Schizofrenia e disregolazione dopaminergica cortico-sottocorticale: basi molecolari e correlati clinici dell’agonismo parziale dopaminergico come strategia terapeutica

Schizophrenia and dopamine cortico-subcortical dysregulation: molecolar implication for dopomine partial agonism therapy

A. DE BARTOLOMEIS, C. TOMASETTI

Laboratorio di Psichiatria Molecolare, Dipartimento di Neuroscienze e di Scienze del Comportamento, Sezione di Psichiatria, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Napoli "Federico II"

Key words: Prefrontal cortex � Striatum � Dopamine release � Dopamine partial agonism � Intrinsic activity � Receptor reserve � Functional selectivity

Correspondence: Dr. Andrea de Bartolomeis, Laboratorio di Psichiatria Molecolare, Dipartimento di Neuroscienze e Scienze del Comportamento, Edificio 18, via Pansini 5, 80131 Napoli.

Introduzione: contro l�ipotesi unidirezionale

Molteplici evidenze sperimentali e cliniche suggeriscono un ruolo di tipo dicotomico della dopamina nella fisiopatologia della schizofrenia, postulando l�esistenza di iperdopaminergia sottocorticale e ipodopaminergia corticoprefrontale, anche alla luce dell�influenza di altri sistemi neurotrasmettitoriali, principalmente quello serotoninergico e glutammatergico (1). Quantunque questa visione non unidirezionale dell�ipotesi dopaminergica nella schizofrenia sia essa stessa probabilmente riduzionistica e non in grado di spiegare la complessità dei meccanismi circuitali coinvolti nel disturbo, essa ha tuttavia il merito di far riconsiderare sotto una differente prospettiva i possibili approcci terapeutici alla malattia, introducendo il significato e l�importanza di meccanismi farmacodinamici oltre il blocco recettoriale dopaminergico (2).

Iper- e ipo-dopaminergia cortico-sottocorticale come substrato fisiopatologico e molecolare per l�utilizzo terapeutico di dopamino-agonisti parziali

Il ruolo, a lungo sostenuto da evidenze sperimentali indirette precliniche e cliniche, di un�alterata regolazione dei sistemi dopaminergici centrali nella patologia schizofrenica è stato recentemente sostanziato dall�introduzione di nuove metodologie di imaging dinamico in vivo nell�uomo (3) (4). Nel 1997 Breier et al. (5), con una nuova metodica basata sull�utilizzo simultaneo in primati non umani (macaca mulatta) di microdialisi e tomografia ad emissione di positroni con (11)C-raclopride, pervenivano per la prima volta alla determinazione quantitativa della dopamina striatale sinaptica. In breve, la misurazione dell�outflow di dopamina (ottenuta grazie all�impianto di sonda microdialitica intrastriatale) e la misurazione dei recettori dopaminergici D2/D3 (calcolata sulla base dell�occupancy recettoriale della raclopride) consentiva di pervenire a una relazione matematica tra queste due variabili (6). Tale relazione, applicata in vivo nell�uomo, permetteva di stabilire dalla misurazione dell�occupancy recettoriale D2/D3 (ottenuta con tomografia ad emissione di positroni e raclopride) la concentrazione di dopamina striatale.

Un ulteriore avanzamento di tale metodica, per testare l�ipotizzata alterazione dopaminergica nella schizofrenia, è rappresentata dalla misurazione della dopamina sinaptica, come sopra descritto, prima e dopo somministrazione di amfetamina in pazienti schizofrenici e in soggetti normali di controllo. Il presupposto teorico di tale disegno sperimentale si basa su due considerazioni:

1. in condizioni basali, in vivo, è difficile poter dimostrare significative differenze del rilascio di dopamina;

2. l�amfetamina determina un rilascio massimale di dopamina nel sistema nervoso centrale (attraverso almeno due meccanismi sincroni: blocco del trasportatore di membrana e inibizione degli enzimi di degradazione delle monoamine).

La somministrazione di amfetamina aumenta la disponibilità di dopamina striatale, che compete con la raclopride per il legame ai recettori dopaminergici D2/D3 e, spiazzandola, determina una riduzione dell�intensità del segnale alla tomografia ad emissione di positroni. Tale fenomeno (riduzione del legame della raclopride ai recettori D2/D3 dopo somministrazione di amfetamina) si evidenzia sia in soggetti normali sia in soggetti schizofrenici, in questi ultimi tuttavia è significativamente maggiore. La spiegazione più conservativa di tale risultato è che in soggetti schizofrenici sarebbe presente, a livello presinaptico, una maggiore concentrazione di dopamina libera intracitoplasmatica rispetto a quella vescicolare. L�amfetamina, pertanto, determinerebbe, nei soggetti schizofrenici, un maggiore rilascio del neurotrasmettitore sinaptico disponibile per la competizione con il radioligando e lo spiazzamento di quest�ultimo.

Iperdopaminergia sottocorticale veniva successivamente dimostrata anche in pazienti schizofrenici farmacologicamente naive, escludendo pertanto che tale iperdopaminergia potesse essere conseguenza di un prolungato effetto di blocco dei recettori dopaminergici con potenziale relativa up-regulation degli stessi (7). Numerosi altri studi hanno successivamente confermato tale disregolazione del release dopaminergico in vivo in pazienti schizofrenici.

A fronte di molteplici evidenze sperimentali dirette, deponenti per una disregolazione del release di dopamina sottocorticale con conseguente iperdopaminergia, non è stata possibile dimostrare in maniera altrettanto diretta l�ipotizzata disregolazione della dopamina a livello di specifiche aree corticali, e segnatamente della corteccia prefrontale, quantunque suggerita da implicazioni cliniche e fisiopatologiche molteplici. Numerose evidenze sperimentali depongono per un�ipofunzione dopaminergica corticale, sebbene la natura intrinseca della stessa rimanga in parte elusiva. In particolare, un recente studio ha indicato come una ridotta attività prefrontale predica un�esagerata funzione striatale dopaminergica (8). In breve, veniva simultaneamente misurato in pazienti schizofrenici e in controlli sani il flusso ematico cerebrale durante l�esecuzione di Wisconsin card sort test (relativamente specifico per la working memory e la cui performance è funzionalmente legata in maniera prevalente, ma non esclusiva, alla corteccia prefrontale mediale) e l�uptake striatale di dopamina, dimostrandosi una correlazione significativa tra ridotta attività prefrontale e aumentato uptake di 6-fluorodopa in striato. Sotto il profilo molecolare importanti inferenze di possibile ridotta attività funzionale dopaminergica promanano da studi post-mortem di patomorfologia indicanti un�alterata e ridotta distribuzione dell�immunoistochimica per la tirosina idrossilasi (rilevante marker, quantunque indiretto, della funzione dopaminergica) in specifici layers della corteccia prefrontale di pazienti schizofrenici (9). I dati sulla disregolazione di dopamina nella schizofrenia depongono per un�iperdopaminergia sottocorticale ed un�associata ipodopaminergia corticale. Tale sintesi, quantunque certamente non speculare della reale complessità di regolazione del neurotrasmettitore in diverse subregioni corticali e sottocorticali (per esempio striato dorsale verso striato ventrale e corteccia dorsolaterale verso corteccia prefrontale mediale), rappresenta tuttavia un�accettabile approssimazione che indica un superamento dell�interpretazione monodirezionale dell�ipotesi dopaminergica della schizofrenia e che, per molti versi, integra la stessa almeno in parte con altre teorie che tengono conto di diversi sistemi neurotrasmettitoriali e circuiti fronto-cortico-striato-talamo-corticali (10) (11).

La condizione di iperdopaminergia, ritenuta responsabile nell�interessamento mesolimbico, almeno in parte (e certamente in maniera riduttiva), della sintomatologia positiva, rappresenta il fondamento teorico dell�utilizzo degli antipsicotici di prima generazione. Il blocco dei recettori dopaminergici (prevalentemente D2), quantunque ritenuto evento cruciale per l�efficacia antipsicotica, è tuttavia responsabile dei ben noti effetti collaterali, in primo luogo di tipo extrapiramidale. L�introduzione degli antipsicotici atipici (12) (13) ha segnato un�importante, e per molti versi, sostanziale innovazione nella farmacoterapia della schizofrenia. Infatti, l�efficacia antipsicotica viene ottenuta in assenza di rilevanti disturbi extrapiramidali e quest�attività terapeutica ottimale è stata spiegata, sotto il profilo farmacodinamico e molecolare, con diverse ipotesi tra loro non reciprocamente escludentisi: particolare rapporto tra affinità recettoriale 5HT2AR e D2R (14)-(16), pleiomorfismo recettoriale (17) (18), fast dissociation (19)-(22) (23). Un nuovo approccio farmacologico alla regolazione dell�alterata modulazione dopaminergica è rappresentato dall�utilizzo di composti agonisti parziali dopaminergici (24) (25). Questi, in virtù dell�elevata affinità, ma ridotta attività intrinseca (da non confondersi con l�efficacia clinica, vedi dopo), si comporterebbero, almeno teoricamente, come antagonisti in quelle aree cerebrali e in quelle condizioni fisiopatologiche nelle quali esiste una relativa iperdopaminergia e viceversa si comporterebbero da agonisti in condizioni di ridotta funzione dopaminergica.

Quantunque diversi composti dopamino-agonisti parziali siano stati utilizzati in modelli sperimentali animali, e alcuni di essi sperimentati come antipsicotici (ad esempio preclamol e terguride, per i quali esistono in proposito alcuni studi nell�uomo, pubblicati), l�unico composto in commercio in alcuni Paesi (tra cui gli USA), al momento in cui si scrive, è l�aripiprazolo, rivelatosi efficace nella patologia schizofrenica, per la quale ha indicazione (26) (27). Qui di seguito verranno considerati alcuni aspetti dell�agonismo parziale in relazione a condizioni di alterata regolazione dopaminergica e le influenze di questa classe di composti su meccanismi trasduzionali e di espressione genica nonché in modelli animali di patologie del comportamento.

Generalità sugli agonisti parziali e agonisti parziali dopaminergici: concetto di attività intrinseca

La definizione di agonista parziale, nella sua caratterizzazione più semplice (e per alcuni versi semplificata), è di un composto con elevata affinità recettoriale per uno specifico recettore, o famiglia di recettori, ma con moderata o ridotta attività intrinseca.

Talora, l�attività intrinseca è anche indicata come efficacia intrinseca, sebbene non esista completo accordo tra la reciprocità concettuale dei due termini (28).

La distinzione tra affinità recettoriale, attività intrinseca ed efficacia clinica (per i composti sperimentati in patologie dell�uomo) è cruciale per la comprensione del concetto di agonismo parziale.

Infatti, mentre l�affinità recettoriale è essenzialmente (ma non esclusivamente) determinata e individuata dalla costante di dissociazione, l�attività intrinseca è una funzione delle proprietà di un composto di elicitare una specifica funzione intracellulare (25). Ovviamente, altro aspetto è l�efficacia clinica di un composto che, pur essendo correlata all�affinità e alla attività intrinseca, non può e non deve essere assimilata o derivata direttamente da queste ultime, essendo viceversa determinata da parametri e criteri di grado diverso e necessariamente di maggiore ordine di complessità; in altre parole, un composto può, almeno potenzialmente, avere da un canto una elevata affinità per un determinato recettore, dall�altro una ridotta o moderata attività intrinseca e, ancora ad un livello diverso, una significativa efficacia clinica.

Nel caso specifico, la dizione di dopamino-agonista parziale, senza ulteriore qualificazione del termine, indica un composto che è in grado di evocare, agendo su uno o più dei sottotipi recettoriali dopaminergici, una risposta a livello intracellulare e/o metabolico e/o funzionale qualitativamente analoga a quella del neurotrasmettitore endogeno (dopamina), ma d�intensità (“grado” di agonismo) minore rispetto al neurotrasmettitore stesso.

È importante sottolineare che l�agonismo parziale di un determinato composto (nella fattispecie un dopamino-agonista parziale) può configurarsi nell�ambito di uno spettro di attività intrinseca talora espressa in percentuale di quella elicitata dall�agonista (dopamina) nel medesimo sistema biologico e in riferimento al medesimo parametro intracellulare considerato. Pertanto, due composti dopamino-agonisti parziali, X e Y, che, ad esempio, presentano affinità simile per il recettore dopaminergico D2, possono difatti caratterizzarsi per avere differente proprietà di agonismo parziale, rispettivamente del 25% e del 40% di quella della dopamina.

Traslato in termini clinici si può, con cautela, teorizzare che il “grado” d�attività intrinseca rappresenti un�importante proprietà (ma non sovrapponibile) per l�estrinsecazione dell�efficacia clinica.

La percentuale d�inibizione di cAMP intracellulare, formato dopo somministrazione di fosfocolina, è uno dei parametri utilizzati per quantizzare il grado di attività intrinseca di un ligando ai recettori dopaminergici D2. In generale, quanto più un composto è agonista al recettore D2, tanto maggiore è la sua capacita d�inibizione della formazione di cAMP. Ne deriva che dopamina e aloperidolo inibiscono rispettivamente del 100% e dello 0% circa la produzione di cAMP in cellule CHO (Chinese Hamster Ovary) nelle quali siano stati fatti esprimere recettori umani dopaminergici D2 e nelle quali la produzione di cAMP sia stata stimolata con fosfocolina. Un composto agonista parziale dopaminergico determina un�inibizione percentuale intermedia tra questi due estremi e la percentuale d�inibizione può variare a seconda delle caratteristiche chimiche tra composti agonisti parziali differenti.

Dopamino-agonismo parziale e autorecettori

La scoperta della funzione degli autorecettori (recettori presinaptici) D2/D3 nella modulazione della sintesi/secrezione della dopamina (29)-(31) ha condotto a tentativi di sfruttare tale possibilità di azione antidopaminergica utilizzando composti dotati di agonismo puro, quali l�apomorfina e la N-propilnorapomorfina, ipotizzando che potesse avere un certo ruolo nella loro efficacia l�azione di desensitizzazione recettoriale (24) (25). I risultati di tali trattamenti sono stati deludenti, in quanto gli effetti farmacologici degli agonisti si esplicavano unicamente in fase acuta e subacuta, con una certa significativa riduzione della sintomatologia psicotica. Il trattamento subcronico e cronico, invece, non mostrava nessun beneficio, dipendendo il fallimento dallo sviluppo probabilmente di una desensitizzazione recettoriale anche a carico degli autorecettori e quindi dall�attività intrinseca degli agonisti puri. Perdipiù, gli agonisti con azione su altri recettori inducevano anche problematici effetti collaterali (es. iperattività da stimolazione serotoninergica).

Studi preclinici sugli agonisti parziali dopaminergici hanno dimostrato come questi farmaci siano in grado di ridurre la neurostrasmissione dopaminergica negli animali da esperimento. Tutti i dati, difatti, confermano la capacità degli agonisti parziali della dopamina di ridurre la sintesi ed il rilascio di tale neurostrasmettitore nei neuroni dopaminergici dell�animale da esperimento.

Gli studi neurofisiologici sugli agonisti recettoriali D2 hanno evidenziato che tali agenti hanno un�alta affinità per questi recettori (cioè, un�alta probabilità di legarsi ad essi), ma una bassa-moderata attività intrinseca (cioè, una bassa capacità di attivare la cascata trasduzionale a valle del recettore) (32)-(34).

Invero, essi dimostrano una più alta affinità per i recettori presinaptici (autorecettori) che per quelli postsinaptici. L�alta sensibilità degli autorecettori per gli agonisti parziali permette una loro stimolazione anche a basse dosi di tali composti e, attraverso tale attivazione, una conseguente riduzione della sintesi e del rilascio di dopamina nella sinapsi (35) (36). Gli autorecettori dopaminergici, infatti, sono deputati, tra l�altro, all�inibizione dell�attività della tirosina idrossilasi per cui possono modulare la sintesi ed il rilascio di dopamina nella sinapsi (37)-(39).

Inoltre, essendo gli agonisti dopaminergici parziali dotati di una relativa minore attività intrinseca nei riguardi dei recettori postsinaptici rispetto al ligando endogeno (dopamina), ne consegue una ridotta stimolazione di questi recettori, e quindi una ridotta potenza del segnale dopaminergico complessivo (24) (25).

Questa peculiare caratteristica dei composti in esame pone le basi teoriche per lo studio dei dopamino-agonisti parziali quali potenziali farmaci antipsicotici, essendo questi stessi, in effetti, già stati studiati per l�utilizzo in altre patologie caratterizzate da un�aumentata o diminuita attività dopaminergica in precisi distretti cerebrali (parkinsonismo, iperprolattinemie, tumori) (40)-(46). Infatti, proprio le caratteristiche farmacologiche di questi composti li rendono particolarmente utili quali potenziali farmaci per il trattamento di condizioni di alterata regolazione dopaminergica con ipo- o iper-dopaminergia, o entrambe: difatti, la loro capacità di legare i recettori con bassa attività intrinseca li rende in grado di esplicare il loro effetto antidopaminergico senza generare effetti collaterali, quali l�up-regulation recettoriale tipica degli antagonisti puri, oppure tutte le altre manifestazioni caratteristiche del trattamento con i farmaci antipsicotici tipici (24) (25) (47)-(49).

Concetto di riserva recettoriale e di selettività trasduzionale specifica

Tra i meccanismi molecolari proposti per spiegare una possibile maggiore attività dei composti agonisti parziali dopaminergici ai recettori presinaptici vi è quello della riserva recettoriale. In altri termini, è stato ipotizzato che a livello presinaptico vi sia un maggiore numero di recettori potenzialmente “disponibili” (50) per l�interazione con il ligando (nella fattispecie il dopamino-agonista parziale). L�ipotesi della riserva recettoriale può, anche se indirettamente, essere testata con studi di “blocco recettoriale irreversibile”. Tali studi si basano sull�assunto che, se la presenza di riserva recettoriale è funzionalmente critica per l�azione dell�agonista parziale in misura maggiore rispetto a quella dell�agonista puro o dell�antagonista, il blocco dei recettori target (includendo anche quelli che fanno parte della riserva recettoriale) dovrebbe determinare una diminuzione dell�attività intrinseca misurata, per esempio, dalla determinazione dell�inibizione di cAMP. Tale blocco recettoriale può ottenersi utilizzando, in vitro, composti che hanno la proprietà di legarsi in maniera “permanente” ai recettori dopaminergici quali, ad esempio, EEDQ. Basata su questa strategia è l�osservazione, che dopo trattamento con EEDQ di cellule CHO esprimenti il recettore D2L, si dimostra una significativa riduzione dell�efficacia dell�aripiprazolo ad inibire la funzione del cAMP (51).

Un�ipotesi alternativa, ma non necessariamente escludente la precedente, invocata per spiegare il possibile meccanismo d�azione di agonisti parziali dopaminergici, e segnatamente per l�aripiprazolo, è quella della selettività trasduzionale specifica (52). Secondo quest�ipotesi l�interazione del dopamino-agonista parziale con i recettori dopaminergici D2 determinerebbe modificazioni configurazionali del recettore tali (e diverse da quelle indotte dall�agonista completo e dall�antagonista) da consentire allo stesso di potersi accoppiare preferenzialmente con alcuni (e non con altri) meccanismi trasduzionali propri del sottotipo cellulare e in cui il recettore è espresso, operando in tal modo una sorta di selettività trasduzionale in relazione a diversi tipi cellulari e a circuiti neuronali in cui tali tipi cellulari sono espressi (52). Quest�ipotesi, se confermata da studi in vivo, sarebbe particolarmente suggestiva per il razionale d�utilizzo di dopamino-agonisti parziali nella schizofrenia, per la quale è stata suggerita una diversa implicazione dei circuiti nigrostriatale e mesocorticolimbico nella fisiopatologia del disturbo (53)-(55). Infine, in relazione alla diversa capacità di legarsi alle forme di recettore dopaminergico D2 coupled o uncoupled alla G-protein, agonisti parziali come l�aripiprazolo, pur legandosi a entrambe le configurazioni recettoriali, mostrano tuttavia una lieve maggiore affinità per lo stato coupled del recettore (51).

Agonismo dopaminergico parziale e regolazione dei recettori dopaminergici D2

L�up-regulation dei recettori dopaminergici D2 striatali e del corrispondente trascritto (mRNA) è uno tra i più noti effetti del trattamento subcronico con antipsicotici tipici nell�animale da esperimento. Di contro, antipsicotici atipici, quali la clozapina, non determinano un aumento della densità recettoriale D2 a seguito di trattamenti di analoga durata. Composti agonisti parziali al recettore D2 non causano up-regulation dell�mRNA per D2R nello striato. L�assenza di up-regulation dell�mRNA striatale di recettori dopaminergici D2 dello striato e di quelli ipofisari è stato dimostrato nel ratto dopo somministrazione subcronica di aripiprazolo (56) (57).

Se il putativo meccanismo responsabile della mancata up-regulation D2R per i composti agonisti parziali può, almeno teoricamente, attribuirsi alla stimolazione “parziale” o, se si preferisce, al mancato blocco (blockade) dei recettori D2, è ancor di più “stimolante” speculare sui meccanismi similari ed eventualmente differenti che accomunano due farmaci con diversissimo profilo recettoriale nel causare (o meglio non causare) lo stesso effetto sui recettori dopaminergici D2 dopo prolungato trattamento.

È presumibile che meccanismi diversi (agonismo parziale vs. fast dissociation) possano essere evocati, anche se con effetto finale analogo (assente up-regulation).

Ma, ancora più rilevante, sotto il profilo della traslazione clinica, è l�osservazione che meccanismi di stimolazione diretta o indiretta del recettore dopaminergico appaiono determinanti per la prevenzione della comparsa di effetti collaterali di tipo motorio e, verosimilmente, ancora di più per possibili alterazioni di tipo patomorfologico a livello sinaptico che il blocco persistente dei recettori D2 può eventualmente determinare.

Chiaramente documentate sono, infatti, almeno nell�animale da laboratorio, primati non umani inclusi, modificazioni dendritiche a seguito di blocco prolungato del recettore D2, per esempio con aloperidolo (58) (59).

Rimane da determinare e discriminare quali di queste alterazioni possano eventualmente essere correlate con i meccanismi fisiopatologici a loro volta interessati dagli effetti antipsicotici e quali, viceversa, possano essere implicate nella genesi degli effetti collaterali legati al blocco dei D2. Appare quantomeno verosimile ritenere che talune di queste ultime (per esempio quelle associate alla comparsa di movimenti di masticazione, chewing, nel ratto) associate a modificazioni ultrastrutturali striatali possono essere prevenute dall�utilizzazione di composti, quali i dopamino-agonisti parziali che, pur bloccando il recettore D2, consentono un certo grado di stimolazione dei recettori dopaminergici stessi.

Agonismo parziale dopaminergico e studi di imaging in vivo nell�uomo

È interessante osservare che lo scarso interessamento delle vie nigrostriatali, in termini di induzione genica, da parte di agonisti dopaminergici parziali trova traslazione clinica in studi di imaging recettoriale. Infatti, si è potuto dimostrare, utilizzando (11)C-raclopride e tomografia ad emissione di positroni per visualizzare i recettori dopaminergici e calcolando il grado di occupancy degli stessi dopo trattamento con aripiprazolo, che, quantunque 30 mg/die di aripiprazolo per 14 giorni determinassero un�occupancy recettoriale D2/D3 in vivo del 90% circa e tale grado di occupancy fosse ben al disopra del 70% (considerato approssimativamente quello corrispondente all�effetto terapeutico in assenza di effetti extrapiramidali), i soggetti non presentavano effetti di tipo extrapiramidale (60). Una possibile spiegazione di tale risultato potrebbe ricercarsi proprio nella peculiare differenza tra occupancy e blocco dei recettori D2 da una parte, e dall�altra nella capacità del dopamino-agonista parziale di “stimolare” in maniera ottimale il recettore D2, una volta occupatolo, evitando l�insorgenza degli effetti collaterali legati al blocco. Tale effetto ottimale potrebbe essere diretta conseguenza del particolare grado di attività intrinseca esplicato dal composto dopamino-agonista parziale.

Agonismo dopaminergico parziale e geni precoci inducibili: similarità e differenze con altri antipsicotici

Esiste una letteratura vastissima sugli effetti di antipsicotici con differente profilo recettoriale sull�espressione genica di rilevanti fattori trascrizionali del SNC. Non è compito di questa revisione soffermarsi su tale rilevante campo di ricerca, che viene qui ricordato solo per considerare similarità e differenze di agonisti dopaminergici parziali rispetto ad altri antipsicotici tipici e atipici sull�espressione genica di fattori trascrizionali.

Numerosi fattori trascrizionali inducibili (ovvero normalmente espressi a livello basale in maniera minima o trascurabile e la cui trascrizione è promossa da manipolazioni diverse, inclusi trattamenti farmacologici) o costitutivi sono modulati e possono essere up- o down-regolati in seguito a trattamenti acuti e/o cronici con antipsicotici tipici o atipici.

Tra i geni inducibili precoci (ovvero attivati dopo pochi minuti dall�applicazione dello stimolo) c-fos è probabilmente tra quelli più studiati ed è ampiamente dimostrata, e replicata in diversi laboratori, l�attivazione differenziale di c-fos da parte di antipsicotici tipici e atipici nel sistema nervoso centrale dell�animale da esperimento (61)-(63). Gli antipsicotici tipici attivano preferenzialmente c-fos nel caudato dorso-laterale e nell�accumbens, gli antipsicotici atipici (ad es. clozapina) attivano in misura trascurabile c-fos nel caudato-putamen dorso-laterale e con maggiore intensità nell�accumbens (shell) e nella corteccia prefrontale (area cG3 del ratto) (63) (64). Più recentemente altri geni inducibili con diretta azione sulla plasticità neuronale sono stati considerati quali possibili candidati per la caratterizzazione a livello molecolare, e segnatamente trasduzionale, dell�azione di farmaci antipsicotici. Un esempio è rappresentato dal gene Homer, di cui si conoscono diverse forme costitutive e una forma inducibile, e che si è dimostrato essere coinvolto nella direzionalità assonale, nel clustering dei recettori glutammatergici metabotropici, come anche nell�attivazione neuronale in relazione a esperienze di novelty nell�animale da esperimento. La forma inducibile si è dimostrata essere indotta in maniera differenziale da antipsicotici tipici e atipici: l�aloperidolo induce Homer preferenzialmente nel caudato dorsolaterale del ratto, l�olanzapina nel core dell�accumbens, in concordanza con un maggiore interessamento del primo sulle vie nigrostriatali, cui corrisponde l�insorgenza di EPS (65) (66).

Con tali premesse risulta interessante considerare il comportamento di un dopamino-agonista parziale sull�induzione di geni precoci rispetto ad altri antipsicotici. La somministrazione subcronica di aripiprazolo induce l�mRNA di c-fos prevalentemente in aree limbiche con scarsa attivazione a livello del caudato dorso-laterale (67).

Profilo recettoriale specifico di composti antipsicotici con proprietà di dopamino-agonisti parziali: oltre l�agonismo parziale dopaminergico

Se il meccanismo d�azione legato all�agonismo parziale dopaminergico rappresenta il principale putativo meccanismo correlato all�attività antipsicotica è da sottolineare che il profilo recettoriale di taluni composti di questa classe è spesso complesso e non limitato alla modulazione della funzione dopaminergica. A titolo di esempio si considereranno qui di seguito l�aripiprazolo e il composto DU127090, il primo essendo già utilizzato nella pratica terapeutica della schizofrenia in alcuni Paesi ed il secondo perché in fase avanzata di studi clinici.

Aripiprazolo

Di questo composto sono stati già considerati alcuni aspetti del profilo recettoriale e dei correlati molecolari del meccanismo d�azione.

Si vuole qui ricordare, in relazione al profilo farmacologico, che studi di binding indicano che l�aripiprazolo, oltre all�attività di agonista parziale al recettore D2 (per il quale l�affinità è stata calcolata come Ki = 0,45 nM), presenta attività di antagonista al recettore 5HT2A e di agonista parziale al recettore 5HT1A (68) e, ancora, elevata affinità ai recettori D3 (agonismo parziale?) e 5HT7. Infine, del tutto peculiare e certamente meritevole di ulteriori studi, l�azione di agonista inverso al recettore 5HT2B (52).

L�antagonismo ai recettori 5HT2A (considerato da alcuni come elemento cruciale dell�atipicità di un antipsicotico) conferisce all�aripiprazolo importanti caratteristiche in relazione al ruolo che tali recettori possono avere nell�efficacia sulla sintomatologia di tipo negativo nonché nella prevenzione dell�insorgenza di disturbi extrapiramidali.

Infine, va menzionata la scarsa affinità ai recettori istaminergici H1 e ai recettori adrenergici alfa2 (52).

Studi clinici a breve termine hanno confermato l�efficacia dell�aripiprazolo (15-30 mg/die) almeno pari ad aloperidolo e risperidone (26) (69), mentre studi clinici a lungo termine (70) (71) hanno evidenziato la superiorità rispetto al placebo e all�aloperidolo nel prevenire le ricadute. Sia gli studi di efficacia, sia un recente studio di metanalisi (72) dimostrano un eccellente profilo di tollerabilità e di sicurezza.

DU-127090

DU-127090 è un farmaco attualmente in sviluppo come antipsicotico, il quale dimostra attività di agonista parziale dopaminergico/agonista serotoninergico. Chimicamente si tratta di una piperazina bisostituita, dalle cui proprietà chimico-fisiche si evidenzia un�alta affinità per i recettori D2 (Ki = 2,2 nM) e per i recettori 5HT1A (Ki = 9,3 nM). Il farmaco possiede anche un�elevata affinità per i recettori D3 e D4 (Ki rispettivamente 0,6 e 1,6 nM) e apparentemente nessuna affinità per i recettori 5HT2A, 5HT2C, a1 ed a2 adrenergici, muscarinici ed istaminergici. Non ci sono dati relativi all�affinità per D1.

DU-127090, in studi in vitro, si comporta come agonista parziale nei confronti dei recettori D2 (28% agonismo comparato al quinpirolo), con una moderata attività intrinseca. Per quanto riguarda l�attività sui recettori 5HT1A, DU127090 dimostra un agonismo di moderata potenza e relativa alta efficacia. Gli studi comportamentali (73), nell�animale, evidenziano: una potenza antipsicotica paragonabile a quella dell�aloperidolo (simile soppressione dei comportamenti stereotipati indotti da farmaci psicotomimetici); una discreta attività antidepressiva (responding test) ed ansiolitica (vocalization test); effetti catalettizzanti estremamente ridotti. Il farmaco possiede un�emivita di circa 9 ore.

Gli studi di fase I hanno dimostrato alla PET un�occupazione dose-dipendente dei recettori D2 ed un decremento dei livelli di prolattina, anch�esso dose-dipendente. Il legame ai recettori D2 permane per molto tempo dopo una singola dose orale (90% iniziale, 79% dopo 2 ore).

Negli studi di fase II non sono stati riportati effetti collaterali importanti (73).

Quindi, DU-127090 si configura come un potenziale farmaco antipsicotico dalle discrete proprietà antidepressive ed ansiolitiche, suggerite dai parametri di attività nei confronti dei recettori D2-like e 5HT1A.

Agonismo parziale dopaminergico e modelli animali di abuso di sostanze stimolanti: implicazioni per la fisiopatologia e la clinica delle psicosi

Uno degli aspetti più suggestivi è rappresentato dalle implicazioni di carattere fisiopatologico derivanti dell�utilizzo di dopamino-agonisti parziali in modelli animali di somministrazione e/o abuso di sostanze stimolanti, considerato il rilevante ruolo dei circuiti dopaminergici nei meccanismi di reward. Tale aspetto assume ancora maggiore rilevanza se si considera che non infrequente è la condizione di comorbidità della patologia schizofrenica con l�abuso di sostanze (doppia diagnosi).

Terguride e preclamol sono, fra i diversi agonisti parziali dopaminergici, due composti largamente utilizzati in modelli sperimentali di isomorfismo farmacologico delle sostanze stimolanti.

La terguride è un alcaloide dell�Ergot sul quale sono stati condotti numerosi studi preclinici riguardanti la possibilità di un suo utilizzo nell�ambito del trattamento di patologie caratterizzate da alterata regolazione della funzione dopaminergica centrale quali Parkinson e sindromi iperprolattinemiche (40)-(43). Le ricerche su tale composto hanno portato all�evidenza che la terguride possiede, dal punto di vista farmacologico, il comportamento di un agonista dopaminergico parziale: agisce, infatti, da antagonista negli stati di iperdopaminergia (ad esempio durante la somministrazione di cocaina oppure di amfetamina) e da agonista negli stati di ipodopaminergia (74)-(78).

Gli esperimenti condotti su animali di laboratorio hanno accertato che il profilo farmacodinamico della terguride è alquanto peculiare. In effetti, la somministrazione ripetuta di tale composto non ingenera il caratteristico comportamento che si riscontra negli animali dopo somministrazione di composti dopamino-agonisti diretti o indiretti (tra questi ultimi alcuni stimolanti, come cocaina o amfetamina), e neppure contribuisce al processo di addiction nella sensitizzazione. D�altro canto, la terguride non è in grado di bloccare il processo di sensitizzazione da cocaina, sebbene influenzi significativamente le modificazioni dell�attività locomotoria indotta dalla somministrazione di quest�ultima (79). Questi dati hanno condotto i ricercatori a sperimentare la terguride quale potenziale agente nella farmacoterapia da abuso di psicostimolanti.

In particolare, la terapia dell�astinenza rappresenta un�importante target della farmacologia. Nell�uomo il fenomeno dell�astinenza si associa a manifestazioni polimorfe prevalendo tra i sintomi: fatica, sintomatologia di tipo depressivo, anedonia e ritardo psicomotorio. A tutt�oggi, non esiste una valida terapia per queste manifestazioni. Sulla scorta della constatazione che il sistema neurotrasmettitoriale dopaminergico è altamente coinvolto nel processo di manifestazione dei sintomi dell�astinenza si è pensato di intervenire su di esso attraverso la sostituzione graduale di un “vuoto di dopamina” lasciato dalla sottrazione di agenti iperdopaminergizzanti, quali la cocaina o le amfetamine. Gli studi condotti con agonisti e antagonisti puri della dopamina hanno però rivelato l�inefficacia di tali composti nel contrastare l�astinenza (80). Per cui, si è pensato di intervenire attraverso la somministrazione di agonisti parziali dopaminergici, quali la terguride, sottolineandone le capacità di agonisti funzionali in stati ipodopaminergici e antagonisti funzionali in stati iperdopaminergici.

Negli animali di laboratorio l�equivalente delle manifestazioni umane dell�astinenza si rivela in alcuni comportamenti standardizzati e classificati, quali il ritardo psicomotorio e la demotivazione verso l�acquisizione di un pasto piacevole (es. soluzione zuccherina) (81)-(83). La somministrazione di terguride da sola e la sua successiva brusca interruzione non determinano manifestazioni comportamentali di tipo astinenziale; viceversa, la terguride è efficace nel ripristinare la responsività dell�animale allo stimolo piacevole durante un�astinenza indotta da amfetamine o cocaina (74). Inoltre, è da notare come la terguride agisca in modo simile ad un qualsiasi antagonista (es. raclopride) se somministrata subito dopo l�amfetamina. Infine, la terguride sembra sia in grado di agire sul comportamento di autosomministrazione di uno psicostimolante, quale l�amfetamina appunto, allo stesso modo di un antagonista (78).

Tali dati sono, in un certo senso, la conferma di studi nei quali si è evidenziata la capacità della terguride di agire sull�autosomministrazione di sostanze “piacevoli”, quali l�alcool etilico, riducendone l�introito sia dopo somministrazione acuta che cronica dell�agonista parziale (84).

Diversi studi hanno mostrato come la terguride sia anche in grado di agire su altri tipi recettoriali, quali i recettori 5HT2A ed i recettori a e b adrenergici (40) (41) (85). La capacità della terguride, invece, di fungere da agonista verso gli autorecettori con un�affinità maggiore rispetto ai recettori postsinaptici ma minore, in entrambi i casi, rispetto ad un agonista puro, costituirebbe un meccanismo di inibizione della secrezione dopaminergica, contrastando i problemi legati all�attività agonista o antagonista pura, evitando cioè la desensitizzazione autorecettoriale e l�up-regulation recettoriale postsinaptica (con tutta probabilità correlata con gli effetti extrapiramidali).

A tutt�oggi, però, il profilo farmacologico della terguride non è stato ancora perfettamente delineato e il passaggio alla sperimentazione clinica in trial su pazienti psicotici ha risentito delle scarse conoscenze sull�effettiva attività di questo agonista parziale sulla neurotrasmissione dopaminergica.

Tra i pochi studi clinici pubblicati vanno considerati: a) uno studio su pazienti schizofrenici in trattamento con neurolettici: la somministrazione di terguride determinava un significativo miglioramento dei disturbi di tipo extrapiramidale (86) e b) uno studio su sette pazienti con diagnosi di schizofrenia: in soli due casi vi era risposta favorevole della sintomatologia positiva alla terguride (2 mg/die) (87).

Il preclamol, (-)-3-(Idrossi fenil)-N-n-Propilpiperidina (3PPP), appartiene alla classe chimica delle fenilpiperidine. Composti correlati alla 3PPP sono stati ottenuti operando sostituzioni su N (-metilfenil, -alchilfenil etc.) e le sostanze risultanti sono, tuttora, oggetto di sperimentazione.

Tutti gli agonisti parziali dopaminergici oggi in studio posseggono un diverso grado di attività intrinseca, legata alla loro capacità di attivare la cascata trasduzionale del recettore della dopamina, una volta legatolo con l�alta affinità che generalmente li caratterizza.

È intuibile che a maggior grado di attività intrinseca di tali composti corrisponda una maggiore attività agonista a un grado più basso evidenziandosi, invece, un più spiccato comportamento antagonista ai recettori dopaminergici (37). Gli studi effettuati sul preclamol hanno evidenziato che tale composto non solo possiede un profilo farmacodinamico molto particolare, per quanto riguarda la propria affinità ed attività intrinseca, ma risulta essere anche alquanto selettivo nei confronti dei recettori per la dopamina, mancando probabilmente di attività verso i recettori delle altre monoamine. Più specificamente, la 3PPP si configura come un agonista parziale ai recettori D2. Dal punto di vista chimico si tratta di una miscela racemica di due enantiomeri, destrogiro e levogiro, i quali presentano tra loro una differente attività intrinseca: in effetti, l�isomero levogiro possiede un�attività intrinseca minore rispetto all�isomero destrogiro. Inoltre, a seconda delle condizioni sperimentali e del tipo recettoriale, il preclamol evidenzia una maggiore o minore attività agonista (35) (36).

Questo peculiarissimo comportamento farmacodinamico caratterizza anche le risposte del farmaco in diversi studi sperimentali.

In studi riguardanti il ruolo dei recettori dopaminergici nell�effetto di rinforzo all�azione di psicostimolanti è stato riportato che sia i recettori D1 che D2 sono coinvolti, funzionando la loro attivazione da rinforzo positivo nel mantenimento dell�autosomministrazione di questi farmaci in animali da esperimento.

Ebbene, i risultati di tali studi hanno dimostrato che sia gli agonisti puri dei recettori dopaminergici in questione (es. N-propilnorapomorfina, apomorfina) che alcuni agonisti parziali, in particolare R(+)-3-PPP, sono efficaci nell�attuare un rinforzo positivo. D�altra parte, alcuni altri agonisti parziali, quali terguride e S(-)-3-PPP, non sono in grado di mantenere il comportamento di autosomministrazione negli animali studiati (88). Approfondendo gli esami sui composti analizzati si è giunti alla conclusione che la capacità di fungere da rinforzo positivo risulta essere direttamente proporzionale all�attività intrinseca del farmaco. Evidentemente, l�isomero R(+) della 3-PPP possiede tale attività in misura maggiore rispetto all�isomero S(-).

L�attenzione, già nel passato, si è focalizzata maggiormente su S(-)-3-PPP in quanto, in una serie di esperimenti condotti su animali di laboratorio, esso ha evidenziato una particolare selettività per gli autorecettori D2 del sistema limbico ed una spiccata selettività ad alte dosi per i recettori postsinaptici D2, con attività antagonista nei loro confronti.

Come altri agonisti parziali dopaminergici (vedi terguride), 3PPP è in grado di ridurre l�attivazione locomotoria da somministrazione di amfetamine o cocaina, ma sembra esplicare un effetto sulla stessa attività locomotoria anche indipendentemente dalla pregressa somministrazione di stimolanti, sebbene non sia in grado, anche ad alte dosi, di indurre catalessia (89)-(91). Interessante è che, iniettato nel nucleus accumbens dei ratti, il composto provoca una riduzione del comportamento esploratorio degli animali, ma ciò non accade dopo iniezione nello striato (92). Infine, similmente ad altri agonisti parziali, 3PPP è in grado di ridurre l�incremento della sintesi di dopamina dopo stimolazione con agenti rilascianti (cocaina, amfetamine, gammabutirrolattone) o in seguito a lesione della via nigrostriatale (35) (36) (93) (94). Questi effetti sono dovuti, probabilmente, alla selettività del composto per gli autorecettori dopaminergici i quali, come già menzionato, regolano la sintesi ed il rilascio della dopamina nella sinapsi.

L�effetto antagonista ad alte dosi, che provoca riscontri sistemici di inibizione neuronale simili a quelli dovuti alla somministrazione di neurolettici (aloperidolo), è invece in contrasto con le attuali conoscenze sugli agonisti parziali i quali, in effetti, a tali dosaggi dovrebbero fungere da agonisti. 3PPP, inoltre, sembra possedere un�attività antagonista direttamente sui recettori D2 in quanto riduce, più che stimolare, la secrezione di acetilcolina in vivo.

Il fatto, infine, che si sia dimostrata una più alta affinità della 3PPP per i recettori D3 (circa tre volte) che per i D2 e una relativamente alta affinità per i recettori D4, potrebbe confermare l�ipotesi di un prominente ruolo di questi recettori nel controllo della modulazione del rilascio di dopamina nella sinapsi e di un importante meccanismo di autoreceptor reserve coinvolto in questo controllo (95) (96).

Difatti, il comportamento da antagonista dopaminergico della 3PPP, somministrata in alte dosi, potrebbe dipendere, più che da un reale blocco dei recettori D2, da un�inibizione funzionale di essi attraverso la modulazione del segnale da parte dell�attivazione dei recettori D3. È da sottolineare, inoltre, una fondamentale differenza di attività intrinseca del composto nei riguardi dei vari subtipi recettoriali su menzionati: 35% per D2, 44% per D3 e 83% per D4 (95) (96).

Per il preclamol sono a disposizione anche una serie di dati riguardanti studi sull�uomo e principalmente concernenti il possibile utilizzo del farmaco nel trattamento della schizofrenia.

Sono stati, infatti, effettuati studi direttamente su pazienti schizofrenici che non assumevano antipsicotici (97).

L�analisi dei dati ottenuti dagli studi in doppio cieco condotti su pazienti schizofrenici e su volontari sani ha dato risultati contrastanti. Infatti, il farmaco risulta attivo su tutto lo spettro sintomatologico della patologia, quindi sia sui sintomi positivi che su quelli negativi (49) (98). A differenza di quanto accade dopo somministrazione di un agonista puro, la durata dell�effetto del trattamento con questo agonista parziale non si limita ad un�efficacia in acuto, ma raggiunge i limiti del subacuto (una settimana). Molto importante è anche la constatazione che il farmaco non provoca nessuna comparsa di stati ansiosi, di iperattivazione o di ostilità (49). Infine, è fondamentale l�osservazione che il preclamol non provoca praticamente nessuno degli effetti collaterali della classica terapia con i farmaci antipsicotici tipici: non sono stati riportati, infatti, casi di sindrome extrapiramidale, né di acatisia o altre alterazioni dello stato dell�umore (49) (97). Anzi, sembra addirittura che i pazienti riportino un positivo effetto del farmaco sull�umore. Unici effetti collaterali: nausea e leggera ipotensione a dosi elevate.

Tuttavia, il dato scoraggiante è la scomparsa degli effetti terapeutici dopo una settimana dal trattamento. Si ipotizza che la causa di questa perdita di funzionalità del farmaco sia dovuta principalmente ad una desensitizzazione degli autorecettori dopaminergici, principale bersaglio della 3PPP. Ciò causa il ben noto fenomeno della tachifilassi, la quale, ad ogni modo, insorge comunque con molto più ritardo rispetto alla somministrazione di agonisti puri (apomorfina, N-propilnorapomorfina) e con i quali il fenomeno si manifesta già dopo la prima dose (99) (100).

Probabilmente, si tratta di un meccanismo direttamente collegato all�attività intrinseca del farmaco, la quale facilita l�insorgenza della tachifilassi in maniera direttamente proporzionale al suo grado. Di contro, la mancata insorgenza di tali effetti collaterali con l�aripiprazolo (come testimoniato negli studi a lungo termine) è da ascriversi alla minore attività intrinseca di quest�ultimo farmaco rispetto al preclamol (69).

Altri farmaci sperimentali con azione agonista parziale ai recettori dopaminergici

PD 158771

PD 158771 è una (trans-{4-[2-(4-fenil-piperazin-1-yl)-etil]-cicloesil}pirimidin-2-yl-amina) con un�azione agonista parziale ai recettori D2 e D3 ed agonista ai recettori 5HT1A (questi ultimi sono autorecettori che controllano sintesi e rilascio della serotonina).

Gli studi elettrofisiologici hanno dimostrato la capacità di questo composto di ridurre, in stati iperdopaminergici, l�eccesso del neurotrasmettitore agendo a livello dei siti autorecettoriali dopaminergici. In particolare, PD 158771 possiede la tipica capacità degli agonisti parziali di ridurre i livelli di dopamina dopo il blocco del flusso nigrostriatale e ventro-tegmentale causato dal gammabutirrolattone. Ovviamente, la percentuale di riduzione risulta minore rispetto a quella riscontrata con un agonista puro, il che conferma la parzialità dell�attività agonista del composto. Gli effetti serotoninergici sono, invece, simili a quelli della clozapina, la quale agisce sia da antagonista ai recettori postsinaptici 5HT2A sia da agonista (parziale) ai recettori presinaptici 5HT1A. PD 158771 sembra, infatti, possedere caratteristiche di agonista parziale anche nei confronti dei recettori serotoninergici, più che di agonista puro (101).

PD 158771 dimostra anche una certa affinità per i recettori D4, coinvolti nella modulazione della secrezione della dopamina. Infine, il composto mostra una discreta capacità di legare i recettori istaminergici H1, i recettori s e i recettori a-adrenergici (101).

Come gli altri agonisti parziali, PD 158771 è in grado di ridurre l�attività locomotrice spontanea indotta dalla somministrazione di amfetamina nei ratti, in misura leggermente maggiore di alcuni composti simili (3PPP, CI-1007, terguride) e di antagonisti come aloperidolo e clozapina (102).

Di converso, il farmaco possiede un�attività intrinseca minore rispetto ad agonisti puri sui recettori postsinaptici per cui agisce riducendo la trasmissione dopaminergica, senza bloccarla del tutto, il che evita la comparsa degli effetti collaterali.

L�affinità per gli autorecettori è riscontrata nella reversione dei comportamenti amfetamina-indotti nei ratti. D�altra parte, la mancanza di stimolazione locomotoria dopo alte dosi di PD 158771 da sola conferma la bassa capacità di attivazione dei recettori postsinaptici.

In effetti, ciò potrebbe predire una buona efficacia sulla sintomatologia positiva in eventuali pazienti senza esacerbazione di essa dovuta all�attività agonista.

La sopra descritta interazione con i sistemi serotoninergici potrebbe favorire non solo l�effetto antipsicotico, ma potrebbe essere coinvolta anche in un�attività di tipo ansiolitico ed antidepressivo, dimostrabile con alcuni test comportamentali (es. Vogel conflict model, Water wheel behavioral model), esplicandosi anche in effetti collaterali lievi, quali una leggera ipotermia ed ipotensione (simili a quelli ottenibili con somministrazione di diazepam, buspirone) (102). Inoltre, tale attività serotoninergica potrebbe contribuire ad evitare lo sviluppo di catalessia, che si verifica, ad esempio, nel trattamento con aloperidolo.

Si configura così il profilo di un agente dopaminergico con attività agonista parziale in grado di agire potenzialmente sugli aspetti sintomatologici della patologia schizofrenica, allargando lo spettro dell�attività anche alla gestione di quadri collaterali di tipo depressivo e ansioso con una buona efficacia di risultati e un ridottissimo livello di insorgenza di EPS e complicazioni in generale della terapia. Gli eventuali trial clinici saranno probabilmente volti ad accertare l�effettivo riscontro di queste qualità e la durata degli effetti del trattamento.

CI-1007

Chimicamente si tratta di ({R(+)-1,2,3,6-tetraidro-4-fenil-1-[(3-fenil-3-cicloese-1-yl)metil]-piridina} maleato) con una buona affinità per i recettori D2 e minore per D4.

Inoltre, sembra presentare una certa affinità per i recettori serotoninergici (5HT1A e 5HT2A) e a-adrenergici (103). CI-1007 presenta molte delle caratteristiche dei composti agonisti parziali dopaminergici correlati: difatti, possiede una discreta attività intrinseca postsinaptica (53%), la capacità di ridurre i livelli di dopamina dopo somministrazione di gammabutirrolattone e di antagonizzare l�attività agonista di agenti quali quinpirolo e apomorfina. Gli studi preclinici riportano la capacità di inibire il comportamento di locomozione spontanea da somministrazione di agenti iperdopaminergizzanti e la contemporanea incapacità di indurre tale comportamento da solo. Sembra che, a differenza di altri agonisti parziali, CI-1007 induca un grado relativamente maggiore di effetti collaterali di tipo extrapiramidale, probabilmente a causa di una ridotta attività agonista nei confronti dei recettori postsinaptici (104). Esiste a tutt�oggi uno studio pubblicato in cui il composto è stato testato in singolo cieco in pazienti schizofrenici per studi di tollerabilità, sicurezza e farmacocinetica (105).

Tiazoloidani e tiazolobenzopirani (106) (107)

Si tratta di molti composti oggi ancora in una fase di iniziale sperimentazione. Questi composti, per alcuni dei quali è stata dimostrata efficacia nel trattamento del morbo di Parkinson, presentano un interessante profilo farmacologico, che suggerisce possibili spunti anche per quanto riguarda il trattamento della schizofrenia. In effetti, si tratta di agenti con spiccata affinità per i recettori presinaptici D2 e D3, con attività di tipo agonista verso i primi e antagonista verso i secondi, nonché una rilevante attività intrinseca.

Questi composti sono in grado di incrementare il riflesso rotatorio in ratti con 6-OH-DA lesione monolaterale in maniera dose-dipendente, presentando, inoltre, le tipiche caratteristiche farmacodinamiche degli agonisti parziali (agonismo in stati di ipersensitività recettoriale e antagonismo in stati di normo-iposensitività). Gli studi rilevano anche una certa azione scavenger ed antiossidante, nonché probabili proprietà neuroprotettive.

Conclusioni

Sulla scorta dei dati sperimentali e clinici indicati, l�utilizzo di composti dopamino-agonisti parziali appare un�ulteriore possibile ed utile strategia (accanto a quella fondamentale ed affermata dei composti antipsicotici di prima e di seconda generazione) nella farmacoterapia della schizofrenia e potenzialmente di altri disturbi del comportamento nei quali una disregolazione dei meccanismi dopaminergici centrali è stata ipotizzata e, almeno in parte, direttamente documentata. I meccanismi fisiopatologici, con specifico riferimento alla iper- e ipo-dopaminergia che sottendono alla sintomatologia schizofrenica, quantunque ancora in parte elusivi, sembrerebbero giustificare l�utilizzo di questa nuova classe di composti che, sotto il profilo sperimentale, ha il merito di aver indicato una nuova strategia terapeutica. L�introduzione, in alcuni Paesi, dell�aripiprazolo nella pratica clinica e la sua dimostrata efficacia negli studi a lungo termine nel prevenire le ricadute (70) del disturbo schizofrenico, conferma la validità di tale strategia ed indica nuove possibilità anche per il trattamento di altri disturbi psicotici.

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