Poster presentati al 7° Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia

P377. Alti utilizzatori, problema clinico o assistenziale? Possibili implicazioni dell’efficacia delle cure nell’andamento dei ricoveri in SPDC (1995-1999)
F. Garonna, B. Boselli, V. Foscarini, R. Orlandin
Sc Psichiatria, Ospedale di Bassano del Grappa, Vicenza

Introduzione: il ricovero in SPDC costituisce un valido indicatore di gravità di malattia. Sofferenza individuale e costo sociale di questa misura assistenziale inducono ad analizzare le variabili socio-demografiche, cliniche e assistenziali, che incidono sull’utilizzo frequente e/o per lunga durata del ricovero ospedaliero da parte di alcuni malati. Lo scopo dello studio è quantificare l’importanza dell’efficacia terapeutica e del regime di assistenza nella modalità ripetitiva del ricorso al ricovero ospedaliero psichiatrico.
Metodo: sono stati presi in considerazione i soggetti ricoverati in SPDC per un periodo di cinque anni, dal 01.01.1995 al 31.12.1999. Il periodo considerato è rappresentativo di una realtà in cui sono state attivate le strutture territoriali residenziali e semi-residenziali a completamento della rete di assistenza psichiatrica. I soggetti considerati alti utilizzatori sono coloro che hanno avuto nell’arco di tempo esaminato almeno tre ricoveri in un anno. Il campione viene esaminato per quanto riguarda la durata complessiva dei ricoveri, gli intervalli tra un ricovero e il successivo, le caratteristiche sociali e cliniche e l’esito assistenziale.
Risultati e conclusioni: i dati confortano la convinzione che l’andamento clinico, e quindi il ricorso al ricovero ospedaliero come momento indicatore di gravità/complessità della patologia, è influenzato soprattutto dalla capacità terapeutica nel senso di efficacia delle terapie intraprese, ed è indipendente dalle caratteristiche socio-ambientali in cui si è sviluppata la patologia stessa e dalle modalità assistenziali che sono state adottate.
È quindi sottolineata la necessità di affinare la tecnologia diagnostica e farmacoterapica, applicando le innovazioni in tal senso alla pratica dei servizi territoriali. Questo produrrà, oltre ad un miglioramento generale della pratica clinica, il contenimento effettivo dei costi sociali e sanitari della malattia.

Bibliografia
Bernardo AC, Forchuk C. Factors associated with readmission to a psychiatric facility. Psychiatr Serv 2001;52:1100-2.
Lyons JS, O’mahoney MT, Miller SL, Neme J, Kabat J, Miller F. Predicting readmission to the Psychiatric Hospital in a managed care environment: implications for quality indicators. Am J Psychiatry 1997;154:337-40.
Monnelly EP. Instability before discharge and previous psychiatric admissions as predictors of early readmissions. Psychiatr Serv 1997;48:1584-6.
Moreno Kustner B, Torres Gonzalez F, Luna Del Castlllo JD. Analysis of patterns of mental health care with three different approaches (cross- sectional, longitudinal and dynamic). Epidemiol Psichiatr Soc 2001;2:82-9.

P378. Obesità e disturbi psichici: nuove possibilità di cura
F. Garonna, B. Boselli, V. Foscarini, M. Poli, L. Stifani
Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare, Sc Psichiatria Bassano del Grappa, Vicenza

I Disturbi del Comportamento Alimentare necessariamente devono avvalersi dell’apporto clinico multidisciplinare, che vede coinvolte diverse figure professionali, in primo luogo l’internista, lo psichiatra, il nutrizionista, lo psicologo. Con questa fondante impostazione, il Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare dell’Ospedale di Bassano del Grappa (Azienda ULSS n. 3 del Veneto) ha iniziato e continuato a operare. L’interesse prioritario per le tradizionali patologie della condotta alimentare, anoressie e bulimie, si è esteso, sotto l’influenza della domanda, alle più frequenti condizioni di alimentazione incontrollata (binge eating) e alla obesità. Questa ultima condizione desta sempre maggiore interesse, data la sua crescente diffusione e le negative conseguenze sulla salute. Non è soltanto una questione di immagine corporea o di adesione a modelli dominanti di fisicità, è soprattutto un problema di prevenzione di malattie secondarie legate al sovrappeso/obesità. Nel caso dei malati psichiatrici, la condizione di sovrappeso/obesità è spesso legata all’uso di farmaci antipsicotici e antidepressivi e non sono più trascurabili quelle strategie terapeutiche che permettono di superare questa complicazione. Il mantenimento di un peso corporeo “ideale” è in generale finalizzato dunque ad un miglioramento della qualità di vita.
In precedenti studi si è potuto evidenziare differenze di genere e di patologia nella risposta al trattamento con Topiramato in pazienti psichiatrici con sovrappeso e obesità (v. grafici).

Graf. 1. Topiramate in the treatment of overweight/obese patients with bipolar spectrum disorders (da Garonna F, Stifani L. XXIInd CINP Congress, BRUSSELS, 9-13 July 2000).

Graf. 2. Topiramate in the treatment of overweight/obese patients with bipolar spectrum disorders (da Garonna F, Stifani L. XXIInd CINP Congress, BRUSSELS, 9-13 July, 2000).

Nell’attività del nostro Centro sono stati trattati 70 soggetti con sovrappeso e obesità rilevanti.
I dati di attività e il confronto fra le terapie mediche adottate hanno consentito di evidenziare interessanti e promettenti osservazioni. In particolare i soggetti trattati con Topiramato (50-200 mg/die), farmaco con proprietà anticonvulsivanti, hanno presentato nel breve-medio termine importanti cali ponderali, accompagnati da un miglioramento dell’umore e dal ridimensionamento delle componenti ansiogene spesso alla base di alterate condotte alimentari compensative. Da segnalare la buona compliance al trattamento di questi soggetti, che ha permesso di rispettare più fedelmente le diete prescritte e l’applicazione di esercizio fisico. In questo modo, l’effetto specificamente farmacologico del Topiramato ha tratto vantaggio, nei risultati, dal miglioramento delle condizioni psico-fisiche generali del paziente.
I dati relativi ai trattamenti farmacologici, topiramato, orlistat, serotoninergici, sibutramina, sono stati analizzati e confrontati. Per quanto riguarda i risultati, pur nella limitatezza del campione e del carattere osservazionale-retrospettivo dello studio, è possibile esprimere commenti e proposte sull’utilizzo dei nuovi farmaci per l’obesità, nonché sulla evidente esigenza che la Psichiatria in questo settore – i disturbi del comportamento alimentare – si articoli sempre più da vicino con le discipline che tradizionalmente si sono occupate di questo problema.

Bibliografia
Dursun SM, Devarajan S. Accelerated weight loss after treating refractory depression with fluoxetine plus topiramate: possible mechanism of action? Can J Psychiatry 2001;46:287-8.
Garonna F, Stifani L. Topiramate in the treatment of overweight/obese patients with Bipolar Spectrum Disorder. Intern J Neuropsychopharmacol 2000;3(Suppl 1):S338.
Garonna F, Stifàni L. Topiramate in the treatment of overweight/obese binge eaters. Intern J Neuropsychopharmacol 2000 3;(Suppl 1):S299.
Garonna F, Stifani L, Giusti P. Sovrappeso e obesità in pazienti psichiatrici trattati: problemi aperti e strategie di intervento. Giorn Ital Psicopat 2000;6:45.
Langthry HD, Gillis JC, Davis R. Topiramate a review of its pharmacodynamic and pharmacokinetic properties and clinical efficacy in the management of epilepsy. Drugs 1997;54:752-73.
Roy Chengappa KN, Levine J, Rathore D, Parepally H, Atzert R. Long term effects of topiramate on bipolar mood instability, weight change and glycemic control: a case series. Eur Psychiatry 2001;16:186-90.
Teter CJ, Early JJ, Gibbs CM. Treatment of affective disorder and obesity with topiramate. Ann Pharmacother 2000;34:1262-5.

P379. Il trattamento farmacologico dell’anziano depresso: uno studio naturalistico
A.C. Altamura, R. Bassetti, A. Santini, F. Sassella
Cattedra di Psichiatria, Università di Milano, Ospedale “L. Sacco” Milano

Introduzione: il trattamento farmacologico dei disturbi dell’umore nell’anziano presenta alcune problematiche che si correlano, in particolare, ad un’aumentata suscettibilità agli effetti collaterali, specie quando è presente una comorbidità con malattie mediche, fenomeno che si realizza nel 10- 15% dei casi. La comorbidità con una malattia organica influenza inoltre il decorso e l’esito di quest’ultima, compromette la compliance, incrementa i tempi di degenza ed i tassi di mortalità.
Lo studio è stato condotto con lo scopo di valutare la frequenza delle varie forme depressive, l’outcome clinico e la latenza di risposta alla terapia farmacologica con antidepressivi in due gruppi di pazienti anziani con o senza alterazioni cerebrali documentate.
Metodologia: si è analizzato un campione di 66 pazienti, di età compresa tra i 60 ed i 75 anni con diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore, Distimia e Disturbo Depressivo NAS (DSM-IV) suddiviso in due sottogruppi in relazione o meno alla presenza di alterazioni neuromorfologiche evidenziabili dalla TAC. La valutazione della latenza e dell’entità della risposta clinica è stata effettuata mediante la somministrazione delle scale di valutazione psichiatrica HAM-A, HAM-D, BPRS, GAF e CGI all’inizio del trattamento (T0), dopo 3 settimane (T1), dopo 8 settimane (T2) e dopo 12 settimane (T3) di terapia antidepressiva.
Risultati e conclusioni: la Distimia e le forme “sottosoglia” sono state riscontrate all’incirca nel 46% dei pazienti mentre la Depressione Maggiore si è evidenziata nel 54% circa. Verranno successivamente analizzati i dati relativi alla latenza della risposta clinica ed all’entità della stessa nei due gruppi di pazienti.

P380. Il ruolo del sistema dopaminergico nella depressione
A.C. Altamura, D. Madaro, S. Ferrero, R. Bassetti, D. Salvadori
Cattedra di Psichiatria, Università di Milano, Ospedale “L. Sacco”, Milano

Diverse evidenze sperimentali hanno dimostrato l’importanza delle interazioni tra il sistema serotoninergico e dopaminergico nell’insorgenza di sintomi nucleari della depressione quali l’anedonia, il rallentamento psicomotorio e la perdita di motivazione che riconoscono il loro substrato neurobiologico nella ridotta capacità del sistema serotoninergico di stimolare il rilascio di dopamina nel nucleus accumbens. Le più evidenti prove del ruolo svolto dal sistema dopaminergico nella patogenesi dei disturbi dell’Umore provengono dalla risposta al trattamento farmacologico. Una prima evidenza è stata dimostrata dall’azione svolta dagli antidepressivi triciclici sul blocco della pompa pre-sinaptica deputata al recupero della dopamina. Successive evidenze sono state fornite dall’attività di antagonisti selettivi dopaminergici nel migliorare la sintomatologia depressiva, soprattutto nel caso di soggetti resistenti ai trattamenti convenzionali o come terapia aggiuntiva. L’amisulpiride, un antagonista selettivo dei recettori dopaminergici D2 e D3, ha mostrato la sua efficacia tanto nel trattamento della distimia, che in quello della depressione. Questo studio osservazionale ha coinvolto 20 pazienti con Depressione Maggiore in trattamento con sertralina (50 mg/die) o paroxetina (20 mg/die) e 20 pazienti in cui ai suddetti antidepressivi è stata associata amisulpiride per un periodo di 8 settimane. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare il profilo di efficacia, il profilo tossicologico e la rapidità d’azione dell’associazione di due antidepressivi in confronto ad una monoterapia antidepressiva.

P381. La Quetiapina nel trattamento a lungo termine del Disturbo Bipolare
A.C. Altamura, D. Madaro, A. Santini, F. Sassella, D. Salvadori
Cattedra di Psichiatria, Università di Milano, Ospedale “L. Sacco”, Milano

Le esperienze con la quetiapina nel trattamento dei disturbi bipolari sono alquanto limitate sia per quanto riguarda la fase acuta sia per quanto riguarda il trattamento a lungo termine. La scarsa risposta e la comparsa di effetti collaterali costituiscono i principali fattori in grado di influenzare la “compliance” nel lungo termine con i classici stabilizzanti dell’umore e predisporre alle ricadute. I nuovi antipsicotici sembrano costituire una valida alternativa ai classici stabilizzanti sebbene gli effetti collaterali ne limitino l’impiego nel lungo termine. Lo scopo di questo studio è stato quello di confrontare l’utilizzo della quetiapina in un gruppo di 14 pazienti con Disturbo Bipolare rispetto ad un gruppo di 14 pazienti trattati con stabilizzanti classici. Sono state effettuate valutazioni a livello basale e successivamente ogni 2 mesi mediante la BPRS, la YMRS, la HAM-D e la CGI, per il periodo di un anno. All’analisi statistica (mediante ANOVA) non sono emerse differenze significative tra i due gruppi, sebbene la migliore tollerabilità della quetiapina sembri indicarne l’utilizzo come valida alternativa agli stabilizzanti classici nel trattamento a lungo termine del Disturbo Bipolare.

Bibliografia
Altamura AC, et al. Quetiapine in acute mania: a case report with 6-month follow-up. Int J Psych Clin Pract 2001, in stampa.
Dunayevich E, et al. Quetiapine in treatment-resistant mania: a case report. Am J Psychiatry 2000;157:1341.
Altamura AC, et al. Efficacy of quetiapine in the treatment of bipolar disorder: preliminary evidence from a 12-months open label study. J Affect Dis (inviato per pubblicazione) 2001.

P382. Intervento psicologico nell’ambito di un centro specialistico per i disturbi depressivi
A.C. Altamura** *, S. Betti*** *, L. Bergamaschi*, M. Martinoli*, M. Zinni*
* Centro per la Diagnosi e il Trattamento dei Disturbi Depressivi, Ospedale “L. Sacco”, Milano; ** Cattedra di Psichiatria, Università di Milano, Ospedale “L. Sacco”, Milano; *** Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Milano, Ospedale “L. Sacco”, Milano

Il presente lavoro descrive l’attività svolta dal Servizio Psicologico attivato presso il Centro per i Disturbi Depressivi dell’Ospedale “Sacco” di Milano nel biennio 2000/01.
L’obiettivo è quello di presentare le caratteristiche cliniche e socio-anagrafiche dei pazienti inviati agli psicologi e di identificare modalità e tempi di presa in carico.
Si tratta di uno studio pilota sulle terapie combinate farmacologiche e psicologiche. In particolare vengono presi in esame i criteri e le scelte operate per l’inserimento dei pazienti nelle tipologie di trattamento psicologico e gli obiettivi fino ad ora raggiunti.
I colloqui effettuati sono stati 187, 96 pazienti sono attualmente seguiti in psicoterapia, 91 non sono più in carico da almeno 6 mesi. Tutti i pazienti erano o sono in trattamento farmacologico.
L’intervento psicologico si è concretizzato in tre orientamenti terapeutici:
1) Counseling;
2) Psicoterapia individuale sul Modello Interpersonale di Klerman;
3) Psicoterapia di gruppo.
Vengono riportate le esperienze relative a ciascuna linea di intervento e le principali indicazioni ed implicazioni per la gestione dei pazienti portatori di disturbi della sfera affettiva.

Bibliografia
Klerman GL, Weissman MM, Rousanville BJ, Chevron ES. Psicoterapia interpersonale della depressione. Ed. Bollati Boringhieri 1984.
Danon M. Counseling. Una nuova professione d’aiuto. ED. Red 2000.
Yalon ID. Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo. Ed. Bollati Boringhieri 1995.

P383. Fattori di suscettibilità per la schizofrenia: analisi del polimorfismo funzionale nel promotore del gene Monocyte Chemotactic Protein-1 (MCP-1)
M. Gennarelli, S. Vismara*, R. Zanardini, C.A. Altamura*, M.R. Pioli
IRCCS, Centro “San Giovanni di Dio – Fatebenefratelli”, Brescia; * Cattedra di Psichiatria, Università di Milano, Ospedale “L. Sacco”, Milano

La teoria del neurosviluppo ipotizza che il disturbo schizofrenico origini da un’alterazione dei normali processi di maturazione neuronale nel SNC. Un’ipotesi alternativa è quella immunitaria, secondo la quale i meccanismi patogenetici deriverebbero da un’anomala risposta infiammatoria ad un insulto, con un’alterazione nella cascata delle citochine e delle chemochine. L’MCP-1 è una chemochina con un ruolo nella regolazione della risposta immunitaria. Molte evidenze sperimentali suggeriscono un coinvolgimento del sistema immunitario nelle psicosi maggiori (Muller et al., 1999; Altamura et al., 1999). Esiste quindi la possibilità che differenze genetiche interindividuali in questo sistema di risposta immunitaria possano spiegare la ragione di una maggiore sensibilità di alcuni individui verso lo sviluppo della schizofrenia.
Scopo di questo studio è analizzare un polimorfismo presente nel gene MCP-1 che è in grado di influenzare i livelli di produzione della corrispondente proteina. Per verificare se determinate varianti dell’MCP-1 possano essere associate alla schizofrenia è stato eseguito uno studio preliminare di associazione caso-controllo confrontando un gruppo di 112 pazienti schizofrenici con un gruppo di 119 volontari sani concordanti per i principali indici demografici.
L’analisi statistica delle frequenze alleliche e genotipiche di pazienti e controlli non ha evidenziato, in questo studio preliminare, differenze significative tra i due gruppi.

Bibliografia
Muller N, Riedel M, Ackenheil M, Schwarz MJ. The role of immune function in schizophrenia: an overview. Eur Arch Psychiatry Clin Neurosci 1999;249(Suppl 4):62-8. Review.
Altamura AC, Boin F, Maes M. HPA axis and cytokines dysregulation in schizophrenia: potential implications for the antipsychotic treatment. Eur Neuropsychopharmacol 1999;10:1-4. Review.

P384. Tollerabilità ed efficacia della galantamina nel trattamento della malattia di Alzheimer
M.L. Onor, M. Saina, E. Aguglia, M. De Vanna, E. Maso
U.C.O. di Clinica Psichiatrica, Unità Valutazione Alzheimer, Università di Trieste

L’uso degli inibitori dell’acetilcolinesterasi è attualmente la più promettente strategia per il trattamento della malattia di Alzheimer.
Gli inibitori della colinesterasi differiscono per la selettività nei confronti dell’acetilcolinesterasi e della butirril-colinesterasi, per i meccanismi di inibizione, reversibilità e competizione per il legame. Sebbene le differenze farmacocinetiche siano chiare non sono ancora risolti i quesiti relativi alla diversa efficacia clinica.
Dal punto di vista degli eventi avversi, i principali che coinvolgono in misura diversa tutti gli anticolinesterasici sono gli effetti a livello del sistema gastrointestinale, quali nausea, vomito, diarrea e anoressia. In alcuni casi si possono sviluppare crampi muscolari, cefalee, tremori sincope, insonnia, debolezza, affaticabilità ed agitazione.
Lo scopo della nostra ricerca è quello di valutare l’efficacia e la tollerabilità di galantamina in un gruppo di 53 pazienti con diagnosi di malattia di Alzheimer.
Allo scopo di valutare la funzionalità cognitiva ad ogni soggetto sono stati somministrati prima dell’inizio del trattamento, dopo tre mesi e dopo sei mesi, il MMSE, il MODA e l’ADAS-cog.
La tollerabilità è stata valutata dopo un mese e dopo tre e sei mesi dall’inizio del trattamento attraverso un’intervista clinica.
I risultati ottenuti hanno dimostrato un miglioramento a tre mesi del livello della funzionalità cognitiva ed una buona tollerabilità del farmaco.

Bibliografia
Bohets H. An in-vitro study on the cytochrome P-450 form(s) of human liver microsome involved in the metabolism of galantamine. Janssen Research Foundation, December 1998 Nonclinical Pharmacokinets Report R113675/FK2132 (11o480008da6). Data on file, ref 14 expert report (e.r.).
Bores GM, Huger FP, Petko W, et al. Pharmacological evaluation of novel Alzheimer’s disease therapeutics: acetylcholinesterase inhibitors related to galanthamine. J Pharmacol Exp Ther 1996;277:728-38.

P385. Efficacia del risperidone nel trattamento dei sintomi psicologici e comportamentali nelle demenze
M. Saina, M.L. Onor, E. Aguglia, M. De Vanna, E. Maso
U.C.O. di Clinica Psichiatrica, Unità Valutazione Alzheimer Università di Trieste

La quasi totalità dei pazienti affetti da demenza, nel corso della malattia manifesta disturbi psicologici e comportamentali, ovvero sintomi non cognitivi. Tali disturbi comprendono: sintomi psicotici, quali deliri, allucinazioni, sintomi depressivi, sintomi neurovegetativi (alterazioni del sonno e dell’appetito), comportamento aggressivo e vagabondaggio afinalistico.
Le manifestazioni psicotiche sono spesso un segno precoce della malattia di Alzheimer e, associate ai disturbi comportamentali, rappresentano uno dei motivi più frequenti che conducono all’istituzionalizzazione di questi pazienti. Inoltre la presenza di agitazione e dei sintomi psicotici è correlata ad una più rapida progressione del quadro demenziale.
Materiali e metodi: in questo studio sono stati valutati 70 pazienti affetti da demenza lieve o moderata che presentavano anche sintomi psicotici e comportamentali. Per valutare tali sintomi abbiamo usato le seguenti scale di valutazione: la Neuropsichiatric Inventory e la BEHAVE-Ad somministrate prima dell’inizio del trattamento, dopo quattro e dopo otto settimane dall’inizio del trattamento con riperidone ad un dosaggio di 0,5-2 mg/die.
Risultati: i risultati di questo studio hanno messo in evidenza una diminuzione significativa dei disturbi psicotici e comportamentali, confermando l’efficacia del risperidone nel trattamento dei disturbi comportamentali nel paziente demente.
Conclusioni: la sintomatologia psicotica assume un particolare significato non solo come elemento diagnostico precoce, ma anche come fattore prognostico, comportando un più rapido declino cognitivo ed una prognosi più sfavorevole. La diagnosi ed il trattamento precoce delle manifestazioni non cognitive delle demenze appaiono pertanto necessarie al fine di migliorare la prognosi del disturbo e la qualità della vita di questi pazienti e dei loro familiari, prevenire l’istituzionalizzazione ed alleviare il carico assistenziale dei care-givers.

Bibliografia
Cummings JL, Knopman DS. Advances in the treatment of behavioural disturbances in Alzheimer’s disease. Neurology 1999;53:899-901.
Cummings JL, Mega M, Gray K, Rosenberg-Thompson S, Carusi DA, Gornbein J. The Neuropsychiatric Inventory: comprehensive assessment of psychopatology in dementia. Neurology 1994;44:2308-14.

P386. Effetti del neurolettico atipico quetiapina fumarato in topi KO iNOS dopo esposizione al forced swimming test (FST) di PORSOLT

M. Arbitrio*, G. Trombetta*, N. Costa**, P. De Fazio***, G. De Sarro***, D. Rotiroti* **
* CNR-IBAF; ** Cattedra di Farmacologia, Facoltà di Farmacia; *** Cattedra di Farmacologia e Psichiatria del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Catanzaro “Magna Græcia”

Gli antipsicotici (AP) atipici differiscono dai tradizionali per il loro profilo farmacologico, caratterizzato da antagonismo verso i recettori 5HT2/D2, con conseguente aumento dei livelli di dopamina e serotonina a livello del sistema limbico e della corteccia prefrontale (1). Diversi studi hanno dimostrato come vi sia una stretta correlazione tra la risposta comportamentale osservata nei modelli animali, le modificazioni a carico degli enzimi responsabili della sintesi del nitrossido (sintasi costitutive tipo I e III), un importante neuromodulatore, ed i livelli di monoamine cerebrali, in particolare serotonina e dopamina (2). Quest’ultimo neurotrasmettitore svolge, a livello mesolimbico, un ruolo importante nei meccanismi di risposta alle situazioni di stress cronico ed agli stimoli avversi (3) che configurano condizioni di anedonia sperimentale.
Lo scopo del nostro studio è quello di valutare l’effetto dell’AP atipico quetiapina fumarato sulla risposta comportamentale al forced swimming test (FST) di Porsolt in topi knockout per la NO sintasi inducibile (KO NOSi) al fine di valutare l’eventuale coinvolgimento dell’NOSi nei meccanismi biomolecolari alla base di tale risposta.
L’analisi statistica dei valori dei tempi di immobilità (sec.), utilizzando due livelli di discriminazione temporale (0-5 e 6-10 min.), indica una significativa differenza (P < 0,005) nella comparazione tra i topi KO iNOS veicolo (PBS 0,01 M) e quelli trattati con quetiapina (10 mg/kg) con allungamento del tempo di immobilità.
In conclusione, i nostri dati sostengono l’ipotesi che il NO possa svolgere un ruolo nella regolazione del comportamento adattativo e del behavioral despair in risposta a situazioni stressanti in modelli animali di mild-stress. Il significativo effetto della quetiapina sul tempo d’immobilità nei topi KO NOSi supporta l’ipotesi di un coinvolgimento del NO nei meccanismi d’azione di tale molecola.

Bibliografia
1 Broderick PA, Piercey MF. Clozapine, haloperidol, and the D4 antagonist PNU-101387G: in vivo effects on mesocortical, mesolimbic, and nigrostriatal dopamine and serotonin release. J Neural Transm 1998;105:749-67.
2 Frisch C, Dere E, Silva MA, Godecke A, Schrader J, Huston JP. Superior water maze performance and increase in fear-related behavior in the endothelial nitric oxide synthase-deficient mouse together with monoamine changes in cerebellum and ventral striatum. JNeurosci 2000;20:6694-700.
3 Cabib S, Puglisi-Allegra S. Psychopharmacology, 128:33142, (1996).

P387. Sintomi dissociativi in pazienti con disturbo di panico
P. De Fazio, R. Magisano, C. Segura Garcia, R. Nicoletta, M. Lo Polito, A. Amati
Cattedra e Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica “G. Salvatore”, Università “Magna Græcia”, Catanzaro

Introduzione: i pazienti che presentano depersonalizzazione e/o derealizzazione durante gli attacchi di panico hanno una più alta incidenza di comportamenti agorafobici e di comorbidità con ansia generalizzata, sintomi depressivi e sintomi ossessivo-compulsivi (Cassano et al., 1989). Sintomi di derealizzazione e depersonalizzazione sono frequentemente riportati in pazienti con Disturbo di Panico (DP) come caratteristiche nel corso degli attacchi acuti (De Ruiter et al., 1992).
Scopo: individuare le principali componenti psicopatologiche del DP in un gruppo di pazienti; rilevare la presenza di eventuali esperienze dissociative; verificare le possibili correlazioni psicopatologiche tra panico e dissociazione.
Materiale e metodo: sono stati reclutati 23 pazienti consecutivi con DP secondo i criteri del DSM-IV. I pazienti sono stati valutati mediante l’intervista clinica strutturata SCI-PAS (Structured Clinical Interview For Panic-Agoraphobic Spectrum), DES (Dissociative Experience Scale). I dati raccolti sono stati analizzati mediante studio delle frequenze, calcolo delle medie, test di Pearson per le correlazioni tra le variabili considerate, analisi fattoriale, metodo delle componenti principali.
Risultati: nel campione oggetto del presente studio, sono state riscontrate 3 dimensioni psicopatologiche principali, ciascuna delle quali comprende rispettivamente: sensibilità alla separazione, sensibilità allo stress e agorafobia; aspettativa ansiosa e sensibilità alla rassicurazione; sensibilità ai farmaci e ad altre sostanze e fobia delle malattie ed ipocondria. Nei pazienti con DP è stato riscontrato un punteggio medio della DES di 6,74 che è notevolmente più basso rispetto al livello soglia di 30. I pazienti con DP hanno presentato maggiore frequenza di esperienze di depersonalizzazione e di derealizzazione rispetto ai controlli sani, e sono risultati più sensibili a sperimentare disturbi mensici occasionali.
Conclusioni: la sensibilità alla separazione ed allo stress, confluenti nell’ambito di atteggiamento dissociativo, introducono la possibilità che, accanto al quadro clinico sintomatologico del panico e dei suoi correlati somatici, il soggetto sperimenti anche un panico trasformativo che rende infida la percezione soggettiva dell’identità; depersonalizzazione, derealizzazione e amnesie psicogene rinforzano la consapevolezza di una condizione patologica con connotati di inaffidabilità e, anche attraverso i tratti fobici, tendono a ridurre l’iniziativa e potrebbero favorire comportamenti evitanti.

P388. Consulenza psichiatrica in un Policlinico Universitario: studio su 8 anni di attività
P. De Fazio, L. Carpino, G. Merante, M. Flocco, D. Festa, C. Segura Garcia, L. Isgrò, A. Amati
Cattedra e Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica “G. Salvatore”, Università “Magna Græcia”, Catanzaro
Introduzione: la Psichiatria di Consultazione e Collegamento ha assunto negli ultimi decenni una rilevanza sempre maggiore: essa rappresenta la linea di confine tra lo psichico ed il somatico ed aspira al pieno recupero della dimensione unitaria e globale dell’essere umano, ponendo l’accento sui vissuti psicologici, sull’adattamento alla malattia e sulla qualità della vita (Huyse et al., 1999).
Scopo: individuare le patologie psichiatriche più frequenti fra i pazienti ricoverati nei reparti di medicina e di chirurgia. Verificare la concordanza fra i quesiti formulati dal medico richiedente mediante la scheda predisposta ad hoc e la diagnosi accertata dallo psichiatra.
Materiale e metodo: sono state valutate 450 richieste di consulenza psichiatrica pervenute alla U.O. di Psichiatria dall’01/01/1993 al 31/12/2000. I dati raccolti sono stati analizzati mediante lo studio delle frequenze.
Risultati: le richieste di consulenza psichiatrica pervenute dall’area medica sono risultate più numerose. Le motivazioni della richiesta risultano più frequenti per ansia/insonnia, depressione ed ipotesi di disturbo psicosomatico. Lo psichiatra consulente ha posto diagnosi di disturbo dell’umore (24,9%) e di disturbo d’ansia (21%). Il disturbo dell’umore è la diagnosi riscontrata con maggiore frequenza fra le donne ricoverate sia nei reparti di chirurgia (25%) che di medicina (28,93%); per gli uomini in degenza nei reparti di medicina prevalgono i disturbi dell’umore (29,24%), per quelli ricoverati in chirurgia i disturbi d’ansia (22,22%).
Conclusioni: l’attività di consulenza negli anni presi in esame ha dimostrato una notevole tendenza alla crescita. I dati relativi alle diagnosi riscontrate concordano con quelli riportati dalla letteratura. La scheda di richiesta si è dimostrata uno strumento irrinunciabile nell’attività di consulenza ed ha favorito un alto livello di concordanza tra i quesiti e le rilevazioni psicopatologiche. In generale si è stabilita una cooperazione attiva con i colleghi che ha trasformato l’attività di consulenza in una proficua attività di collegamento.

P389. Temperamento, carattere e sintomatologia in pazienti schizofrenici
R. Nicoletta, P. De Fazio, C. Segura García, R. Ferrari, E. Corace, A. Amati
Cattedra e Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica “G. Salvatore”, Università “Magna Græcia”, Catanzaro

Introduzione: alcuni studi sui disturbi d’ansia e dell’umore mostrano che il temperamento può rappresentare un fattore predittivo di risposta alla terapia farmacologica; al momento attuale non esistono ancora studi simili riguardanti i disturbi dello spettro schizofrenico.
Scopo: studiare le dimensioni del temperamento e del carattere in un campione di pazienti schizofrenici; valutare la possibile relazione tra dimensioni del temperamento e del carattere e l’andamento della sintomatologia in pazienti sottoposti a terapia antipsicotica.
Materiale e metodo: è stato studiato un campione costituito da 19 pazienti ambulatoriali con diagnosi di schizofrenia secondo i criteri del DSM-IV, di età media 29,88 ± 6,79. I pazienti hanno ricevuto in valutazione sequenziale il Temperament and Character Inventory (TCI, Cloninger 1994) e la Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS, Overall e Gorham, 1962) alla 1a, 4a, 8a e 16a settimana.
Il disegno statistico ha previsto: 1) T di Student per valutare la possibile esistenza di differenze tra i punteggi della BPRS ai diversi tempi di osservazione; 2) studio delle correlazioni tra le dimensioni di temperamento e carattere rispetto ai singoli items della BPRS.
Risultati e conclusioni: lo studio ha rilevato correlazioni fra sottodimensioni di temperamento e carattere e psicopatologia dello spettro schizofrenico. Dopo terapia con antipsicotici atipici, si è registrato miglioramento complessivo, in percentuali più elevate per disorganizzazione concettuale, sentimenti di colpa, ostilità, allucinazioni ed insolito contenuto del pensiero.
Le seguenti dimensioni temperamentali sono risultate in grado di influire sull’andamento della sintomatologia: eccitabilità NS1, impulsività NS2, eccentricità NS3 e disordine NS4; ansia anticipatoria HA1 ed affaticabilità HA4; i fattori sentimentalismo RD1 ed attaccamento RD3 ed infine la persistenza P.
Per ciò che concerne il carattere, le correlazioni più significative si sono avute per la responsabilità S1, ricchezza di propositi S2, ricchezza di risorse S3 ed autoaccettazione S4; accettazione sociale C1 ed aiuto C3; accettazione spirituale ST3.

P390. Esposizione al forced swimming test (FST) di PORSOLT di topi trattati con il neurolettico atipico quetiapina fumarato
G. Trombetta*, M. Arbitrio*, R. Marra*, P. De Fazio***, G. De Sarro***, D. Rotiroti* **
* CNR-IBAF; ** Cattedra di Farmacologia, Facoltà di Farmacia; *** Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Catanzaro “Magna Græcia”

È stato ampiamente documentato come gli antipsicotici (AP) atipici, grazie al loro profilo farmacologico, caratterizzato da antagonismo verso i recettori 5HT2/D2, con conseguente aumento dei livelli di dopamina e serotonina a livello del sistema limbico e della corteccia prefrontale (1), siano particolarmente efficaci nel trattamento di sintomi depressivi in corso di psicosi. È noto come tale sintomatologia sia correlata ad una diminuzione dell’attività dopaminergica nella corteccia prefrontale. Le monoamine cerebrali, in particolare serotonina e dopamina svolgono inoltre, a livello mesolimbico, un ruolo importante nei meccanismi di risposta alle situazioni di stress cronico ed agli stimoli avversi (2), come evidenziato nei modelli animali di behavioral despair.
Lo scopo del nostro studio è quello di valutare l’effetto dell’AP atipico quetiapina fumarato sulla risposta comportamentale al forced swimming test (FST) di Porsolt in topi ICR (Nossan), al fine di valutare l’azione del farmaco in tale modello sperimentale di behavioral despair.
L’analisi statistica dei valori dei tempi di immobilità (sec.), utilizzando due livelli di discriminazione temporale (0-5 e 6-10 min.), indica una significativa differenza (P < 0,005) nella comparazione tra i topi ICR veicolo (PBS 0,01 M) e quelli trattati con quetiapina (10 mg/kg). In particolare, si evidenzia una significativa riduzione del tempo d’immobilità in entrambe le fasi del test.
In conclusione, i nostri dati sostengono l’ipotesi che la quetiapina fumarato sia in grado di modulare positivamente la risposta a situazioni di mild stress in modelli animali di behavioral despair, confermandone la validità dell’impiego terapeutico nel trattamento della sintomatologia negativa psicotica.

Bibliografia
1 Broderick PA, Piercey MF. Clozapine, haloperidol, and the D4 antagonist PNU-101387G: in vivo effects on mesocortical, mesolimbic, and nigrostriatal dopamine and serotonin release. J Neural Transm 1998;105:749-67.
2 Cabib S, Puglisi-Allegra S. Stress, depression and the mesolimbic dopamine system. Psychopharmacology 1996;128:331-42.

P391. Efficacia dei TCA versus SSRI: studio naturalistico
F. Cosci, M. Ciampelli, M.A. Scarpato, R. Spiti, V. Ricca, C. Faravelli
Clinica Psichiatrica, Università di Firenze

Introduzione: gli antidepressivi inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) sono diventati i farmaci di prima scelta nel trattamento dei disturbi d’ansia e dell’umore, poiché considerati efficaci come i triciclici (TCA), più sicuri e meglio tollerati. La pratica clinica e gli studi di meta- analisi non confermano questo dato.
Metodo: è stato condotto uno studio naturalistico controllato su un campione di pazienti ambulatoriali con diagnosi di disturbi dell’umore e disturbi d’ansia. I dati sono stati raccolti attraverso la Florence Psychiatric Interview e valutati retrospettivamente. Ogni soggetto ha presentato un episodio di malattia in cui è stato trattato con un SSRI ed uno in cui ha ricevuto un TCA. La risposta al trattamento è stata valutata dopo 4-8 settimane.
Risultati: il campione consta di 114 soggetti (30,7% di sesso maschile, 64,3% di sesso femminile). I TCA hanno mostrato una maggior efficacia in 63 casi, gli SSRI in 18. In 33 casi i due tipi di AD si sono eguagliati.
Lo stesso risultato è stato ottenuto con il test di McNemar. La superiorità dei TCA è evidente anche considerando solo i casi con disturbo dell’umore o solo quelli con disturbo d’ansia, ed è significativamente maggiore durante il secondo episodio di malattia.
L’analisi di regressione logistica conferma questi risultati.
Conclusioni: gli antidepressivi triciclici sono farmaci di efficacia superiore agli SSRI e quindi hanno un’ampia possibilità di essere impiegati per la terapia dei disturbi affettivi e d’ansia. Sono soprattutto un ottimo trattamento nei casi non responsivi agli SSRI e dovrebbero essere la terapia di prima scelta qualora la severità del quadro renda la drastica riduzione dei sintomi l’obiettivo primario.

P392 L’effetto dell’assunzione orale di alcol sui sintomi d’ansia indotti dal test di provocazione con CO2 al 35%
F. Cosci*, K. Schruers**, E. Oriez**, C. Faravelli*
* Clinica psichiatrica, Università di Firenze; ** Clinica psichiatrica, University of Maastricht

Introduzione: il disturbo di panico (DP) ha un alto grado di comorbidità con l’alcolismo. Tale associazione è spiegata sia dall’azione farmacologica ansiolitica dell’alcol che dalla componente cognitiva.
In letteratura, pochi lavori hanno considerato la comorbidità fra DP e alcolismo in un setting controllato di laboratorio.
Questo studio ha lo scopo di valutare la capacità ansiolitica di una dose moderata di alcol (alcolemia < 0,055 g/dl) utilizzando il setting controllato di laboratorio del test di provocazione alla CO2 (35%).
Materiali e metodi: abbiamo condotto uno studio randomizzato, in doppio-cieco, placebo-controllo, con disegno di cross-over su 8 volontari sani (power = 95%).
Ogni soggetto ha assunto una bevanda moderatamente alcolica e il placebo e, dopo ogni assunzione orale, è stato sottoposto al test di provocazione con CO2.
Al momento del reclutamento è stato realizzato un assessment dei sintomi d’ansia (STAI-I, SAS, PSL, VAAS) e del profilo dell’umore (POMS). Prima e dopo il CO2-challenge sono state ripetute VAAS, PSL, POMS.
Risultati e conclusioni: confrontando la risposta al test di provocazione con CO2 dei soggetti dopo l’assunzione di alcol e di placebo, si ha una differenza statisticamente significativa alla Panic Symptom List (PSL) (p < ,05). Lo stesso trend si ottiene valutando la Visual Analogue Scale of Anxiety (VAAS) (p = 0,11).
Lo studio mostra come l’alcol in acuto riduca i sintomi d’ansia indotti dal CO2-challenge. Tutto ciò contribuisce a dare importanza all’ipotesi che l’alcol abbia un’azione farmacologica di tipo ansiolitico-antipanico. Questo processo può inoltre spiegare l’alto grado di comorbidità da disturbo di panico e alcolismo.

P393. Dieci anni dopo: andamento temporale dei tassi di prevalenza del Disturbo di Panico/Agorafobia nell’area fiorentina
S. Rosi, L. Abrardi, D. Bartolozzi, C. Cecchi, D. D’Ademo, M.A. Scarpato, M. Ciampelli, F. Cosci, M.C. Di Meo, C. Di Primio, B. Lo Iacono, G. Pacini, C. Ravaldi, E. Truglia, C. Faravelli
Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università di Firenze

Introduzione: l’andamento temporale dei tassi di prevalenza dei disturbi psichiatrici rappresenta un parametro fondamentale ai fini di una corretta programmazione degli interventi nel campo della salute mentale. A causa dello sviluppo relativamente lento dell’epidemiologia psichiatrica nel nostro paese, al momento non sono disponibili dati di questo tipo per la popolazione italiana.
Metodologia: il presente studio mette a confronto i tassi di prevalenza lifetime per Disturbo di Panico/Agorafobia in due studi epidemiologici condotti con metodi comparabili (reclutamento dalle liste degli assistiti dei medici di Medicina Generale, intervistatori con esperienza clinica, strumenti semistrutturati) nell’area fiorentina 10 anni di distanza l’uno dall’altro.
Risultati: nelle rilevazioni del 1989 e del 1999 i tassi di prevalenza lifetime per Disturbo di Panico senza Agorafobia (1,35 versus 0,81), Disturbo di Panico con Agorafobia (0,81 versus 0,80) ed Agorafobia (0,36 versus 0,38) risultano comparabili.
Commento: i dati in nostro possesso non evidenziano variazioni rilevanti nella prevalenza lifetime dei disturbi considerati nell’arco di 10 anni. Questi risultati depongono inoltre a favore della consistenza interna della metodologia utilizzata.

P394. Lo spettro della morbilità psichiatrica perinatale in un campione di comunità
S. Rosi, L. Abrardi, D. Bartoluzzi, C. Cecchi, D. D’Adamo, M.A. Scarpato, M. Ciampelli, F. Cosci, M.C. Di Meo, C. Di Primio, B. Lo Iacono, G. Pacini, C. Ravaldi, E. Truglia, C. Faravelli
Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università di Firenze

Introduzione: la depressione postpartum e in gravidanza, così come le psicosi puerperali, sono disturbi ormai riconosciuti come una questione centrale per la salute mentale. Solo in epoca recente si è ridestato un certo interesse per altri disturbi ad esordio nel periodo perinatale. Alcuni studi hanno ad esempio segnalato il possibile esordio in gravidanza o nel postpartum praticamente dell’intera gamma dei disturbi di ansia (che secondo alcuni autori potrebbero essere in questa fase del ciclo vitale altrettanto frequenti dei disturbi depressivi) e dei disturbi somatoformi. I dati disponibili risultano peraltro frammentari e raccolti in contesti prevalentemente clinici.
Metodologia: il presente studio descrive il breakdown diagnostico dei disturbi psichiatrici ad esordio perinatale riscontrati nel Florence Psychiatric Survey condotto in un campione di comunità di 2500 soggetti nel comune di Sesto Fiorentino.
Risultati: complessivamente nel 9,96% delle donne affette da disturbi psichiatrici con almeno un figlio il primo esordio della patologia avviene in gravidanza o nel postpartum. I disturbi di ansia risultano altrettanto frequenti dei disturbi depressivi nel periodo perinatale. I disturbi somatoformi risultano invece meno frequenti ma non rari. Sono stati riscontrati anche casi di Bulimia Nervosa, Pavor Nocturnus e Disturbo Esplosivo Intermittente ad esordio perinatale.
Conclusioni: il quadro della morbilità psichiatrica perinatale appare molto più complesso di quanto si ritenga comunemente. Sono assolutamente necessarie ulteriori ricerche soprattutto relativamente alle conseguenze (ad esempio sul bambino) e alle strategie di prevenzione/trattamento dei disturbi non affettivi e non psicotici del peripartum.

P395. La specificità dei disturbi depressivi della gravidanza e del post-partum
S. Rosi, L. Abrardi, D. Bartolozzi, C. Cecchi, D. D’Adamo, M.A. Scarpato, M. Ciampelli, F. Cosci, M.C. Di Meo, C. Di Primio, B. Lo Iacono, C. Pacini, C. Ravaldi, E. Truglia, C. Faravelli
Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università di Firenze

Introduzione: per quanto l’interesse per i disturbi depressivi legati alla funzione riproduttiva sia cresciuto enormemente, non è ancora chiaro se la presenza di episodi in gravidanza o nel postpartum distingua un sottotipo specifico di patologia affettiva.
Campione e metodi: 192 donne affette da disturbi depressivi sono state suddivise in due gruppi in base alla presenza di episodi depressivi in gravidanza o nel postpartum. I due gruppi sono stati confrontati per una serie di variabili (fattori sociodemografici caratteristiche della patologia affettiva, comorbilità). Il campione proviene dal Florence Psychiatric Survey, studio di comunità su 2500 individui.
Risultati: il gruppo di soggetti con episodi depressivi legati alla gravidanza ed al postpartum presentava alcune differenze significative: età di esordio più precoce, maggiore scolarità, comorbilità per disturbo Ossessivo-Compulsivo più elevata.
Commento: per quanto la maggior parte delle variabili considerate non distingua i due gruppi, le differenze emerse appaiono di notevole interesse. In particolare, l’elevata comorbilità per Disturbo Ossessivo-Compulsivo suggerisce la possibilità di meccanismi eziopatogenetici comuni con la depressione in gravidanza e nel postpartum.

P396. Efficacia di aripiprazolo nel trattamento dei sintomi psicotici
R. Gismondi
Neuroscienze, Direzione Medica, Bristol-Myers Squibb, Roma

Aripiprazolo, antipsicotico con meccanismo d’azione che differisce dagli antipsicotici tipici ed atipici, ha dimostrato in studi di fase II di essere più efficace del placebo nel migliorare la sintomatologia psicotica (PANSS).
In uno studio di fase III, multicentrico DB, della durata di 4 settimane, aripiprazolo (15 e 30 mg/die) è stato confrontato ad aloperidolo (10 mg/die) e a placebo.
Sono stati arruolati 414 pazienti ospedalizzati con diagnosi di schizofrenia o disturbo schizoaffettivo, episodio acuto (DSM-IV).
Aripiprazolo e aloperidolo sono stati significativamente più efficaci del placebo (PANSS totale, BPRS totale).
Aripiprazolo è stato ben tollerato; meno pazienti trattati con aripiprazolo hanno interrotto il trattamento a causa di eventi avversi rispetto ai soggetti trattati con aloperidolo o placebo.
I soggetti trattati con aripiprazolo non hanno riportato prolungamenti del tratto QTc clinicamente significativi; la comparsa di sintomatologia extrapiramidale è stata simile nei soggetti trattati con aripiprazolo e placebo.
Aripiprazolo è una molecola scoperta dalla Otsuka Pharmaceutical, lo sviluppo clinico è in collaborazione con la Bristol-Myers Squibb, attualmente in fase III.

P397. Valutazione d’efficacia dell’intervento di crisi nei pazienti depressi
W. Padoani, S. Rampinelli, P. Bergamaschi, G. Perini, L. Pavan
Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Sez. Psichiatrica, Università di Padova

Introduzione: gli studi di valutazione d’efficacia delle psicoterapie si sono ormai da tempo resi necessari, soprattutto nell’organizzazione dell’offerta psicoterapeutica in ambito pubblico, dove l’ampia richiesta di CUM e la necessità di contenere i costi dei trattamenti impone un’accurata considerazione del rapporto rischi-benefici di ogni singolo trattamento.
Tra i diversi modelli di intervento di crisi, quello di Pavan, proposto nell’ambito della Clinica Psichiatrica dell’Università di Padova si rivolge per lo più a giovani e adulti in crisi emozionale, spesso con una diagnosi di iniziale disturbo dell’umore o d’ansia (Pavan e Banon, 1992, 1996).
Metodi: i soggetti sono reclutati con modalità consecutive tra i pazienti inviati all’ambulatorio per la Crisi Emotiva e a quello per i Disturbi Affettivi e d’Ansia della Clinica Psichiatrica dell’Università di Padova.
L’inclusione nello studio prevede un colloquio preliminare di valutazione nel corso del quale sono somministrate (HDRS, Hamilton, 1960), (BDI, Beck et al., 1961), (STAS, Spielberger et al., 1970), (STAXI, Spielberger, 1988), la Global Assessment Scale (Endicott et al., 1976), nella versione prevista per l’edizione italiana del DSM IV (VGF, APA, 1994), la Social Adaptation Self-Evaluation Scale (SASS, Bosc, 1997). Sempre in questa occasione viene definita una diagnosi di inclusione secondo i criteri del DSM-IV e con l’ausilio della SCID II- versione 2.0- (Maffei et al., 1997).
Sono inclusi nel protocollo tutti i soggetti (di età compresa tra i 18 e i 65 anni) con un disturbo depressivo individuato dai criteri del DSM IV.
I pazienti reclutabili vengono inviati, secondo un criterio casuale, ai due tipi di intervento. Al primo gruppo viene proposto il trattamento di Crisi secondo le consuete modalità.
Al secondo gruppo viene invece proposta una sequela ambulatoriale di tipo farmacologico abbinata a dei colloqui di sostegno non specificamente strutturati: a tal fine è in atto una collaborazione con l’ambulatorio per i Disturbi Affettivi e d’Ansia della Clinica Psichiatrica di Padova.
Strumenti di valutazione in itinere e post-intervento: al termine di ogni colloquio viene proposta ai pazienti che seguono la terapia della Crisi una scheda di valutazione (Session Evaluation Questionnaire, SES, Stiles, 1980).
Nell’ambito del solo intervento di Crisi sono previste le registrazioni sonore del terzo, quinto, sesto, settimo e decimo colloquio. Dopo il terzo colloquio il terapeuta, nell’ambito della relativa seduta di supervisione, indica in un’apposita scheda il focus individuato per la psicoterapia della Crisi.
Un’ulteriore scheda di valutazione viene compilata da un valutatore “esterno” oltre che per il terzo colloquio, anche per il decimo (con un’attenzione particolare agli aspetti connessi alla fine del trattamento e all’eventuale invio ad altri presidi terapeutici) e per uno degli altri tre colloqui audioregistrati, scelto con criterio casuale. Nelle valutazioni sopra indicate vengono considerate l’adherence (misura del grado in cui il trattamento rispecchia i presupposti teorici di riferimento) e la differentiation (misura del grado in cui il trattamento si differenzia da altre proposte terapeutiche) (Kadzin, 1986). Si stanno effettuando tre valutazioni di follow-up per entrambi i gruppi, a 3 mesi, 6 mesi ed un anno dall’inizio del trattamento.
In tali occasioni vengono ripetute BDI, HDRS, SASS, VGF, STAI e STAXI.
Risultati: sono stati reclutati 40 soggetti, di cui 21 inseriti nel gruppo seguito con il trattamento di crisi e 19 nel gruppo di controllo.
Non emergono al momento differenze statisticamente significative tra i gruppi, tranne che per un minor ricorso al trattamento farmacologico nei soggetti seguiti con la terapia della Crisi (chi-q = 8.1, p < ,005). Anche i punteggi alle scale di valutazione della depressione all’ingresso sono sovrapponibili nei due gruppi.
Il confronto tra le medie dei punteggi alle scale per la depressione ottenuti all’ingresso e nei vari follow-up indicherebbero un miglioramento progressivo statisticamente significativo per entrambi i gruppi in tutti i follow-up effettuati.
Il confronto delle medie dei punteggi ottenuti nei singoli follow-up non indica delle differenze statisticamente significative tra i due gruppi all’ANOVA.

Bibliografia
Beck AT, Ward CH, Mendelson M, et al. An inventory for measuring depression. Arch Gen Psychiatry 1961;4:561-71.
Bosc M. Social Adaptation Self-Evaluation Scale. Eur Neuropsychopharmacol 1997;7(Suppl 1):57-70.
Endicott J, Spitzer R, Fleiss J, Cohen J. The Global Assessment Scale. Arch Gen Pychiatry 1976;33: 766771.
Hamilton MA. A rating scale for depression. J Neurol, Neurosurg, Psychiatry 1960;23:56-62.
Kadzin AE. Comparative outcome studies of psychotherapy: methodological issues and strategies. J Cosult Clin Psychol 1986;54:95-105.
Maffei C, Fossati A, Agostoni I, et al. Interrater reliability and internal consistency of the Structured Clinical Interview for DSM IV Axis II Personality Disorders (SCID II), Version 2.0. J Person Disord 1997;11:279-84.
Pavan L, Banon D. L’intervento Psicoterapico nelle Situazioni di Crisi. Padova: Kendall 1992.
Pavan L, Banon D. Trauma, Vulnerabilità, Crisi. Il Trattamento della Crisi Emozionale. Torino: Bollati Boringhieri 1996.
Roth A, Fonagy P. What Works for Whom? A Critical Review of Psychotherapy Research. London: The Guilford Press 1996. Tr. It.: Psicoterapie e Prove d’Efficacia. Roma: Il Pensiero Scientifico 1997.
Spielberger CD, Gorsuch RL, Luchene R, Vagg PR, Jacobs GH. Manual of the State-Trait Anxiety Inventory. Palo Alto, CA: Consulting Psychologists Press 1970.
Spielberger CD. State-Trait Anger Expression Inventory (S.T.A.X.I.). New York: Professional Manual. Psychological Assessment Resources 1988.
Stiles WB. Measurement of the impact of psychotherapy sessions. J Consult Clin Psychol 1980;48:176-85.

P398 Ruolo degli eventi stressanti nell’insorgenza della bulimia nervosa: uno studio controllato su un campione di 233 soggetti
E. Tenconi, A. Favaro, S. Strizzolo, P. Santonastaso
Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Neurologiche Università di Padova

Introduzione: la relazione fra stress e patologia è stata ampiamente indagata nel campo dei disturbi psichiatrici. Gli eventi stressanti (ES) possono non solo costituire fattori precipitanti di una patologia, ma anche complicarne il decorso stesso (1). L’ipotesi eziopatogenetica maggiormente accreditata nello sviluppo dei disturbi del comportamento alimentare (DCA) prevede la presenza di diversi fattori che, interagendo reciprocamente e sommandosi l’un l’altro, concorrono nel determinare la patologia (ipotesi multifattoriale). Fattori biologici, psicologici e socio-culturali sono ritenuti contribuire allo sviluppo del disturbo (2). In particolare, lo stress, sia esso generico o in relazione a specifici eventi, è considerato un importante antecedente di tali disturbi. Si può definire ES un qualunque cambiamento nella vita di un individuo, di intensità tale da incidere sull’equilibrio fisiologico, a cui l’organismo non sa o non può rispondere adeguatamente. Si può trattare della morte di una persona cara, o di problemi economici, ma anche della nascita di un figlio, o del raggiungimento di importanti traguardi personali; eventi quindi non per forza connotati negativamente (3). Alcuni studi attribuiscono lo sviluppo dei DCA ad una maggiore quota di stress premorboso (4 per l’Anoressia Nervosa e 5 per l’AN e la BN). Ci sono tuttavia studi che sottolineano come non sia tanto una maggiore quota di stress esperita nel periodo precedente il DCA quanto, piuttosto, l’esposizione a specifici tipi di ES che giocherebbero un ruolo precipitante l’insorgenza della patologia. Le categorie di ES maggiormente implicate nell’eziologia dei DCA sembrano essere la categoria perdita (rottura di una relazione affettiva importante, lutto, trasferimenti, …) e quella delle difficoltà sociali (inizio di una relazione affettiva importante, difficoltà sociale, disaccordi e litigi, …)(6). Dalla letteratura è emerso che la risposta allo stress nei DCA dipende sostanzialmente da tre fattori: il tipo di ES, la struttura di personalità e le modalità di coping, ovvero la capacità di far fronte alle situazioni.
Scopi della ricerca: il presente studio si è proposto di indagare quanto le esperienze stressanti vissute nei sei mesi precedenti l’esordio della Bulimia Nervosa (BN) possano essere ritenute un importante antecedente il disturbo e, in caso affermativo, se esistano specifici tipi di ES che, meglio di altri, sono ad essa associati.
Materiali e metodi: Campionamento – il campione oggetto di studio consiste in un gruppo di pazienti femmine con diagnosi di BN, secondo i criteri del DSM-IV, con durata di malattia < 5 anni. Il campione BN è stato a sua volta confrontato con due gruppi di controllo: un gruppo di pazienti con diagnosi di Anoressia Nervosa (AN) con durata di malattia < 5 anni e un gruppo di controllo di non affetti. Le caratteristiche dei gruppi indagati sono riassunte in

Tab. I. Caratteristiche del campione e dei gruppi di controllo.

Variabili

BN (N = 233)
BNP = 185, BNNP = 48

AN (N = 173)
ANR = 114, ANBP = 55

Soggetti Asintomatici
(N = 390)

Et� media (anni)

22,7 � 4,8

21,7 � 5,6

22,8 � 2,2

IMC medio (kg)

20,9 � 2,7

15,7 � 1,6

21,1 � 11,1

Et� media di esordio
di malattia (anni)

19,1 � 4,8

19,0 � 5,5

Durata di malattia media (mesi)

26,2 � 17,1

21,6 � 15,3

Strumenti – a tutti i soggetti (gruppo BN, gruppo AN e controlli non affetti) è stata somministrata l’Intervista Diagnostica Strutturata per i DCA (DSM-IV); tutti i soggetti hanno, inoltre, compilato i seguenti questionari autosomministrati: l’Eating Disorder Inventory (EDI), l’Hopkins Symptom Checklist – 90 (H-SCL – 90), e il Questionario per i Disturbi dell’Alimentazione (QDA) che comprende una scala per la valutazione degli ES.
Per le pazienti (BN e AN) si sono considerati gli ES verificatisi nei sei mesi precedenti l’esordio del DCA, mentre per i controlli non affetti ci si è riferiti agli ES riferiti nei sei mesi precedenti la compilazione del questionario.
Ai soggetti è stato chiesto, inoltre, di esprimere, per ogni ES riferito, un giudizio di gravità attraverso una scala a 5 punti.
Risultati: per l’analisi dei dati, in accordo con la letteratura, si sono suddivisi gli ES in tre categorie: eventi perdita, difficoltà sociale e traumi.
Il gruppo BN riferisce un numero medio di ES totali premorbosi significativamente maggiore rispetto ai due gruppi di controllo, che non si differenziano fra loro (Kruskal Wallis c2 = 12,5 p < ,005). Dall’esame del numero medio di ES suddivisi nelle tre categorie, il gruppo BN, rispetto ai controlli non affetti, riferisce un numero significativamente maggiore di eventi appartenenti alle categorie delle difficoltà sociali e della perdita (rispettivamente Kruskal Wallis c2 = 14,0 e 33,3; p < ,001 per entrambe). Le anoressiche, a loro volta, confrontate con i controlli non affetti, riferiscono un numero significativamente maggiore di eventi di tipo perdita (Kruskal Wallis c2 = 33,3; p < ,001). Bulimiche e anoressiche riferiscono un numero medio di eventi di tipo trauma significativamente inferiore ai controlli non affetti (Kruskal Wallis c2 = 14,2; p < ,001).
In generale, il gruppo delle bulimiche attribuisce punteggi di gravità più elevati agli ES totali, rispetto ai due gruppi di controllo (Kruskal Wallis c2 = 41,2; p < ,001) e in particolare, gli eventi appartenenti alle categorie difficoltà sociali e perdita sono giudicati con maggiore gravità (rispettivamente Kruskal Wallis c2 = 35,7 e 43,4; p < ,001 per entrambi). Rispetto ai controlli non affetti, i due gruppi di pazienti (BN e AN) attribuiscono una minore gravità agli eventi di tipo trauma (Kruskal Wallis c2 = 9,4; p < ,013.
Infine si sono indagate le eventuali differenze tra le pazienti bulimiche che hanno riferito almeno un evento di tipo perdita, difficoltà sociale e trauma rispetto alle bulimiche che non hanno riportato questo tipo di ES. Le bulimiche appartenenti al gruppo perdita (N = 141) si caratterizzano per una minore consapevolezza enterocettiva (t-Student = 2759; p < ,01); tendono inoltre a manifestare maggiore sfiducia interpersonale e atti autoaggressivi. Le bulimiche appartenenti al gruppo difficoltà sociale (N = 190) si caratterizzano per minore consapevolezza enterocettiva (t-Student = 2,36; p < ,02), maggior perfezionismo (t-Student = 2,87; p < ,01) e tendenza a ricorrere ad atti autoaggressivi. In ultimo, le bulimiche appartenenti al gruppo trauma (N = 49) presentano punteggi significativamente più elevati alla sottoscala del perfezionismo (t-Student = 2,37; p < ,02), una maggiore sfiducia interpersonale (t-Student = 2,21; p < ,03) e il ricorso a gesti autoaggressivi (t-Student = 7,95; p < ,01).
Conclusioni: sulla base di quanto emerso, l’esposizione ad ES, in particolare, di tipo difficoltà sociale e perdita, può avere un ruolo precipitante sull’insorgenza del disturbo. Il ruolo degli ES nella BN va tuttavia studiato non solo per quanto riguarda tipo e numero di eventi, ma anche rispetto alla percezione soggettiva della gravità dell’evento. Le bulimiche infatti tendono ad attribuire una maggiore gravità agli ES, in particolare agli eventi appartenenti alle categorie difficoltà sociali e perdita. Questo, forse, all’origine della maggior vulnerabilità delle pazienti bulimiche allo stress e della loro difficoltà a fornire ad esso risposte adeguate.

Bibliografia
l Canton G, Santonastaso P. Psychological distress and life events in neurotic patients. Psychopatology 1984;17:144-8.
2 Garfinkel P, Garner D. The multidetermined nature of anorexia nervosa. In: Darby PL, Garfinkel PE, Garner DM, Coscina DV, eds. Anorexia nervosa: Recent developments in research 3-14. New York: Alan Liss 1983.
3 Holmes TH, Rahe RH. The social readjustment rating scale. J Psychosom Res 1967;11:213-218.
4 Rastam M, Gillberg C. Background factors in anorexia nervosa: a controlled study of 51 teenage cases including a population sample. Eur Child Adol Psychiatry 1992;71:54-65.
5 Welch SL, Doll HA, Fairburn CG. Life events and the onset of bulimia nervosa: A controlled study. Psychol Med 1997;27:515- 22.
6 Schmidt U, Troop NA, Treasure JL. Events and the onset of eating disorders: Correcting an “age old” myth. Intern J Eating Dis 1999;25:83-8.



Le commissioni giudicatrici del premio SOPSI� 2002
hanno premiato i seguenti poster:

P14. Cronicit� di malattia e funzioni neuropsicologiche prefrontali: uno studio in pazienti con Disturbo Schizofreniforme ed in pazienti con Schizofrenia Cronica
N. Antonucci, A. Bertolino, M. Altamura, A. Bellomo, B. Lovecchio, F. Brudaglio, D. Sciota, E. Daneluzzo, A. Rossi, M. Nardini

P48. Aumento della triptofano idrossilasi nel nucleo troncoencefalico del rafe in soggetti depressi vittime di suicidio
M. Boldrini, M.D. Underwood, S.A. Kassir, M.J. Bakalian, G.F. Placidi, S. Sorbi, J.J. Mann, V. Arango

P73. Aspetti clinici e genetici del comportamento suicidario e automutilante
M. Carlini, A. Mariotti, S. Bouanani, A. Bandettini di Poggio, G. Griesi, M. Bianchi, A. Rotondo, L. Dell’Osso

P125. Psicopatologia e comorbidit� psichiatrica nei ricoveri in medicina generale: uno studio pilota
D. D’Agostino, C. Ravaldi, B. Lo Iacono, A. Scarpato, T. Aloi, R. Tarquini, L. Giardinelli

P219. La Stimolazione Magnetica Transcranica Ripetitiva (SMTr) nel Disturbo Depressivo Maggiore (DDM)
A. Mantovani, S. Bartalini, S. Rossi, F. Pieraccini, P. Castrogiovanni

P223. Mantenimento Metadonico per Eroinomani resistenti ai protocolli standard o con Doppia Diagnosi. Risultati di 8 anni di attivit�
I. Maremmani, S. Canoniero, M. Pacini, M. Lovrecic, A. Tagliamonte

P247. Spettro dell’umore in uno studio di follow‑up naturalistico in pazienti con Disturbo di Panico
M. Miniati, S. Banti, L. Rossi, A. Calderone, C. Rambelli, G. Tusini, A. Barbanera, B. Capovani, M. Mauri

P297. Analisi dei recettori dopaminergici D4 nei linfociti di pazienti con disturbi depressivi
R. Rasetti, C. De Leo, L. Marchiaro, A. Milani, P. Rocca, F. Bogetto

Esposizione al Forced Swimming Test (FST) di Prosolt di topi trattati con il neurolettico atipico Quietapina Fumarato
G. Trombetta, M. Arbitrio, R. Marra, P. De Fazio, G. De Sarro, D. Rotiroti

P369. Le basi psicopatologiche dell’eterogeneit� neuropsicologica nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo
C. Zorzi, T. Bassi, A. Ubbiali, S. Giordani, C. Baraldi, P. Cavedini

Le commissioni giudicatrici del premio SOPSI 2002
riconoscono una menzione speciale ai seguenti poster:

P33. Recettori a2-adrenergici nel disturbo ossessivo-compulsivo
S. Baroni, I. Masala, E. Di Nasso, F. Mungai, G. Giannaccini, D. Marazziti

P46. Imaging di spettroscopia protonica con rm in pazienti al primo episodio di psicosi affettiva: patologia neuronale nell’ippocampo
G. Blasi, A. Bertolino, F. Brudaglio, D. Sciota, M. Altamura, T. Scarabino, M. Nardini

P132. Add-on con Mirtazapina ad un trattamento stabilizzato con neurolettici atipici per il potenziamento della performance cognitiva in pazienti con schizofrenia cronica. Valutazione preliminare di 5 casi clinici
R. Delle Chiaie, M. Salviati, S. Fiorentini, P. Pancheri

P166. Temperament and character inventory (TCI): confronto tra donne con DOC, bulimia nervosa e un gruppo sano
F. Forner, U. Albert, G. Maina, F. Bogetto

P171. Studio con RMN del volume epifisario in pazienti schizofrenici e soggetti sani
A. Garavini, A. Iannitelli, C. Di Biasi, G. Trasimeni, G. Bersani, P. Pancheri

P177. La quetiapina nel trattamento del disturbo bipolare a rapidi cicli: studio prospettico in aperto
S.N. Ghaemi, J.F. Goldberg, J.Y. Ko, J.L. Garno, G. Montagnani

P273. Analisi psicopatologica dimensionale del Disturbo Ossessivo Compulsivo
M. Pasquini, A. Picardi, M. Biondi, P. Scarciglia, P. Pancheri

P323. Disturbi d’ansia e dell’umore in comorbidit� con i disturbi correlati a sostanze
P. Saracco, A. Ceregato, G. Maina, F. Bogetto

P333. Follow-up a lungo termine del trattamento con clozapina. Dati psicometrici e dimensionali
C. Silvestrini, M. Caredda, V. Pescosolido, M. Biondi, P. Pancheri

P348. Efficacia dell’olanzapina nella distimia: risultati preliminari
E. Truglia, E. Bandini, A. Di Carlo, S. Masetti, F. Lovari, F. Galassi