Olanzapina: utilizzazione clinica in un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (S.P.D.C.)

Olanzapine: clinical use in a Psychiatric Service (S.P.D.C.)

P. BROGNA

S.P.D.C. Osp. "C. Forlanini", Roma, ASL RM/D

Key words: Olanzapine • S.P.D.C. • Schizophrenia • Mood Disorders

Correspondence: Dr. P. Brogna, via Cassia 515, 00189 Roma, Italy – Tel. e Fax +39 06 3350367 – 348 9353223, E-mail: brognak@tiscalinet.it

Nel corso degli ultimi anni la disponibilità di diversi nuovi antipsicotici, ci ha permesso di affinare il nostro approccio al trattamento delle patologie psicotiche ed in modo particolare della schizofrenia. Tra gli antipsicotici di nuova generazione l’olanzapina ha suscitato un particolare interesse, in quanto promette un più ampio campo di efficacia rispetto ai neurolettici convenzionali, con una bassa incidenza di effetti collaterali extrapiramidali, e minimi effetti sulla prolattina. L’olanzapina, infatti, rispetto ai neurolettici convenzionali ha un maggiore antagonismo per i recettori della serotonina (5-HT2A), che non per quelli della dopamina (D2). Gli studi multicentrici hanno evidenziato una buona efficacia di questo farmaco con bassi effetti collaterali in rapporto con altri antipsicotici convenzionali e non (1)-(3), ma la realtà clinica è, spesso, diversa e peculiare rispetto al rigido contesto sperimentale, e questo ci ha spinto a verificare le possibilità di utilizzazione dell’olanzapina in un contesto particolare come il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. Alcune posizioni, probabilmente pregiudiziali, considerano questo farmaco poco utilizzabile in tale contesto clinico per la sua limitata attività sedativa ed atarassica, il che renderebbe difficile la gestione dei pazienti gravi e spesso agitati che si ricoverano in S.P.D.C. Con l’obiettivo di individuare i problemi e verificare la possibilità di utilizzazione dell’olanzapina in questo contesto, abbiamo attuato una rilevazione in aperto dei trattamenti effettuati sia in pazienti con schizofrenia, sia in pazienti con disturbi affettivi, in quest’ultimo caso per valutare l’impiego dell’olanzapina in patologie diverse dalla schizofrenia. Gli obiettivi dell’osservazione erano di verificare l’efficacia e la tollerabilità dell’olanzapina, e, soprattutto, specificare le modalità del suo utilizzo e gli eventuali aspetti problematici del trattamento.

Olanzapina nella schizofrenia

Considerando i possibili punti problematici del trattamento con olanzapina in pazienti schizofrenici in SPDC, abbiamo anzitutto la mancanza di compliance al trattamento. Questo problema potrà essere affrontato adeguatamente quando sarà disponibile la formulazione intramuscolare di tale farmaco, che promette, anche, di ridurre i problemi di gestione dell’agitazione. Altri aspetti significativi che abbiamo indagato in questo studio sono: le indicazioni per la scelta dell’olanzapina, la sua efficacia ed efficienza in pazienti gravi il cui ricovero è spesso di durata limitata visto il pressante turn-over dei servizi di Diagnosi e Cura, l’azione di tale farmaco sui sintomi positivi e negativi, il problema del controllo dei sintomi di agitazione, disforia ed aggressività e le relative soluzioni. Strettamente connessi con l’azione del farmaco abbiamo, inoltre, i problemi in rapporto al tempo di latenza della risposta clinica, e quelli legati allo switch da un trattamento con un diverso antipsicotico a quello con olanzapina; infine, abbiamo il problema delle politerapie che nei pazienti ricoverati in SPDC per varie ragioni è quasi la regola, pur sapendo che sarebbe più corretto un approccio condotto in monoterapia, o, almeno, con un solo antipsicotico.

Soggetti e Metodo

Abbiamo trattato con olanzapina 30 pazienti con schizofrenia diagnosticati secondo i criteri del DSM IV. Di essi 17 erano uomini e 13 donne, l’età media era di 40 anni (d.s. 10,52). Divisi sulla base della diagnosi sono stati considerati: 10 pazienti con schizofrenia paranoide, 8 con schizofrenia indifferenziata, 6 con schizofrenia disorganizzata, 2 con schizofrenia residua, 2 con disturbo schizofreniforme, 1 con delirio cronico ed 1 con disturbo schizoaffettivo. Fra i 30 pazienti trattati abbiamo avuto un solo drop-out per mancanza di compliance al trattamento, mentre i restanti 29 pazienti hanno completato almeno due settimane di terapia, e di essi 16 hanno completato 4 settimane di trattamento.

L’olanzapina è stata somministrata a dosaggio variabile tra 10 e 30 mg, e ad essa sono stati associati altri farmaci psicotropi che nei vari casi erano ritenuti necessari per il controllo dei sintomi presenti quali: la disforia, l’agitazione, i disturbi dell’umore, l’insonnia; vedremo più avanti in dettaglio le terapie associate all’olanzapina e le ragioni che hanno portato al loro utilizzo. Ai pazienti trattati con olanzapina sono state somministrate all’ammissione e, quindi, alla 1�, 2a e 4a settimana di trattamento la CGI (Clinical Global Impression), la BPRS (Brief Psychiatric Rating Scales), la SAPS e la SANS (Positive and Negative Syndrome Scales), inoltre sono stati rilevati gli effetti collaterali extrapiramidali con la scala di Simpson ed Angus, e con la AIMS (Abnormal Involuntary Movement Scale), mentre gli effetti collaterali di altro tipo, emergenti nel corso del trattamento, sono stati rilevati utilizzando la DOTES. I punteggi delle diverse scale utilizzate sono stati sottoposti ad indagini statistiche quali il t di Student per osservazioni appaiate, per valutare la significatività dei cambiamenti verificatisi nel corso del trattamento. Prima di illustrare i risultati e le osservazioni di questa rilevazione, può esser utile riportare le terapie antipsicotiche che venivano somministrate prima di iniziare la terapia con olanzapina: in 14 casi era l’aloperidolo, in 7 il risperidone, in 2 la clozapina, in 2 altri neurolettici convenzionali, mentre in 5 casi i pazienti non assumevano alcuna terapia antipsicotica. Una prima osservazione è che l’aloperidolo rimane ancora oggi il farmaco più largamente utilizzato nel trattamento della schizofrenia, nonostante gli svantaggi che può comportare, su questo aspetto sarebbe utile approfondire la riflessione per capire le ragioni di questo orientamento. Per quanto riguarda, invece i motivi della scelta della terapia con olanzapina, in 12 casi essa era determinata dalla presenza di effetti collaterali, in genere extrapiramidali, con il trattamento precedente, mentre in 10 casi era dettata dalla inefficacia della terapia in atto, ed in 8 casi è stata una scelta autonoma del medico.

Risultati

I risultati relativi all’efficacia della terapia con Olanzapina ed all’andamento degli effetti collaterali extrapiramidali e non, li troviamo esposti nelle Tabelle successive. Per quanto riguarda la variazione dei punteggi della CGI da una media di circa 5 (4,83) all’ammissione, ritroviamo una media di circa 3 (3,13) dopo la 4a settimana di trattamento, che corrisponde ad un grande miglioramento della sintomatologia clinica.

I punteggi della BPRS evidenziano dall’ammissione (media 61,76 d.s. 7,48) una riduzione altamente significativa dopo 4 settimane (media 37,63 d.s. 9,65; p > .001), ma il miglioramento dei punteggi era già altamente significativo dopo la seconda settimana di trattamento (media 44,76 d.s. 10,34, p > .001) (Tab. I).

Quindi, per quanto sia relativo il valore di questi risultati trattandosi di una rilevazione in aperto, possiamo osservare che il trattamento effettuato si è rivelato efficace sin dalla prima settimana di terapia, anche se dobbiamo sottolineare che il nucleo dei sintomi più tipicamente psicotici migliora un po’ più lentamente e la precoce riduzione dei punteggi è da attribuire alla riduzione di altri sintomi iniziali (agitazione, ansia, disforia, disturbi comportamentali etc.) non riferibili solo al trattamento in corso con olanzapina, ma anche alle terapie associate. Per quanto riguarda la variazione nel tempo dei punteggi della scala per i Sintomi Positivi (SAPS) questi ricalcano l’andamento dei punteggi della BPRS, si nota, infatti, dall’ammissione (media 41,41 d.s. 15,58) una riduzione altamente significativa dopo la 4a settimana (media 22 d.s. 15,41, p > .001), ma la riduzione dei punteggi è già notevole dopo la 2a settimana (media 25,21 d.s. 17,09, p > .001). Un andamento lievemente diverso hanno i punteggi relativi ai Sintomi Negativi (SANS) che dall’ammissione (media 58,07 d.s. 20,22), si riducono in modo significativo, ma in misura minore rispetto alla BPRS e SAPS, alla 2a (media 51,17 d.s. 17,03, p > .01) ed alla 4a settimana di trattamento (media 47,63 d.s. 17,82 p > .01). Quindi, mentre l’azione della terapia con olanzapina è più rapida ed efficace sui sintomi positivi, su quelli negativi essa è meno intensa e si manifesta con più gradualità, ed, inoltre, riteniamo che, almeno in questa fase iniziale, sia in gran parte ascrivibile al miglioramento dei sintomi negativi secondari.

I risultati relativi ai punteggi SAPS e SANS sono riportati nella Tabella II.

Se, invece, consideriamo il miglioramento sulla base delle percentuali di riduzione dei punteggi della BPRS, che può darci un’idea più precisa sul numero di pazienti in cui il trattamento è risultato efficace o meno, vediamo che in 8 pazienti abbiamo registrato una riduzione dei punteggi (dall’ammissione alla 4� settimana) tra il 50-70% e possiamo parlare per questi pazienti di una efficacia completa, mentre una efficacia parziale con una riduzione dei punteggi tra il 25-50% si è avuta in 17 pazienti, ed una inefficacia del trattamento con una riduzione dei punteggi inferiore al 25% si è verificata in 4 pazienti, che possiamo considerare come non-responders. Per quanto riguarda gli effetti collaterali extrapiramidali nella Tabella III sono riportate le variazione dei punteggi registrati con le scale SAS ed AIMS. Quello che possiamo osservare è che i punteggi medi relativi ai sintomi extrapiramidali si riducono dall’ammissione (media 2,72 d.s. 4,27) alla 4a settimana (media 0,63 d.s. 1,02), in altre parole il passaggio dalle terapie precedenti ad olanzapina ha comportato una progressiva riduzione degli effetti collaterali extrapiramidali presenti in alcuni pazienti, che, spesso, costituivano uno dei motivi della scelta della terapia con olanzapina. Invece, i punteggi relativi ai movimenti involontari patologici, che in gran parte sono riferibili alla presenza di sintomi di discinesia tardiva, non subivano variazioni significative durante il periodo di trattamento con olanzapina.

Per quanto riguarda, infine, gli effetti collaterali di altro tipo registrati durante il periodo di trattamento, questi sono stati piuttosto limitati, ed abbiamo rilevato: in 5 pazienti sedazione-sonnolenza, in 2 pazienti tremori e scialorrea, in un solo paziente acatisia, ed in uno aumento di peso. Va sottolineato che tali effetti collaterali erano registrati quando venivano spontaneamente riportati dal paziente o erano evidenti nell’esame clinico.

Discussione

Riassumendo brevemente i risultati del trattamento con olanzapina nei pazienti schizofrenici, essa ha evidenziato buona efficacia sui sintomi positivi, sui quali presenta una latenza d’azione in media di 10-15 giorni. Ha, inoltre, efficacia significativa anche sui sintomi negativi anche se su questi l’intensità dell’effetto è minore e l’azione più lenta; pensiamo, peraltro, che almeno per quanto attiene ai pazienti che abbiamo osservato in SPDC, l’efficacia sui sintomi negativi sia in gran parte riconducibile all’azione sui sintomi negativi secondari, tale asserzione è supportata anche dal fatto che durante il periodo di osservazione vi è stata una riduzione dei sintomi extrapiramidali attribuibili alle terapie precedenti. Per quanto riguarda la tollerabilità, essa è molto buona, sia riguardo gli effetti collaterali extrapiramidali, sia sugli altri effetti indesiderati, di cui il più comune è la sedazione che abbiamo, comunque, rilevato in pochi casi che assumevano un dosaggio più alto, o che erano particolarmente sensibili all’azione del farmaco. Per quanto riguarda i dosaggi che abbiamo utilizzato la dose media è stata di 20 mg/die, ma in 7 casi è stato utile aumentare il dosaggio sino a 30 mg/die, mentre in 3 casi abbiamo utilizzato una dose di 10 mg/die; l’uso di dosi tendenzialmente più alte è legato al particolare contesto dell’SPDC dove spesso è necessario ottenere un iniziale maggiore controllo della sintomatologia acuta in atto. Spesso, nelle prime due-tre settimane di terapia per migliorare il controllo dei sintomi di agitazione, aggressività e disforia è stato necessario associare altri farmaci all’olanzapina. Infatti, 21 pazienti hanno assunto anche un secondo neurolettico, in genere di tipo sedativo, ed in 2 casi sono stati somministrati due neurolettici oltre l’olanzapina; inoltre in 6 pazienti il secondo neurolettico era associato anche ad uno stabilizzatore dell’umore, mentre 7 pazienti hanno assunto assieme ad olanzapina uno o 2 stabilizzatori dell’umore. Riteniamo che i pazienti ricoverati in SPDC, per le caratteristiche dell’acuzie, richiedano spesso nelle fasi iniziali del trattamento l’associazione di neurolettici sedativi e/o stabilizzatori dell’umore, per un migliore controllo dei diversi aspetti sintomatici durante il periodo di latenza dell’azione antipsicotica dell’olanzapina. Nella Tabella IV sono riportati in dettaglio i farmaci associati al trattamento con olanzapina ed il dosaggio medio a cui sono stati somministrati.

Un diverso problema, che si è presentato con una certa frequenza durante il trattamento, è quello relativo allo switch da un diverso neurolettico ad olanzapina. Infatti, l’esperienza precedente ci aveva permesso di osservare che se viene attuata la sospensione del neurolettico in corso in contemporanea all’inizio della somministrazione del nuovo neurolettico (“Stop the old / Strat the new”), questo può comportare un iniziale peggioramento sintomatico venendo a mancare l’azione del vecchio farmaco, mentre ancora ci troviamo nel periodo della latenza clinica di risposta al nuovo antipsicotico. Per limitare tale problema lo switch può essere condotto con due diverse modalità, o quella della “Titolazione Crociata” (“Cross-Titration”) in cui si inizia il nuovo farmaco e si sospende gradualmente il vecchio, o quella della “Overlap and Taper” in cui si inizia il nuovo farmaco in sovrapposizione al vecchio e dopo un tempo definito si inizia a ridurre il vecchio. Nella nostra pratica clinica abbiamo scelto di procedere con la metodica della “Cross-Titration”, ed in 7 pazienti con aloperidolo a dosaggio iniziale di 4-6 mg/die questo è stato ridotto gradualmente nel corso di due settimane e, quindi, sospeso; in 4 pazienti con risperidone con dose iniziale di 3-6 mg/die, iniziata l’olanzapina questo è stato ridotto gradualmente, e poi sospeso nell’arco di due-tre settimane. Volendo riassumere alcuni dei punti più significativi della gestione della terapia con olanzapina in SPDC nei pazienti schizofrenici, dobbiamo, anzitutto, tenere presente che l’olanzapina ha una latenza di azione che può andare da 1 a 3 settimane, ed è inutile cambiare il farmaco prima di questi tempi, considerandolo, spesso erroneamente, inefficace. Nel caso in cui vogliamo modificare il trattamento precedente ed iniziare l’olanzapina è necessario attuare uno switch con il metodo della cross-titration, per evitare precoci riacutizzazioni dopo la sospensione del vecchio antipsicotico e prima che il nuovo abbia iniziato ad agire. Dato il tempo di latenza e la limitata azione sedativa dell’olanzapina, nelle prime due-tre settimane di terapia per controllare i sintomi di agitazione e disforia ed i relativi disturbi comportamentali è necessario associare ad olanzapina un neurolettico sedativo e/o uno stabilizzatore dell’umore e/o una benzodiazepina, le dosi o l’opportunità di usare uno o più di questi farmaci insieme dipendono dall’intensità e gravità dei sintomi.

Tali politerapie, di frequente uso in SPDC, se attuate con attenzione monitorando frequentemente il paziente e controllando i possibili effetti di interazione, si sono rivelate utili e ben tollerate dai pazienti, comunque, è necessario seguire con attenzione i possibili effetti collaterali emergenti.

Per quanto riguarda il dosaggio giornaliero dell’olanzapina, mediamente è stato di 20 mg ma in qualche caso può essere aumentato sino a 30 mg, almeno durante questa fase iniziale del trattamento; infatti, a lungo termine dosi elevate comportano un’incidenza maggiore di effetti collaterali, e non è detto che abbiano una efficacia maggiore.

Se sono presenti sintomi depressivi in particolare dopo la prima fase di trattamento (depressione post-psicotica) è possibile associare un SSRI, in particolare in 5 dei nostri pazienti è stato associato il citalopram, senza particolari problemi o effetti indesiderati.

In conclusione, contrariamente ad alcune ipotesi iniziali, l’olanzapina si è rivelato un farmaco utilizzabile in SPDC al pari degli altri neurolettici convenzionali e non, evidenziando buona efficacia e tollerabilità, quando necessario è possibile utilizzare nella fase iniziale del trattamento terapia associate, per controllare più adeguatamente i sintomi di agitazione, più frequenti nei pazienti acuti ricoverati in SPDC.

Olanzapina nei disturbi dell’umore

I risultati della ricerca e l’esperienza clinica ci hanno spinto ad allargare la possibilità di utilizzazione dell’olanzapina oltre l’indicazione principale relativa al trattamento della schizofrenia. Lo spettro d’azione recettoriale di questo farmaco, infatti, oltre ad una azione antagonista sui recettori D1 e D4, manifesta un’azione antagonista sui recettori 5-HT 2, 3, 6, ed in particolare l’azione antagonista sui recettori 5-HT 2A, simile a quella esplicata dal nefazodone, potrebbe spiegare l’attività antidepressiva dell’olanzapina. Tale azione era già stata rilevata in pazienti schizofrenici (1), ed in uno studio successivo è stata non soltanto confermata, ma si è visto che il miglioramento dei sintomi del cluster depressivo durante il trattamento della fase acuta psicotica ottenuto con olanzapina predice una prognosi migliore a lungo termine, in relazione alle possibilità di ricaduta (4). Inoltre, in un lavoro molto recente di Shelton (2001) (5), l’olanzapina associata alla fluoxetina si è dimostrata efficace nel trattamento della depressione resistente, confermando di possedere un’attività di tipo antidepressivo. Inoltre, recenti ricerche hanno messo in evidenza che l’olanzapina è significativamente più efficace del placebo (6), e comparabile al Litio (7) nel trattamento della fase maniacale acuta del disturbo bipolare.

La possibilità di una valida utilizzazione dell’olanzapina nei disturbi affettivi è amplificata dal favorevole profilo di effetti collaterali di tale farmaco. La minore incidenza di effetti collaterali extrapiramidali rispetto ad altri neurolettici convenzionali e non, la limitata azione sulla prolattina che può presentare una transitoria iniziale elevazione, oltre ad una incidenza molto bassa di disturbi della sfera sessuale (2) rende l’olanzapina un farmaco ben tollerato e maneggevole, che, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, può essere utilizzata anche in associazione con altri farmaci, come spesso è necessario nel trattamento dei disturbi dell’umore.

Partendo dai presupposti sperimentali e clinici esposti in precedenza, abbiamo utilizzato in SPDC l’olanzapina in varie tipologie di disturbo dell’umore.

Abbiamo trattato 8 pazienti, di cui 4 unipolari, 3 bipolari, 1 schizoaffettivo, che presentavano un quadro di depressione psicotica associando olanzapina agli antidepressivi che erano in 4 casi citalopram, in 2 casi clomipramina ed in 2 fluoxetina. In questa patologia il dosaggio medio di olanzapina utilizzato era più basso, e sono stati sufficienti 5 mg/die in monosomministrazione serale.

Il vantaggio dell’associazione con olanzapina è stato quello di determinare un rapido miglioramento (in 1-2 settimane) dei sintomi psicotici sia congrui che incongrui all’umore, senza comportare una accentuazione dei sintomi depressivi come capita frequentemente associando neurolettici convenzionali, che determinano, spesso, in questi pazienti fastidiosi effetti collaterali extrapiramidali che poi persistono dopo la sospensione del neurolettico.

Per quanto riguarda la risposta antidepressiva, questa è stata buona in 7 degli 8 casi in osservazione, e l’impressione clinica è che l’olanzapina determini un più rapido miglioramento soggettivo della sintomatologia depressiva (forse non soltanto per un effetto sulla componente psicotica), anche se i tempi della completa risposta clinica non sembra siano effettivamente più brevi (almeno 4 settimane).

Per quanto riguarda gli effetti collaterali registrati, in due casi si è verificato aumento di peso, in un caso acatisia che ha comportato la decisione di sospendere l’olanzapina in tempi più rapidi, ed in un caso sedazione. La durata della terapia con olanzapina è stata mediamente di 1-2 mesi, mentre ovviamente il trattamento antidepressivo è stato protratto per tempi più lunghi. Nel complesso l’associazione dell’olanzapina a bassi dosaggi nella depressione psicotica ci sembra molto utile e praticabile in quei casi di depressione severa con sintomi deliranti, in cui permette di ottenere buoni risultati clinici, senza aggravare gli effetti collaterali.

Un’altra possibilità di utilizzazione dell’olanzapina è negli stati misti, quadri non frequenti ma spesso di difficile gestione, in cui gli antidepressivi non raramente comportano un peggioramento dei sintomi maniacali e della disforia, mentre i neurolettici convenzionali permettono un certo controllo del quadro ma con un frequente peggioramento della sintomatologia depressiva, in queste situazioni l’olanzapina, per la peculiarità della sua azione, può trovare una applicazione preferenziale.

Abbiamo trattato due casi, in cui l’olanzapina a dosaggio variabile tra 10 e 20 mg/die è stata associata ai normotimizzanti, in particolare nel primo caso a valproato alla dose di 600 mg/die, e nel secondo a litio 900 mg/die e carbamazepina 600 mg/die. La dose dell’olanzapina deve essere più alta in ragione della maggiore intensità o prevalenza della sintomatologia psicotica e dell’eccitamento. I risultati del trattamento sono stati in questi casi buoni, con un miglioramento dei sintomi psicotici, senza accentuare la sintomatologia depressiva, tanto che non è stato necessario associare antidepressivi come spesso capita quando vengono utilizzati neurolettici convenzionali, con il rischio di un aumento dell’eccitamento. La tolleranza è stata buona, senza particolari effetti extrapiramidali, pur utilizzando un dosaggio più elevato. In questo caso la durata del trattamento con olanzapina deve essere più protratto nel tempo, cioè sino alla scomparsa ed alla completa stabilizzazione del quadro, che, spesso, ha un andamento più protratto nel tempo con una quota maggiore di sintomi residui e frequenti oscillazioni dell’umore. Infine, recentemente l’olanzapina ha trovato un’applicazione nel trattamento della mania, abbiamo già citato il lavoro di Tohen (6) in cui l’olanzapina nella mania ha mostrato un efficacia significativamente superiore al placebo ed al valproato sulla riduzione dei punteggi della scala YMRS, mostrando anche un’efficacia superiore all’aloperidolo nella percentuale di remissioni a 6 settimane. In particolare l’olanzapina era superiore a valproato ed aloperidolo nel trattamento della mania in pazienti non psicotici. Altro potenziale vantaggio mostrato nella ricerca è la minore frequenza di viraggi in depressione in uscita dalla fase maniacale. Abbiamo provato l’olanzapina in un caso di eccitamento maniacale in cui la paziente era una donna di 42 anni con frequenti episodi depressivi in anamnesi. L’olanzapina stata data sino alla dose di 30 mg/die nella fase più acuta, associata al valproato al dosaggio di 1200 mg/die ed a 60 mg di promazina la sera per controllare l’insonnia. Abbiamo osservato un miglioramento significativo della disforia e dei deliroidi congrui ed incongrui all’umore nelle prime due settimane di terapia; mentre, l’eccitamento è migliorato più gradualmente nell’arco di 4-5 settimane. Il ruolo dell’olanzapina nel trattamento della mania necessita di ulteriori conferme, in particolare ci domandiamo se possa essere utilizzata con efficacia in tutti i casi di eccitamento o soltanto in quelli meno gravi e senza sintomi psicotici, anche se recentemente l’utilizzazione dell’olanzapina nella formulazione intramuscolare ha permesso di ottenere buoni risultati anche in pazienti più gravi ed agitati (8).

Conclusioni

Volendo tracciare delle brevi conclusioni di questo lavoro, possiamo dire, anzitutto che l’olanzapina, contrariamente a quanto spesso ritenuto, a dosi adeguate può essere utilizzata senza problemi ed efficacemente in SPDC nei pazienti schizofrenici acuti o riacutizzati. È ovvio che un limite alla sua utilizzazione è la mancanza di compliance del paziente che potrà essere superata soltanto quando avremo disponibile la formulazione iniettiva. L’olanzapina si è dimostrata efficace e maneggevole, ed è stata utilizzata con buoni risultati anche in diversi quadri di disturbi dell’umore, dove può trovare una sua specificità di utilizzazione.

Tab. I. Olanzapina nella Schizofrenia: variazione dei punteggi CGI e BPRS. Olanzapine in Schizophrenia: changes in CGI and BPRS scores.

BPRS

CGI

Media

D.S.

Valore p

Media

D.S.

Ammissione

61,76

7,48

4,83

1

1a Settimana

51,24

9,57

> .001

4,17

0,93

2a Settimana

44,66

10,34

> .001

3,69

0,81

4a Settimana

37,63

9,65

> .001

3,13

0,72

Tab. II. Olanzapina nella Schizofrenia: variazione dei punteggi scale SAPS e SANS. Olanzapine in Schizophrenia: changes in SAPS and SANS scores.

SAPS

SANS

Media

D.S.

Valore p

Media

D.S.

Valore p

Ammissione

41,41

15,58

58,07

20,22

1a Settimana

31,90

17,41

>.001

54,07

18,30

ns

2a Settimana

25,21

17,09

>.001

51,17

17,03

> .01

4a Settimana

22,00

15,41

>.001

47,63

17,82

> .01

Tab. III. Olanzapina nella Schizofrenia: variazione dei punteggi scale EPRS ed AIMS. Olanzapine in Schizophrenia: changes in EPRS and AIMS scores.

SAS

AIMS

Media

D.S.

Media

D.S.

Ammissione

2,72

4,27

1,69

4,45

1a Settimana

1,31

2,49

1,28

3,48

2a Settimana

1,00

1,85

1,21

2,91

4a Settimana

0,63

1,02

1,62

3,72

Tab. IV. Terapie associate ad olanzapina. Treatments combined with olanzapine.

Neurolettici Sedativi
� Promazina 7 pazienti dosaggio tra 100-500 mg/die
� Clorpromazina 4 pazienti dosaggio tra 100-300 mg/die
� Prometazina 3 pazienti dosaggio tra 25-50 mg/die
Stabilizzatori dell�Umore
� Carbamazepina 8 pazienti dosaggio tra 400-1000 mg/die
� Valproato 4 pazienti dosaggio tra 600-1500 mg/die
� Litio 2 pazienti dosaggio tra 600-1200 mg/die
Benzodiazepine
� Clonazepam 15 pazienti dosaggio tra 2-10 mg/die
� Diazepam 3 pazienti dosaggio tra 4-15 mg/die
� Lorazepam 1 paziente Dosaggio 7,5 mg/die

1 Tollefson GD, Beasley CM, Tran PV, Street JS, Krueger JA, Tamura RN, et al. Olanzapine versus Haloperidol in the treatment of schizophrenia and schizoaffective and schizophreniform disorders: results of an international collaborative trial. Am J Psychiatry 1997;154:457-65.

2 Tran PV, Hamilton SH, Kuntz AJ, Potvin JH, Andersen SW, Beasley C, et al. Double-Blind comparison of olanzapine versus risperidone in the treatment of schizophrenia and other psychotic disorders. J Clin Psychopharmacol 1997;17:407-18.

3 Beasley CM Jr, Hamilton SH, Crawford AM, Dellva MA, Tollefson GD, Tran PV, et al. Olanzapine versus haloperidol: acute phase results of the international doubleblind olanzapine trial. Eur Neuropsychopharmacol 1997;7:125-37.

4 Tollefson GD, Andersen SW, Tran PV. The courseof depressive symptoms in predicting relapse in schizophrenia: a double-blind, randomized comparison of olanzapine and risperidone. Biol Psychiatry 1999;46:365-73.

5 Shelton RC, Tollefson GD, Tohen M, Stahl S, Gannon KS, Jacobs TG, et al. A novel augmentation strategyfor treating resistant major depression. Am J Psychiatry 2001;158:131-4.

6 Tohen M, Jacobs TG, Grundy SL, McElroy SL, Banov MC, Janicak PG, et al. Efficacy of olanzapine in acute bipolar mania: a double-blind, placebo-controlled Study. Arch Gen Psychiatry 2000;57:841-9.

7 Berk M, Ichim L, Brook S. Olanzapine compared to lithium in mania: a double-blind randomized controlled trial. Int Clin Psychopharmacol 1999;14:339-43.

8 Breier A. Intramuscolar olanzapine safe and effective for bipolar mania. J Clin Psychopharmacol 2001;21:389-97.