differenze farmacocinetiche che caratterizzano le diverse molecole, in particolare: il tipo di metabolismo e la lunghezza dell’emivita. Nei pazienti anziani è consigliabile utilizzare, nella maggior parte dei casi, BDZ ad emivita breve. I vantaggi di impiegare queste BDZ possono essere così riassunti:

a) l’assenza di fenomeni di accumulo durante somministrazioni ripetute con minore rischio di provocare effetti indesiderati quali stati di eccessiva sedazione, alterazioni significative della performance cognitiva e psicomotoria, ecc.;

b) l’assenza di interazione, per i composti oxazepam-simili, con i farmaci che inibiscono i processi ossidativi, come il propranololo, la cimetidina, i contraccettivi orali, gli SSRI;

c) il minor carico metabolico da parte del fegato, dal momento che, per i composti oxazepam-simili, il metabolismo (coniugazione diretta con acido glicuronico) non implica processi di desmetilazione, idrossilazione o nitroriduzione;

d) una maggiore flessibilità di dosaggio.

Come regola generale per l’individualizzazione del dosaggio è sempre opportuno, negli anziani, iniziare con dosi molto basse (indicativamente, la metà che negli adulti giovani) e con una o due somministrazioni giornaliere del farmaco, allo scopo di saggiare la reattività individuale (effetti terapeutici, effetti indesiderati, reazioni idiosincrasiche, ecc.). L’individualizzazione del dosaggio, che può essere raggiunta quasi sempre entro la prima settimana di trattamento, deve tendere a stabilire per ciascun paziente la dose minima efficace per il controllo dell’ansia. Le BDZ a emivita breve disponibili in gocce (es. alprazolam e lorazepam) sono da questo punto di vista particolarmente utili e garantiscono, tra l’altro, anche un migliore assorbimento per via orale.

Come nel caso del dosaggio, anche la durata del trattamento con BDZ negli anziani deve essere individualizzata a seconda delle esigenze cliniche del singolo paziente. L’ansia infatti, anche nel paziente anziano, è una condizione psicopatologica che può presentare un decorso estremamente variabile e comunque difficilmente prevedibile (da condizioni ad andamento acuto ed a rapida risoluzione fino a stati di cronicizzazione). È evidente, pertanto, che dare indicazioni sulla durata di un trattamento con BDZ eccessivamente restrittive (es. non più di 4 settimane) o viceversa troppo permissive (es. almeno 6 mesi di trattamento) rappresenta comunque una semplificazione del problema e può risultare di scarsa utilità per la pratica clinica. L’esperienza clinica insegna che se in molti casi trattamenti di breve durata (es. alcune settimane) sono sufficienti per garantire una risoluzione completa della condizione di sofferenza del paziente, in altri invece può essere necessario prolungare il trattamento anche per molti mesi. I fattori che sono stati identificati come predisponenti nel determinare o favorire un uso prolungato di BDZ sono riassunti nella Tabella X. Va comunque sottolineato che le BDZ, nonostante gli effetti indesiderati descritti ed il possibile rischio di dipendenza, possiedono un profilo di tollerabilità e sicurezza più favorevole rispetto a tutti gli altri farmaci che possono essere utilizzati a scopo ansiolitico. Tipicamente, vi sono dati epidemiologici che indicano come i pazienti anziani con malattie fisiche croniche, dolore e depressione secondaria che presentino sintomi d’ansia, traggano beneficio da un impiego a lungo termine di BDZ senza particolari segni di tossicità. Questi pazienti aderiscono solitamente in modo scrupoloso alle prescrizioni e non assumono dosaggi supplementari senza l’approvazione del medico. Nonostante assumano una BDZ da anni, qualora si decida di interrompere il trattamento non sviluppano in genere una sindrome da sospensione, purché i dosaggi vengano ridotti gradualmente (7) .In altri tipi di pazienti anziani un trattamento cronico con BDZ ha un’indicazione meno chiara e può comportare differenti patterns di tollerabilità. Va anzitutto considerato che la sensibilità agli effetti farmacologici aumenta man mano che la persona invecchia: in soggetti di età superiore a 75 anni, i dosaggi che erano stati terapeutici a 65-70 anni possono produrre effetti indesiderati significativi ed i segni di deterioramento cognitivo possono essere erroneamente interpretati come correlati all’età. Un trattamento a lungo termine con BDZ negli anziani è, di conseguenza, giustificato soltanto se effettuato con consapevolezza ed attraverso una continua valutazione da parte del medico del rapporto rischio/beneficio. Dovrebbero essere evitate prescrizioni rinnovabili e/o che consentano l’acquisizione di grandi quantità di farmaci, e l’assetto cognitivo dei pazienti andrebbe esaminato periodicamente nei parametri fondamentali (ad es., mediante il Mini Mental State Examination). Infine, nei pazienti affetti da demenza, le potenziali, gravi conseguenze cliniche e comportamentali già descritte a proposito di effetti indesiderati quali l’eccessiva sedazione, la tossicità cerebellare, ecc., rendono problematica una gestione corretta della terapia benzodiazepinica e suggeriscono l’impiego di composti alternativi per il trattamento degli stati d’ansia o di agitazione (nuovi antipsicotici, SSRI, b-bloccanti, ecc.). Nella Tabella XI vengono riassunte le linee guida che la ricerca clinica e l’esperienza suggeriscono riguardo alla prescrizione di BDZ negli anziani.

Ansiolitici non benzodiazepinici

Buspirone

Il buspirone (BSP) viene considerato un agonista parziale della serotonina e l’effetto ansiolitico deriva, probabilmente, da una riduzione della trasmissione serotoninergica nel SNC. I pochi studi clinici effettuati sulla popolazione anziana documentano un’efficacia ansiolitica equivalente a quella delle BDZ ed un profilo di tollerabilità caratterizzato in genere da minore sedazione (7) .L’esperienza clinica è, comunque, assai ridotta e non consente di trarre alcuna conclusione sulle indicazioni e controindicazioni di questo composto negli anziani. A differenza delle BDZ, la latenza di azione ansiolitica di questo farmaco risulta di alcune settimane e non consente, ovviamente, un controllo immediato degli stati d’ansia acuti; pertanto, il BSP risulta inadatto nei pazienti per i quali si ritiene che una risoluzione della sintomatologia ansiosa debba avvenire in tempi brevi (26) .Analogamente a quanto riportato negli adulti giovani, nel 10% della popolazione anziana si è osservato un peggioramento dell’ansia nel corso delle prime settimane (27) .Tra gli effetti indesiderati riportati con una certa frequenza e spesso causa di interruzione del trattamento con BSP sono segnalati: sonnolenza, nausea, vertigini e cefalea; con minore frequenza sono stati anche riportati, irritabilità, insonnia, nausea e parestesie. Alcuni dati sperimentali suggeriscono che BSP non modifica la performance psicomotoria e cognitiva in volontari sani anziani (28) .L’ambito di dosaggio consigliato negli anziani è di 5-30 mg/die.

b-bloccanti

Mentre è sufficientemente documentata l’efficacia dei b-bloccanti nel trattamento dell’ansia, dell’agitazione e dei comportamenti aggressivi in soggetti con ritardo mentale o in anziani affetti da demenza, non ci sono studi controllati effettuati su anziani con sintomi d’ansia e senza malattie neurologiche concomitanti. L’effetto dei b-bloccanti nella riduzione dei sintomi autonomici associati all’ansia (ad es. sudorazione, tachicardia, palpitazioni) risulta teoricamente utile anche negli anziani, ma il loro impiego clinico è fortemente limitato dal profilo di tollerabilità sfavorevole per quanto riguarda l’apparato cardiovascolare e respiratorio (29) .

Antidepressivi

L’impiego di farmaci antidepressivi (AD), in particolare di quelli che potenziano la trasmissione serotoninergica, è considerata una pratica razionale nei pazienti affetti da Disturbo Ossessivo Compulsivo, Fobie e Disturbo da Attacchi di Panico. L’alprazolam, BDZ dal meccanismo d’azione peculiare, ha peraltro confermato una sostanziale equivalenza terapeutica rispetto agli AD nel Disturbo da Attacchi di Panico recentemente documentata anche negli anziani (30-32) .Negli anziani gli AD possono rivelarsi utili nei casi, molto frequenti, di sintomatologia mista ansioso-depressiva in cui il disturbo dell’umore venga diagnosticato come primario. Invece, nel disturbo d’ansia in cui sia presente secondariamente una deflessione del tono dell’umore, l’utilizzo in monoterapia o in soministrazione di una benzodiazepina, quale l’alprazolam, efficace sia sulla sintomatologia ansiosa, sia su quella depressiva concomitante, consente di mantenere nell’anziano un rapporto rischio-beneficio più favorevole che con altre classi di psicofarmaci (16) .

Antistaminici

Composti ad attività antistaminica (ad es. difenidramina, prometazina) vengono talora impiegati nella gestione in acuto dell’ansia e dell’agitazione, anche per la disponibilità di formulazioni a somministrazione intramuscolare. In realtà questi composti, nei quali gli effetti anticolinergici prevalgono sul debole effetto ansiolitico, possono indurre negli anziani sedazione eccessiva e confusione mentale. Se somministrati in concomitanza con farmaci ad attività anticolinergica (es. antidepressivi triciclici o neurolettici) possono provocare grave agitazione e talora delirium (29) .

Antipsicotici

Nonostante l’ampio uso che viene fatto di farmaci antipsicotici o neurolettici (ad es. aloperidolo, tioridazina, clotiapina) per il trattamento dell’ansia negli anziani, specie in setting istituzionali, va ribadito come tale prassi non venga considerata nella maggior parte dei casi razionale. I neurolettici si caratterizzano, infatti, per un profilo di tollerabilità particolarmente sfavorevole in soggetti fragili (es. gli effetti extrapiramidali in acuto, la discinesia tardiva, la tossicità autonomica, cardiovascolare, ecc.). I nuovi antipsicotici (es. olanzapina, risperidone, ziprasidone) offrono un rapporto rischio/beneficio più favorevole rispetto a quelli tradizionali (33) .Non vi sono dati specifici riguardo al loro impiego nei sintomi d’ansia degli anziani, mentre è documentata la loro efficacia nel trattamento dell’agitazione e dei disturbi comportamentali in corso di demenza (34,35) .

Tab. I
Classificazione dei Disturbi d’Ansia secondo il DSM-IV.
Classification of anxiety disorders according to the DSM-IV.

Attacco di Panico*: corrisponde a un periodo preciso durante il quale vi � l’insorgenza improvvisa di intensa apprensione, paura o terrore, spesso associati con una sensazione di catastrofe imminente. Durante questi attacchi sono presenti sintomi come dispnea, palpitazioni, dolore o fastidio al petto, sensazione di asfissia o di soffocamento, e paura di “impazzire” o di perdere il controllo.
Agorafobia*: � l’ansia o l’evitamento verso luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile (o imbarazzante) allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto in caso di un Attacco di Panico o di sintomi tipo panico. * l’Agorafobia non � non � un disturbo codificabile. Codificare la diagnosi specifica nell’ambito della quale si manifesta l’Agorafobia, per es. Agorafobia senza Anamnesi di Disturbo di Panico (300.22)
Fobia Specifica (300.29): � caratterizzata da un’ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione ad un oggetto o ad una situazione temuti, che spesso determina condotte di evitamento
Fobia Sociale (300.23): � caratterizzata da un’ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a certi tipi di situazioni o di prestazioni sociali, che spesso determina condotte di evitamento
Disturbo Ossessivo-Compulsivo (300.3): � caratterizzato da ossessioni (che causano ansia o disagio marcati) e/o compulsioni (che servono a neutralizzare l’ansia)
Disturbo Post-traumatico da Stress (309.81): � caratterizzato dal rivivere un evento estremamente traumatico accompagnato da sintomi di aumento dell’arousal e da evitamento di stimoli associati al trauma
Disturbo Acuto da Stress (308.3): � caratterizzato da sintomi simili a quelli del Disturbo Post-traumatico da Stress che si verificano immediatamente a seguito di un evento estremamente traumatico
Disturbo d’Ansia Generalizzato (300.02): � caratterizzato da almeno 6 mesi di ansia e preoccupazione persistenti ed eccessive
Disturbo d’Ansia Dovuto ad una Condizione Medica Generale (293.89): � caratterizzato da sintomi rilevanti di ansia ritenuti conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale. Disturbo d’Ansia Indotto da Sostanze**: � caratterizzato da sintomi rilevanti di ansia ritenuti conseguenza fisiologica diretta di una droga di abuso, di un farmaco o dell’esposizione ad una tossina.
Disturbo d’Ansia Non Altrimenti Specificato (300.00): viene incluso per la codificazione di disturbi con ansia o evitamento fobico rilevanti che non soddisfano i criteri per nessuno specifico Disturbo d’Ansia definito in questa sezione (o sintomi d’ansia a proposito dei quali sono disponibili informazioni inadeguate o contraddittorie).
* un Attacco di Panico non � un disturbo codificabile. Codificare la diagnosi specifica nell’ambito della quale si manifesta l’Attacco di Panico, per es. Disturbo di Panico con Agorafobia (300.21)
** specificare la sostanza, per es. Alcool (291.8), Amfetamine (292.89), Caffeina (292.89), ecc

Tab.II
Sintomi e segni d’ansia.
Symptoms and signs of anxiety.

Tensione muscolare
Tremore
Irrequietezza
Facile stancabilit�
“Testa pesante”
Respiro frequente
Palpitazioni
Sudorazione
Bocca secca
Vertigini
Nausea
Diarrea
Vampate di calore
Minzione frequente
Difficolt� a deglutire
Ipervigilanza
Iperreattivit� agli stimoli
Difficolt� di concentrazione
Turbe del sonno
Irritabilit�

Tab. III.
Sintomatologia ansiosa peculiare dell’anziano.
Elderly patient-specific anxious symptomatology.

Sintomi d’ansia Malattia somatica temuta dal paziente
Nausea, bruciore
addominale,
eruttazioni, flatulenza,
stipsi, diarrea
Malattie gastrointestinali
(neoplasie)
Peso retrosternale,
difficolt�
respiratorie, tachicardia
Attacco cardiaco
Riduzione di memoria,
attenzione e
concentrazione
Morbo di Alzheimer

Tab. IV.
Malattie organiche associate con sintomi di ansia.
Organic disorders associated with anxiety symptoms.

Condizioni che producono tremore, tachicardia o ipereccitabilit�
Ipoglicemia
Feocromocitoma
Ipertiroidismo
Condizioni che producono paura, confusione, astenia, vertigini, difficolt� respiratorie, sudorazione
Infarto miocardico silente
Embolia polmonare
Attacco ischemico transitorio o stroke di lieve entit�
Eccessiva assunzione di caffeina
Simpaticomimetici contenuti in composti da banco
Sindrome da sospensione da sedativi, ipnotici o alcool

 

Tab. V.
Farmaci e sostanze che possono provocare disturbi d’ansia negli anziani.
Drugs and substances that may trigger anxiety disorders in the elderly.

Anestetici
Antiipertensivi
Antistaminici
Corticosteroidi
Insulina
Penicillina e cicloserina
Simpaticomimetici (efedrina, pseudoefedrina, fenilpropanolamina)
Terapia tiroidea sostitutiva
Farmaci antiparkinsoniani (inclusi gli anticolinergici)
Anticonvulsivanti
Antidepressivi
Antipsicotici
Ipnotici sedativi (reazione da sospensione o effetto paradosso)

 

Tab. VI.
Possibili modificazioni farmacocinetiche negli anziani.
Possible pharmacokinetic changes in the elderly.

Modificazioni fisiologiche Effetti farmacocinetici
tasso di filtrazione
glomerulare
escrezione metaboliti idrosolubili
attivit� degli enzimi epatici emivita degli antidepressivi
flusso sanguigno epatico tasso di clearance plasmatica
relativo del grasso corporeo relativo del volume di distribuzione
proteine plasmatiche della frazione libera dei farmaci

 

Tab. VII.
Benzodiazepine ad emivita medio-lunga.
Medium-to long-acting benzodiazepines.

Principio attivo
BDZ pronordiazepam simili: Clorazepato – Prazepam – Clordesmetildiazepam – Clobazam – Desmetildiazepam – Flurazepam – Clordiazepossido – Diazepam – Ketazolam – Medazepam – Pinazepam – Quazepam Nitro-BDZ: Nitrazepam – Flunitrazepam
Caratteristiche cinetiche
Emivita plasmatica tra le 24 e le 48 ore per le nitro-BDZ; superiore alle 48 ore per le pronordiazepam simili Prolungamento dell’emivita nell’anziano e nel paziente epatopatico
Metabolismo: per le BDZ pronordiazepam-simili tappa metabolica principale � la demetilazione con formazione di nordiazepam che viene successivamente idrossilato ad oxazepam e infine coniugato con acido glucuronico Per le nitro-BDZ tappa metabolica principale � la nitroriduzione e successiva coniugazione con acido glucuronico Formazione di metaboliti attivi con emivita superiore a quella del composto di origine
Accumulo: presente dopo uso prolungato anche utilizzando una dose/die unica
Interazioni: cimetidina, propranololo, SSRI e contraccettivi orali inibiscono i processi di idrossilazione epatica (P-450) e determinano un aumento del tempo di eliminazione di queste BDZ L’associazione con alcool aumenta gli effetti sedativi ed ipotensivi

 

Tab. VIII.
Benzodiazepine ad emivita breve ed ultrabreve.
Short- and ultrashort-acting benzodiazepines.

I gruppo

Principio attivo
Alprazolam – Bromazepam – Brotizolam – Estazolam – Triazolam

Caratteristiche cinetiche
Emivita plasmatica inferiore alle 10 ore per triazolam e brotizolam, inferiore alle 24 ore per le altre BDZ
Prolungamento dell’emivita nell’anziano e nel paziente epatopatico
Metabolismo: tappa metabolica principale � l’idrossilazione con successiva coniugazione con acido glucuronico
Formazione di metaboliti attivi ma con emivita inferiore o uguale a quella del composto di origine
Accumulo: assente o minimo dopo uso prolungato
Interazioni: cimetidina, propranololo, contraccettivi orali ed SSRI inibiscono i processi di idrossilazione epatica (P-450) e determinano di conseguenza un rallentamento del metabolismo di queste BDZ
Potenziamento degli effetti sedativi e rischio di ipotensione se associate ad alcool
II gruppo

Principio attivo
BDZ oxazepam-simili: Camazepam – Lorazepam – Lormetazepam – Oxazepam – Temazepam

Caratteristiche cinetiche
Emivita plasmatica inferiore alle 24 ore.
Nessuna modificazione dell’emivita nell’anziano e nel paziente epatopatico
Metabolismo: coniugazione diretta con acido glucuronico
Assenza di metaboliti attivi
Accumulo: assente dopo uso prolungato
Interazioni: nessuna interazione farmacologica di rilevanza clinica per assenza di processi di idrossilazione epatica.
Potenziamento degli effetti sedativi ed ipotensione se associate ad alcool.

 

Tab. IX.
Sintomi da brusca sospensione di benzodiazepine.
Abrupt benzodiazepine withdrawal symptoms.

Frequenti presenti in pi� del 50% dei casi di
dipendenza:stati d’ansia, irritabilit�,
insonnia, cefalea, palpitazioni
cardiache, nausea, tremori,
sudorazione
Meno frequenti (presenti dal 25% al 50% dei casi
di dipendenza): dolori muscolari, vomito, sensazione di instabilit� e di perdita dell’equilibrio, alterazioni delle sensopercezioni con intolleranza ai suoni di elevata tonalit� ed alle luci intense
Rari riportati solo in pazienti trattati con alte dosi e per lunghi perio- di: convulsioni, disturbi psicotici, stati depressivi

Tab. X.
Fattori associati all’uso prolungato di BDZ nell’anziano.
Factors associated with prolonged benzodiazepine use in the aged.

1. Gravit� della condizione di ansia
2. Malattie mediche croniche, dolore, depressione secondaria
3. Mancanza di una strategia di supporto psicologico concomitante all’uso di BDZ
4. Impossibilit� di eliminare i fattori psicologici o socio-ambientali responsabili della condizione di ansia
5. Pazienti con predisposizione tossicofilica (es. alcolisti) o pazienti che fanno uso eccessivo o prolungato di altri farmaci (analgesici, antispastici, ecc.)

 

Tab. XI.
Linee guida per l’impiego delle BDZ nell’anziano.
Guidelines for the use of benzodiazepines in the aged.

1. Prescrivere solo dosaggi ridotti
2. Utilizzare preferibilmente BDZ a breve emivita (alprazolam, lorazepam, oxazepam)
3. Qualora si ritenga necessario utilizzare BDZ a lunga emivita (ad es. per ragioni di compliance), prevederne l’assun- zione una volta al giorno o a giorni alterni
4. Evitare di prescrivere BDZ a pazienti confusi o dementi
5. Valutare una possibile interazione tra BDZ e sostanze depressogene del SNC (quali alcool, prodotti da banco con- tenenti antistaminici, ecc.). Tale interazione pu� indurre eccessiva sedazione, confusione mentale, comporta- mento disinibito o agitazione
6. Durante un ricovero ospedaliero, prescrivere BDZ con cautela a soggetti anziani in terapia con ipnotici, sedativi non benzodiazepinici, analgesici o narcotici